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L’azione si può esercitare contro il pater familias o il dominus dell’exercitor

CAPITOLO II L’ACTIO EXERCITORIA: IL ‘PUNTO DI IRRUZIONE’ NELL’EVOLUZIONE

III. L’azione si può esercitare contro il pater familias o il dominus dell’exercitor

. Watson nel descrivere l’actio exercitoria utilizzava, propriamente, l'espressione “one way”127.

Dalla lettura di D.14.1.1.18, si ricava chiaramente che il pretore nell'editto non promette all'armatore un'azione contro quanti hanno concluso un contratto con il comandante della nave, quindi l’exercitor non ha un diritto di agire uguale a quello dei terzi contraenti: Sed ex contrario exercenti navem adversus eos, qui cum magistro

contraxerunt, actio non pollicetur, quia non eodem auxilio indigebat, sed aut ex locato cum magistro, si mercede operam ei exhibet, aut si gratuitam, mandati agere potest. solent plane praefecti propter ministerium annonae, item in provinciis praesides provinciarum extra ordinem eos iuvare ex contractu magistrorum.

Bonfante osservava che “in ordine ai crediti in linea di principio l’acquisto mediante intermediario non soggetto è fin nei più tardi espressamente negato, sia in generale, sia in rapporti obbligatori speciali”128.

II. La responsabilità derivante dall'actio exercitoria è illimitata e in solidum

A) Il terzo contraente può agire contro l’exercitor per l’intero, non nei limiti del valore del peculio o di quanto si fosse concretamente avvantaggiato in base all’obbligazione assunta dal suo schiavo, figlio o sottoposto129.

B) L’idea dei giuristi romani per risolvere il problema nel caso in cui debbano rispondere più exercitores è simile all’istituto della responsabilità solidale nel diritto moderno. Vi è la distinzione tra il rapporto esterno e quello interno, di conseguenza vi è anche una distinzione tra la responsabilità esterna e la responsabilità interna, alle quali si applicavano regole diverse. Cioè, dal punto di vista del rapporto esterno, il terzo contraente può agire contro ogni exercitor per l’intero con l’actio exercitoria130;

dal punto di vista del rapporto interno, colui che abbia pagato il debito potrà rivalersi

sugli altri per la rispettiva parte di debito con l’actio pro socio131. Cioè la

responsabilità tra gli exercitores è solidale.

III. L’azione si può esercitare contro il pater familias o il dominus

126

Cfr. D.14.1.1.18.

127

A. WATSON, Contract of mandate in roman law, cit., 79. 128

P. BONFANTE, Istituzioni di diritto romano, cit., 332. 129 Cfr. D.14.1.4.2; D. 14.1.6.1. 130 Cfr.D.14.1.1.25. 131 Cfr.D.14.1.3.

dell’exercitor

Nel periodo classico, con la crescita dell’economia romana l’esigenza di utilizzare i servi nella gestione degli affari del padre di famiglia o del padrone fu avvertita con sempre maggiore intensità132, ne risultò che i servi potevano avere il

peculio e amministrare una nave o altri tipi di impresa. Perciò, l’identità dell’exercitor non era limitata al padre di famiglia o al padrone. Si poneva, allora, il seguente problema: se l’exercitor è alieni iuris, il terzo contraente contro di chi può agire? In base all’editto, il terzo contraente può agire contro il padre di famiglia o il padrone dell’exercitor con l’actio exercitoria133.

Vediamo D.14.1.1.19 di Ulpiano, 28 ad ed., relativo ad un’ipotesi l’exercitor è un soggetto in potestà di altri: Si is, qui navem exercuerit, in aliena potestate erit eiusque

voluntate navem exercuerit, quod cum magistro eius gestum erit, in eum, in cuius potestate is erit qui navem exercuerit, iudicium datur.

La soluzione dei giuristi è quella per cui si applica l’actio exercitoria anche contro il padre di famiglia o il padrone dell’exercitor, cioè il padre di famiglia o il padrone risponderebbero in solidum nei casi in cui l’exercitor in potestà compia negozi per loro volontà. Perché nel passo non c’è nessun accenno a possibili connessioni con il peculio? La spiegazione di Longo è che la soluzione contenuta nel testo in esame risalga ad un periodo anteriore rispetto all’emersione dell’actio de

peculio134

, pertanto, la responsabilità del padre di famiglia o del padrone dell’execitor è in solidum.

Il fondamento dell’actio exercitoria è la praepositio dell’exercitor, qual è, dunque, il fondamento dell’azione contro il padre di famiglia o il padrone dell’exercitor alieni iuris?

Vediamo altri paragrafi successivi a quello analizzato: D.14.1.1.20: Licet autem datur actio in eum, cuius in potestate est qui navem exercet, tamen ita demum datur, si voluntate eius exerceat. ideo autem ex voluntate in solidum tenentur qui habent in potestate exercitorem, quia ad summam rem publicam navium exercitio perinet. at institorum non idem usus est: ea propter in tributum dumtaxat vocantur, qui contraxerunt cum eo, qui in merce peculiari sciente domino negotiatur. sed si sciente

132

M. MARRONE, Istituzioni di diritto romano, cit., 196. 133

Cfr. D. 14.1.1.19; D. 14.1.1.20; D. 14.1.1.22-23.

134

dumtaxat, non etiam volente cum magistro contractum sit, utrum quasi in volentem damus actionem in solidum an vero exemplo tributoriae dabimus? in re igitur dubia melius est verbis edicti servire et neque scientiam solam et nudam patris dominive in navibus onerare neque in peculiaribus mercibus voluntatem extendere ad solidi obligationem. et ita videtur et pomponius significare, si sit in aliena potestate, si quidem voluntate gerat, in solidum eum obligari, si minus, in peculium.

In base a tale paragrafo, si applica l’actio exercitoria contro colui nella cui potestà si trova chi esercita l'impresa di navigazione. Se l’exercitor alieni iuris esercita la nave secondo la volontà del padre di famiglia o del padrone, questi ultimi dovrebbero rispondere in solidum; se il il padre di famiglia o il padrone hanno soltanto una conoscenza della gestione, ma non abbiano espresso volontà al riguardo, secondo Pomponio, il padre di famiglia o il padrone dovrebbero rispondere nei limiti del peculio.

Il discorso circa la classicità o meno di tale passo si protrae da lungo tempo. I giuristi che ne affermano la classicità ritengono, combinando i testi riportati in D.14.1.1.20 e D.14.1.1.22, che il pensiero di Ulpiano sia coerente e logico135. Anche

nel paragrafo 22, infatti, Ulpiano ritenne che il padre di famiglia o il padrone avrebbe dovuto rispondere soltanto nei limiti del peculio per la gestione dell’exercitor, soggetto ad una potestà altrui, se egli non avesse espresso la volontà per tale gestione; in caso contrario avrebbe dovuto rispondere in solidum136

.

Solazzi, De Martino, Beseler, Albertario hanno dubbi sulla genuinità del passo137

. Ritengono che la responsabilità in solidum del padre di famiglia o del padrone non corrispondesse ad un principio classico; perché, ci si chiede, la responsabilità del padre di famiglia o del padrone in questo caso dovrebbe essere basata sulla volontà del titolare della potestas (come ad es. in D.14.1.1.23 il padre di famiglia o il padrone dovrebbe essere chiamato a rispondere tramite l’actio exercitoria per l’attività dell’exercitor nella sua potestà senza la praepositio) mentre il criterio classico di imputazione è basato sui limiti che possono emergere da una rigorosa interpretazione della prepositio138? Come rilevato dal De Martino, la gestione ex voluntate patris non

135

G. LONGO, Actio exercitoria- actio institoria -actio quasi institoria, cit., 589-603. 136

Cfr. D.14.1.1.22.

137

G. LONGO, Actio exercitoria- actio institoria -actio quasi institoria, cit., 598.

138

deriva da una vera praepositio, e sarebbe, pertanto, molto strano che i giuristi siano stati così ‘larghi’ nel riconoscere la responsabilità del padre di famiglia o del padrone per i debiti del figlio exercitor e nel contempo così rigorosi nell’ammettere la responsabilità dell’exercitor per i debiti del magister navis, anche quando questi era una persona in potestà139. L’autore ha quindi osservato: “le scuole postclassiche

costruiscono la ben diversa teoria della responsabilità in solidum del padre di famiglia o del padrone, cuius voluntate il dipendente esercita la gestione dell’impresa marittima” 140.

Sebbene i giuristi classici e postclassici abbiano fatto ricorso a diversi criteri di imputazione, la ratio sembra essere la stessa, cioè l’intervento di un terzo nei rapporti obbligatori e l'opportunità di ammettere la responsabilità del padre di famiglia o del padrone che altrimenti avrebbe potuto subire incrementi dall’attività negoziale dei sottoposti ma non decrementi sostanziali secondo lo ius civile141. Il Beseler ha assunto

che Giuliano nell’ipotesi prospettata dal paragrafo 23 consigliasse di concedere un’actio utilis142

.