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Lettera di Ambrogio a Vigilio e sue implicazion

Capitolo 3, Il primo impianto cristiano (Periodo 3)

3.5 La cristianizzazione di Trento alla luce delle fonti scritte

3.5.3 Lettera di Ambrogio a Vigilio e sue implicazion

Il testo sicuramente più rilevante è la lettera che Ambrogio scrive a Vigilio in una data compresa tra il 381 (anno in cui sappiamo che il vescovo di Trento è Abundantius poiché, come già detto, partecipa al concilio di Aquileia) e il 397, anno della morte di Ambrogio191. La lettera di

Ambrogio nasce come risposta alla precisa richiesta da parte di Vigilio, come si evince dal testo192, di ricevere le institutionis insignia, le insegne della sua nuova carica, intese nel senso

giuridico e ufficiale del termine. Vigilio, probabilmente acclamato vescovo dal clero locale e dalla popolazione, chiede ad Ambrogio, la cui autorità di metropolita giunge quindi fino a

188 AMBROGIO, PL 16, coll. 916-939.

189 ROGGER 2000, pp. 480-481; ROGGER 2009, pp. 16-17. 190 CAVADA 2005, p. 242.

191 AMBROGIO, PL 16, coll. 982-994.

Trento, di riconoscere con un atto ufficiale la propria posizione nella gerarchia della Chiesa. Tale riconoscimento, quindi, si deve inserire in un ben preciso contesto giuridico e ufficiale senza risolversi soltanto in una generica approvazione di quanto accaduto: è proprio a questo livello formale che fa riferimento il termine tecnico institutionis insignia193. Ma, oltre a queste notazioni,

sono molto interessanti le raccomandazioni espresse direttamente da Ambrogio. Egli, innanzitutto, consiglia di evitare i matrimoni misti tra cristiani e pagani, considerati probabilmente un pericolo per il rischio di vedere riassorbita la comunità cristiana all'interno del paganesimo. Questa cautela appare come la spia di un cristianesimo ancora acerbo nel suo radicamento nel tessuto sociale della città, espressione di una comunità di fedeli ancora minoritaria, che sente l'urgente necessità di difendersi da un mondo in grado di metterne in pericolo la sopravvivenza194. Del resto anche la Passio, per quanto non possa essere utilizzata

come documento storico, ricorda come la città sia stata convertita da Vigilio stesso, confermandone quindi la paganità fino a quel momento. Le altre esortazioni riguardano l'invito ad evitare l'usura e ad assolvere all'obbligo dell'ospitalità, quest'ultima variamente intesa, o in senso letterale inquadrandola quindi nella categoria dell'obbligo etico per i romani e religioso per i cristiani, oppure riferita all'hospitalitatis munus che prevedeva il mantenimento delle truppe acquartierate195. Comunque, dalla natura delle direttive che impartisce appare chiaro

che Ambrogio si rivolge ad una comunità urbana, costituita probabilmente da possessores e commercianti, un ceto medio che vive una fase pionieristica cercando di fare convivere la cautela con il desiderio di affermazione. Le campagne soprattutto, dove la resistenza pagana non è quella colta e intellettuale del ceto dirigente urbano, sono uno spazio dove muoversi con estrema prudenza per non incorrere nella reazione anche violenta della popolazione decisa a difendere le proprie tradizioni. Anche i crinali e le valli meno accessibili, contraddistinte da un popolamento articolato su vici e pagi, a differenza delle aree più favorite dal punto di vista geomorfologico, come l'Alto Garda, la Val d'Adige o la Valsugana (dove invece prevale il modello romano delle ville sparse), costituiscono territori di frontiera in cui prevale un forte conservatorismo e la velocità di penetrazione di nuove istanze religiose si scontra con la ferma tutela delle proprie consuetudini196. Il cristianesimo si configura quindi in questa fase come

fenomeno enimentemente urbano, la ricerca archeologica ha infatti evidenziato come in Italia settentrionale non vi siano tracce di edifici religiosi in ambito extraurbano per tutto il IV secolo,

193 LIZZI 1989, p. 54.

194 ROGGER 2000 pp. 483-484; ROGGER 2009, pp. 19-20.

195 LIZZI 1989, p. 51. Sulla presenza di militaria nel territorio tra IV e V secolo vedi CAVADA 2002. 196 CAVADA 2000; CAVADA 2003, p. 173.

né d'altra parte le omelie dei vescovi di quest'area sembrano considerare una priorità l'evangelizzazione delle campagne. L'unico edificio che possa essere datato a questo periodo è quello di S. Canzian d'Isonzo, che però, per la sua vicinanza ad Aquileia, non può essere considerato di ambito propriamente rurale. Allo stesso modo sarebbe fuorviante considerare la Val di Non come un'area secondaria oggetto di tentativi di cristianizzazione ricalcati sul modello missionario, e sulla base di questo proporre delle generalizzazioni riguardanti il resto dell'Italia annonaria: se era sicuramente marginale dal punto di vista della penetrazione del messaggio cristiano, il concetto di marginalità va però stemperato considerandone il valore strategico all'interno della viabilità transalpina197. La scarsa permeabilità al cristianesimo

dell'area extraurbana trentina è però confermata dal dato archeologico, infatti prima del V-VI secolo non si registrano nella Val di Non resti consistenti di matrice chiaramente cristiana198,

mentre sono attestate ancora fino al IV-V secolo frequentazioni di aree votive dedicate ad antichi culti e divinità, nell'ambito di modalità sincretistiche di devozione, come nel sito dei Campi Neri a Cles, e in località Vallemporga vicino a Mechel, 3 Km a Sud di Cles199. Si tratta

purtroppo di situazioni che oggi difficilmente possiamo comprendere a pieno, tanto attraverso le fonti scritte (solitamente molto più interessate alle vicende delle élites urbane), che attraverso il dato archeologico. Episodi di fanatismo dovevano certamente registrarsi anche tra i missionari cristiani, che distruggendo idoli o templi rendevano i rapporti tra le comunità più difficoltosi, Agostino ad esempio ci informa che nel 399 a Suffetula, vicino a Cartagine, era stata abbattuta una statua di Ercole e che per questo sarebbero stati uccisi 60 cristiani200. Al

contrasto diretto, come quello che alla metà del IV secolo Simplicio, vescovo di Autun, ebbe con i devoti al culto di Cibele201, fanno da cornice posizioni più sfumate (è Agostino a dircelo)202

come quella dei cristiani che si rivolgono anche a divinità pagane per impetrare una grazia, dandoci così conferma di quanto debbano essere considerati labili, ancora alla fine del IV inizi del V secolo, i confini tra paganesimo e cristianità. Ugualmente Massimo di Torino203 si sdegna

della condotta di quei possessores che partecipano ai riti cristiani ma poi tollerano che i loro

197 CANTINO WATAGHIN 1997, alla nota 4; BROGIOLO, CANTINO WATAGHIN, GELICHI 1999.

198 CHISTÉ 1971; BUCHI 1980; CAVADA 1994. Situazione analoga si riscontra in Carnia, dove ancora nel IV scolo la

popolazione locale appare fortemente legata a culti tradizionali, come testimoniato dal santuario presente ad Invillino, dedicato a Saturno e ad altri culti della ferilità, attivo dal I secolo a.C. fino all'età tardoantica, vedi CAGNANA 2012, p. 49.

199 Vedi CAVADA 2000, p. 427.

200 AGOSTINO, Ep. 50, PL 33, vol. 1. Vd. QUACQUARELLI 1984. 201 GREGORIODI TOURS, Conf. 76, MGH t.1, 2, pp. 793-794. 202 AGOSTINO, In Ps. 62, 7, PL 36.

contadini pratichino culti pagani tradizionali, situazione, quella del paganesimo comunque diffuso e persistente in ambito rurale, che ritroviamo in molte omelie dei vescovi dell'Italia settentrionale204. Infine la biografia di San Severino scritta da Eugippio205, al di là del chiaro

intento apologetico del testo, ci ricorda come ancora alla metà del V secolo nel Norico ci fossero abitanti che, pur frequentando le riunioni cristiane, privatamente eseguivano sacrifici pagani.