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Le congratulazioni e l’invio di doni in occasione del matrimonio del Patrizio, figlio del già Provveditore Giovanni Barbaro, testimoniano dunque la partecipazione della Magnifica Patria al lieto evento a dimostrazione di come quella fra la Magnifica Patria e Giovanni e Giacomo Barbaro fosse un legame reciproco caratterizzato dall’amicizia e dall’affetto.

Fra la fine del 1618 e l’inizio del 1619 i Deputati chiariscono con il Nunzio come debba valersi dell’ausilio di Giacomo Barbaro, Avvocato della Patria. Altri patrizi potranno essere assunti con il compito di patrocinare le cause della Magnifica Patria, soprattutto in casi particolarmente importanti e complessi, ma non senza informarne il Barbaro.

Quanto al Clarissimo S. Giacomo Barbaro essendo egli eletto per Avvocato di questa Riviera dal General consiglio non può Vostra Signoria senza qualche suo pregiudizio non valersi del suo patrocinio in tutte le cause chiamandolo a consigliar a altri avvocati quando occorre pigliar consigli, et facendogli veder le scritture, acciò resti informato delle ragioni della Patria. Non si leva la libertà a Vostra Signoria che quando occorrerà trattarsi cause importanti non possa pigliar appresso di lui avvocati di maggior autorità et valore poiché massimi Vostra Signoria non ha da ricercarsi esso Clarissimo Barbaro, che quale lo riserverà alla volontà et determinazione del General consiglio126.

Alcuni giorni dopo i Deputati scrivono ancora al Nunzio a Venezia per esplicitare più chiaramente quali siano le direttive cui deve attenersi, tra cui quella di rivolgersi anche al Comincioli, un cittadino della Riviera presente a Venezia:

125 ibidem.

Intorno al negozio delli avvocati già habbiamo abbastanza dichiarato la volontà nostra, tuttavia lo diciamo ancora che Vostra Signoria ha da servirsi ordinariamente in tutte le cause del Clarissimo S. Giacomo Barbaro, et alcuna volta dell’eccellente Cominzoli massimamente quando i negozi non sono molto gravi. Se poi le cause saranno di molta importanza la faremo in libertà di Vostra Signoria di pigliar appresso questi anche altri avvocati quali lui stimerà più a proposito. Ma quelli che sono Eletti dalla Patria s’hanno sempre da preferire et da usare in ogni causa facendosi almeno assistere con la persona, acciò che le pubbliche deliberazioni habbiano più effetto che sia possibile127.

Già nell’anno 1618 si ricorreva alla protezione del Barbaro per un contenzioso in tema di tassazione e la Patria dovette difendere le proprie prerogative poiché oltre alla tassa macina si richiedevano ulteriori imposte.

Essendo state scritte lettere Ducali a questo Illustrissimo Signor Provveditore nostro dalle quali appare essere stata fatta relazione a sua Serenità che in questa Riviera sia pigliato oltre l’imposizione della macina […] commettiamo a Vostra Signoria che pigliato in sua compagnia il Clarissimo Signor Giacomo Barbaro Avvocato di questa Patria debbia comparire nell’Eccellentissimo Collegio et render humilissimamente grazie a sua Serenità della cura che con così amorevole e paterno affetto tiene, acciò questi suoi devotissimi sudditi non siano aggravati in alcuna cosa con la mente sua oltre quanto è tassata dalla imposizione della macina128.

Si richiedeva pertanto a Giacomo Barbaro di accompagnare il Nunzio Dioneo Socio in Collegio:

Occorre far certo officio nell’eccellentissimo pieno Collegio il quale Vostra Signoria Clarissima intenderà dal Signor Dioneo Socio Nunzio di questa Patria [...] che sia meglio l’esser accompagnato da Vostra Signoria Clarissima come Avvocato di questa patria, et però la supplichiamo a farci questa grazia di esporsi a sua Serenità quando il Domino Dioneo ha in commissione in quella miglior forma che parerà alla prudenza di Vostra Signoria Clarissima alla quale baciamo le mani129.

Che la saldezza del rapporto con Giacomo Barbaro fosse la conseguenza del rettorato svolto dal padre a Salò alcuni anni prima è evidenziato dall’occasione della triste notizia della morte di Cornelia, sorella di Giacomo. In questi momenti che coinvolgevano la sfera privata della vita dei protettori emerge con maggior rilievo la dimensione affettiva della relazione. Certo non ci si era dimenticati di esprimere il proprio cordoglio anche a Giacomo e tuttavia la lettera di condoglianze venne indirizzata al padre Giovanni:

La morte della Clarissima Signora Cornelia figliola di Vostra Signoria Illustrissima la cui anima sia in cielo è stata sentita in questa Patria con universal dispiacere posciaché l’osservanza affettuosa di questi popoli verso Vostra Signoria Illustrissima ci fa partecipar molto degli avvenimenti suoi prosperi et avversi veniam pertanto a condolercene cordialmente seco ella essendo a noi benissimo nota la molto prudenza sua stimiamo soverchia ogni considerazione che da noi si potesse fare per mitigare il dolor suo certi che benché il caso sia grave non abbatterà però la fortezza dell’invitto animo suo et facendole riverenza ci raccomandiamo alla sua grazia baciando le mani. E Clarissimo Signor Giacomo con il quale parimenti ci condoliamo di questa perdita130.

127 ivi, cc. 86-86v., 12 gennaio 1619. 128 ivi, cc. 58v. e 59, 8 settembre 1618. 129 ivi, c. 59v., 8 settembre 1618. 130 ivi, c. 87, 16 gennaio 1619.

L’azione dei protettori non era tesa solamente a difendere gli interessi della Magnifica Patria nel proprio complesso, ma a essi potevano ricorrere anche le singole Quadre. Per esempio i Deputati, rinnovando i ringraziamenti per gli amorevoli benefici apportati da Giacomo Barbaro alla Patria, chiedono di assistere nelle sue richieste la Quadra di Montagna131:

Restiamo obbligati a Vostra Signoria Clarissima delle operazioni fatte da lei con tanto amore a beneficio di questa patria sua devotissima rendendogliene per hora affettuose grazie. Quanto alla causa della supplica dei predecessori nostri che le avevano chiesto di prestare patrocinio alla Quadra di Montagna prenda le scritture della Patria al tempo che è trattata per sostenere le ragioni di essa Quadra...132

Approssimandosi la fine dell’anno 1619 i deputati della Magnifica Patria pongono parte in Consiglio generale affinché il giusto riconoscimento sia dato al proprio protettore.

Il Clarissimo Signor Giacomo Barbaro figliolo dell’Illustrissimo Zuanne già nostro Provveditore benemerito non ha mai mancato in ogni occasione di adoperarsi come Avvocato di questa Magnifica Comunità a beneficio suo. E se bene fu eletto senza alcun salario, e non mira a denari di quali sempre ha ricusato riceverne, tuttavia non conviene, che questa Patria manchi totalmente di riconoscere le ufficiose operazioni di Sua Signoria Clarissima anzi tanto più deve con larga munificenza abbondare in gratitudine, quanto che sono ancora molto frequenti et grandi i favori che si ricevono dalla benignità dell’Illustrissimo Signor suo Padre. Però va parte che sia data autorità et commissione ai Magnifici Deputati presenti di mandar al detto Clarissimo Signor Giacomo un dono di quelle cose che essi stimaranno più convenienti133.

L’invio di doni a Giacomo Barbaro è segno di gratitudine per il suo operato e di devozione fra la Magnifica Patria e casa Barbaro. È parimenti evidente il sentimento di amore del patrizio veneziano, dimostrato con il proprio patrocinio.

Essendosi noi in questo fine d’anno ricordati dell’obbligo grande nel quale è costituita questa Patria Vostra Signoria Clarissima per la protezione che ella detiene di continuo non solo come suo Avvocato ma come padrone amorevolissimo habbiamo voluto mostrar verso di lui un picciol segno della

131 Nel 1615 una controversia che oppone Salò e Gardone illustra come le relazioni di protezione fossero attivate anche dalle singole Comunità. In particolare il caso suggerisce come Salò utilizzasse il tribunale che lì aveva sede per veicolare i propri interessi nei confronti degli altri centri della Riviera, puntando sul ruolo del Provveditore che come giudice di quel tribunale emetteva le sentenze. Ritenendo che la sentenza del tribunale salodiano fosse non conforme alla giustizia, la comunità di Gardone attraverso una supplica chiedeva alle magistrature veneziane di occuparsi del giudizio. Per farlo si rivolgeva ai protettori veneziani, come parimenti faceva Salò. Troviamo così coinvolti alcuni patrizi che erano stati a Salò come provveditori: Paolo Marcello e Giovanni Barbaro. Quest’ultimo in particolare proponeva di risolvere le contese tramite un accordo extra-giudiziale attraverso l’intervento di Gerolamo Giustinian, suocero del Provveditore in carica Iseppo Michiel. L’opposizione del Michiel, che voleva preservare l’autorità del Provveditore, non permise che si arrivasse a un accordo. Rilevante notare che i salodiani, pur accettando che il processo del Provveditore potesse essere ritenuto non valido e quindi impugnato, si battono fortemente perché il nuovo processo non fosse assegnato alla corte pretoria di Brescia, proponendo che si svolgesse invece a Verona. Fra i cittadini delle comunità che si recano a Venezia per difendere gli interessi attraverso l’intermediazione dei protettori, troviamo alcuni nomi ricorrenti nei documenti da me visionati fra cui quello del Grazioli e di Pietro Bonfadio. Ringrazio della segnalazione di questa vicenda Giovanni Pelizzari che sta conducendo l’indagine. I documenti si trovano nell’Archivio del Comune di Salò (=ACS), busta 101.

132 ivi, c. 91v., 9 febbraio 1619.

gratitudine dell’animo nostro per li molti benefici che ci derivano dalla sua grazia, et della grande osservanza et devozione nostra verso di lui. Onde per consenso havuto dal General consiglio mandiamo a Vostra Signoria Clarissima due forme di formaggio et alcuni saladi di questo paese supplicandola ad accettarli come tributo della servitù nostra con lei et goderli per amore di questa Patria tanto devota della Illustrissima casa sua, che quantunque questa picciola dimostrazione non habbia corrispondenza con i meriti suoi, confidiamo nondimeno nella benignità sua, che riguardato l’affetto nostro sarà aggradita con humile cuore et a lei baciamo le mani facendo insieme riverenza all’Illustrissimo Signor suo padre134.

Da qui si evince anche la disparità insita nella relazione in cui i doni fatti al protettore non corrispondono in valore ai benefici ottenuti dalla Patria. Invio di doni che hanno anche la funzione di rinsaldare le relazioni fra protetti e protettori:

Quanto più abbonda la benignità, et amorevolezza di Vostra Signoria Clarissima verso di noi ascrivendo a cortesia quello che è obbligo nostro et che anzi non soddisfa al nostro debito, tanto ci fa crescere in obbligazioni maggiori a quali hora non sapendo come soddisfare imiteremo lei nel rendere grazie col maggior affetto che possiamo, accettando et havendo gratissime le amorevoli sue offerte delle quali alle occasioni ci [rivaleremo] con la confidenza che puonno havere i servitori pieni di

devozione et osservanza quali siamo noi a Vostra Signoria Clarissima, alla quale baciamo riverenti la mano il medesimo facendo coll’Illustrissimo Signor suo padre135.

Obbligo e cortesia, debito e affetto, un intreccio fra amorevoli offerte, gratitudine e devozione caratterizza la relazione fra Giacomo Barbaro e la Magnifica Patria. Permane comunque la riconoscenza dell’importanza della relazione con il padre Giovanni, un rapporto improntato all’affetto sincero della Magnifica Patria nei confronti del protettore che innumerevoli volte ha dimostrato di ben volere alla Riviera:

Quel picciol segno di gratitudine che ha dimostrato il General consiglio di questa Patria al Clarissimo Signor Giacomo era dovuto ai meriti di Sua Signoria Clarissima… degli obblighi che habbiamo a Vostra Signoria Illustrissima per li favori ricevuti dalla benignità sua, i quali essendo in numero molti, et per qualità straordinari meriterebbero maggior dimostrazione, ma perché sappiamo che ella si appaga dell’affetto col quale questa Riviera osserva et riverisce il nome suo tralasciamo il dar altro tributo della servitù nostra a Vostra Signoria Illustrissima confidando nondimeno sommamente per tutte le occorrenze nella sua grazia alla qual con ogni riverenza ci raccomandiamo136.

Ma anche l’azione di Giacomo come protettore si stava svolgendo secondo le aspettative del padre Giovanni e della Magnifica Patria:

Non occorreva che Vostra Signoria Clarissima prendesse fatica di scriverci di propria mano, essendo di avantaggio l’incomodo preso per lui in comparir avanti gli Illustrissimi Signori alle biave. Et se ben non s’hà ottenuto il desiderio nostro restiamo però doppiamente obbligati a Vostra Signoria Clarissima. La ringraziamo con tutto il cuore di tanto favore, il qual però non ha portato novità alcuna alle orecchie nostre, essendo noi prima certissimi della humanità sua et dell’affezione, che porta per grazia sua a questa Patria la quale ove manca il merito supplirà con l’affetto di osservanza verso Vostra Signoria Clarissima et a lui riverenti baciamo la mano137.

Anche in questo caso l’affetto e l’amore sono più importanti dell’ottenimento di quanto desiderato. Che non si trattasse di parole vuote è testimoniato dal fatto che pochi mesi dopo ci si affida nuovamente al Barbaro per difendere le prerogative giurisdizionali della Magnifica Patria minacciate dal nuovo Provveditore del Lago e di Peschiera Francesco Tron.

Dopo il suo arrivo sul lago di Garda, il Tron richiede alla Riviera contribuzioni per le imbarcazioni e per il suo alloggiamento. La Riviera se ne lamenta poiché già sotto il suo predecessore, il Provveditore Pisano, aveva dovuto spendere denari a questo scopo. A Venezia in quell’occasione era stato mandato un Ambasciatore che aveva ricevuto rassicurazioni al riguardo. Che però si portasse pazienza, per ora, che il mandato dell’Illustrissimo Pisano volgeva al termine e che con esso sarebbero terminate le contribuzioni, in quanto il Senato avrebbe tenuto conto delle esigenze della Patria al momento della nuova elezione.

135 AMP, busta 498, fasc. 5, cc. 2v.-3, 4 gennaio 1920. 136 ivi, c. 7, 18 gennaio 1620.

Che il Tron volesse ottenere dal Senato l’autorità per ricevere maggiori contribuzioni dalla Riviera costituiva una violazione delle prerogative a essa concesse, tanto più pericolosa poiché recava pregiudizio alla giurisdizione separata della Magnifica Patria. Al Barbaro si chiedeva dunque che potesse

fare in pubblico et in privato... opportuno officio tale presso quelli Eccellentissimi Signori che non ci sia addossato carico alcuno perché l’autorità di questo Illustrissimo Signore non si estenda fuori dalla giurisdizione Veronese colla quale la Riviera non ha niente di comune essendo massimamente noi oppressi da altri pesi gravi e di alloggiamenti… con la città di Brescia con quale non possiamo fare alcuno… aggravio che ci fosse imposto dall’Illustrissimo Tron per esser differentissima la giurisdizione. Raccomandiamo a Vostra Signoria Clarissima col maggior affetto che possiamo il negozio e la supplichiamo a dispensarci se sono troppo frequenti le molestie nostre. Con che facendo riverenza all’Illustrissimo suo padre baciamo anco e humilmente la mano138.

Una nuova missiva è inviata a Giacomo Barbaro il 4 novembre successivo poiché il Tron non retrocede dall’intento e anzi si sa che ha scritto al Senato per ottenere l’autorità di richiedere le contribuzioni alla Magnifica Patria per il proprio alloggio e per le imbarcazioni139. Allo stesso tempo si scrive a Comino Comincioli affinché anche lui assista il

Barbaro nella difesa della giurisdizione della Magnifica Patria140. Vediamo qui come i

rappresentanti della Riviera iniziassero a mettere in campo altre relazioni su cui potevano contare per il mantenimento dei propri privilegi. Spetterà al Nunzio informare sui dettagli sia il nobile veneziano che il cittadino della Riviera141.

Restaressimo totalmente consolati della risoluzione fatta da quelli Eccellentissimi Signori sopra la pretese dell’Illustrissimo Signor Provveditore del lago, se non si mescolasse qualche poco di amaritudine per l’imputazione che ci viene data d’esser ritrosi e difficili ove si tratta l’interesse del servizio pubblico... poiché non ci siamo contentati di far la parte nostra nella quale siamo limitati nella quintadecima col Territorio bresciano, ma dare aiuti spontanei a Sua Serenità cosa non fatta da territorio alcuno142.

Nonostante queste rimostranze di amaritudine derivanti dalla convinzione di aver dimostrato anche oltre il dovuto la fedeltà alla Repubblica, al Barbaro si riservano parole amorevoli di “pura affezione” e ringraziamenti. Il documento risulta danneggiato da macchie di umidità. Tuttavia si capisce come vengono ripresi i temi su cui si reggono le relazioni informali fra la Magnifica Patria e il protettore: devozione, obbligo, affetto. I rappresentanti della Patria anche in questo caso non tralasciano di salutare Giovanni Barbaro.

138 ivi, c. 76 28 ottobre 1620.

139 ivi, cc. 78-78v., 4 novembre 1620. 140 ivi, c. 78v., 4 novembre 1620. 141 ivi, c.79, 4 novembre1620 . 142 ivi, c. 82, 14 novembre 1620.

Nonostante Giacomo Barbaro fosse stato eletto ufficialmente Avvocato della Magnifica Patria dal Consiglio generale, la relazione rimase connotata dai caratteri tipici del rapporto di protezione dunque a livello di relazione informale in quanto non regolata da un vincolo di tipo contrattuale. Nell’estate del 1622 in segno di riconoscenza così ancora delibera il Consiglio generale:

Sono molti anni che il Clarissimo Signor Giacomo Barbaro si è prontamente esercitato in patrocinare le cause pubbliche nelle quali è stato ricercato senza voler ricevere premio di sorte alcuna et convenendo ad ogni civile corrispondenza dimostrarsi grati a soggetto tale perché possa continuare ne soliti suoi favori, va parte che sia commesso a nostri Signori Deputati che spendano fino alla somma di planeti trenta veneziani in quelle cose che ad essi parerà per regalare al Clarissimo Signor Barbaro in segno di qualche riconoscimento di tante sue fatiche143.

Si dava quindi commissione a Gio. Maria Grandi di far realizzare due sottocoppe da consegnare al protettore144.