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S Maria Maggiore nel contesto altoadriatico

Capitolo 3, Il primo impianto cristiano (Periodo 3)

3.9 S Maria Maggiore nel contesto altoadriatico

Gli elementi architettonici che abbiamo utilizzato come riferimenti nella nostra ricerca sono soprattutto quelli relativi alla zona del presbiterio, innanzitutto i due ambienti laterali al catino a cui si accede tramite soglie messe in linea con la terminazione del presbiterio, e in secondo luogo (poiché a S. Maria Maggiore non abbiamo potuto verificarne la presenza anche se la riteniamo estremamente probabile) l'abside inscritta oppure il synthronos.

Lo spazio che abbiamo dedicato all'analisi degli edifici di Grado si giustifica con la necessità di contestualizzare e dettagliare i confronti più prossimi che abbiamo qui trovato per la prima fase della basilica di Trento, insistendo sulle differenti ipotesi di datazione per cercare di chiarire un quadro che presenta ancora parecchie zone d'ombra, soprattutto per quanto riguarda le

342 MARCHESAN CHINESE 1980, pp. 318-323; MAROCCO 2000, pp. 230-231. Nella cronachistica, cioé nel Chronicon

Gradense (Cronache 1890, p. 38), si ricorda infatti come Macedonio "ecclesiam sancti Iohannis apostoli et evangeliste in eodem castello fundavit", quella stessa S. Giovanni Evangelista nella quale, sempre secondo il Chronicon (Cronache 1890, p. 41), verranno deposte le reliquie dei martiri canziani.

343 Così MIRABELLA ROBERTI 1966, p. 110 e MOR 1972, pp. 303-304. VILLA 2003, p. 525 ritiene la seconda fase di

questo edificio, che data alla prima metà del VI, come il primo intervento compiuto nel VI secolo a Grado nel quadro del ripristino delle architetture sacre del castrum.

cronologie. Il confronto planimetrico344 può risultare un utile strumento di analisi, non il solo

ovviamente, qualora si comparino edifici di cronologia certa, agganciati a sequenze stratigrafiche controllate. Nel nostro caso i confronti più stringenti si hanno con strutture che anche recentemente sono state oggetto di riletture in chiave archeologica, trovando coincidenza nelle datazioni.

L'edificio che presenta caratteri formali più prossimi al nostro è certamente S. Maria delle Grazie: la divisione in tre navate, il presbiterio rialzato, gli accessi laterali agli ambienti retrostanti il catino, nonché le proporzioni dell'edificio345 (seppure quello di Grado a una scala

ridotta), avvicinano fortemente i due edifici. Le lesene stesse, che noi abbiamo potuto identificare a Trento solo in facciata, rimandano all'area aquileiese. In particolare, scartando l'ipotesi della terza fase poiché al tempo del vescovo Elia (570-586) la nostra chiesa doveva già essere stata costruita346, è la seconda fase di S. Maria delle Grazie (quello in cui l'edificio ora

dotato di banco presbiteriale e cattedra assurge al rango di chiesa episcopale), quella a cui possono avere guardato i costruttori di S. Maria Maggiore a Trento. Riteniamo infatti poco probabile che questi ultimi abbiano utilizzato come modello una chiesa non di rango vescovile, riflessione che ci ha fatto escludere la prima fase dell'edificio gradense. Il rapporto con Aquileia d'altra parte, e quindi con Grado dove poi si trasferì il vescovo aquileiese, ci è suggerito dalla stessa Passio di S. Vigilio, che disconosce il rapporto privilegiato che la diocesi di Trento intratteneva invece con Milano alla fine del IV secolo. Purtroppo l'enorme scasso operato nell'area presbiteriale di S. Maria Maggiore durante la costruzione delle fasi successive dell'edificio ci ha impedito di verificare la presenza o meno del synthronos, privandoci di un dato fondamentale riguardante l'arredo liturgico. Sulla base del confronto con S. Maria delle Grazie, si potrebbe ammettere per l'impianto tridentino la presenza dell'abside inscritta ma non abbiamo alcuna evidenza archeologica che confermi questa ipotesi.

Se S. Maria delle Grazie rimane un estremo retaggio della cultura paleocristiana altoadriatica prima che l'influsso ravennate stemperi ogni rimando ai codici architettonici aquileiesi347,

caratterizzando Grado quale vero e proprio laboratorio di forme, allora possiamo forse

344 Che rischia di diventare un mero esercizio intellettuale qualora venga utilizzato per stabilire connessioni tra impianti

sostanzialmente indatabili e lontani nello spazio e forse anche nel tempo.

345 Con la navata centrale il doppio di quelle laterali, elemento caratterizzante gli edifici gradensi, vedi POZZETTO 1980. 346 Come indicherebbe, se corretta, la datazione relativa al vescovo Peregrinus ricordato nel mosaico presbiteriale. 347 L'influsso ravennate è già visibile a Grado in S. Eufemia, che poi diverrà la cattedrale, della cui funzione episcopale

fa le veci appunto S. Maria delle Grazie durante il cantiere per la costruzione di S. Eufemia. Nella nuova cattedrale compare l'abside estradossata che costituisce il più marcato segnale di rottura con la tradizione aquileiese, CUSCITO

affermare che proprio a Trento sia sopravvissuto un ultimo esempio di quel modello “siriaco” di cui troviamo esempi in area altoadriatica, e che ritroviamo anche nella seconda fase della chiesa di Piazza della Corte. Dimensioni e proporzioni di questo edificio sono le stesse della prima fase di S. Maria Maggiore, ma in Piazza della Corte, caratterizzata dall'abside poligonale, non sono stati rinvenuti gli arredi tipici, seppure non sempre qualificanti, della sede epsicopale come il banco presbiteriale con cattedra. La datazione di questo edificio, come già abbiamo visto, sarebbe comunque compatibile con l'orizzonte cronologico a cui fa riferimento la prima fase di S. Maria Maggiore.

Purtroppo non possiamo fare alcuna valutazione relativa a forma e proporzioni degli alzati riguardo a S. Maria Maggiore, poiché nulla è rimasto tranne le fondazioni e alcuni piani d'uso. Le ipotesi che possiamo fare sullo sviluppo in verticale si basano unicamente sul paragone con gli edifici gradensi, individuati come quelli più vicini a quello tridentino. La lesena individuata in facciata ci porta a postularne la presenza anche sui paramenti esterni dei perimetrali, esattamente come a S. Maria delle Grazie. Sempre partendo da questo raffronto, possiamo pensare ad una copertura a salienti, che troverebbe conferma nello scarso spessore del muro perimetrale della basilica individuato da G. Ciurletti348 durante gli scavi degli anni '70 del secolo

scorso.

Le dimensioni di S. Maria Maggiore, con i suoi 676 m2 di superficie (misurati dall'interno delle

murature), di cui poco più di 150 m2 costituiscono l'area presbiteriale (misurando il presbiterio

di terza fase e considerando anche l'area occupata dall'eventuale abside interna), pongono questo edificio in una posizione di assoluto rilievo tra gli impianti altoadriatici. Eccettuate le aule aquileiesi (più di 1500 m2 per la postteodoriana nord e più di 1300 m2 per quella sud, 930

m2 per la basilica di Monastero e più di 1800 m2 per quella della Beligna), e la basilica di

Concordia (più di 900 m2), gli edifici di ambito altoadriatico difficilmente superano i 300 m2.

L'unica chiesa di dimensioni paragonabili a quelle di S. Maria Maggiore, avendone le stesse dimensioni, è quella assegnabile alla seconda fase di Piazza della Corte a Grado.

Dimensioni degli edifici ad aula unica in ambito altoadriatico, da CAGNANA 2011, p. 140. Ca = chiesa castrale; CaEp

= chiesa castrale e sede episcopale; Ru-c.a = chiesa rurale con cura animarum; Ur. = chiesa urbana; Ur. Fun = chiesa urbana, funeraria.

Ma più che il tentativo di individuare un confronto puntuale, elemento dal potenziale informativo che, qualora vi fosse, non andrebbe comunque sopravvalutato, riteniamo

importante avere identificato nell'area di Grado, interessata negli ultimi anni da studi che ne hanno ridisegnato archeologia e storia, una serie di edifici avvicinabili al nostro per importanti caratteristiche formali. Come abbiamo già detto, abbandonata l'ipotesi (date le dimensioni, il rango dell'edificio e di conseguenza l'alto profilo della committenza) che questo modello architettonico sia stato scelto in base al minore investimento richiesto, sia in termini economici che tecnico-costruttivi, uno spunto per future ricerche sarebbe rivedere il legame, sia dal punto di vista ecclesiastico che politico, tra Trento ed Aquileia-Grado, un rapporto molto forte se viene sancito da un monumento come S. Maria Maggiore.

Riteniamo importante far osservare come due linee di ricerca differenti e indipendenti, una su Grado e l'altra su Trento, abbiano portato alla medesima datazione di edifici con caratteristiche formali molto particolari e simili. Questo non è il risultato di un processo "circolare" che vede la datazione di un edificio basarsi su un altro e viceversa, il che creerebbe un premessa di illogicità, ma è il frutto di una strategia di scavo mirata alla comprensione dei contesti e di una gestione finalizzata a stabilire una forte coerenza interna dei dati. L'attività di scavo è stata caratterizzata da una forte tensione nella descrizione e nella comprensione delle dinamiche costitutive del deposito, nella convinzione che solo su una solida base di dati si possa impostare una interpretazione valida. Solo successivamente abbiamo cercato eventuali raffronti per il primitivo impianto sacro individuato e, trovatili, abbiamo constatato la convergenza delle cronologie proposte, elemento che, pur in sé non probante, rimane comunque indicativo.