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L' Ordo episcoporum sanctae Tridentinae ecclesiae

Capitolo 3, Il primo impianto cristiano (Periodo 3)

3.5 La cristianizzazione di Trento alla luce delle fonti scritte

3.5.1 L' Ordo episcoporum sanctae Tridentinae ecclesiae

Il primo documento da cui partiremo, che ci servirà anche come traccia per comprendere i dibattiti storiografici incentrati non solo su questa ma anche sulle altre testimonianze, è l'Ordo

episcoporum sanctae Tridentinae ecclesiae, contenuto nel cosiddetto “Dittico Udalriciano”175. Si

tratta della più antica lista dei vescovi tridentini176, contenuta all'interno del sacramentario

169 Fondamentali nel dibattito storiografico più recente: ROGGER 2009; CURZEL 2005; ROGGER 2000; CODROICO, GOBBI

2000.

170 Il Proprio della chiesa tridentina è stato modificato, recependo i risultati della ricerca storica più recente, solamente

nel 1985, Proprio della Chiesa tridentina, p. 56, come nota già ROGGER 2004, p. 438.

171 TARTAROTTI 1743; TARTAROTTI 1759; VARESCHI 1998. 172 BONELLI 1760; BONELLI 1761; BONELLI 1762; BONELLI 1765. 173 TAIT 1902.

174 CICCOLINI 1952.

175 BONELLI 1761 pp. 3-9, vedi ora ROGGER, BAROFFIO, DELL'ORO 1983, pp. 3-99 e pp. 221-225.

176 Si tratta peraltro dell'unico caso di lista episcopale inserita in un sacramentario, con un uso quindi liturgico, in Italia,

compilato al tempo del vescovo Udalrico II, nella prima metà dell'XI secolo. Trattandosi di un elenco che veniva letto pubblicamente al momento del ricordo dei defunti nella basilica di S. Vigilio, è probabile che la sua forma originaria non sia stata compromessa da gravi alterazioni, costituendo così l'immagine che la chiesa tridentina aveva e mostrava di sé nell'XI secolo, il che naturalmente non deve essere confuso con l'aderenza alla verità storica.

Ecco l'elenco dei vescovi fino ad Agnello, il cui episcopato inizia nel 577177:

I. Iouini II. Abundantii III. Claudiani IV. Magorii V. Aspidi VI. Sambatii VII. Valentini VIII. Genialis IX. Fidelis X. Valerii XI. Quarti XII. Maguriani XIII. Adeodati XIV. Probi XV. Montani XVI. Cyriaci XVII. Asteri

XVIII. Sancti Vigilii

XIX. Eugippy XX. Quartini XXI. Peregrini XXII. Gratismi XXIII. Adeodati XXIV. Agnelli

vescovo Drogone di Metz, vedi PICARD 1988 p. 526 e 529.

177 Da ROGGER, BAROFFIO, DELL'ORO 1983, pp. 221-222. Abbiamo lasciato la forma al genitivo come nell'originale, nel

Colpisce immediatamente la posizione di Vigilio al diciottesimo posto della lista, collocazione che ha poi ingenerato molti di quegli “equivoci” storici perdurati fino al XX secolo. La lista fu infatti ripresa anche all'interno del sacramentario del vescovo Adelpreto (seconda metà del XII secolo) ed è stata il punto di riferimento di tutta la storiografia trentina fino G. Tartarotti, il quale per primo mise in dubbio l'attendibilità storica della serie episcopale assegnando a Vigilio il terzo posto nella serie, lo stesso assegnatogli anche dalla Passio Sancti Vigilii, documento quest'ultimo di cui parleremo più avanti. Basti per ora dire che la Passio dovrebbe essere stata redatta tra VII e IX secolo; in un momento quindi compreso tra questa data e la metà dell'XI secolo (redazione del Dittico Udalriciano) la cronotassi dei vescovi tridentini viene rivista con l'aggiunta di quindici nomi nei primi posti, creando così la serie episcopale che viene cristallizzata nel Dittico per poi giungere fino a noi. Risulta chiaro che assegnare il diciottesimo posto a Vigilio178 significa retrodatare le origini della chiesa trentina attorno al I secolo d.C.; se in

questo hanno sicuramente pesato rivendicazioni campanilistiche (naturalmente nell'intento di potere attribuire alla propria chiesa una continuità di tradizione fin dall'età apostolica179),

queste vanno però lette alla luce, come notava già G. Tartarotti180, di un complesso di tradizioni

relative non alla chiesa trentina ma a quella aquileiese. Ci riferiamo alla cosiddetta Leggenda

marciana, secondo cui l'evangelista Marco, giunto per primo ad Aquileia, avrebbe portato con

sé, a Roma, Ermagora e Fortunato. Questi sarebbero stati ordinati, direttamente da Pietro, rispettivamente vescovo e diacono della chiesa di Aquileia, impegnandosi poi nell'evangelizzazione dell'area aquileiese e delle valli trentine. La nascita di questa leggenda181 si

colloca molto probabilmente tra VI e VII secolo, nel contesto delle rivendicazioni autocefale della chiesa aquileiese nell'ambito dello Scisma Tricapitolino: è chiaro che assegnare a Pietro l'istituzione del protovescovo della città fosse funzionale a sancire un ruolo di assoluto rilievo alla chiesa aquileiese. La diocesi di Trento, che aderì allo scisma, potrebbe essersi allineata a questa tendenza immaginando Ermagora e Fortunato che, giunti a Trento attraverso la Valsugana, insediano Iovinus come primo vescovo della città182.

178 Il cui episcopato si data a cavallo tra IV e V secolo, come attestato anche dal Dittico che lo colloca tempore

Theodosi et Honorii imperatorum, vedi ROGGER, BAROFFIO, DELL'ORO 1983, pp. 221-222.

179 Così anche PICARD 1988, pp. 502-504. Da notare che un testo agiografico come la Passio, che per sua natura non

intende neanche proporsi come fonte storica, risulta nel caso di Trento più affidabile della lista episcopale ufficiale almeno per come ci è giunta nell'XI secolo, segno che all'epoca della composizione della Passio non si erano ancora poste istanze relative alla apostolicità della tradizione episcopale tridentina.

180 TARTAROTTI 1759.

181 MENIS 1969, pp. 15-21; TRAMONTIN 1976, pp. 121-123; CUSCITO 1978, pp. 170-172; CUSCITO 1992, pp. 367-368. 182 Questa era l'opinione del clero trentino nella prima metà dell'XI secolo secondo la Lettera di S. Vigilio per la pieve

3.5.1.1 Continuità e latinità

L'analisi della lista episcopale contenuta nel Dittico ci fornisce altri elementi di riflessione, il primo dei quali è la continuità della successione183. Non compare alcuna lacuna, a fronte invece

di molte città che conoscono, soprattutto durante il periodo delle invasioni barbariche, delle interruzioni nelle loro sequenze episcopali184. Il secondo è la latinità della maggior parte dei

nomi, mentre con Hyltigarius e i suoi successori (ricordiamo Danihel, Heimpertus, Uodiloscalchus,

Adelgisus, Fridebertus) l'onomastica dei vescovi si inserirà in un contesto oramai germanico,

quello della Chiesa imperiale carolingia. Lo stesso Vigilio nella Passio viene definito romanus. Questi due elementi, continuità e latinità, contribuiscono a disegnare l'immagine di una classe dirigente che, almeno al livello della chiesa locale, è riuscita a sopravvivere senza grandi traumi agli sconvolgimenti dell'età tardoantica, mantenendo e difendendo il proprio ruolo almeno fino all'VIII secolo. In effetti l'area di Trento sembra essere stata risparmiata nel V secolo dal passaggio di Visigoti, Ostrogoti e Unni, entrati in Italia attraverso le Alpi orientali invece che lungo la valle dell'Adige, valle che pare non mostrare segni di distruzione paragonabili a quelli di molte aree ad essa limitrofe (citiamo solo il caso di Aquileia)185. Anzi, è possibile che le vallate

trentine siano diventate il rifugio di molte popolazioni romane arrivate qui sia da nord che da sud sotto la spinta delle migrazioni barbariche, permettendo in questo modo all'elemento romano di sopravvivere più a lungo che in altre zone186. La stessa dominazione longobarda è

probabilmente avvenuta, oltre che leggermente in ritardo rispetto alla data tradizionale dell'invasione (569), attraverso un foedus con i Bizantini che, dopo aver creato una zona- cuscinetto sotto la propria dominazione tra Longobardi e Franchi, avrebbero ceduto la zona ai Longobardi solo dopo il 574187.

Nel complesso quello che si delinea è un quadro in cui la latinità, grazie ad una maggiore concentrazione dell'elemento romano e a vicende storiche meno traumatiche, sembra mantenere un ruolo egemone almeno fino all'età carolingia costituendosi come il substrato su cui si inserisce e poi si diffonde l'elemento cristiano.

di Caldaro, vedi RANDO 1986; ROGGER 2009, p. 15.

183 CURZEL 2005, p. 72.

184 A Concordia, a titolo di esempio, riscontriamo una lacuna di quasi tre secoli nella serie episcopale tra l'invasione

longobarda e la riconquista franca.

185 ROGGER 2000, pp. 492-493. I testi di cui si parlerà più sotto sono in buona parte riportati in GRÉGOIRE 2000. 186 Sull'argomento vd. CAVADA, CIURLETTI 1985; BIERBRAUER 1986; CAVADA 1992.