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Il profilo obiettivo

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 196-200)

7. La comunicabilità delle circostanze ai concorrenti nel reato, con specifico riferimento all’ extraneus

7.1. Il profilo obiettivo

7.1.1. Il principio di tipicità e il contributo eziologico

Come si è anticipato, le disposizioni in materia di concorso di persone, per la preferibile teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale, interagiscono con le singole previsioni incriminatrici in modo tale da conferire rilevanza ad un unico criterio selettivo della penale rilevanza dell’apporto partecipativo atipico, quello ezio-crono-logico.

Al riguardo, va qui rammentato che il diritto vivente «accoglie la concezione condizionalistica della causalità, cui è strettamente legato il giudizio logico controfattuale, necessario per riscontrare l’effettivo rilievo condizionale del fattore considerato: se dalla somma degli antecedenti si elimina con il pensiero la condotta umana ed emerge che l’evento si sarebbe verificato comunque, allora essa non è condizione necessaria»560, e viceversa.

Operazione logica, questa, più semplice per i reati commissivi, ove l’azione umana è un dato della realtà empirica che da essa va sottratto; in quelli omissivi, invece, la condotta doverosa va ipotizzata come tenuta, in contrasto con quanto effettivamente avvenuto, il che comporta maggiori margini di incertezza. Anche se

558 Cfr. COCCO G., Disposizioni Penali, in Commentario breve alle leggi penali complementari, cit., pp. 1143 e ss.; AMBROSETTI E.M., I reati fallimentari, cit., p. 279;

BRICCHETTI R. - PISTORELLI L., La bancarotta e gli altri reati fallimentari, cit., p. 21;

ROSSI A., Illeciti penali nelle procedure concorsuali, cit., p. 38.

Sulla necessità che l’autorìa del fatto di reato nel reato proprio spetti al soggetto qualificato e non possa quindi trasferirsi ad altri si veda anche MARINUCCI G. - DOLCINI E., Manuale di diritto penale. Parte generale, cit., p. 405.

559 V. DE MARTINO E., in D’Avirro A. - De Martino E., I reati di bancarotta societaria, cit., p. 191.

Nella giurisprudenza, Cass. Pen., Sez. V, 19 marzo 1999, n. 6470, in C.E.D. Cass., Rv.

213811, che ha statuito che nel caso in cui la “distrazione” venga realizzata mediante l’azione “combinata” di più soggetti, la consapevolezza del partecipe “extraneus” deve abbracciare le varie condotte ed i reciproci loro nessi protesi al raggiungimento dell’evento conclusivo.

560 V. Cass. Pen., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343, Espenhahn e altri, cit., punto 9 della motivazione in diritto.

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«lo statuto logico del rapporto di causalità rimane sempre quello del condizionale controfattuale»561.

Questi principi possono trasporsi nell’ambito della responsabilità concorsuale, con la precisazione che, qualora il reato monosoggettivo richieda il verificarsi di un evento, anch’esso dovrà conseguire al contributo del compartecipe.

Come reiteratamente messo in luce, nel settore economico, oggetto di una scienza per così dire ‘umana’, sono fisiologicamente assenti leggi di tipo statistico-probabilistico; di conseguenza, la spiegazione dell’efficacia causale dei vari fattori riposa essenzialmente su generalizzazioni empiriche di senso comune, da sottoporre ad uno scrupoloso vaglio di affidabilità, guidato da una «copiosa caratterizzazione del fatto storico (…) banco di prova critica intorno all’ipotesi esplicativa»562.

Applicando tali direttive alle fattispecie oggetto di disamina, va subito rilevato come il contributo dell’extraneus debba, per l’opinione prevalente, estrinsecarsi necessariamente in forma attiva563, essenzialmente per la mancanza di una posizione di garanzia e del connesso obbligo impeditivo in capo ad esso.

Sotto il profilo probatorio, occorrerà ricercare reperti fattuali che consentano di corroborare l’ipotesi causale oltre ogni ragionevole dubbio e, dunque, confrontarsi con le ricostruzioni alternative in grado di falsificarla; si noti, cioè, che

«la congruenza di un’ipotesi non discende dalla sua correttezza formale o dalla corretta applicazione di schemi inferenziali di tipo deduttivo, bensì dall’aderenza ai fatti espressi da una situazione data»564.

Il descritto coefficiente soggettivo sottostante alla fattispecie di cui all’articolo 223 comma 2° n. 2 secondo inciso L. Fall. impone inoltre di appurare la sussistenza della cd. causalità della colpa, nel senso che l’evento dissesto deve concretizzare il

561 V. Cass. Pen., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343, Espenhahn e altri, cit., punto 9.1. della motivazione in diritto.

562 Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343, Espenhahn e altri, cit., punto 9.2.

della motivazione in diritto.

563 Cfr. Cass. Pen., Sez. V, 28 novembre 2012, n. 7556, in C.E.D. Cass., Rv. 254653, in relazione al concorso dell’amministratore di società diversa da quella fallita, come tale non gravato da obblighi impeditivi nascenti dal combinato disposto degli articoli 40 capoverso del codice penale e 2392 del codice civile.

564 Cass. Pen., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343, Espenhahn e altri, cit., punto 9 della motivazione in diritto, passim.

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rischio che le regole cautelari di matrice extrapenale erano tese a neutralizzare.

Con la precisazione che simile verifica differisce e segue a quella pertinente all’accertamento del nesso causale, in quanto è sufficiente che la condotta doverosa abbia apprezzabili probabilità di successo nell’evitare il prodursi dell’evento565 dissesto.

Altro è individuare il comportamento cd. alternativo lecito, che a parere di chi scrive per l’extraneus consiste nell’astenersi dall’avere rapporti commerciali con un’impresa che potrebbe verosimilmente trovarsi sulla soglia dell’insolvenza o i cui amministratori/direttori generali/sindaci/liquidatori tengano condotte con le quali abusino dei loro poteri o violino i doveri che dovrebbero rispettare in ragione del ruolo ricoperto in seno alla compagine societaria o addirittura tali da integrare uno dei reati elencati dall’articolo 223 comma 2° n. 1 L. Fall.

Sotto tale profilo, va considerata la previsione di cui all’articolo 217-bis, introdotto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito con modificazioni nella L. 30 luglio 2010, n. 122) nel corpo del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, che condivisibilmente è stata inquadrata come causa di delimitazione del tipo, a fronte dall’atecnicità del termine “esenzione” scelto dal legislatore566.

Non può certo reputarsi casuale, invero, la selezione dei fatti di reato operata dal legislatore, limitata a quelli previsti dai precedenti articoli 216 comma 3° e 217 e, indirettamente, dall’articolo 223 comma 1° L. Fall.

È agevole constatare che tutte le fattispecie che restano al di fuori del salvacondotto riconosciuto dalla disposizione in questione, e in particolare quelle contemplate dal comma 2° dell’articolo 223, sono, come si è visto, connotate da una connaturata contrarietà agli interessi societari e dei creditori dell’impresa, per cui non si vede come potrebbero coincidere con una condotta realmente finalizzata al recupero su base negoziale della floridità economico finanziaria della società.

Il che consente, argomentando a contrario dal novum legislativo, di riaffermare la

565 V. Cass. Pen., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343, Espenhahn e altri, cit., punto 26 della motivazione in diritto

566 V. DE MARTINO E., in in D’Avirro A. - De Martino E., I reati di bancarotta societaria, cit., p. 212; MUCCIARELLI F., L’esenzione dai reati di bancarotta, in Dir. Pen. Proc., 2010, 12, pp. 1475 e ss.

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possibile rilevanza penale anche di operazioni apparentemente o asseritamente volte al risanamento dell’azienda, poste in essere da soggetti terzi con la fattiva collaborazione degli intranei al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore.

In altre parole, la disposizione in commento sembrerebbe configurare un vero e proprio dovere, per gli operatori del mercato o più in generale per chi intrattenga rapporti commerciali con un’azienda che sappia essere in crisi, di adire le vie negoziali di soluzione della stessa per andare esenti da responsabilità penali per concorso in bancarotta impropria prefallimentare.

Per quanto esposto in precedenza, non occorre una conoscenza piena dell’insolvenza della controparte, ma una rappresentazione della stessa quale presupposto del reato a livello di dolo eventuale.

I referenti normativi da cui l’extraneus può e deve evincere gli obblighi che le sue controparti sono tenute ad osservare si rinvengono, oltre che nelle disposizioni penali, nella disciplina commerciale. Su tutti, spicca per rilevanza pratica l’articolo 2392 del codice civile, che, si noti, è formulato in modo talmente aperto da porre seri dubbi di coerenza con il principio di determinatezza vigente in ambito penale.

Si pensi, in particolare, alla pacifica contrarietà a tali obblighi delle scelte economiche compiute dagli amministratori in conflitto di interessi, che apre il campo a un sindacato esteso al merito della gestione in sede giudiziale567, ma, ancor prima, che deve allertare il terzo a fronte di gran parte delle operazioni infragruppo.

7.1.2. Rispetto ai reati propri

Alla luce di quanto esposto nel primo capitolo del presente scritto, non persuade l’enunciata necessità che la condotta tipica sia posta in essere in prima persona dal soggetto qualificato, trattandosi di un requisito non indispensabile in linea generale ai fini del concorso eventuale dell’extraneus e non indefettibilmente richiesto da tutte le fattispecie di cui si discute, reati proprio ma non di mano

567 Anche in sede civile attraverso lo strumento di cui all’articolo 2409 del codice civile;

cfr., ex plurimis, Tribunale Parma, decr. 28 marzo 2013, in Giur. Comm., 2014, 1, II, p. 95 (solo massima); Corte d’Appello Brescia, decr. 8 febbraio 2001, in Foro It., I, c. 3383.

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 196-200)