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Capitolo 3, Il primo impianto cristiano (Periodo 3)

3.6 Il contesto geografico

Il contesto geografico di riferimento, per quanto riguarda la comprensione del nostro primitivo impianto ecclesiastico, è costituito dalla regione amministrativa della Venetia et Histria dioclezianea, che sostituisce la X Regio augustea, a cui si sovrappongono, secondo modalità variabili nel tempo e ancora molto discusse, i territori delle metropolie di Milano e Aquileia. La ristrutturazione dioclezianeo-costantiniana delle province vede lo spostamento del confine occidentale della Venetia et Histria dall'Oglio al più occidentale fiume Adda, incrementando così

227 FORLIN PATRUCCO 1985.

228 Autore di una historiola purtroppo perduta ma utilizzata come fonte da Paolo Diacono per la sua Historia

Langobardorum. Secondo ha avuto un ruolo di primo piano nella conversione al cattolicesimo, naturalmente nella

sua forma tricapitolina, della corte longobarda, vedi CURZEL 2005, pp. 77-80.

229 Si spiegherebbe così anche il culto di S. Vigilio in Lombardia, vedi SPINELLI 2000, pp. 227-230, ma anche nel Friuli

sempre in età longobarda, vedi VILLA 2000, p. 408.

il territorio della X Regio ma soprattutto testimoniando la coesione dell'area nord-orientale della penisola. Questo territorio ha sempre costituito un baluardo strategico, prima dal punto di vista della difesa militare, incardinandosi sulla via Postumia, poi come testa di ponte logistica per le forze romane stanziate al di là delle frontiere alpine, infine, di nuovo, come zona militare strategica essendo il punto di ingresso, soprattutto sul versante orientale, delle incursioni barbariche231. Il sistema viario messo a punto dai Romani permette un veloce scambio di merci e

idee sia lungo la direzione nord-sud (attraverso gli assi principali della Iulia Augusta e della

Claudia Augusta Altinate) che lungo quella est-ovest (passando per la via Postumia e la Aemilia Altinate), garantendo la rapida omogeneizzazione di un territorio che da sempre ha percepito la

propria identità anche prima che l'elemento cristiano giungesse a sancirla definitivamente232.

Le principali strade romane nella piamura padana, da CORBANESE 1983, p. 79.

Una sorta di autonomia dell'Italia settentrionale, sia occidentale che orientale, è garantita già durante l'impero proprio in seguito al riconoscimento dell'importanza che riveste quest'area in termini di zona di scambio e passaggio con l'Europa continentale e, tramite mare, con il Mediterraneo. Il governo centrale rinunciava quindi ad uno stretto controllo su queste zone, testimoniato dal ridotto numero di municipia rispetto all'Italia centrale e meridionale, preferendo una collaborazione probabilmente considerata più vantaggiosa. Questa

231 Vedi TAVANO 1990; CRACCO RUGGINI 1999; CRACCO RUGGINI 2000.

indipendenza si rifletterà poi nella storia delle chiese di Milano e Aquileia, fedeli a Roma ma in grado di ricavarsi un ruolo di egemonia impensabile per le altre diocesi italiane. La diocesi di Milano, che vede assommarsi al rango di capitale il carisma di una figura come quella di Ambrogio233, nel IV secolo detiene nell'Italia settentrionale, spingendosi anche oltre le Alpi, un

peso politico e un prestigio tali da mettere in pericolo l'autorità della stessa sede di Roma, che invece vedrà sancito il proprio ruolo col consenso unanime dell'episcopato occidentale solo dal V secolo con il concilio di Calcedonia del 451234. Il trasferimento della capitale da Milano a

Ravenna nel 402 comporta certamente un forte ridimensionamento del prestigio della diocesi lombarda, alla cui direzione viene a mancare il vescovo Ambrogio pochi anni prima, nel 397. Questo vuoto viene colmato da Aquileia che già durante tutto il IV secolo, con la monumentalità delle aule pre e post-teodoriane, aveva affermato il proprio ruolo. Ma il legame tra le due diocesi non verrà a mancare, infatti i due vescovi conserveranno per molto l'abitudine di ordinarsi a vicenda, tanto che nel 559 al patrizio bizantino Valeriano di Ravenna viene chiesto da Papa Pelagio I di intervenire contro tale prassi (episodio peraltro che testimonia della rilevanza ormai assunta dalla futura capitale esarcale).

Non è facile stabilire una data precisa per la nascita della metropolia aquileiese235, essendo per

noi molto difficile tracciare il confine tra l'autorità de facto che poteva esercitare il vescovo aquileiese e quella che de jure gli sarebbe stata consentita. E' molto probabile che Aquileia non fosse ancora sede metropolitica nel 314, quando al concilio di Arles il vescovo aquileiese viene definito proveniente provincia Dalmatiae236, facendo riferimento quindi alla provincia imperiale,

mentre lo era quando, nel 442, Leone Magno indirizza due lettere al vescovo di Aquileia esortandolo a riunire in un sinodo i suoi provincialium sacerdotum237. Il tracollo del limes alpino

tra IV e V secolo favorì certamente il rafforzamento nel controllo del territorio da parte della circoscrizione metropolitana aquileiese, la cui giurisdizione andava a sovrapporsi ormai al potere politico238, sfruttando forse anche, durante le primissime fasi del suo consolidamento, il

momento di crisi della diocesi milanese dovuta alla guida del vescovo ariano Aussenzio (poi

233 Il caso della metropolia milanese dimostra come l'affermazione di una sede metropolitica discenda solo in parte

dalla storia ecclesiastica, ma entrino poi in gioco fattori sociali, economici e politici. Così i confini delle diocesi non ricalcano in maniera precisa quelli dei municipia o di altre circoscrizioni civili, ma vengono adottate di volta in volta soluzioni molto varie, vedi MENIS 1973, pp. 276-277.

234 LIZZI 1989, p. 53; SPINELLI 2000, pp. 215-222.

235 Per un disamina delle differenti ipotesi circa la nascita della giurisdizione metropolitica aquileiese vedi MENIS 1973,

pp. 273-275.

236 GAUDEMET 1977, pp. 35-77.

237 Leonis Epp., I et II, PL 54, 593 ss. 597 ss. 238 VIOLANTE 1977, p. 90.

scomunicato nel sinodo romano del 369), a cui seguì Ambrogio, mentre ad Aquileia era divenuto vescovo l'ortodosso Fortunaziano239.

La metropoli di Aquileia nel VI secolo, da CORBANESE 1983, p. 108.

Negli anni in cui viene costruito il primo edificio sacro nell'area di S. Maria Maggiore, tra la fine del V e gli inizi del VI secolo, il polo di riferimento della vita religiosa nell'Italia settentrionale è oramai Aquileia, che di lì a poco affermerà la propria indipendenza, facendola valere nell'area della sua metropolia, ponendosi alla testa di quei vescovi che rifiuteranno le decisioni di Roma e dell'imperatore. Nel 557 infatti, in occasione dell'elezione del vescovo Paolino (557-569), il concilio provinciale convocato nella diocesi aquileiese decide di non accettare le decisioni del

concilio di Costantinopoli del 553240, dando così inizio al cosiddetto Scisma dei Tre Capitoli o

Scisma Tricapitolino241. Il concilio convocato dal vescovo Elia (570-586) nel 579 a Grado, dove

Paolino si era rifugiato dopo l'invasione dei Longobardi del 569 portando con sé i tesori della chiesa aquileiese e le reliquie dei martiri, ribadirà la piena adesione ai dettami del concilio di Calcedonia, intitolando alla santa calcedonese Eufemia la cattedrale di Grado. A questo concilio provinciale del 579 partecipano i vescovi di Oderzo, Teurnia, Altino, Cissa, Padova, Celeia, Concordia, Emona, Pola, Zuglio, Trieste, Parenzo, Agunto, Sabiona, Scarabanzia, Feltre, Pédena e Trento. L'elenco dei presuli partecipanti al concilio è per noi di estremo interesse come rilevante indicatore della effettiva area di influenza aquileiese nel VI secolo, così come l'elenco dei vescovi suffraganei della diocesi aquileiese che parteciparono al concilio di Marano del 590 (durante il quale venne condannato il vescovo di Ravenna Giovanni che aveva costretto il metropolita di Aquileia Severo all'abiura, e si riafferma la dottrina tricapitolina). Documento altrettanto importante, dal punto di vista delle definizione dei confini della metropolia, è la lettera inviata nel 591 all'imperatore Maurizio dai vescovi fedeli allo scisma per sostenere le proprie posizioni. Si delinea così una rete di 24 diocesi, prima che le convulse vicende dei decenni successivi modifichino gli assetti anche ecclesiastici soprattutto della zona alpina.

240 Riguardanti la condanna di tre autori (da cui dei tre capitoli), i cui scritti vennero considerati eretici in quanto

sospettati di nestorianesimo, In realtà si trattava di una manovra dell'imperatore per ingraziarsi i monofisiti che invece erano stati condannati nel concilio di Calcedonia del 451.