Il capitolo I degli Statuti criminali della Riviera è dedicato alla figura e ai compiti assegnati al Provveditore1. Che il primo capitolo fosse dedicato al Provveditore non è affatto
casuale. Fra i compiti assegnati ai riformatori era stato previsto anche che provvedessero al riordino degli stessi “in modo… che l’ordine di detti Statuti perciò risplenda di più lodevole forma, collocando quelli, che devono esser primi nel primo luogo; e gli secondi nel secondo”2.
Il Signor Provveditor, e Capitano della Riviera sia tenuto, e debba con buona fede, sinceramente, e senza fraude, con ogni suo potere conservar, difendere, e mantenere le Terre, i Castelli, i luoghi, e le Università; e ogni particolar persona; e tutti i beni di quelli, e di tutta la Comunità predetta, e insieme i Privilegi, le separazioni, le ragioni, le honoranze, il mero, e misto imperio, e il distretto, e anco la giurisdizione di essa; e nelle cause criminali, e nelle altre a se commesse far, e rendere; e far, che sia resa ragion, e giustizia, a ciascheduna parte, senza alcuna eccettuazione di persone; e secondo la forma della sua commissione, e secondo i decreti del Serenissimo Ducale Dominio Veneto, e secondo gli Statuti della Comunità della Riviera; tanto fatti, quanto da farli; e dove essi mancassero, far secondo la forma, e disposizione delle leggi comuni: e di non spendere; né far né permettere, che sia speso dell’havere di essa Comunità; se non in utilità, e secondo la volontà di quella da esser dichiarata per il Consiglio di essa Comunità; ovvero per gli Deputati o che doveranno a ciò per il medesimo Consiglio esser deputati. Et di non ricevere, né permettere, che veruno della sua famiglia riceva cosa alcuna da qualunque persona, Comune, Collegio, ovvero Università; fuori che quello se gli paga di suo salario: né parimente domandare; né permettere, che sia dato, né concesso a se ovvero a chi si voglia della sua famiglia direttamente, ovvero indirettamente alcun arbitrio generale, ovvero speciale in alcun caso: e se le fosse dato, in nessun modo usarlo, né esercitarlo, né permettere, che sia usato: e di non tollerare, che sia levato, o rimosso, o sospeso; ovvero in qual si voglia modo mutato né in perpetuo, né a tempo alcun Statuto di detta Comunità contenuto nei volumi degli Statuti di quella; se non secondo la forma dei Decreti del predetto Serenissimo Ducale Dominio Veneto; ovvero se tal mutazione non si facesse dalla medesima Comunità. E di non tenere alcun Giudice, Cancelliero, Coaggiutore, Cavagliero, o altro officiale, che fosse stato con alcun suo Precessore da anni cinque in qua; e come nel Statuto della vacanza dei Curiali. Et generalmente di osservar, e far, che siano osservati tutti li Statuti, ordinamenti, e provvisioni di detta Comunità, mentre però non ripugnino ai decreti del Serenissimo Dominio.
Di non secondaria importanza era la scelta dei curiali che venivano nominati seguendo il dettame statutario che prevedeva anche un periodo di vacanza dall’incarico3. La loro
nomina poteva costituire una fonte di tensione fra il nuovo Provveditore e la Magnifica Patria.
1 Il capitolo si intitola: Dell’ordine da osservarsi per il Clarissimo Sig. Proveditor, e Capitano della Riviera in
Statuti criminali…, p. 2.
2 ibidem, in una breve premessa che precede il primo capitolo, vengono indicati i nomi dei riformatori e si
ricordano i compiti loro assegnati.
3 Deroghe sulla vacanza potevano essere ammesse dai Capi del Consiglio dei Dieci ma solamente con la tacita approvazione della Riviera in Povolo C., Il protettore amorevole (Magnifica Patria della Riviera del Garda
1570-1630), p. 89, in Storia lingua letteratura. Sul lago di Garda tra passato e futuro, Vol. II, liberedizioni,
Brescia 2020. Ringrazio il Professore Claudio Povolo per avermi reso disponibile il manoscritto prima della sua pubblicazione.
Il Giudice del maleficio introdotto nel 1577 era una figura di particolare importanza, in quanto gli competeva l’istruzione dei processi penali e quindi la sua attività poteva più facilmente interferire con i conflitti in corso fra consorterie4.
Nella sua azione di governo la figura del Provveditore si caratterizza per una duplice valenza. Rappresenta gli interessi della Dominante e anche quel patto costituente che prevede il riconoscimento e la difesa dell’autonomia, dei privilegi e delle prerogative della Magnifica Patria che, nel contesto del dominio veneto, limita le pretese di ingerenza in particolare dei bresciani. La capacità del nobile veneziano eletto al reggimento salodiano di svolgere in maniera conforme alle aspettative il proprio compito di governo si traduce da parte della Magnifica Patria nel rinnovo del vincolo di fedeltà e devozione nei confronti del Serenissimo Dominio. Se durante il periodo del rettorato al Provveditore spetta di prendere le difese degli interessi della Magnifica Patria, è al termine del suo mandato che, attraverso le relazioni costruite nei sedici mesi di permanenza a Salò, il nobile veneziano assume il ruolo di protettore.
La comunione di intenti fra Provveditore e Magnifica Patria che guida le relazioni fra l’uno e l’altra, si esprime anche nel fatto che il favore raccolto dal rappresentante veneziano durante il suo incarico e manifestato al termine del suo rettorato per testimoniarne le virtù, gli garantivano onorevolezza e prestigio. Gli interessi della Magnifica Patria e del Provveditore in questo modo convergevano: se ben difendeva gli interessi della Riviera dimostrando così di aver ben governato, il rettore dava prova di possedere le qualità per proseguire nel proprio cursus honorum5.
E tuttavia la sua figura è anche esterna agli equilibri locali di potere e dunque potenzialmente in grado di condizionarli attraverso la sua azione di governo.
La personalizzazione dell’autorità nella figura del Provveditore può essere valutata anche da un altro punto di vista. Nel caso di violazione dei principi su cui si basa il buon governo, il vincolo pattizio fra popolo suddito e Dominante può essere messo in discussione. L’attribuzione della violazione alla responsabilità personale del Provveditore costituisce una salvaguardia per il mantenimento del sistema6. Nel caso di violazione e mancato rispetto dei
valori di cui doveva invece costituire massima espressione, il Provveditore che non si era dimostrato un buon protettore si creava delle inimicizie che, condizionando l’attività del
4 Sull’importanza della figura del Giudice del maleficio si veda supra.
5 Povolo C., Il protettore amorevole…, p. 89. Cozzi G., Il Doge Nicolò Contarini. Ricerche sul patriziato
veneziano agli inizi del Seicento in Cozzi G., Venezia Barocca. Conflitti di uomini e idee nella crisi del Seicento veneziano, Il Cardo, Venezia 1995, p. 189. Renier Zeno dopo i suoi debutti fortunati era stato eletto
alla podesteria di Crema. L’incarico, di una certa responsabilità, gli aprì l’accesso al Senato. 6 In questo senso può essere interpretata l’esemplare pena comminata a Luca Pasqualigo.
Consiglio generale e causando dei disequilibri nell’assetto sociale della Magnifica Patria, potevano diventare evidenti e manifestarsi in un dissenso nei suoi confronti. Le male azioni compiute dal Provveditore venivano intese però come “abusi” imputabili all’individuo (e quindi non al Provveditore in quanto istituzione ma in quanto persona) e non mettevano in discussione l’assetto del sistema istituzionale esistente fra centro e periferia ma anzi lo rafforzavano in quanto la difesa dei sudditi veniva presa in carico dalle magistrature veneziane7.