• Non ci sono risultati.

Nei gruppi di società gli obblighi gravanti sugli amministratori si intrecciano con i rapporti intercorrenti tra la holding e le singole società controllate, imponendo un adeguamento del principio di esclusività ed autonomia della gestione rispetto alla situazione di eterodirezione51.

Se infatti è fisiologico che la capogruppo diriga l’attività globalmente intesa delle società figlie secondo un disegno unitario (cd. interesse di gruppo), il pericolo è che eventuali decisioni assunte dalle controllate, pur sempre enti autonomi e dotati di distinta soggettività giuridica, siano lesive per le società stesse singolarmente intese, senza che ciò venga adeguatamente compensato dai vantaggi insiti nell’appartenenza al gruppo stesso: il rischio è cioè quello di un abuso dell’attività di direzione e coordinamento52.

È noto che le esigenze sottese al cd. interesse di gruppo potrebbero confliggere con gli interessi delle singole società e, in particolare, con gli interessi dei loro soci di minoranza, che non beneficiano direttamente dei

51

Gli studi sull’argomento sono numerosissimi, si ricordano, senza alcuna pretesa di esaustività, BADINI CONFALONIERI A.,VENTURA R., Commento all’art. 2497, in G.COTTINO, G. BONFANTE, O. CAGNASSO, P. MONTALENTI (a cura di), Il nuovo diritto societario, III, Bologna, 2004, 2150; CAMPOBASSO G. F., Diritto commerciale. Diritto delle società, Torino, 2012; CARIELLO V., Commento all’art. 2497, in G.NICCOLINI –A.STAGNO D’ALCONTRES (a cura di),Società di capitali, Napoli, 2004; COTTINO G., Diritto commerciale, Padova, 2006; DI SABATO F., Diritto delle società, Milano, 2011; FERRARA F. JR -CORSI F., Gli imprenditori e le

società, Milano, 2011; ENRIQUES L., Gruppi di società e gruppi di interessi, in BENAZZO P.– PATRIARCA S.–PRESTI G. (a cura di), Il nuovo diritto societario fra società aperte e società

private, Milano, 2003, 251; MONTALENTI P., I gruppi di società, in ABRIANI N. ed altri, Le

società per azioni, in COTTINO G. (diretto da), Trattato di diritto commerciale, Padova, 2010; RORDORF R., I gruppi nella recente riforma del diritto societario, in Soc., 2004, I, 538; SBISÀ G., Responsabilità della capogruppo e vantaggi compensativi, in Contr. impr., 2003, I, 601; SPADA P., L’amministrazione della società per azioni tra interesse sociale ed interesse di

gruppo, in Riv. dir. civ., 1989, 233;TOMBARI U., Poteri e doveri dell’organo amministrativo di

una s.p.a. “di gruppo” tra disciplina legale e autonomia privata (appunti in tema di corporate

governance e gruppi di società), in Riv. soc., 2009, I, 129; TOMBARI U., La nuova disciplina

dei gruppi di società, in BENAZZO P.–PATRIARCA S.–PRESTI G. (a cura di), Il nuovo diritto

societario fra società aperte e società private, Milano, 2003, 242.

52

Sulla contrapposizione degli interessi nel gruppo, specificamente, ENRIQUES L., Gruppi

di società e gruppi di interessi, in BENAZZO P.–PATRIARCA S.–PRESTI G. (a cura di), Il nuovo

46

risultati del gruppo, e dei loro creditori che non possono fare affidamento sul patrimonio del gruppo complessivamente stesso.

Ritenendo che il precedente impianto normativo, per quanto la relativa efficacia fosse stata estesa in via interpretativa, non fosse sufficiente a bilanciare gli interessi contrapposti, la Riforma ha introdotto l’art. 2497 c.c., unitamente ad altre norme costituenti il cd. “diritto dei gruppi”53

.

Sgombrato il campo dalle ipotesi in cui il gruppo sia un mero simulacro formale (ad es. nel caso in cui la capogruppo nomini tutti gli amministratori della controllata, o vi sia sistematica confusione tra i patrimoni), per attività di direzione e coordinamento si intende l’esercizio di una pluralità sistematica e costante di direttive volte ad incidere sulle scelte gestorie, strategiche ed operative, delle società eterodirette.

La dottrina si concentra sulle ipotesi in cui l’abuso della direzione unitaria del gruppo si consumi attraverso direttive - illegittime- impartite dalle società o enti che, a qualunque, titolo esercitano l’attività di direzione e coordinamento.

La responsabilità nei confronti dei soci e dei creditori sociali è fondata sulla violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, concretizzatasi in un danno alla redditività e al valore della partecipazione sociale, ovvero all’integrità del patrimonio sociale.

La società holding risponde della corretta organizzazione economica delle varie società del gruppo: non può, pertanto, perseguirsi il solo interesse della controllante, ma l’unitarietà della direzione del coordinamento deve prefiggersi l’intento di realizzare una sinergia operativa e soddisfare le esigenze del gruppo complessivamente inteso e delle partecipanti singolarmente considerate.

53

TOMBARI U., La nuova disciplina dei gruppi di società, in BENAZZO P.–PATRIARCA S.– PRESTI G. (a cura di), Il nuovo diritto societario fra società aperte e società private, Milano, 2003, 242.

47

Non a caso i beni giuridici tutelati sono la redditività ed il valore della partecipazione sociale, consistenti nella legittima aspettativa di remunerazione dell’investimento, in termini di utili e di valore di scambio, nonché l’integrità del patrimonio della società, valore coincidente con quello di cui all’art. 2394 c.c.

Si noti in tal senso che la successiva quantificazione del danno, se non pone problemi particolari con riferimento alla posizione dei creditori, i quali hanno diritto ad un risarcimento pari al pregiudizio subito all’integrità del patrimonio, più complessa è la determinazione allorquando il parametro è rappresentato dal pregiudizio alla redditività e al valore della partecipazione, dovendosi in tal caso sterilizzare la parte di perdita ascrivibile a reazioni non controllabili riconducibili all’andamento del mercato finanziario.

La norma recepisce poi l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale in materia di cc.dd. vantaggi compensativi: nel rispetto dei principi generali, non vi è danno, e quindi non vi è responsabilità, quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo del gruppo o sia stato integralmente eliminato da operazioni a ciò dirette. Si tratta evidentemente di vantaggi derivanti dall’appartenenza al gruppo e idonei a neutralizzare i pregiudizi54.

È, dunque, in relazione ad una valutazione che tenga conto della logica globale e dei risultati complessivi, e non alla luce della singola operazione o della specifica direttiva, che sembra doversi valutare la responsabilità ex art. 2497 c.c.55

54

La differenza rispetto alla figura di natura giurisprudenziale della compensatio lucri cum

danno sta nel fatto che per l’applicazione di detto principio si richiede l’identità del fatto che ha

cagionato il pregiudizio e il vantaggio. Il vantaggio compensativo deriverebbe comunque derivante dalla attività di direzione e coordinamento, valutata nel suo complesso, prendendo in considerazione anche estesi periodi di tempo.

55

DAL SOGLIO P., Commento all’art. 2497 c.c., in MAFFEI ALBERTI A. (a cura di), Il nuovo

diritto delle società, IV, Padova, 2005, 2316; SBISÀ G., Responsabilità della capogruppo e

48

Di conseguenza la responsabilità degli amministratori della capogruppo dipenderà non tanto dal contenuto pregiudizievole di una singola operazione, ma dal non aver effettuato un adeguato bilanciamento tra interesse del gruppo e interesse della società figlia; d’altra parte, fonte di responsabilità per gli amministratori della controllata sarebbe l’aver compiuto operazioni orchestrate dalla capogruppo, in mancanza di adeguati vantaggi compensativi.

A dispetto di quanto riportato nella Relazione ministeriale, che definisce espressamente la responsabilità in questione come “essenzialmente di stampo aquiliano”56

, la dottrina dominante sembra configurare la responsabilità per eterodirezione come responsabilità contrattuale, perché derivante da violazione di un’obbligazione preesistente avente carattere preciso e diretto, che trova la propria fonte nella legge e non propriamente contrattuale.

In senso opposto sembra essere orientata la giurisprudenza di merito57. La responsabilità in questione si estende a chi abbia preso parte al fatto lesivo, sia pure solo nei limiti del vantaggio conseguito, o chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio. Da ciò deriva la responsabilità degli amministratori della controllante, ma anche di quelli della controllata (unitamente ai rispettivi organi di controllo interni), come partecipanti al processo decisionale relativo agli atti pregiudizievoli.

Se infatti è fisiologico che gli amministratori delle controllate vedano ridotta la propria autonomia gestionale a favore della capogruppo, è anche vero che sarebbero comunque tenuti a fungere da filtro, dando esecuzione alle direttive

56

Fra i sostenitori della natura extracontrattuale si veda fra tutti GALGANO F., Il nuovo

diritto societario, in GALGANO F. (diretto da) Trattato di diritto commerciale e diritto pubblico

dell’economia, Padova, 2003, 176. Per una ricognizione del dibattito dottrinale RORDORF R., I

gruppi nella recente riforma del diritto societario, in Soc., 2004, I, 538.

57

Trib. Pescara, 16.1.2009, in PQM, 2009, I, 59; Trib. Napoli, 26.5.2008, in Fall., 2008, 1435 con nota di CAGNASSO O., La qualificazione della responsabilità per violazione dei