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Capitolo 3, Il primo impianto cristiano (Periodo 3)

3.3 La topografia cristiana di Trento

3.3.1 La basilica di S Vigilio

Lo spazio sottostante l'attuale Duomo di Trento dedicato al santo patrono (costruito da Adamo d'Arogno nella sua forma attuale nel XIII secolo per volontà del vescovo Federico Vanga), venne indagato tra il 1964 e il 1975 da Mons. I. Rogger. I dati vennero poi sistematizzati, rileggendoli in

chiave stratigrafica, e integrati da nuovi sondaggi da G. Seebach tra il 1991 e il 1994138.

L'area su cui sorgerà la basilica si è rivelata interessata dalla presenza di costruzioni a funzione artigianale o magazzini. L'ampliamento della città oltre le mura, fenomeno attestato a Trento già dopo il I secolo d.C., risulta confermato dalle strutture individuate a lato dell'asse stradale che, uscendo da Porta Veronensis, si dirigeva a sud, correndo al di sotto dell'attuale Palazzo Pretorio. Tracce di un forno fusorio in funzione almeno nel III secolo sono state rinvenute durante gli interventi a campione dei primi annni '90 nei pressi del sacello sud della basilica, definendo così la vocazione artigianale dell'area, anche alla luce del ritrovamento dell'officina- bottega di un bronzista al di sotto del Palazzo Pretorio139.

Localizzazione di Porta Veronensis e dell'asse stradale accano a cui sorgerà la basilica.

La basilica (distinta dalla ecclesia già nella Passio di S. Vigilio) sorge quindi in un'area già urbanizzata, riutilizzando parti di una struttura precedente ortogonale all'asse della strada, "in un contesto di continuità nel quale l'affermarsi di nuove esigenze e l'affievolirsi delle concentrazioni possono aver svuotato e reso disponibili delle superfici, abitative o di pubblica utilità."140. L'interazione tra la città e la comunità cristiana si concretizza attraverso il recupero e

la gestione di spazi -in cui giocano un ruolo centrale anche gli spazi funerari-, secondo curve in

138 ROGGER, CAVADA 2001.

139 CAVADA 1993b, pp. 89-104; SEEBACH 2001, pp. 204-221. 140 ROGGER, CAVADA 2001, p. 598.

cui è possibile identificare alcuni punti comuni, in primis il rapporto tra basilica extra-urbana ed

ecclesia urbana, pur consentendo un ventaglio molto ampio di soluzioni locali141.

L'identificazione delle strutture al di sotto dell'attuale Duomo ha permesso di acquisire dati fondamentali non solo per la topografia cristiana della città, ma anche relativamente alla storia sociale di Trento, soprattutto grazie all'analisi delle epigrafi tombali.

La basilica si sovrappone ad un più antico edificio individuato nel settore occidentale dell'impianto. Di esso rimangono un muro spesso 0.52 m con brani di intonaco decorato ad affresco poi incorporato dal perimetrale occidentale della basilica (i piani marcati dall'intonaco lasciano supporre diverse fasi edilizie), e un pavimento in laterizi che non appaiono compatibili, per tipologia, con ambienti produttivi od artigianali142.

Su queste strutture si imposta il primo edificio sacro, un'aula unica di 14.30 m per 43.70 con i lati non perfettamente ortogonali (asimmetricità forse dovuta alla necessità di adattarsi all'orientamento delle strutture preesistenti), il cui limite orientale, e in generale tutto il settore est, rimane di incerta definizione a causa delle modifiche apportate dalle fasi successive. Rimane quindi senza risposta il quesito relativo alla presenza di un eventuale martyrion in cui abbiano trovato posto i resti dei martiri di Anaunia e quelli dello stesso Vigilio all'indomani della morte, come anche il carattere della terminazione dell'edificio, se diritta o absidata. L'edificio era preceduto da un atrio in cui si aprivano tre ingressi all'aula di cui il centrale, ancora paerto, misura 2.30 m, a cui non corrispondeva una scansione dello spazio interno. Nell'ipotesi, non verificabile, che la terminazione dell'aula fosse diritta, troveremmo dei confronti con la chiesa di S. Nazaro a Milano (54 m per 14.40 m) e con la basilica suburbana di V secolo di Monastero ad Aquileia (48.25 m per 16.85 m).

141 Rimandiamo a TESTINI, CANTINO WATAGHIN, PANI ERMINI 1989. 142 ROGGER, CAVADA 2001, p. 284-285.

Prima basilica e strutture preesistenti, da ROGGER, CAVADA 2001, p. 302.

Successivamente venne inserita nell'aula una griglia ortogonale di formae in muratura che utilizza tutto lo spazio della navata, costituendo un esempio assolutamente notevole di sfruttamento degli spazi interni, coerentemente a un progetto unitario e razionale143. I loculi

hanno dimensioni regolari con interno intonacato e risultano allineati secondo gli assi dell'edificio, con la pavimentazione costituita dalle lastre stesse di copertura, anche se alcune leggere difformità nell'orientamento potrebbero essere indice di una costruzione del reticolo effettuata in diversi momenti. Strutture simili sono state rinvenute anche all'esterno della basilica, procedendo verso est sotto piazza d'Arogno, attestando il carattere oramai compiutamente funerario dell'area. L'atrio viene modificato aggiungendo un piano gradonato e dei semipilastri che probabilmente erano parte di un nuovo sistema di copertura dell'area. La zona presbiteriale viene ora separata dalla navata da un gradino che reca gli scassi per il posizionamento di plutei e pilastrini, mantenendo un collegamento strutturale sancito dalla probabile presenza di una solea.

Delle epigrafi rinvenute nessuna è riferibile ad un vescovo (tranne forse una ma il vescovo in questione era probabilmente parente dell'inumato), elemento che fa ritenere che le tombe vescovili, ove non vi fosse un campo o una struttura dedicata separata dalla basilica o in

143 Esempi simili di utilizzo degli spazi a S. Stefano a Coira, V secolo, SENNHAUSER 1989, p. 1526); a S. Lorenzo di

un'altra sede, dovessero trovarsi nel settore più orientale del presbiterio, dove la costruzione della cripta medievale ha irrimediabilmente asportato stratigrafia e strutture precedenti.

In una fase ancora ulteriore la navata venne pavimentata da un battuto in calce che probabilmente obliterò le tombe, o comunque ne compromise l'uso in parte dell'aula. Il limite occidentale del presbiterio venne avanzato costruendo un bema con una pavimentazione in più fasi costituita prima da battuti di malta, e infine da una pavimentazione in mosaico estesa anche all'area esterna al bema, i cui tratti superstiti hanno permesso la ricostruzione grafica dell'impianto decorativo. A sud si rileva l'aggiunta di un annesso poi obliterato dal sacello.

La basilica funeraria, da ROGGER, CAVADA 2001, p. 305.

In età altomedievale il mosaico viene coperto da un pavimentazione in lastre, mentre ai lati della zona del presbiterio vengono costruiti due sacelli. Il presbiterio è decorato da arredi scultorei che sostituiscono quelli precedenti, databili tra VIII e IX secolo144, all'interno forse di

quei lavori di restauro, almeno dell'altare, che il Dittico Udalriciano attribuisce al vescovo Iltigario, il cui episcopato si inserisce nel IX secolo.

La basilica tra VIII e IX secolo, da ROGGER, CAVADA 2001, p. 307.

Nel corso dell'XI secolo l'aula viene divisa in tre navate da pilastri e i livelli pavimentali rialzati, ma l'elemento più notevole è certamente la costruzione di una prima cripta nell'area del coro, attribuibile alla volontà del vescovo Udalrico II (come ricordato nel Dittico Udalriciano), il cui episcopato si colloca tra 1022 e 1055. Questo spazio, a cui si accedeva tramite due scale ai lati, nel corso del XII secolo verrà sostituito da una seconda cripta145.

Il secolo successivo vedrà la totale ricostruzione dell'edificio che entro il XVI secolo assumerà le forme attuali.

La basilica nel XII secolo, da ROGGER, CAVADA 2001, p. 311.

Riguardo alla cronologia di queste fasi, si fondano essenzialmente sulla datazione su base stilistica dei mosaici e su quella delle epigrafi relative alle formae, mentre mancano conferme su base materiale. Lo scavo condotto tra gli anni '60 e '70 del secolo scorso non ha restituito materiali provenienti da contesti affidabili, e anche i sondaggi degli anni '90, eseguiti secondo il criterio stratigrafico e dettagliatamente documentati, non hanno portato a significativi avanzamenti per quanto riguarda la possibilità di giungere a datazioni puntuali.

Le epigrafi tombali146 costituiscono il corpus epigrafico più importante per la storia della Trento

cristiana, nonché del settore settentrionale della Venetia et Histria. Prima degli scavi di mons. I. Rogger i documenti epigrafici più noti dall'area limitrofa a Trento, relativi al primo periodo cristiano, erano i tre provenienti dal Doss Trento e quello rinvenuto durante gli scavi di G. Ciurletti a lato di S. Maria Maggiore147. A parte l'epigrafe che ricorda i due bambini Amaros

(nome di probabile origine siriana) e Matrona 148, probabilmente pagana e databile al IV secolo,

ma che testimonia della probabile e precoce presenza di sepolture in quest'area, restano più di una trentina di testi dalle caratteristiche sommariamente omogenee, tra le quali spiccano

146 Studiate da MAZZOLENI 2001.

147 BUONOPANE 1990, p. 177. n.9; MAZZOLENI 1993; CAILLET 1993, p. 69 n.1. A queste si aggiungano, anche se più

distanti, un'epigrafe funeraria da Riva del Garda datata al 539, e un'altra dal colle di Tenna in Valsugana, collocabile tra VI e VII secolo, vedi PACI 1988, n. 11 e PACI 1993, pp. 153-156.

148 MAZZOLENI 2001, scheda 1. L'epigrafe venne riutilizzata durante la costruzione dell'edificio voluto dal vescovo

alcuni testi di particolare interesse. In particolare quello relativo al presbitero Metronius149,

qualificato come custode della basilica (custus basilice huius), caso rarissimo di attestazione epigrafica di questa carica che naturalmente presuppone a monte una autorità di riferimento, oltre, in questo caso, a dissipare ogni dubbio circa l'attribuzione della qualifica di basilica all'edificio. In questa fase questa è la chiesa funeraria della comunità cristiana, la basilica extra

muros la cui funzione integra e completa quella della ecclesia intra muros (a cui spetta invece il

compito della cura d'anime). L'edificio è custodito da un presbitero cui spetta l'onore di essere sepolto all'interno della chiesa in cui ha svolto la propria mansione. Metronio, figlio di un siriano, Eliodoro, risulta ormai assimilato alla cultura latina di cui utilizza anche la lingua, a differenza del suo conterraneo Δίας150, un amministratore o commerciante antiocheno che

però continua ad utilizzare la sua lingua madre, il greco. Mentre nelle epigrafi sono ricordati altri quattro presbiteri, mancano invece nomi di vescovi, a parte un cognomen mutilo, forse

[P]ersic(i), che dal contesto potrebbe però risultare essere sì un vescovo, ma non tridentino,

ricordato solo per essere parente del defunto151. Le epigrafi ci parlano quindi di una comunità

variegata, multietnica152, in cui operano agenti commerciali orientali che non rinunciano alla

propria lingua, e in grado di garantirsi una sepoltura privilegiata all'interno della basilica.

La cronologia proposta da Mazzoleni per i testi epigrafici è piuttosto avanzata, inserendosi in un arco cronologico di pieno V se non soprattutto VI secolo153.

Coerentemente con questo orizzonte cronologico si colloca anche il mosaico presbiteriale, tra il termine post quem costituito dalle epigrafi e le valutazioni su base stilistica che collocano in generale le manifestazioni musive tridentine, compreso il mosaico della domus di via Rosmini, in ambito aquileiese154. S. Tavano situa l'apparato musivo della basilica attorno alla seconda

metà del VI secolo, in piena età giustinianea.

149 MAZZOLENI 2001, scheda 6. 150 MAZZOLENI 2001, scheda 34. 151 MAZZOLENI 2001, scheda 10.

152 Alcuni dei termini utilizzati, come obire o transire per indicare il decesso, rimandano all'ambito gallico, MAZZOLENI

2001, p. 382.

153 L'epigrafe del v(ir) s(anctus) o v(ir) s(pectabilis) Censorius, scheda 3, riporta l'anno di indizione e si data al 539,

554 o 569. Secondo WOLFRAM 1986, p. 18, Censorius potrebbe essere un comites rei militares dell'ultimo periodo

della guerra greco-gotica.

3.3.2 S. Apollinare

Gli scavi condotti a partire dal 2005 all'interno della chiesa di S. Apollinare155 e nell'area

circostante hanno messo in luce una serrata stratigrafia di strutture la cui datazione ancora non è chiara, ma comunque, sulla base di alcune datazioni al C14, posteriore al VI secolo. Il muro di

cinta della fortificazione tardoantica del Doss156 viene utilizzato, forse in seguito alla sua

defunzionalizzazione, per la costruzione di un primo edificio sacro a navata unica e abside semicircolare e di altre strutture di più incerta funzione che sembrano impostarsi su di un'area già interessata da sepolture. Attorno alla chiesa si svilupperà un campo cimiteriale, con tombe a inumazione all'interno di un circolo di pietre, il cui intenso utilizzo è testimoniato dai rialzamenti dei piani su cui si impostano i tagli delle tombe. Il cantiere trecentesco della chiesa attuale ha pesantemente intaccato il deposito stratigrafico limitando la nostra possibilità di analisi.