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Nella bancarotta da reato societario

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 182-187)

7. La comunicabilità delle circostanze ai concorrenti nel reato, con specifico riferimento all’ extraneus

6.1. Nella bancarotta da reato societario

dottrina ha definito «operazione dannosa ma ininfluente»519 non possiede ab origine, perché non incide sulla garanzia patrimoniale; si porta, infatti, l’esempio dell’atto che riduce gli utili della società520.

Con autorevole dottrina, si intende dire che le condotte sono tipiche solo se e nella misura in cui determinano un pericolo concreto per il bene giuridico521, che, però, sussiste anche laddove l’efficacia eziologica delle stesse si sia estrinsecata in un mero aggravamento del dissesto già in atto, globalmente inteso, per le medesime argomentazioni in precedenza enunciate con riferimento alla bancarotta da reato societario522.

Un giudice Giano Bifronte, insomma: con lo sguardo rivolto al passato della determinazione del dissesto, da individuare secondo il processo dell’eliminazione mentale della condotta ipotizzata quale antecedente causale, ma anche in grado di pronosticare la pericolosità di tale evento per le ragioni dell’universitas creditorum, attraverso la ricerca di indici di diffusività e disastrosità per l’impresa.

Un’ultima annotazione: ricondurre il dissesto alla categoria dell’evento di pericolo consente di aumentare la coerenza interna al sistema della bancarotta prefallimentare, la quale non muterebbe dunque a seconda che sia posta in essere nel contesto di un’impresa individuale ovvero in ambito societario.

§ 6. L’elemento soggettivo

6.1. Nella bancarotta da reato societario

519 Locuzione coniata da MICHELETTI D., La bancarotta societaria preterintenzionale, cit., p. 73.

520 Infatti nega rilevanza a questa ipotesi Cass. Pen., Sez. V, 23 marzo 2011, n. 16388, cit.

521 V. PEDRAZZI C., in Pedrazzi C. – Sgubbi F., Artt. 216-227: Reati commessi dal fallito, cit., pp. 12 e ss.

In termini di evento di danno, oltre agli Autori già citati infra, Cap. II.4.1, PICCARDI M., La causazione del fallimento "per effetto di operazioni dolose", cit., pp. 4422 e ss., § 1.

522 Questa è altresì la posizione seguita dalla giurisprudenza; in particolare, può citarsi Cass. Pen., Sez. V, 29 aprile 2003, n. 19086, in Cass. Pen., 2004, p. 454. Nella giurisprudenza di merito, Tribunale di Parma, 9 dicembre 2010, n. 809, Barachini e altri, cit., p. 132; Tribunale di Parma, 29 novembre 2011, n. 878, Arpe e altri, cit., pp. 381, 383 – 384.

Contra, in dottrina, MAZZACUVA N.–AMATIE., Diritto penale dell'economia, cit., p.

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Tutte le fattispecie di bancarotta da reato societario richiedono, per essere perfezionate, il dolo, il cui oggetto però, come si è anticipato, si atteggia in modo assai diverso a seconda dei casi, dovendo investire il fatto nell’insieme dei suoi elementi, quanto mai eterogenei nelle varie ipotesi.

Per tale motivo, si ritiene che il dolo debba comprendere tanto il reato societario presupposto, in ogni sua componente (incluso, laddove previsto, l’evento naturalistico di danno, come nel caso di cui all’articolo 2622 del codice civile), quanto il dissesto della società523, secondo evento, rispetto al quale generalmente la giurisprudenza reputa sufficiente il dolo eventuale, inteso quale accettazione del rischio che il dissesto si verifichi524.

Talora, però, con formula tralaticia la Corte di Cassazione parla di volontà protesa al dissesto, salvo poi precisare che è sufficiente la consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico525.

523 In tal senso anche PULITANÒ D., La giustizia penale fra vecchio e nuovo, cit., p. 1121;

GAMBARDELLA M., Il nesso causale tra i reati societari e il dissesto, cit., pp. 88 e ss.;

MAZZACUVAN.–AMATIE., Diritto penale dell'economia, cit., p. 360; D’AVIRRO A., in D’Avirro A. - De Martino E., I reati di bancarotta societaria, cit., pp. 158, 162; ROSSI A., Illeciti penali nelle procedure concorsuali, cit., p. 190.

524 In giurisprudenza, tra le tante, Cass. Pen.: Sez. V, 11 gennaio 2013, n. 17021, cit., punto 26 della motivazione in diritto. Cass. Pen., Sez. V, 12 marzo 2014, n. 15712, cit., ha statuito che «Il dolo della bancarotta impropria da false comunicazioni sociali, vanta una struttura complessa. Dolo generico con riguardo al mendacio, dolo intenzionale in riferimento all’inganno dei destinatari della comunicazione sociale e infine dolo specifico rispetto al contenuto della offesa qualificata da ingiusto profitto». In altre parole, deve essere pienamente integrato il dolo “multilivello” richiesto dal falso in bilancio. Più in generale, richiede il dolo rispetto all’evento dissesto Cass. Pen., Sez. V, 7 marzo 2014, n.

32352, Tanzi e a., cit., punto 10.1 della motivazione in diritto, come «volontà protesa al dissesto, da intendersi non già quale intenzionalità di insolvenza, bensì quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico».

In dottrina, CORUCCI E., La bancarotta e i reati fallimentari, cit., pp. 190 – 191, che peraltro riporta la tesi del DEL CORSO, secondo il quale la riforma, in virtù della parziale omogeneità d’offesa e del nesso solo causale tra reato societario ed evento dissesto avrebbe dato vita a un reato a struttura preterintenzionale.

525 Cfr. Cass. Pen., Sez. V, 29 marzo 2012, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2012, pp. 859 e ss.;

Sez. V, 12 marzo 2014, n. 15712, cit.; Sez. V, 29 marzo 2012, n. 23091, in Cass. Pen., 2013, 4, p. 1556 (solo massima); per Sez. V, 26 gennaio 2006, n. 7208, in C.E.D. Cass., Rv. 233637 e Sez. V, 22 novembre 1999, in C.E.D. Cass., Rv. 215482, peraltro, è sufficiente il dolo eventuale rispetto agli eventi tipici del reato (fattispecie in tema di responsabilità

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A ben vedere, peraltro, siffatto orientamento giurisprudenziale chiarisce soltanto che non si può pretendere che l’imputato versasse in dolo intenzionale rispetto a tale secondo evento; per il resto, si denota per obliare, almeno in apparenza, il requisito della volontà, per così dire appiattito su quello della rappresentazione, a propria volta avente ad oggetto il dissesto/fallimento. A parere di chi scrive, a condizione di recuperare la componente volontaristica, si tratta di un dolo generico di evento di pericolo concreto, che collima alla perfezione con la ricostruzione dogmatica proposta nella pagine precedenti526.

Ciò, si ribadisce, perché lo squilibrio economico ingenera il rischio di probabile – si noti: non meramente possibile – diminuzione della garanzia per il ceto creditorio, che è l’essenza del dissesto.

E la necessaria componente volitiva, in mancanza di indicazioni di segno contrario nel dettato della legge, ben potrà assestarsi sulla soglia del dolo eventuale;

ne consegue che è cruciale l’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale relativa al tale coefficiente soggettivo.

In dottrina si è specificato, al riguardo, che sarebbe sufficiente un preconsenso anteriore non in termini di certezza di concretizzazione, ma di indifferenza rispetto all’evento negativo. In altri termini, basterebbe che l’autore del reato societario abbia colto l’efficacia causale del proprio crimine sulle condizioni economico-patrimoniali della società e, ciò nonostante, non si sia astenuto dal realizzarlo, in tal modo accettandone il rischio di verificazione527.

Vi è peraltro chi ha proposto di applicare anche in questo settore la prima formula di Frank: se il soggetto attivo avrebbe agito egualmente pur con la certezza di produrre, in tal modo, il dissesto, allora versava in dolo eventuale528.

omissiva).

526 Questa sembrerebbe la posizione delle pronunce che si esprimono in termini di rappresentazione del concreto rischio dello stato di grave crisi dell’impresa dalla quale il denaro proviene. Cfr. Cass. Pen., Sez. V, 10 febbraio 2012, n. 16000, in Dir. & Giust., 2012, 27 aprile.

Per la nozione di dolo intenzionale nel diritto vivente, si veda Cass. Pen., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343, Espenhahn e altri, cit., punto 39 della motivazione in diritto.

527 Si veda ROSSI A., Illeciti penali nelle procedure concorsuali, cit., pp. 190 – 191.

528 V. LANZI A., Il nuovo reato di bancarotta impropria societaria, cit., pp. 7393 e ss.

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Resta poi inteso che l’oggetto del dolo avrà riguardo al contributo causale effettivamente offerto, con tutte le difficoltà che comporta un legame tra un reato societario ‘a monte’ e un evento che può estrinsecarsi anche a notevole distanza cronologica, con il frapporsi di molteplici scelte aziendali e fattori esogeni potenzialmente concausanti.

A seconda dei casi, poi, potrà trattarsi anche dell’aggravamento del dissesto, con la precisazione che non è condivisibile l’opinione secondo la quale sarebbe

«presupposto imprescindibile - trattandosi di reato doloso - che il minore dissesto già esistente (vero e proprio “presupposto della condotta”) fosse effettivamente conosciuto da parte del soggetto attivo»529.

Non constano ragioni, invero, per discostarsi dall’opinione secondo la quale «il dolo eventuale riguarda, oltre alla verificazione dell’evento, il presupposto della condotta, consistendo, in questo caso, nella rappresentazione della possibilità dell’esistenza del presupposto stesso e nell’accettazione dell’eventualità di tale esistenza»530. Con la peculiarità, in effetti, che appare assai arduo ipotizzare che un soggetto agente sorretto dal dolo del reato base non versi altresì in dolo (almeno) eventuale rispetto all’aggravamento del dissesto già in essere.

Come si è anticipato, peraltro, l’opzione ermeneutica preferibile richiede altresì, in capo al soggetto agente, lo specifico coefficiente soggettivo previsto dalle singole fattispecie societarie, dal momento che il lemma “fatti” va letto “reati”. Pare allora evidente che le questioni più problematiche, solo per cenni, derivano dalla peculiare struttura del dolo nei reati di false comunicazioni sociali e infedeltà patrimoniale, particolarmente elaborato, dato che si compone di un dolo specifico e al contempo intenzionale.

Non convince, peraltro, la tesi che sostiene che il dolo intenzionale postulato dal reato di cui all’articolo 2634 del codice civile comporterebbe che anche la

529 Ancora LANZI A., Il nuovo reato di bancarotta impropria societaria, cit., pp. 7393 e ss.

530 V. Cass. Pen., Sez. Un., 26 novembre 2009, n. 12433, Nocera, in tema di ricettazione, cit.; in particolare, si veda il § 1 della motivazione in diritto.

Successivamente, anche Cass. Pen.: Sez. IV, 30 gennaio 2014, n. 14610, in C.E.D. Cass., Rv. 259216, sulla necessità di soccorso nell’articolo 189 comma 7° del codice della strada;

Sez. V, 27 settembre 2012, n. 42973, in C.E.D. Cass., Rv. 258022, in un caso di omicidio da incidente stradale.

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bancarotta societaria conseguente a detto delitto debba essere retta dal medesimo coefficiente soggettivo.

L’unico argomento addotto a sostegno di questa ricostruzione appare, invero, fallace, poiché incorre in una petitio principii; si sostiene, infatti, che poiché oggetto del dolo intenzionale della condotta infedele è il danno patrimoniale alla società, quando questo si identifica con il dissesto, allora, oggetto del dolo intenzionale è il dissesto stesso.

Tale interpretazione, però, oblìa l’evidente differenza tra gli eventi “danno patrimoniale alla società” e “dissesto”, tra loro eterogenei già in astratto, in particolare quanto a natura, di danno nel primo caso e di pericolo nel secondo, e portata lesiva, ben più ampia nel secondo caso, come si è visto nelle pagine precedenti.

In altre e più chiare parole: nulla esclude che talvolta i due eventi in questione possano coincidere, ma a ben vedere si tratterebbe di una singolarità del caso concreto, che per la già precaria situazione economico finanziaria della società in cui si innesta il danno patrimoniale procurato dal reato ‘a monte’ o per l’ingente ammontare di quest’ultimo o per entrambi i fattori può determinarne il tracollo.

Ne consegue che è errata la generalizzazione che ne evince una regola afferente all’astratta fattispecie di reato, come dimostra altresì l’argomento a contrario: se il soggetto infedele dovesse perseguire sempre intenzionalmente il dissesto della società, l’articolo 2634 del codice civile sarebbe inapplicabile ogni qual volta il fine avuto di mira fosse quello di arrecarle un danno patrimoniale, ma pur sempre nell’ottica della sopravvivenza dell’ente.

Nel caso delle false comunicazioni sociali, poi, l’eterogeneità dell’oggetto del dolo intenzionale del reato base rispetto al dissesto è lampante, avendo ad oggetto l’inganno ai soci o al pubblico, cui si somma il dolo specifico di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto531.

531 V. D’AVIRRO A., in D’Avirro A. - De Martino E., I reati di bancarotta societaria, cit., pp. 159 – 162, il quale peraltro conclude diversamente con riferimento al delitto di cui all’articolo 2622 del codice civile, opinando anche che la contravvenzione di cui al contiguo articolo 2621 non vada viceversa considerata, in quanto reato di pericolo, come

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Non si vede, dunque, perché un evento diverso e ulteriore, nonché verosimilmente più lontano nel tempo, non possa essere sorretto dal dolo nella sua forma eventuale.

6.2. Nel cagionamento doloso e nelle operazioni dolose causa del

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