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Natura e presupposti dell’azione del curatore fallimentare

Come anticipato, l’avvio della procedura concorsuale non comporta dunque il sorgere di un’azione autonoma, ma “trasferisce” a titolo derivativo in capo al curatore la legittimazione ad esperire un rimedio unitario ex artt. 2393-2394 c.c.

Ciò non manca sotto molteplici profili di rivelarsi particolarmente conveniente rispetto alle azioni riservate rispettivamente alla società e ai creditori sociali124.

Da un punto di vista strutturale l’azione presenta una schema piuttosto consueto: ne sono presupposti la condotta illecita, cd. mala gestio, il danno e il nesso causale tra questi due elementi.

La condotta illecita deriva dalla violazione di obblighi specifici dettati da leggi - civili, penali, amministrative, tributarie- o da statuto, precipuamente legati all’oggetto sociale o genericamente posti a tutela dei soci o dei terzi.

A tali doveri si aggiungono l’obbligo di amministrare con la diligenza “richiesta dalla natura dell’incarico” e senza conflitto di interessi.

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Sul punto si vedano in dottrinaCAMPOBASSO G. F., Diritto commerciale. Diritto delle

società, Torino, 2012, FAUCEGLIA G., Commento sub art. 146 l. fall., in JORIO A. (diretto da) e FABIANI M. (coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare, Commentario, Bologna, 2007, II, 2142, dove, proprio con riferimento all’art. 2394 bis c.c., si osserva che “la collocazione nel codice civile di una regola di legittimazione generale per le azioni di responsabilità esperite dagli organi delle procedure concorsuali conferma l’opinione prevalente secondo cui l’azione del curatore non deriva dal fallimento, non è cioè un’azione di massa, autonoma e distinta rispetto alla fattispecie disciplinate dagli artt.2392, 2393, 2394 cod. civ. ma lo stesso curatore subentra semplicemente nella titolarità esclusiva delle azioni, che prima dell’apertura della procedura appartenevano alla società o ai creditori”.

In giurisprudenza Cass., 12.6.2007, n. 13765, in Giur. comm., 2008, I, 849, Cass., 22.10.1998, n. 10488, in Soc., 1999, 557, ma anche Cass., 29.10.2008, in Giust. civ. mass., 2008, 10, che riconosce “natura contrattuale e carattere unitario e inscindibile” al rimedio cumulativo offerto al curatore fallimentare; e Cass., 3.6.2010, n. 13465, in Foro it., 2011, 518, che, invece, sia pure in forma di obiter dicta, riconosce carattere aquiliano alla responsabilità nei confronti dei creditori sociali.

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Si tratta, come visto, di norme che non specificano la condotta che l’amministratore deve tenere di volta in volta e che, pertanto, andranno riempite di contenuti in sede interpretativa.

Inutile dire che, mentre nel primo caso, è necessario dimostrare ex art. 1218 c.c. che l’inadempimento non era imputabile all’ammnistratore, nel secondo la prova della diligente condotta del gestore è di per sé sufficiente ad escludere direttamente l’inadempimento, a prescindere dalla scelta seguita.

Occorre, dunque, verificare se i presupposti delle due azioni subiscano delle trasformazioni, sostanziali e/o processuali, in sede fallimentare e, in particolare, se si cumulino o si mantengano comunque separate e distinte anche quando esercitate dal curatore.

A dire il vero le maggiori trasformazioni si avvertono con riferimento all’azione dei creditori ex art. 2394 c.c., soprattutto se, come sembra preferibile, si attribuisce a tale azione natura autonoma e diretta.

In tal caso, infatti, lo scopo dell’azione non sarà più quello di reintegrare il patrimonio del singolo creditore, ma piuttosto di accrescere l’attivo fallimentare, reintegrando il patrimonio della società fallita, attingendo ad un patrimonio diverso ossia quello dell’amministratore responsabile; allo stesso modo il danno risarcibile non sarà più specificamente quello subito dal creditore agente, ma quello subito dalla società, e il creditore potrà ottenere detto risarcimento solo indirettamente attraverso il concorso sull’attivo fallimentare, in misura corrispondente al credito nei confronti della fallita.

Strettamente connesso è poi il rilievo per cui, una volta avviata la procedura concorsuale, non occorre più distinguere tra creditori anteriori e posteriori rispetto alla manifestazione dell’insufficienza patrimoniale, e quindi della diretta lesione subita dal creditore in ragione dell’attività del gestore125.

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Tale riflessione, se da un lato appare assai simile a quanto avviene in sede di revocatoria rispetto all’atto di disposizione, dall’altro si spiega agevolmente non solo con la specifica finalità perseguita con la legittimazione del curatore, ma anche con la constatazione che il pregiudizio ai creditori è sempre accompagnato dal pregiudizio alla società, giacché fondato sul medesimo presupposto di fatto, e che, quindi, in definitiva, i creditori successivi potrebbero comunque avvalersi in sede fallimentare dell’azione di responsabilità sociale.

Tanto considerato, come non rilevare che rispetto alle domande del curatore, o comunque dell’organo procedurale, non assumerebbe alcuna rilevanza l’eventuale conformità dell’operato dei gestori alla volontà dei soci, volontà assolutamente irrilevante, essendo l’azione proposta in favore di un soggetto diverso dalla società stessa, ovvero la massa dei creditori.

Peraltro, a seconda di valutazioni di opportunità legate al caso concreto, la domanda giudiziale potrebbe diversamente atteggiarsi, avvalendosi della disciplina applicabile alla responsabilità contrattuale o extracontrattuale126.

In sede fallimentare, dunque, si affievolirebbero anche i dubbi esistenti riguardo l’azione dei creditori sociali tra natura contrattuale ed extracontrattuale, visto che l’azione del curatore è ricostruita come un complesso unitario e inscindibile delle azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c., caratterizzato da connotati ibridi e tale da consentire un cumulo dei rispettivi presupposti.

1988, 322; Cass. 9.4.1975, n.1294, in Dir. fall., 1975, II, 674; Cass., 3.5.1978, n. 2055, in Foro

It., 1979, I, 2929. Sotto un diverso profilo, e cioè allo scopo di limitare l’entità del danno

risarcibile alla effettiva perdita di garanzia, la distinzione è stata ritenuta rilevante da JORIO A.,

Perdita del capitale sociale, responsabilità degli amministratori e par condicio creditorum, in Giur. comm., 1986, I, 175.

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Cass., 22.10.1998, n. 10488., cit., Trib. Lucera, 15.1.2002, in Dir. fall., 2002, II, 337, con nota di Pellegrino; Trib. Palermo, 8.2.2001, in Giur. mer., 2001, 1267.

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Con specifico riferimento all’unitarietà o meno delle due azioni, come anticipato, la giurisprudenza appare piuttosto costante nel ritenere che, con l’avvio della procedura concorsuale le azioni di responsabilità spettanti, rispettivamente, alla società e ai creditori confluiscano in un’azione unitaria e inscindibile spettante in via esclusiva al curatore fallimentare, che può esercitarle contemporaneamente e in modo indifferenziato127.

In realtà è possibile rintracciare una certa contrapposizione tra i diversi orientamenti.

Le prime pronunce, sostenendo l’unico fine della reintegrazione del patrimonio a garanzia dei soci e dei creditori, sottolineavano l’unitarietà dell’azione facendone discendere inutilità di distinguere tra condotte lesive e rispettivi danni, nonché tra termini di prescrizione previsti per le due azioni ed eccezioni rispettivamente opponibili. Ciò consentirebbe sostanzialmente anche di aggirare la distinzione tra responsabilità contrattuale e extracontrattuale, permettendo al curatore di optare per il più agevole regime probatorio previsto in tema di responsabilità contrattuale.

È stato però notato in dottrina128 che, seguendo tale impostazione, la giurisprudenza, pur sostenendo la natura derivata dell’azione, in realtà ne fa un’azione nuova, autonoma, nascente dal fallimento, in cui l’organo fallimentare gode di una posizione di privilegio potendo utilizzare, cumulando le azioni, gli elementi in concreto più favorevoli alla procedura fallimentare.

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Cass. 29.10.2008, n. 25977, in Fall., 2009, 5, 619; Cass., 6.12.2000, n.15487, in Dir.

fall., 2001, 917; Cass. 3755/1981, cit.; Cass., 28.2.1998, n.2251, in Fall., 1999, 254. Ma si

veda anche Cass. civ. Sez. I, 11.11.2010, n. 22911, in Foro It., 2011, 6, 1, 1686, con nota di NAZZICONE, Cass., 21.7.2010, n. 17121, in Soc., 2010, 10, 1271, che continua ad utilizzare la formula relativa all’unitarietà ed inscindibilità dell’azione, affermandone tuttavia la natura contrattuale.

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JAEGER P.G., La responsabilità degli amministratori e dei sindaci nelle procedure

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Secondo un diverso orientamento, invece, il fatto che il curatore sia legittimato a promuovere unitariamente ed inscindibilmente le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c. non comporterebbe la nascita di una nuova azione ibrida, ma manterrebbe distinti i diversi profili di responsabilità: l’assorbimento meramente soggettivo in capo all’organo concorsuale, darebbe vita ad un’azione cumulativa, in forza della quale la procedura può avvalersi dei presupposti dell’una o dell’altra azione a seconda delle situazioni, dovendosi però anche sottostare ad eventuali profili sfavorevoli una volta effettuata la scelta.

Comunque si manterrebbe un certo favor per la posizione dell’organo concorsuale che, quindi, può agire con l’azione sociale per danni che non sarebbero risarcibili tramite l’azione dei creditori sociali e viceversa, purché chiaramente ve ne sussistano tutti i presupposti.

In definitiva, l’impostazione preferibile sembra essere quella che, nel definire unitaria ed inscindibile l’azione spettante al curatore, tende a sottolineare come le due azioni sono destinate a sovrapporsi per un’area, più ristretta, che coincide proprio con l’ambito dell’azione ex art. 2394 c.c.129

Essa, infatti, da un lato, non copre tutti gli inadempimenti degli organi societari e tutta l’area del danno risarcibile, dall’altro, è prevista per la violazione specifica di obblighi inerenti l’integrità del patrimonio sociale, che sono evidentemente ricompresi tra i doveri imposti agli amministratori da legge o da statuto, trattandosi di presidi posti a garanzia non solo dei terzi, ma anche dell’autonomia patrimoniale della società.

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In questi termini, tra i tanti contributi, DI AMATO S., Responsabilità degli amministratori

e fallimento, in GHIA L.–PICCININNI C.–SEVERINI F. (a cura di), Trattato delle procedure

concorsuali, vol. III, Torino, 2012; SILVESTRINI S., La responsabilità degli amministratori

nella società per azioni, in VIETTI M. (diretto da), La governance nelle società di capitali. A

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A conferma di ciò basti pensare alle trasformazioni che, come si è visto, subisce l’azione dei creditori con l’avvio della procedura, oltre che alla perdita della funzione di responsabilizzazione degli amministratori che sarebbe l’unica ragione dell’azione qualora non vi si riconoscesse natura surrogatoria, ed infine al divieto di azioni esecutive individuali.

Sostanzialmente si verifica una sorta di assorbimento dell’azione ex art. 2394 nell’azione ex art. 2393, che pur mantenendo la sua natura e la sua finalità, finisce per avvantaggiarsi della posizione dei creditori stessi, ad esempio in termini di prescrizione o di eccezioni opponibili.

Il curatore, in questo modo, eserciterebbe una sola azione in virtù di un unico titolo indistinto, indipendentemente dal petitum o dalla causa petendi130.