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Le basi cognitive della pragmatica: il caso della coe renza discorsiva

Ines Adornetti

Dip. di Ricerche Filosofiche, Università di Roma Tor Vergata ines.adornetti@gmail.com

1. Introduzione

Oggetto di questo lavoro è l’analisi di una specifica proprietà del lin- guaggio: la coerenza del flusso del parlato. All’interno delle scienze cogniti- ve, in cui a prevalere è l’idea che il linguaggio coincida con la grammatica (Chomsky 1988; Pinker 1994) e che l’elaborazione del linguaggio corrispon- da all’elaborazione dei tratti interni al singolo enunciato (Crocker et al. 2001), tale proprietà viene spiegata nei termini delle relazioni (sintattiche e lessicali) lineari di coesione tra enunciati consecutivi (cfr. Wolf et al. 2004). Contro tale idea, il nostro obiettivo in questo lavoro è mostrare che la coeren- za non è interpretabile in riferimento ai legami coesivi tra le singole frasi poi- ché essa non dipende da capacità specifiche di natura linguistica. La nostra ipotesi è che la coerenza sia una proprietà dei pensieri, prima che del lin- guaggio, e che dipenda dalle funzioni esecutive responsabili della pianifica- zione e del monitoraggio dell’azione. A sostegno di tale ipotesi discutiamo alcuni argomenti teorici ed evidenze empiriche.

2. Coerenza come coesione

La coerenza è una proprietà del discorso (del flusso del parlato), e non dei singoli enunciati, e riguarda, pertanto, la dimensione macroelaborativa del linguaggio (le relazioni esterne tra enunciati nel discorso), piuttosto che quel- la microelaborativa (le relazioni tra i tratti interni al singolo enunciato). Nello specifico, essa è il modo in cui gli argomenti interni a un discorso sono orga- nizzati in maniera strutturata rispetto a un obiettivo, un piano o un tema gene- rale (Glosser e Deser 1990).

Che cosa rende un discorso coerente? L’idea prevalente, soprattutto tra i linguisti (anche di stampo cognitivo), è che la coerenza di un discorso, orale o scritto, dipenda dalla coesione tra coppie di enunciati consecutivi, vale a di- re dalle relazioni lineari di contenuto tra frasi adiacenti (cfr. Halliday e Hasan 1976; Reinhart 1980; Bublitz 2011). Tali relazioni si realizzano attraverso meccanismi grammaticali e lessicali. La coesione grammaticale include ele- menti quali il riferimento, la sostituzione, le ellissi e le congiunzioni; la coe- sione lessicale si fonda sulla reiterazione e sulla collocazione (Halliday e Ha- san 1976). Tipici meccanismi coesivi sono, ad esempio, le anafore: “Giulio è un tipo molto simpatico. A Martina lui piace molto”. Ai fini del nostro argo- mento è importante porre l’accento sul fatto che in questa prospettiva la coe- sione è una condizione della coerenza: le relazioni di coerenza tra enunciati nel discorso dipendono dalle relazioni di coesione tra frasi consecutive. L’idea, dunque, è che non si dia coerenza senza coesione (cfr. Bublitz 2011, p. 40).

Ora, per quanto i dispositivi coesivi abbiano un ruolo importante nell’elaborazione discorsiva, a nostro avviso essi non costituiscono una con- dizione indispensabile della coerenza dei proferimenti verbali. Centrale a ri- guardo è la distinzione tra coerenza globale e coerenza locale: la prima è la relazione di contenuto che un proferimento verbale ha rispetto ad alcuni a- spetti di un argomento interno al discorso; la seconda riguarda i collegamenti concettuali (convergenza tematica) tra affermazioni adiacenti (Glosser e De- ser 1990). La coesione è responsabile della coerenza locale. Il punto rilevante è chiarire se la coerenza locale costituisca un prerequisito anche della coeren- za globale. La nostra ipotesi è che la coerenza globale non dipenda dalla coe- sione: i legami coesivi tra frasi adiacenti non sono una garanzia della coeren- za globale del discorso. A sostegno di tale ipotesi nei prossimi paragrafi di- scuteremo brevemente alcuni argomenti teorici e dati empirici.

3. La coerenza è una proprietà indipendente

Uno degli argomenti più convincenti a sostegno dell’idea che la coerenza globale sia indipendente dalla coesione è avanzato da Giora (1985, in stam- pa). Centrale in tale argomento è la distinzione tra sentence topic e discourse topic. Secondo Giora la coesione si fonda sulla nozione di sentence topic, la convergenza tematica lineare tra frasi consecutive. La coerenza, invece, di- pende dalla nozione di discourse topic, una lista delle caratteristiche condivi- se dagli enunciati del discorso che non dipende dai rapporti lineari tra le frasi consecutive. Si consideri a tal proposito il seguente esempio:

a)

I bought a Ford. The car in which President Wilson rode down the Champs-Élysées was black. Black English has been widely discussed. The discussions between the presidents ended last week. A week has seven days. Every days I feed my cat. Cats have four legs. The cat is on the mat (Enqvist 1978, pp. 110-111).

In a) le frasi sono connesse attraverso il meccanismo coesivo della ripetizio- ne. Tuttavia, l’insieme degli enunciati, nonostante l’abbondanza di legami coesivi, non costituisce un intero unitario. Il lettore non può fare a meno di giudicarli inappropriati: le frasi non filano correttamente come dovrebbero. Per usare le parole di Enqvist (ivi, p. 111), questo discorso è “pseudo- coerente”. Si consideri, invece, il discorso:

b)

George’s high pass was headed to the right. The forward shot at once without drib- bling and made a goal. The referee declared the kick off-side (ibid.).

A differenza di a), in b) tra gli enunciati adiacenti non vi sono legami coesivi. Tuttavia, esso ha perfettamente senso nel contesto appropriato: è pragmati- camente coerente. Questi esempi mostrano che la coesione non è una condi- zione decisiva per la coerenza poiché 1) la concatenazione lineare di frasi non è garanzia della coerenza globale del discorso; 2) si possono avere discorsi coerenti anche in assenza di legami coesivi.

4. Pragmatica del linguaggio e pragmatica dell’azione

L’idea che la coerenza discorsiva sia una proprietà indipendente dalla coesione è confermata da diversi studi condotti nell’ambito delle neuroscien-

ze del linguaggio. Questi studi sono particolarmente rilevanti perché permet- tono di formulare ipotesi sulle capacità cognitive alla base di tale proprietà. Dati interessanti a riguardo provengono dalle ricerche condotte sui soggetti con trauma cranico (TBI: Traumatic Brain Injury). L’analisi del discorso dei TBI ha messo in luce l’esistenza in tali soggetti di una dissociazione tra le capacità microelaborative e quelle macroelaborative (ad es., Glosser e Deser 1990; Hough e Barrow 2003; Marini et al. 2011). Questi pazienti general- mente non presentano gravi difficoltà nell’elaborazione delle singole frasi, non hanno per esempio problemi nella produzione lessicale e grammaticale, ma hanno deficit nella strutturazione dei discorsi. Si consideri, ad esempio, la trascrizione del seguente discorso pronunciato da un TBI:

c)

I have got faults and. my biggest fault is. I do enjoy sport . it’s something that I’ve al- ways done. I’ve done it all my life. I’ve nothing but respect for my mother and father and. my sister. and basically sir. I’ve only come to this conclusion this last two months. and. as far as I’m concerned. my sister doesn’t exist. (da Perkins et al. 1995, p. 305).

Com’è possibile notare, in c) le frasi sono ben formate da un punto di vista strettamente linguistico (sintattico). Tuttavia, considerato nel suo insieme, questo pezzo di discorso appare pragmaticamente inappropriato poiché man- ca di coerenza globale. Esso, infatti, è caratterizzato da improvvisi e irrile- vanti cambiamenti d’argomento. Similmente, Hough e Barrow (2003) hanno mostrato che nei TBI la coesione è minimamente danneggiata, mentre la coe- renza tematica globale risulta gravemente compromessa. È possibile, pertan- to, sostenere l’idea che la coerenza non dipenda da capacità di natura lingui- stica. Scrivono Hough e Barrow (ivi, p. 189): “la coerenza sembra essere ge- stita da processi concettuali di ordine superiore, mentre la coesione lessicale dipende da processi linguistici più automatici che non sono danneggiati dopo un trauma cranico”.

A nostro avviso, tra i processi superiori implicati nella costruzione della coerenza discorsiva, un ruolo importante è svolto dalle funzioni esecutive di pianificazione e monitoraggio dell’azione. Infatti, sebbene i TBI presentino disturbi cognitivi di varia natura (Tate et al. 1991), il danneggiamento delle funzioni esecutive è considerato, in media, il deficit più grave a livello cogni- tivo in questi soggetti (Johnstone et al. 1995). Nello specifico, i TBI presen- tano in genere problemi di pianificazione e monitoraggio a causa di un dan- neggiamento di alcune regioni della corteccia prefrontale. I comportamenti dei TBI appaiono confusi e disordinati: essi non sono in grado di organizzare concettualmente e, quindi, portare a termine comportamenti orientati a uno

scopo attraverso una serie di sequenze di azioni (ad es., Eslinger et al. 2011; Zalla et al. 2001). La nostra ipotesi è che i TBI non siano in grado di produrre discorsi coerenti poiché non sono in grado di pianificare, monitorare e portare efficacemente a compimento comportamenti finalizzati. La capacità di piani- ficazione, infatti, permette di strutturare il comportamento verbale in vista di uno scopo finale, il tema generale del discorso, attraverso l’identificazione della corretta sequenza di passaggi necessari per raggiungerlo; il monitorag- gio consente di valutare costantemente la produzione discorsiva evitando, per esempio, di inserire materiale irrilevante rispetto al tema generale in prece- denza pianificato.

Data la stretta relazione tra l’organizzazione dell’azione e la sua realizza- zione effettiva, esaltare il ruolo delle funzioni esecutive di pianificazione e monitoraggio nell’elaborazione linguistica è un modo per esaltare l’idea che il linguaggio sia fondato nella pragmatica dell’azione. Pertanto, in una pro- spettiva di questo tipo, in cui l’elaborazione linguistica è supportata (in parte) dagli stessi processi che regolano le interazioni degli organismi con l’ambiente, cioè dagli stessi processi che regolano la percezione e l’azione (cfr. Gibbs, 2005), l’appropriatezza del linguaggio diventa un caso specifico della più generale appropriatezza dei comportamenti (Ferretti 2010).

Bibliografia

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