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La responsabilità derivante dallo iussum è illimitata, ma il contratto deve essere concluso

CAPITOLO IV L’ACTIO QUOD IUSSU

V. La responsabilità derivante dallo iussum è illimitata, ma il contratto deve essere concluso

La responsabilità derivante dall’actio quod iussu è in solidum231.

Il contratto deve concludersi nell’ambito dello iussum, se, ad esempio, il figlio fa qualcosa fuori del contenuto dello iussum, il pater familias non è responsabile. L’interpretazione di tale ambito è molto stretta, ad esempio, se il pater familias ordina di dare a mutuo del denaro ad un certo interesse, il prestito deve essere limitato al tasso d’interesse stabilito, il pater familias non è responsabile per la parte in cui tale limite venga superato232; se il figlio offre in garanzia della terra senza l’accordo del

suo pater familias, quest’ultimo non è responsabile in base all’actio quod iussu, ma potrebbe contro di questi essere esperita l’actio de peculio o l’actio de in rem verso.

17. Il fondamento della responsabilità dell’actio quod iussu: lo iussum, l'autorizzazione data al terzo contraente; revisione critica dell'interpretazione secondo la quale lo iussum sarebbe rivolto al soggetto alieni iuris

Dal nome di questa azione si evince che essa è fondata sullo iussum. Il rapporto tra l’azione sopraddetta e lo iussum è la ragione principale per cui il terzo contraente può intentare un’azione contro il soggetto che emette l’ordine.

La maggior parte degli studiosi considerano lo iussum come la ragione fondamentale per cui il padre di famiglia o il padrone sono responsabili degli atti dei propri figli o degli schiavi, proprio come nel caso della praepositio e del peculium.

228 Cfr. D.15.4.1.6. 229 Cfr. D.15.4.1.2. 230 Cfr. D.29.2.25.14. 231 Cfr. D.15.4.1pr. 232 Cfr. D.15.4.3..

Albanese, ad esempio, ritiene che le situazioni da cui nasce la responsabilità adiettizia si collegano a tre casi nei quali il pretore ravvisò, con piena ragione, un comportamento del dominus tale da importare una sua chiara assunzione preliminare dei rischi patrimoniali eventualmente conseguenti all’operato del servo; i tre casi di cui sopra sono quelli dello iussum, della praepositio e dell’esistenza di un peculium233.

Ci sono due interpretazioni di iussum nell’ambito dell'actio quod iussu: dal punto di vista del suo significato letterale, lo iussum è un’imposizione unilaterale di volontà, cioè il padre di famiglia o il padrone impone la propria volontà all’atto che verrà posto in essere dal soggetto alieni iuris. Ma alcuni studiosi pensano che questa interpretazione sia sbagliata, secondo loro iussum nell’actio quod iussu non è dato al soggetto alieni iuris, ma al terzo contraente. Si tratterebbe, invece, di una dichiarazione di volontà di volersi obbligare all’atto posto in essere da un determinato soggetto alieni iuris.

Il conflitto tra le due opinioni si concentra sul determinare se lo iussum è diretto al soggetto alieni iuris oppure al terzo contraente. Su questo punto gli studiosi non sono d’accordo.Il Kaser ritiene che lo iussum debba individuarsi nell’indicazione che è data al soggetto alieni iuris, ma questa indicazione deve essere comunicata al terzo contraente in forma non ufficiale234. Bonfante ritiene che dal significato lessicale delle

parole, lo iussum sia un ordine, però si osserva che in tutti i testi in cui lo iussum ha un riferimento concreto, questo riferimento è precisamente al terzo contraente235

. Alan Watson ritiene che lo iussum sarebbe diretto al terzo contraente, non allo schiavo236

. Albanese spiega che lo iussum è “un esplicito invito ad un terzo perché egli concluda uno o più negozi con un determinato servo: in sostanza, si assicura al terzo che il servo indicato negozierà per conto di chi aveva formulato il iussus”237.

Leggiamo D.15.4.3 (Ulpianus libro secundo responsorum) Dominum qui iussit

semissibus usuris servo suo pecuniam mutuam credi, hactenus teneri quatenus iussit: nec pignoris obligationem locum habere in his praediis, quae servus non ex voluntate

233

B. ALBANESE, Le persone nel diritto privato romano, cit., 146. 234

J. J. AUBERT, Business managers in ancient Rome: a social and economic study of institores, 200

B.C.-A.D. 250, cit., 51, nt.43. 235

F. GLÜCK, Commentario alle Pandette (libri XIV-XV), cit., 214, la nota di Bonfante. 236

A. WATSON, The law of obligations in the later roman republic, cit., 186, 187.

237

domini obligavit. Nonostante questo testo non dica espressamente che l’indicazione

del dominus debba essere comunicata alla persona che commercia con il servo, il

dominus può essere responsabile solo per la parte di prestito inferiore al tasso

d’interesse indicato dallo stesso. Avendo presente l’atteggiamento dei giuristi romani di protezione dell’interesse del terzo contraente, che emerge nell’actio exercitoria e nell’actio institoria, essendo l’ambito della responsabilità interpretato in questo caso in modo restrittivo, sembra necessario che la precisa indicazione del dominus sia comunicata al terzo contraente. Quando Aubert analizza l’opinione di Kaser, ritiene che questo passo “indica oscuramente la necessità della comunicazione dello iussum al terzo contraente”238.

Alcuni studiosi hanno cercato di conciliare queste diverse opinioni. Sulla base dell’evoluzione del significato di “iussum”, questi ritengono che iussum indichi non solo l'autorizzazione all’altra persona, ma anche l’ordine al soggetto alieni iuris 239.

Sulla base della spiegazione riportata in un dizionario latino-italiano, iussum deriva dal verbo iubere, che ha quattro significati: ordinare, prescrivere (medicina), stipulare, ed invitare. Secondo Bonfante iussum deriva da ius habere, cioè “ritenere o riconoscere come diritto” e per sostenere questo egli richiama la formula classica di interrogazione al popolo: velitis, iubeatis, quirites? E afferma che al ius habere della

rogatio corrisponde il ius esto dell'antica legge che si conserva nelle XII tavole: ita ius esto. Poiché lo iussum del popolo, continua ad affermare Bonfante, “cioè la sua

dichiarazione che una proposta divenga norma di diritto, converte la proposta in un comando, la dichiarazione divenne anche la denominazione del precetto, e così la

parola assunse il significato di comando in generale”240. Dalla visione di tale

evoluzione si nota che il significato di tale parola sia una combinazione di ordinare e di dichiarare.

Sebbene non vi sia un testo in cui possiamo direttamente leggere se lo iussum è

238

J. J. AUBERT, Business managers in ancient Rome: a social and economic study of institores, 200

B.C.-A.D. 250, cit., 51. 239

F. GLÜCK, Commentario alle Pandette(libri XIV-XV), cit., 215, il commento di Bonfante alle

opinioni di Thibaut e di Vangerow.

240

F. GLÜCK, Commentario alle Pandette(libri XIV-XV), cit., 215, la nota di Bonfante: egli ritiene che

l’evoluzione del significato di questa parola è simile a quella di fides; all’inizio fides in latino voleva dire onestà, virtù di dire il vero, stare ai patti; era una dote attiva non passiva. Il nuovo significato sarebbe sorto dall'influenza cristiana e canonica.

dato all’alieni iuris oppure al terzo contraente che stipula il contratto con l’alieni iuris, ritengo che ci aiuti molto la ratio sulla quale i giuristi romani hanno fondato questa azione, ratio che emerge dalle Institutiones di Gaio e di Giustiniano

G.4.70 In primis itaque si iussu patris dominiue negotium gestum erit, in solidum

praetor actionem in patrem dominumue comparauit, et recte, quia qui ita negotium gerit, magis patris dominiue quam filii seruiue fidem sequitur241.

I.4.7.1 Si igitur iussu domini cum servo negotium gestum erit, in solidum praetor

adversus dominum actionem pollicetur, scilicet quia qui ita contrahit fidem domini sequi videtur242.

Chiaramente, sia Gaio che Giustiniano sottolineano che la ragione dell’intentare l’actio quod iussu è “magis patris dominiue quam filii seruiue fidem sequitur”, “fidem domini sequi videtur”. Il pretore ha concesso questa azione allo scopo di proteggere la fiducia del terzo contraente rispetto al padre di famiglia o al padrone, non per indicare la persona che deve porre in essere le attività derivanti dall’ordine. Dobbiamo sottolineare la differenza di questa azione dalle altre già esaminate, ad esempio nell’actio institoria parliamo della praepositio da parte dell’imprenditore all’institore e sulla base di questa, l’imprenditore deve essere responsabile non solo per gli atti negoziali posti in essere dall’institore, ma anche per i suoi atti illeciti, perché per sua colpa ha fatto affidamento su un institore inadeguato243. Ma, nell’actio

quod iussu, il terzo contraente conosce bene l’esistenza dello iussum, quindi conosce

bene anche il fatto che in realtà la persona con la quale ha concluso il negozio è il

pater familias dell’alieni iuris244. Perciò, sembra essere più ragionevole l’opinione

secondo cui lo iussum è la dichiarazione fatta al terzo contraente.

Vediamo i testi contenuti nel Digesto. Nel commento all’editto l’opinione di Ulpiano è molto chiara, egli prima afferma espressamente che lo iussum è il fondamento della responsabilità legata all’azione di cui si discute:

241

Cfr. [古罗马]盖尤斯.《法学阶梯》[Z].黄风译,北京:中国政法大学出版社,1996.322. (GIUS,

Institutiones, trad. da Feng Huang, BeiJing, 1996, 322). 242

Cfr.[古罗马]优士丁尼.《法学阶梯》(第 2 版)[Z].徐国栋译,北京:中国政法大学出版社,2005.485. (IUSTINIANI, Institutiones, trad. da Guodong Xu, BeiJin, 2005, 485.)

243

Cfr. .14.1.1.9; D.14.3.5.8..

244

La Miceli, nell'analizzare il rapporto tra questa azione ed la fiducia del terzo contraente nei passi dell’actio quod iussu delle Institutiones di Gaio, parla anche di questo punto. Cfr. M. MICELI, Sulla struttura

D.15.4.1pr.(Ulpianus libro 29 ad edictum) Merito ex iussu domini in solidum adversus

eum iudicium datur, nam quodammodo cum eo contrahitur qui iubet. Questo passo

mostra che il pretore ha concesso questa azione per agire nei confronti del padre di famiglia e del padrone nel caso in cui il negozio concluso tra il terzo contraente e l’alieni iuris è proprio come quello che si sarebbe voluto concludere tra il terzo contraente ed il padre di famiglia e il padrone dell’alienis iuris; l’alienis iuris sembra dunque essere soltanto un mezzo per contrarre. Ulpiano sottolinea, inoltre, la necessità del terzo contraente di conoscere l’ordine, e confronta la revoca dell’actio quod iussu con quella del mandato, ritenendo che tutte e due siano valide a condizione che siano note al terzo contraente prima del perfezionamento del contratto: D.15.4.1.2 (Ulpianus libro 29 ad edictum) Sed ego quaero, an revocare hoc iussus antequam credatur possit:

et puto posse, quemadmodum si mandasset et postea ante contractum contraria voluntate mandatum revocasset et me certiorasset.

18. Il rapporto tra l’actio quod iussu e l’actio institoria

Nell’actio quod iussu e nell’actio institoria il padre famiglia e il padrone assumono la responsabilità in solidum, la prima dipende dal iussum, la seconda dalla

praepositio; la differenza tra iussum e praepositio riflette la differenza piuttosto palese

tra le due azioni menzionate.