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CAPITOLO V L’ACTIO DE PECULIO: L’ORIGINE DEL SISTEMA DELLA RESPONSABILITÀ

II. La costituzione e variazione del peculium

Come nelle altre actiones adiecticiae qualitatis il pater familias viene condannato in base ad una responsabilità per le attività negoziali compiute dal filius familias o dallo schiavo sotto la sua potestà. Però, rispetto agli altri tipi di actiones adiecticiae qualitatis, questa possiede dei caratteri propri. Per quanto riguarda il fondamento della responsabilità, ad esempio, mentre per l’actio exercitoria ed institoria viene in rilievo la praepositio del pater familias, così come l’ordine nel caso dell’actio quod iussu, al contrario, nell’actio de peculio non esiste alcuna autorizzazione specifica.

A) Breve analisi circa il rapporto tra la costituzione del peculio e la volontà del

dominus nell’opinione dei giuristi romani.

a) Tuberone: il ‘domini permissus’è un requisito necessario.

D.15.1.5.4( Ulpianus 29 ad ed.) Peculium autem tubero quidem sic definit, ut

celsus libro sexto digestorum refert, quod servus domini permissu separatum a rationibus dominicis habet, deducto inde si quid domino debetur.

Da questo testo emerge che Tuberone, come riferito da Celso, abbia reputato il permesso del dominus come un requisito necessario per la costituzione del peculio.

b) Marcello: senza il permesso, il servo non può ‘avere’ il peculium.

D.15.1.7.1.(Ulpianus 29 ad ed.) Et adicit pupillum vel furiosum constituere

quidem peculium servo non posse: verum ante constitutum, id est ante furorem vel a patre pupilli, non adimetur ex his causis. quae sententia vera est et congruit cum eo, quod Marcellus apud iulianum notans adicit " posse fieri, ut apud alterum ex dominis servus peculium habeat, apud alterum non, ut puta si alter ex dominis furiosus sit vel pupillus, si ( ut quidam, inquit, putant) peculium servus habere non potest nisi

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concedente domino. ego autem puto non esse opus concedi peculium a domino servum habere, sed non adimi, ut habeat". alia causa est peculii liberae administrationis: nam haec specialiter concedenda est.

Si nota, dunque, che Marcello reputi necessaria la concessione da parte del

dominus per la costituzione del peculium, mentre questa non lo sarebbe per Ulpiano.

Infatti, mentre Ulpiano è d’accordo con Marcello, poiché ha condiviso l’assunto di Celso e Tuberone, sulla inidoneità del pupillo e del pazzo in riferimento alla costituzione del peculio, tuttavia Ulpiano sottolinea che non è necessario che sia concesso dal padrone che il servo ‘abbia’ il peculio, ma è solo necessario che non venga tolto quello che ha.

B) Breve analisi delle opinioni dei giuristi circa il rapporto tra il peculio e la volontà del dominus; ripercussioni sugli effetti dell'actio de peculio

a) Pomponio: Fa parte del peculio non solo quello che è stato concesso al servo dal padrone, ma anche quello che è stato acquistato senza che il dominus lo sapesse, ma che, se lo avesse saputo, avrebbe acconsentito che fosse peculio.

D.15.1.49pr. (Pomponius 4 ad q. muc.) Non solum id peculium est, quod

dominus servo concessit, verum id quoque, quod ignorante quidem eo adquisitum sit, tamen, si rescisset, passurus erat esse in peculio.

Da ciò si evince che, al ricorrere di determinate condizioni, possano entrare nel

peculium anche beni che lo schiavo abbia acquistato all’insaputa del dominus.

b) Gaio: il contraente può esperire l’azione anche se il dominus abbia proibito di contrarre con il servo.

D.15.1.29.1 (Gaius 9 ad ed. provinc.) Etiamsi prohibuerit contrahi cum servo

dominus, erit in eum de peculio actio.

c) Paolo: il contraente può esperire l’actio de peculio, anche se il dominus abbia scritto pubblicamente “vieto di concludere affari con il mio schiavo”:

D.15.1.47pr. (Paulus 4 ad plaut. )Quotiens in taberna ita scriptum fuisset " cum

ianuario servo meo geri negotium veto", hoc solum consecutum esse dominum constat, ne institoria teneatur, non etiam de peculio.

Da questi passi, risultano divergenze nell'opinione dei giuristi romani sul rapporto fra la volontà del dominus e la costituzione del peculium e sul rapporto fra la volontà e l’effetto dell'affare dell’alieni iuris dopo la costituzione. Dopo la costituzione del peculio, il potere del terzo contraente di esercitare l’azione non è

intaccato dalla sussistenza o meno di un permesso del dominus e persino dall’aver pubblicamente vietato di concludere affari con il proprio schiavo.

Peraltro, sul rapporto fra la volontà del dominus e la costituzione del peculium nonché sull’actio de peculio in generale, la discussione si è a lungo protratta e i romanisti moderni avanzano diverse opinioni.

Serrao richiama le discussioni e le divergenze esistenti nella letteratura romanistica antica e recente sui diversi livelli, toni e intensità dell’atteggiamento del

dominus che in riferimento alla formazione del peculium sono presenti nelle fonti

riportate nel Digesto e, in proposito, sottolinea che vi sono, in realtà, diverse testimonianze non molto compatibili tra loro. In alcune fonti si parla di concedere o

constituere peculium, che sembrano fare riferimento alla necessità di una

manifestazione di volontà esplicita da parte del dominus; ve ne sono altre che, invece, che sembrano ritenere sufficiente, affinché il servo potesse avere un peculium, un semplice permissum o una mera tolleranza del dominus; ve ne sono altre che sembrano riferirsi ad ogni acquisto del sottoposto, avvenuto anche ingnorante domino, purché possa presumersi che l’avente potestà avesse potuto tollerarlo qualora ne avesse avuta conoscenza281.

Buti, dall’esame del pensiero dei singoli giuristi, sostiene che c’è una certa linea d’evoluzione: dalla concezione della concessio o consititutuio peculii come atto non formale, ma comunque esplicito ed imprescindibile per la formazione del quasi-patrimonio ‘dei’ servi, alla concezione che il peculio possa formarsi anche senza un atto esplicito del dominus, con la sua semplice tolleranza. Questa linea dimostra la trasformazione della configurazione del peculium da un complesso di singoli cespiti patrimoniali ad una sorta di organica unità patrimoniale, cioè una configurazione astratta del peculio che si manifesta in Pomponio D. 15.1. 4. 5282 ove Buti sostiene si

possa notare che il giurista avesse concepito l’esistenza di una ‘causa peculiaris’283.

Buti sottolinea, inoltre, nella sua ricostruzione, che finanche nel caso in cui il dominus avesse proibito al terzo di concludere col suo institor, il terzo contraente avrebbe comunque potuto agire contro il dominus con l’actio de peculio284. Miceli riprende

281

F. SERRAO, Impresa e responsabilità a Roma nell’età commerciale, cit., 62-63.

282

Cfr. D.15.1.4.5

283

I. BUTI, Studi sulla capacità patrimoniale dei ‘servi’, cit., 32-36 e nt. 47. 284

tale opinione, ossia che il divieto non avrebbe potuto impedire al servo di contrattare validamente con i terzi nei limiti del peculium e aggiunge che la validità di questi atti non deriva dall’autonomia concessa al filius o al servo, bensì dal fatto che sia stato costituito il peculio, perciò nel caso dell’actio de peculio, l’unico elemento a cui i terzi devono prestare attenzione è costituito dall’esistenza stessa del peculium285.

Da ciò, sembra che vi sia una tendenza a che la connessione fra l’actio de peculio e la volontà del dominus venga completamente meno. Caratteristica questa che appare possa ritenersi comune al regime patrimoniale nelle persone giuridiche moderne.