EU_11 NO_EU TOTAL
Genericamente, un incremento del REER - causato da un apprezzamento nominale del cambio, o alternativamente da un aumento dei prezzi domestici rispetto ai prezzi delle aree concorrenti - è interpretato come una diminuzione della competitività di prezzo, e viceversa. Seguendo questo approccio, una perdita di competitività di prezzo è generalmente associata ad una riduzione delle esportazioni (e, parallelamente, ad un aumento delle importazioni).
Nella Figura_7 sono riportati i dati relativi al tasso di cambio effettivo reale italiano (calcolato usando come deflatore l’indice dei prezzi al consumo, rispetto al gruppo dei 42 principali Paesi industrializzati, il cui valore del 2010 è fatto pari 100), alle esportazioni e alle importazioni complessive (in volume, essendo i dati espressi in miliardi di dollari costanti, anno base 2005) e per differenza il saldo della bilancia commerciale.
Figura_7 – Fonte: World Bank
Attraverso delle statistiche descrittive di immediata lettura, è possibile effettuare su questi dati - in volumi, riportati nella Figura_9 in cui viene anche tracciato l’andamento del REER - delle analisi preliminari: in particolare, nella Figura_8 viene indicato il valore delle correlazioni di
Pearson - relative al periodo 1979/2014 - tra le variazioni del tasso di cambio reale e le grandezze
relative ai flussi commerciali, quali l’export, l’import e il saldo commerciale.
Anno REER EXP IMP TB Anno REER EXP IMP TB
1979 84,9 171,0 146,2 24,7 1997 96,5 371,0 325,5 45,4 1980 94,8 156,7 154,4 2,3 1998 96,8 381,1 354,3 26,8 1981 92,6 167,4 153,1 14,3 1999 95,6 377,4 369,6 7,8 1982 93,7 165,2 153,1 12,2 2000 90,7 422,5 407,6 14,9 1983 98,8 171,5 148,4 23,1 2001 92,0 433,7 416,2 17,5 1984 99,6 184,7 167,4 17,3 2002 94,2 421,6 419,3 2,4 1985 99,3 191,3 174,5 16,8 2003 100,0 416,2 425,4 -9,2 1986 106,3 194,5 183,8 10,7 2004 101,8 441,8 445,3 -3,5 1987 109,4 202,5 205,9 -3,4 2005 100,6 456,7 458,8 -2,0 1988 108,1 213,0 218,2 -5,2 2006 100,2 494,3 494,5 -0,2 1989 110,5 231,2 236,9 -5,7 2007 101,1 524,8 521,1 3,7 1990 115,9 245,5 260,1 -14,6 2008 102,6 508,6 502,1 6,5 1991 116,0 240,8 265,0 -24,3 2009 103,8 416,8 437,4 -20,6 1992 114,2 258,3 283,9 -25,6 2010 100,0 465,9 491,6 -25,7 1993 96,1 281,5 252,1 29,4 2011 100,0 490,1 494,2 -4,1 1994 93,7 308,6 272,4 36,2 2012 98,2 501,5 454,0 47,6 1995 87,3 347,4 298,4 49,0 2013 99,9 504,1 443,4 60,6 1996 97,0 353,1 296,1 57,1 2014 99,5 517,4 451,5 65,9
Figura_8 – Fonte: elaborazioni su dati Eurostat
Pearson correlation 1979/2014 79/91 92/99 00/14
∆Reer – ∆%EXP -0.46 -0.61 -0.58 -0.55
∆Reer – ∆%IMP 0.14 0.14 0.47 -0.40
Reer – TB -0.56 -0.82 -0.80 -0.23
Nell’intero periodo, le variazioni percentuali dei volumi dell’export sono negativamente correlate (-0.46) alle variazioni del tasso di cambio reale - ovvero, coerentemente con quanto previsto dalla teoria economica, un apprezzamento del cambio reale è associato ad una diminuzione dell’export. Tale correlazione risulta ancora più accentuata (in media, nell’ordine dello -0.60) qualora si analizzano separatamente i tre sottoperiodi in questione.
Inoltre, per l’intero periodo le variazioni percentuali dei volumi dell’import non sono fortemente correlate al tasso di cambio (0.14) ma è interessante notare che:
- nel periodo 1992/99 si registra la correlazione più elevata dell’intero campione (0.47): è possibile considerare piuttosto verosimile tale correlazione positiva in quanto associata ad un periodo di forte svalutazione della lira, che potrebbe aver disincentivato le importazioni;
- nel periodo 2000-2014, in cui si è assistito ad un apprezzamento reale del cambio, la correlazione è negativa (-0.40): questo dato non sembra tuttavia totalmente in contrasto con la teoria economica, poiché in questa fase l’effetto reddito (ovvero, il rallentamento del PIL e quindi della componente endogena delle importazioni) potrebbe aver superato l’effetto prezzo.
Figura_9 – Fonte: elaborazioni su dati World Bank
100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 80 85 90 95 100 105 110 115
120
Flussi commerciali Italia (miliardi di dollari costanti 2005)
EXP
IMP
REER
Infine, la correlazione tra il saldo della bilancia commerciale ed il tasso di cambio reale risulta negativa ed assume valore di -0.56, sebbene nell’ultimo sottoperiodo si registra una correlazione piuttosto bassa - o comunque piuttosto inferiore a quella dei periodi precedenti.
Oltre ai coefficienti di correlazione (capaci di indicare solamente la tendenza delle variabili in esame a covariare), al fine di fornire un preliminare dato sull’elasticità dell’export al tasso di cambio reale sono stati anche stimati i coefficienti della relazione funzionale5 (supposta lineare) tra le variazioni percentuali dell’export e le variazioni del REER.
∆%EXP = alpha + beta*∆REER Obs: 35 (1979/2014)
Stime OLS Coefficient Std. Error t-Statistic Prob.
Alpha 3.632198 0.911969 3.982809 0.0004 ***
Beta -0.574584 0.191620 -2.998558 0.0051 ***
R-squared 0.214124 Log likelihood -107.4911 Adjusted R-squared 0.190309 Durbin-Watson stat 2.025951 S.E. of regression 5.374455 F-statistic 8.991347 Sum squared resid. 953.1972 Prob (F-statistic) 0.005126
Sebbene attraverso il solo tasso di cambio reale non si riesca a spiegare gran parte della variabilità delle esportazioni in quanto queste dipendono anche dal fattore “domanda estera”, la stima del coefficiente beta - da interpretarsi come un’elasticità al cambio reale in quanto i dati sono espressi in variazioni percentuali - è di meno 0.575 (significativa all’1%).
Visto che da questi test preliminari emerge una sostanziale relazione negativa tra il volume delle esportazioni e il tasso di cambio reale, è interessante valutare se i diversi deflatori - usati per calcolare i tassi di cambio reali - producano risultati molto dissimili. A riguardo vengono proposte nella Figura_10 le correlazioni tra le variazioni del cambio reale (REER vs. un gruppo di 37 principali Paesi industrializzati, il cui valore del 2005 è fatto pari 100) basato su cinque diversi deflatori - indice dei prezzi al consumo, costo del lavoro per unità di prodotto (ULC total economy e UWC nel solo settore manifatturiero), deflatore del PIL, indice dei prezzi delle esportazioni - e le variazioni percentuali dei volumi dell’export complessivo (fonte: European Commission per i tassi di cambio effettivi reali, World Bank per i flussi commerciali).
5 Per il momento si sta tuttavia sorvolando sulla possibile presenza di integrazione delle serie - o addirittura di
cointegrazione tra le serie. Tali ipotesi saranno opportunamente verificate nell’analisi quantitativa proposta in questo lavoro circa la stima delle trade elasticities.
Figura_10 – Fonte: elaborazioni su dati European Commission e World Bank
Pearson correlation HICP ULC
(total econ.) UWC (manufact.) GDP deflator Export Prices ∆Reer – ∆%EXP -0.449 -0.476 -0.650 -0.489 -0.520
Dai dati riportati nella Figura_11 (che con questa varietà di indicatori sono disponibili solo per il periodo 1994-2014) emerge che le variazioni dei volumi dell’export italiano siano più correlate (-0.65) con la dinamica del REER che utilizza come deflatore il CLUP nel solo settore manifatturiero di quanto lo siano con l’andamento del REER basato sui prezzi dell’export (-0.52), mentre gli andamenti dei tassi di cambio reali basati su deflatori che riguardano i prezzi dell’intera economia - indice dei prezzi al consumo, CLUP total economy e deflatore del PIL - risultano meno correlati (sebbene nell’ordine del -0.45) alla dinamica delle esportazioni6. Oltre alla correlazione di Pearson viene fornito un dato preliminare sull’elasticità dell’export al tasso di cambio reale basato sui diversi deflatori, stimando i coefficienti delle singole relazioni lineari7 tra le variazioni percentuali dei volumi di export e le variazione del REER basato sui cinque deflatori.
Figura_11 – Fonte: elaborazioni su dati European Commission e World Bank
∆%EXP = alpha + beta*∆REER HICP (tot. econ)ULC (manufact)UWC deflatorGDP Exportprices
beta (elasticità) - 0.898** - 0.736** - 0.985*** - 0.922** - 1.246***
Sebbene - anche in questa circostanza - il tasso di cambio reale non sia in grado di spiegare gran parte della variabilità delle esportazioni (in quanto queste dipendono anche dalla domanda estera, non inserita in questo esercizio preliminare tra le determinanti dell’export), i coefficienti
beta di elasticità presentano un segno coerente con la teoria economica, risultano significativi ed
assumono valori prossimi all’unità - anche superiori, visto che il REER calcolato con i prezzi delle esportazioni indica un’elasticità dell’export al cambio reale di -1.246.
In sintesi, da una preliminare ed intuitiva analisi dei dati circa i volumi delle esportazioni emerge che, per l’Italia, le variazioni dell’export e del saldo commerciale sembrano essere più correlate al tasso di cambio reale di quanto lo siano quelle delle importazioni.
6 Tuttavia, indicatori come il ULC e UWC potrebbero, da un punto di vista teorico/metodologico, presentare inversione
di causalità in quanto indicano variazioni del costo del lavoro aggiustate per le variazioni della produttività. A tal proposito, è possibile asserire che la produttività - variabile che mostra un andamento pro-ciclico - potrebbe crescere al crescere dell’export in quanto le esportazioni sono una componente positiva del PIL.
7 Anche in questa circostanza non si sta verificando la possibile presenza di integrazione delle serie - o cointegrazione
A questo proposito si potrebbe tuttavia asserire che l’export - quando stimolato dal deprezzamento reale - possa a sua volta fare da volano per l’import trainando, ad esempio, le importazioni di beni intermedi e/o di energia: a riguardo, l’indicatore “imports content of exports” potrebbe risultare utile alla formulazione di ulteriori considerazioni sul tema della competitività di prezzo.
Nella Figura_12 viene riportata l’evoluzione dell’indicatore in questione. Si tratta di una metrica che fornisce delle indicazioni circa la crescente importanza della frammentazione internazionale dei processi di produzione: in breve, rappresenta l’ammontare dei beni intermedi importati contenuti nei beni esportati, e cambiamenti di questo indicatore possono risultare utili a mostrare l’evoluzione del valore aggiunto domestico attribuibile all’export. Per quanto riguarda l’Italia, l’incidenza dei beni intermedi è complessivamente aumentata, passando dal 23% della metà degli anni novanta al 29% della metà degli anni duemila. Tale aumento è ancora più marcato se lo si considera per il solo settore manifatturiero, specialmente nel comparto low/medium tech. Questa evidenza può risultare intuitivamente coerente con la seguente lettura: è possibile che si sia assistito ad un aumento delle importazioni anche per effetto del maggiore contenuto di beni intermedi (importati) nell’export, a testimonianza di un mutamento del posizionamento dell’Italia all’interno della catena globale del valore.
Figura_12 – Fonte: Eurostat ITALY
STAN Input-Output Imports content of Exports
Mid- 1990s Early 2000s Mid- 2000s TOTAL 0,234 0,271 0,290 MANUFACTURES(ISIC15-37) 0,270 0,315 0,341 SERVICES(ISIC45-99) 0,106 0,106 0,113
HIGH/MEDIUM TECH MANUFACTURES(ISIC24,29-33,35) 0,283 0,326 0,341 LOW/MEDIUM TECH MANUFACTURES(ISIC15-23,36-37) 0,261 0,306 0,340
ICT MANUFACTURES(ISIC30,32,33) 0,321 0,404 0,366
Tuttavia, l’analisi finora effettuata - sebbene utile a fornire delle indicazioni circa le quote del commercio estero sul PIL, nonché circa l’andamento complessivo dei volumi di import ed export e dei dati preliminari sul ruolo della competitività di prezzo - non può considerarsi esaustiva. In particolare, non si è ancora in grado di stabilire da cosa siano maggiormente influenzate le dinamiche del commercio estero, ovvero quale possa essere il ruolo e la rilevanza delle principali determinanti dei flussi commerciali (ovvero, dei “fattori d’offerta” e dei “fattori di domanda”). Più dettagliatamente, le principali debolezze dell’analisi finora effettuata sono le seguenti:
1. le correlazioni presentate, seppur molto indicative, non forniscono informazioni circa le elasticità di lungo periodo dell’import e dell’export al tasso di cambio reale; inoltre, i dati proposti in via preliminare circa le elasticità al REER (da considerarsi comunque di breve periodo in quanto le stime sono effettuate sulle variazioni percentuali annue) non considerano eventuali problematiche di stima derivanti dalla presenza di integrazione e cointegrazione;
2. oltre alle elasticità al tasso di cambio reale, bisognerebbe simultaneamente tenere in considerazione anche l’incidenza dei “fattori di domanda”, rispetto ai quali si potrebbe stimare delle elasticità di lungo periodo dell’export e dell’import rispettivamente alla domanda estera e a quella interna;
3. per tener conto del fenomeno “competitività di prezzo”, risulterebbe opportuno separare le analisi tra i flussi di commercio con partner dell’Eurozona e i flussi complessivi; questa indicazione è parzialmente connessa al fatto che dagli esercizi di statistica descrittiva è emersa una sostanziale disomogeneità tra le correlazioni di import ed export al tasso di cambio reale qualora si faccia riferimento a diversi sottoperiodi;
4. è interessante approfondire l’analisi quantitativa utilizzando diversi indicatori di competitività di prezzo (ovvero REER basati su diversi deflatori), al fine di individuare eventuali differenze nelle elasticità stimate, ovvero rilevare quali “misure” dei prezzi siano meglio in grado di identificare il ruolo dei prezzi relativi nel commercio internazionale; 5. le analisi finora proposte sono, oltre che preliminari, analisi a livello aggregato: l’import e
l’export dei diversi settori dell’economia potrebbero infatti mostrare comportamenti differenti, ovvero risultare più o meno incentivati da fattori di prezzo e fattori di domanda.
Al fine di realizzare questo tipo di esercizio, nel presente lavoro ci si avvarrà di diversi indicatori di competitività di prezzo basati su diversi deflatori: in questo modo, le analisi saranno anche in grado di tener conto del partner commerciale. Oltre ai dati sul tasso di cambio effettivo reale (proxy per la competitività di prezzo), il presente studio si propone di identificare in modo appropriato delle proxy per la domanda estera (considerata una determinante dell’export) e per la domanda interna (considerata una determinante dell’import).
Infine, per essere considerata robusta un’analisi dovrebbe essere condotta identificando una metodologia in grado di rispondere alla principale domanda di ricerca, ovvero quantificare la rilevanza delle due determinanti degli andamenti delle importazioni e delle esportazioni, analizzando le relazioni di lungo periodo tra i flussi commerciali e i fattori “di domanda” (dinamica del reddito) e quelli “di offerta” (competitività di prezzo): per questo motivo è opportuno fare riferimento alla letteratura economica sul tema al fine di identificare delle tecniche quantitative da considerarsi appropriate alla domanda di ricerca del presente studio.