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Le fonti materiali per la storia di Trento tardoantica

Capitolo 3, Il primo impianto cristiano (Periodo 3)

3.2 Le fonti materiali per la storia di Trento tardoantica

Nell'ambito di un tema che non possiamo affrontare nella sua interezza114, ci limiteremo

partendo dall'epoca romana ad alcune considerazioni funzionali alla contestualizzazione della

ecclesia all'interno del tessuto urbano.

La città di Trento sorge sulla sinistra idrografica del fiume Adige, a ridosso del meandro che il fiume tracciava prima della rettifica del 1858, quando assunse il percorso attuale. Le mura della città romana115 cingono su tre lati (est, sud e ovest) un'area decisamente ridotta, di circa 13

ettari, delimitata a nord dal corso del fiume stesso. Qui doveva trovarsi con tutta probabilità uno scalo, mai identificato per l'età romana, mentre sono noti per l'età medievale due punti di attracco, uno sul prolungamento di vicolo del Vò e l'altro in corrispondenza di via S. Martino116.

La cinta muraria misura 335 m a ovest, 350 m a sud e 390 m a est, rivelando la centuria come modulo di riferimento. Appare realizzata in almeno due distinti momenti,117 che vedono prima

la costruzione in età tardo repubblicana o protoaugustea delle torri quadrangolari che, disposte in corrispondenza degli assi viari interni a una sessantina di metri di distanza l'una dall'altra118,

fungevano anche da postierle, poi in età augustea delle mura vere e proprie, peraltro caratterizzate da uno spessore piuttosto ridotto, circa 1.30 m (e quindi anche da una altezza piuttosto limitata), che sembra deporre a favore di una funzione più simbolica che difensiva dell'apparato. All'interno delle mura era presente una fascia di rispetto di circa 3 m che venne poi occupata da fabbricati di varia funzione nel corso del tempo119.

Sulla cinta si aprivano almeno due porte urbiche, una, Porta Veronensis, in corrispondenza dell'asse viario che usciva dal fronte meridionale della cinta, e accanto alla quale venne costruita la basilica120, l'altra a est, Porta Brixiana, di cui non abbiamo riscontro archeologico.

All'interno delle mura gli assi viari avevano una struttura piuttosto regolare, senza evidenti distinzioni gerarchiche né per quanto riguarda la forma né per quanto riguarda la tecnica costruttiva, sostanzialmente omogenea121. Il fatto che inizialmente fossero costituiti da una

114 Oggetto della tesi di dottorato del Dott. A. Baroncioni, BARONCIONI 2012, a cui farò spesso riferimento in queste

pagine.

115 BUCHI 2000; CIURLETTI 2000; CIURLETTI 2002; BASSI 2005. 116 BOCCHI, ORADINI 1983, pp. 107, 139, 177; BASSI 2004b, p. 405. 117 BASSI 2007, p. 57.

118 BASSI 2004a, p. 477. 119 CIURLETTI 2000, p. 301.

120 Come ci informa la Passio Sancti Vigilii. Per gli scavi a Porta Veronensis vedi BAGGIO BERNARDONI 1988, 1989 e

2000.

semplice via glareata e solo in un secondo momento, probabilmente dopo la metà del I d.C., pavimentati con grandi basoli poligonali in calcare122, testimonia di una monumentalizzazione

della città che avvenne per momenti successivi, per gradi, come indicato anche dall'impianto fognario, successivo alla costruzione della cinta urbana.

Un fossato archeologicamente individuato123, che correva lungo i lati ovest e sud della cinta,

drenando sia le acque superficiali che quelle scaricate dal sistema fognario, subisce diversi spostamenti perlomeno lungo il fronte occidentale delle mura in ragione dell'evoluzione urbanistica di questo settore della città, che, dalla fine del I d.C., conosce una forte urbanizzazione124 poi destinata a spegnersi nel III-IV secolo, come testimoniato dalla parabola

storica della villa di via Rosmini125. Il fossato lungo il lato sud probabilmente proseguiva in linea

retta verso l'Adige, senza lambire il fronte orientale della cinta, dove invece è attestato durante l'età medievale e rinascimentale anche se non individuato archeologicamente. L'impianto fognario urbano era costituito da condutture interamente in muratura che correvano al di sotto degli assi stradali, suddivise gerarchicamente in collettori maggiori (di ragguardevoli dimensioni, 1.70 m in altezza per 0.75 m di larghezza) e canalette secondarie126. Non venne

costruito in una unica soluzione, come denunciato sia dal condotto individuato lungo il fronte occidentale delle mura che taglia le fondazioni di queste per andare a riversarsi nel fossato esterno, sia dal tratto scoperto nei pressi di piazza Battisti che mostrava, accanto al collettore maggiore, la predisposizione per la costruzione di canalette secondarie mai realizzate, ma previste127. I livelli di accrescimento dei depositi interni indicano che la manutenzione di molte

condutture ne permise la continuità d'uso fino al VI secolo, anche se non omogeneamente all'interno della città.

Dopo il III secolo entra nella storia della città un nuovo attore, costituito dalla dinamica esondativa di Adige e Fersina, che precedentemente non aveva intaccato in maniera profonda lo sviluppo urbano. L'area extra moenia della città viene interessata, almeno per quanto ci dice il dato archeologico, dalla presenza di livelli alluvionali limo sabbiosi senza che questo determini

122 Come riscontrato in piazza Bellesini, vedi BASSI 2007, p. 54. 123 CIURLETTI 2000, pp. 301-302, BASSI 2007, pp. 222-226.

124 In seguito alla quale il fossato venne obliterato e la fognatura racchiusa in una condottura interrata. 125 BASSI, ENDRIZZI, 1996.

126 Tratti delle condutture sono stati rinvenuti in piazza Bellesini, presso Palazzo Thun, nei pressi del Teatro Sociale e

nella vicina piazza Battisti, vedi BASSI 2004b.

in maniera univoca l'abbandono delle strutture. La villa di via Tommaso Gar continua ad essere utilizzata, e così anche nell'area di Villa Maestranzi e in quella della Facoltà di sociologia si riscontrano livelli alluvionali che si inseriscono in dinamiche che sono sì improntate ad un tono minore, anche da un punto di vista della tecnica edilizia, ma senza che questo sembri determinato dalle alluvioni stesse128. Queste coprono strutture già connotate da un

depauperamento del livello tecnico, ma sugli stessi strati alluvionali si continua a costruire, testimoniando dunque una gestione della nuova situazione seppure con modalità qualitativamente non elevate. La presenza di acque all'esterno della cinta diverrà poi, una volta canalizzate con il sistema delle rogge, un tratto caratteristico della città in età medievale.

Sebbene non siano archeologicamente attestate opere di irregimentazione del fiume Adige129,

all'interno della cinta muraria la presenza di livelli alluvionali è attestata solo al di sotto dell'Hotel Aquila d'Oro, all'interno del quale sono stati scavati ambienti che nel II-III secolo, dopo un evento alluvionale, vennero ricostruiti cercando soluzioni più prestigiose delle precedenti, con un pavimento in opus signinum130, mentre a Palazzo Tabarelli l'insediamento si

distingue per soluzioni edilizie decisamente povere, con pareti in materiale di recupero e terra utilizzate per suddividere gli ambienti di una domus medio-imperiale in parcelle minori in cui vengono accesi focolari a terra. Per contro il piano terra della domus sottostante il Teatro Sociale viene dotato di un impianto di riscaldamento ad ipocausto, realizzando probabilmente anche un'area porticata su una corte131. Le soluzioni appaiono quindi molto diversificate all'interno di

una realtà in trasformazione, nella quale il tenore di vita è evidentemente mutato, innescando risposte disomogenee all'interno della cinta urbana.

Nel corso del III secolo, e probabilmente in relazione alle incursioni alamanne (ma la cronologia delle mura non è ancora ben definita), la cinta muraria viene raddoppiata132 aggiungendo alla

precedente una cortina di circa 1.70 m, trasformando così le mura in un vero apparato difensivo, evento da inserire probabilmente nell'ambito dell'organizzazione delle difese alpine incentrate sul sistema del tractus Italiae circa Alpes. L'assenza del raddoppio lungo il fronte orientale

128 BARONCIONI 2012, schede 8, 9, 10. 129 BASSETTI, CAVADA, MULAS 1995, p. 381.

130 Vedi BARONCIONI 2012, scheda 6. Anche presso l'Istituto del Sacro Cuore l'edificio che viene ricostruito tra IV e VI

secolo presenta caratteri di pregio, come l'uso di affreschi parietali e pavimenti in cocciopesto, vedi CIURLETTI

2003b, p. 41.

131 BASSI 1997b, p. 174. 132 BASSI 2005 e 2004a.

permette di ipotizzare che la cinta fosse stata qui allargata fino a comprendere l'area dell'anfiteatro, disegnando il tracciato che resterà poi caratteristico della città in epoca altomedievale e medievale133.

Tra V e VI secolo le strutture emerse in via Tommaso Gar e a Villa Maestranzi vengono obliterate da strati di riporto intenzionale di colore scuro, molto organici, poi tagliati, in via Gar, da 22 tombe databili tra V e VI secolo. In questi siti, come anche in via Rosmini e presso la Facoltà di sociologia, la frequentazione viene interrotta da potenti alluvioni del Fersina, e sempre una piena alluvionale marca l'interruzione di vita nel settore nord, presso l'attuale S. Lorenzo, intorno al VI secolo.

Un intervento che presuppone capacità gestionali su scala urbana è quello costituito dallo scavo del nuovo fossato, più alto del precedente, lungo il lato ovest della cinta per permettere lo smaltimento delle acque sia bianche che nere, intervento che va letto, per il grado di progettualità che implicano operazioni su questa scala, con il rialzamento artificiale dei piani a sud di Porta Veronensis con uno strato di materiali inerti, sabbie e ghiaie frammisti a malte sfatte134. La depressione altimetrica che caratterizzava quest'area, in ragione di circa 1.25 m su

una lunghezza di circa 50 m da nord verso sud, è da imputarsi probabilmente ad un vecchio tracciato del Fersina. La potenza dei riporti, tra i 3 e i 4 m, esclude possa trattarsi di una pedogenizzazione per accrescimento naturale, e la composizione stessa identifica questi strati come riporti intenzionali antropici135.

Sotto Palazzo Tabarelli il tenore dell'edilizia subisce una ulteriore diminuzione, con i vani abitati relegati ai soli ambienti che danno sulla strada, e le aree interne, oramai totalmente destrutturate e spoliate, utilizzate per la stabulazione di piccoli animali e come spazi coltivati136.

Nell'area del Teatro Sociale e al Sacro Cuore troviamo invece officine per la lavorazione del vetro, che denunciano una economia ancora attiva testimoniata da attività artigianali137.

L'immagine che deriva dall'interpretazione di questi dati è quella di una realtà urbana in cui

133 CAVADA 2005, p. 242. 134 CAVADA 1993a e b.

135 BASSETTI, CAVADA, MULAS 1995, p. 382. 136 CAVADA 1994, p. 226.

spinte centripete evidenti già dal III secolo (con la crisi e l'abbandono delle aree residenziali

extra moenia) trovano una soluzione nel VI mettendo in atto risposte che, seppure differenziate

quando non contraddittorie (le dinamiche di sviluppo degli ambienti residenziali ci parlano in alcuni casi di un evidente depauperamento anche tecnologico, in altri della ricerca di soluzioni di pregio), denunciano comunque una progettualità che abbraccia l'interno organismo urbano. La realizzazione del nuovo fossato a ovest della città per irregimentare le acque in un settore urbano colpito da numerosi episodi alluvionali, il colmamento dell'area dove sorgerà S. Vigilio, la manutenzione dell'impianto fognario che in alcuni tratti rimane in uso fino al VI-VII secolo, indicano l'esistenza di una autorità in grado di proporre soluzioni e interventi su scala urbana, e con le risorse per metterle in pratica. A fronte di soluzioni individuali finalizzate a fare fronte a necessità contingenti, si riscontra una risposta da parte di tutto l'organismo urbano, coinvolto in dinamiche nuove sia economiche, che ambientali (il caso delle esondazioni di Adige e Fersina).

Il dato archeologico non ci permette di distinguere in modo preciso le iniziative private da quelle pubbliche (laddove la stessa definizione di "pubblico" non è così scontata), anche se la scala di determinati interventi, come quelli prima citati, non può essere messa in relazione alla volontà dei singoli.

L'organizzazione dei lotti abitativi risulta essere meno compatta, con ampie aree vuote lasciate a coltivo e una destrutturazione degli spazi che certamente è da mettere in relazione anche ad una sub-articolazione delle proprietà delle singole particelle, ma è un dato che purtroppo sfugge alla lente dell'indagine archeologica. Le soluzioni adottate nell'edilizia abitativa rispondono maggiormente a scelte contestuali operate dal singolo, e infatti verifichiamo una forte discrasia negli esiti, dipendenti certamente dalle disponibilità economiche dei proprietari.