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3.2 La responsabilità nei confronti dei creditori sociali

3.2.1 L’azione dei creditori sociali

tali obblighi da quelli derivanti dall’applicazione del principio del neminem

laedere.

Non si tratta ovviamente di una mera disputa teorica giacchè dalla sua qualificazione discendono importanti conseguenze sotto il profilo del thema

decidendum et probandum, della distribuzione del carico probatorio, del danno

risarcibile, dell’applicabilità della sospensione ex art. 2941, n. 7, c.c. nonché del regime delle eccezioni opponibili.

A prescindere dalla specifica connotazione, è comunque incontestabile che non basti provare l’incapienza del patrimonio sociale, ma occorre dimostrare il nesso causale tra detta insufficienza e l’inadempimento inerente la conservazione dell’integrità del patrimonio37.

Pur mantenendosi intatta l’autonomia patrimoniale della società, i creditori potranno rivalersi nei confronti degli amministratori laddove il patrimonio sociale sia andato disperso per fatti causalmente imputabili ai gestori.

Ciò evidentemente sarebbe escluso in caso di insolvenza della società che sia dovuta a momentanea illiquidità e non rispecchi un’assodata differenza negativa tra attivo e passivo patrimoniale.

Senza dubbio, l’art. 2394 c.c. trova il più ampio ambito di applicazione nelle procedure concorsuali, e dunque il momento della dichiarazione di fallimento costituisce il più attendibile riferimento cronologico, per quanto senza dubbio la manifestazione dell’insufficienza del patrimonio a soddisfare i creditori debba intendersi come logicamente e finanche temporalmente distinto, con serie ripercussioni in tema di prescrizione (su cui infra).

3.2.1 L’azione dei creditori sociali.

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Tra le molte Cass., 25.7.2008, n. 20476, in Dir. prat. soc., 2008, 22; Cass., 6.12.2000, n. 15487, in Soc., 2001, 591.

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Quanto alla diversa questione circa la natura surrogatoria o propria dell’azione38, i sostenitori della prima ritengono che il danno ai creditori sia imputabile agli amministratori soltanto di riflesso, giacché consiste nell’impossibilità della società a far fronte al debito per la perdita del patrimonio: è un danno riflesso, o meglio indiretto, conseguenza dell’inerzia del debitore (società).

La dottrina e la giurisprudenza prevalenti escludono la natura surrogatoria, muovendo dal tenore letterario della norma, oltre che da esigenze sistematiche (sarebbe, altrimenti, inconcepibile consentire al creditore l’esercizio di un’azione preclusa al soggetto sostituito – società- per rinunzia ex art. 2394, III co., c.c.; d’altra parte, l’art. 2949 c.c. ribadirebbe la distinzione tra le due azioni, prevedendo un generico termine quinquennale a favore della società, e poi precisando che nello stesso termine si prescrive l’azione dei creditori).

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Per l’indirizzo che riconosce all’azione carattere diretto e autonomo, si vedano Cass. 12.6.2007, n. 13765, in Soc., 2007, 1349, Cass., 22.10.1998, n. 10488, in Giust. civ., 1999, I, 75, con nota di SALAFIA, Trib. Bologna 8.8.2002, in Giur. it., 2003, 1649, App. Milano, 14.1.1992, in Giur. comm., 1993, Trib. Milano, 6.2.1989, in Giur. comm., 1989, II, 906; mentre per quello, meno recente, che la inquadra espressamente nello schema surrogatorio Trib. Palermo 8.2.2001, in Giur. mer., 2001, 1267.

In dottrina la tesi dell’azione surrogatoria è sostenuta, tra gli altri, da FERRI G., Manuale di

diritto commerciale, Torino, 2010; COTTINO G., Diritto commerciale, Padova, 1987;

MINERVINI G., Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956,VISENTINI G., Principi

di diritto commerciale, Padova, 2006.

Propendono invece per la natura diretta ed autonoma BONELLI F., La responsabilità degli

amministratori, in COLOMBO G. E. - PORTALE G. B. (diretto da), Trattato delle società per

azioni, Torino, 1991; CAMPOBASSO G. F., Diritto commerciale. Diritto delle società, Torino, 2012; FERRARA F.-CORSI F., Gli imprenditori e le società, Milano, 2011; GALGANO F., La

società per azioni, in Trattato Galgano, 1984. Nel senso della autonomia si è pronunciata la

Suprema Corte fin da Cass. 22.10.1998, n. 10488, in Giust. civ., 1999, I, 75, con nota di SALAFIA, Considerazioni in tema di responsabilità degli amministratori verso le società e

verso i creditori sociali, in Soc., 1999, 557, con nota di FUNARI, La responsabilità degli

amministratori: azione sociale e azione dei creditori. Per la natura surrogatoria, si sono

pronunciate invece sentenze più risalenti tra cui Cass. 27.11.1982, n. 6431, in Fall., 1983, 810; Cass. 14.12.1991, n. 13498, in Foro it., 1992, I, 1803. Su questi temi per indicazioni riassuntive, L. PELLE, Profili processuali delle azioni di responsabilità nei confronti degli

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Ciò non toglie che, chiaramente, se con il risultato di una transazione, la società ricostituisce una provvista sufficiente per soddisfare il credito, verrebbe meno il danno che legittimerebbe l’azione ex art. 2394 c.c. (diversamente, se la transazione dovesse risultare pregiudizievole e conclusa in frode, i creditori potranno impugnarla in sede di revocatoria).

Il ruolo dell’azione è, dunque, equivoco, perché non è stato definitivamente chiarito se la legittimazione riconosciuta ai creditori sia surrogatoria, oppure autonoma: da un lato, infatti, la natura ancillare dell’azione dei creditori è dimostrata dal fatto che la transazione raggiunta dalla società con gli amministratori produce effetti anche nei confronti dei creditori (seppur poi possa essere impugnata da questi ultimi con l’azione revocatoria quando ne ricorrano gli estremi, a denotare la sussistenza di una situazione soggettiva nella titolarità di questi ultimi, suscettibile di autonoma tutela); dall’altro, l’autonomia del rimedio può ricavarsi dalla previsione per cui la rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali.

Per quanto non possa dirsi che vi sia un punto di arrivo definitivo, la tesi dell’autonomia appare prevalente.

D’altra parte, la riflessione sulla natura autonoma o surrogatoria dell’azione dei creditori sociali si è sempre arrestata dinanzi alla considerazione, svolta già prima della Riforma e ribadita successivamente ad essa39, dell’unitarietà del rimedio attribuito al curatore che agisca ex art. 146 l. fall., che attribuisce al curatore la legittimazione ad agire contro gli amministratori a norma dell’art. 2393 c.c. (per violazione dei doveri imposti agli amministratori) e dell’art. 2394 c.c. (per inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione

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Si vedano sul punto Trib. Salerno 12.1.2010, in Fall., 2010, 1191, con nota di SIGNORELLI, Azione di responsabilità ex art. 146 l .fall. e determinazione del danno; Cass., 21.7.2010, n. 17121, in Soc., 2011, 701, con nota di PORRECA, Sull’autonomia dell’azione di

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dell’integrità del patrimonio sociale), prescrivendo un cumulo inscindibile tra le due azioni40.

Nel rimedio, ritenuto dalla giurisprudenza, appunto, unitario e inscindibile, sono state fatte confluire le diverse fattispecie di responsabilità degli amministratori, permettendo così alla curatela la formulazione di istanze risarcitorie che facessero leva tanto sui presupposti della responsabilità (certamente contrattuale) degli amministratori verso la società (art. 2392 c.c.), quanto su quelli della responsabilità verso i creditori sociali (art. 2394), con evidente vantaggio per il fallimento.

Per quanto vi siano indubbie interferenze con la responsabilità nei confronti della società, giacché in definitiva il danno subito dai creditori effettivamente non è altro che il riflesso del depauperamento subito dal patrimonio sociale, si ritiene, dunque, prevalente la natura dell’azione diretta ed autonoma e indipendente dall’inerzia della società.

Come detto, la rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi.

Da tali considerazioni deriverebbe la proponibilità dell’azione

indipendentemente dall’atteggiamento della società, nei confronti della quale non andrebbe integrato il contradditorio, e la devoluzione del risultato utile dell’azione al creditore procedente.

Il problema ha tuttavia scarse conseguenze pratiche.

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Ex multis Cass. 21.7.2010 n. 17121 in Soc., 2010,1271; App. Roma 1.4.2010 in Rep.

giur. it.2010,559; Cass. 29.10.2008 n. 25977 in Fall., 2009,619; Cass. 23.6.2008 n. 17033 in Fall., 2009,565; Trib. Roma 23.2.2009 in Soc., 2010, 97, Trib. Roma 21.4.2008 in Rep. giur. it., 2008, 384, Trib. Milano 28.11.2005 in Soc, 2007, 67; Trib. Milano 13.1.2006 in Giur. it.