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BBS Behavior Based Safety

BBS significa Behavior Based Safety, il nome di un protocollo per il miglioramen- to della sicurezza in azienda basato sullo studio e modifica del comportamento umano. Il comportamento umano è studiato da tantissimi anni e le sue leggi sono state individuate da SKINNER a partire dal 1938. Behavior Based Safety le applica al miglioramento della sicurezza. Le stesse leggi del comportamento sono applicate in altri contesti per migliorare la formazione, il management ecc. Behavior Based Safety è oggi applicato in tutto il mondo da oltre 35 anni, e delle sue applicazioni sono ormai disponibili vari articoli scientifici e libri che riassumono un patrimonio di esperienze e risultati positivi notevole. Le scienza del comportamento e, in particolare, la disciplina denominata Behavior Analysis hanno dimostrato, attraverso migliaia di esperimenti ripetuti, che il comporta- mento umano, incluso il comportamento di sicurezza, è evocato dagli stimoli che lo precedono (per esempio, un cartello di divieto o un segnale d’allarme) ma è aumentato o inibito dagli stimoli che si presentano immediatamente dopo la sua emissione (per esempio, il plauso o lo scherno dei colleghi, il fastidio generato dal casco). In altre parole, si è scoperto, che il comportamento è funzione delle sue conseguenze e del modo in cui queste sono strutturate. Ad oggi, il meto- do più efficace sembra essere quello dove i comportamenti essenziali legati alla sicurezza sono identificati basandosi sulla precedente esperienza dei lavoratori, questi comportamenti sono sistematicamente misurati attraverso osservazioni seguite da feedback, incrementando la probabilità che quei comportamenti si svolgeranno in maniera sicura. Il metodo BBS più efficace vede come obiettivi:

• avvio di un processo mirato al miglioramento continuo del sistema sicu- rezza;

• riduzione degli incidenti e infortuni e mantenimento dei risultati nel tempo; • l’attività mirata alla sicurezza non va delegata ma va istituita una colla-

borazione attiva tra tutte le funzioni aziendali;

• l’attività non deve essere impostata sul controllo e sulla colpevolizzazio- ne del singolo (osservazione e non vigilanza sui comportamenti) ma sulla collaborazione e sui feedback (analisi a ritroso dei fattori comportamentali al fine di evidenziarne le componenti positive e discutere sulle motivazioni che hanno indotto alle negative al fine di correggerle);

• tutto deve essere basato sui comportamenti umani relativi in modo preven- tivo (pro-attivo) per tutti i componenti aziendali, a tutti i livelli gerarchici in quanto ogni figura ha una responsabilità connessa a dei poteri i quali sono condizionati dai comportamenti del soggetto che li gestisce; si deve puntare sullo sviluppo delle risorse interne;

• l’analisi dei comportamenti bisognosi di essere corretti deve essere socia- lizzata, le soluzioni devono essere gestite in modo collettivo e non lasciate a decisioni individuali (l’esperienza di tutti contribuisce a perfezionare le soluzioni altrimenti limitate all’esperienza del singolo);

• deve iniziare un processo di colloquio spontaneo e continuo al fine di so- cializzare le esperienze individuali; il miglioramento continuo deve essere basato anche sull’evoluzione della percezione del lavoro;

• il processo deve essere applicabile, generale, partecipato, continuo, credi- bile, coinvolgente e stimolante, appoggiato e stimolato dalla direzione; • ognuno si deve investire in prima persona, secondo capacità e responsabi-

lità individuali, al fine di far funzionare il sistema.

Le fasi per l’implementazione di un processo di sicurezza basato sui compor- tamenti si articola nelle seguenti fasi:

• analisi documentale degli infortuni e catalogazione dei comportamenti e/o condizioni in cui questi si sono verificati;

• stesura di un questionario e conduzione di interviste sugli incidenti occorsi e alle prassi di sicurezza in atto;

• costituzione dei gruppi di lavoro (composti da varie funzioni aziendali e sindacali)

• presentazione del progetto a tutto il personale dell’impresa (dirigenti, qua- dri intermedi, tecnici e operai);

• identificazione dei comportamenti alla base degli infortuni più frequenti e di quelli più gravi;

• costruzione di elenchi di comportamenti ad hoc per i diversi reparti e/o tipi di lavorazione, da usare nel processo di sicurezza comportamentale che si sta costituendo;

• costituzione di un gruppo di attuazione, per la supervisione e il monito- raggio del processo di sicurezza basato sui comportamenti;

• costituzione di gruppi di osservatori, di solito composto su base volontaria, principalmente dagli stessi lavoratori;

• training sulle tecniche di osservazione • assessment a tutti gli osservatori;

• training sulle tecniche di leadership/feedback a tutti gli osservatori; • assessment (osservazione e registrazione comportamentale) dei comporta-

menti di sicurezza sul campo, effettuato di solito con campionamento a tempo (time sampling);

• analisi funzionale dei comportamenti di sicurezza rilevati (individuazione degli antecedenti in atto e delle conseguenze responsabili dei comporta- menti a rischio oltre che di quelli sicuri);

• realizzazione di schemi di rinforzo per lo sviluppo e il mantenimento dei comportamenti sicuri;

• analisi dei risultati e messa a punto delle liste di osservazione e degli schemi di rinforzo, riunioni e feedback;

• messa in atto degli schemi intermittenti di rinforzo dei comportamenti e di strategie per il mantenimento del processo di sicurezza comportamentale nel tempo.

Poichè le cause di infortunio possono essere suddivise in tre categorie fonda- mentali, quali:

1. legate ai lavoratori, intendendo l’individuo, il comportamento dell’indivi- duo, l’errore umano, cose che derivano dalla persona e fanno parte di un concetto di fatalità;

2. struttura, nella quale includeremo la manutenzione, dispositivi, progetta- zione e così via, e le cause vanno ricercate esclusivamente nelle carenze tecnico-strutturali;

Figura 1.7: BBS Behavior Based Safety

3. legate a comportamenti umani che fanno parte di una catena operativa composta di persone, chi progetta, chi utilizza e chi paga, dove il disequili- brio in una sola di queste fasi porta all’infortunio dell’utilizzatore (lavora- tore). La negatività non deve colpevolizzare l’individuo che l’ha generata o l’ha vissuta ma deve attivare un sistema virtuoso dove l’elemento ne- gativo è diffuso quale elemento di conoscenza da condividere e l’elemento positivo, quale base per lo sviluppo delle migliorie.

E’ di fondamentale importanza il processo di formazione a cui sottoporre il personale.

A tale proposito è necessario citare l’Accordo Stato-Regione.

Accordo Stato-Regioni 22 febbraio 2012 sulle attrezzature

di lavoro

L’ accordo costituisce l’attuazione dell’articolo 73, comma 5 del D.Lgs. n. 81/2008, ove si demanda alla Conferenza Stato, Regioni e Province autonome l’individua- zione delle attrezzature di lavoro per te quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, ivi compresi i soggetti di cui all’articolo 21, comma 1 del D.Lgs. n. 81/2008, e delle modalità per il riconoscimento di tale abilitazione nonché la individuazione dei soggetti formatori, della durata, degli indirizzi e dei requisiti minimi di validità della formazione. La partecipazione ai suddetti corsi, secondo quanto disposto dall’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/2008, deve avvenire in orario di lavoro e non può comportare oneri economici per i lavoratori. La formazione di seguito prevista, essendo formazione specifica, non è sostitutiva della forma- zione obbligatoria spettante comunque a tutti i lavoratori e realizzata ai sensi

dall’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/2008. La durata ed i contenuti della formazione sono da considerarsi minimi.

I principali argomenti trattati nel sopracitato accordo sono i seguenti: a) Attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione

degli operatori (articolo 73, comma 5 del D.Lgs. n. 81/2008); • Piattaforme di lavoro mobili elevabili,

• Gru a torre, • Gru mobile,

• Gru per autocarro,

• Carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo, • Trattori agricoli o forestali,

• Macchine movimento terra, • Pompa per calcestruzzo.

b) Soggetti formatori, durata, indirizzi e requisiti minimi dei corsi di forma- zione teorico-pratica per lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all’articolo 71, comma 7 (articolo 73, comma 5 del D.Lgs. n. 81/2008)

1. Individuazione dei soggetti formatori e sistema di accreditamento

• le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, anche me- diante le proprie strutture tecniche operanti nel settore della preven- zione (Aziende Sanitarie Locali, ecc.) e della formazione professionale, • il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mediante il personale

tecnico impegnato in attività del settore della sicurezza sul lavoro, • l’INAIL,

• le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori nel settore di impiego delle attrezzature di cui ai presente accordo oggetto della formazione, anche tramite le loro società di servizi prevalentemente o totalmente partecipate,

• gli ordini o collegi professionali cui afferiscono i soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 98 del D.Lgs. n. 81/2008, nonché le associazioni di professionisti senza scopo di lucro, riconosciute dai rispettivi ordini o collegi professionali di cui sopra,

• le aziende produttrici/distributrici/noleggiatrici/utilizzatrici (queste ultime limitatamente ai loro lavoratori) di attrezzature di cui al pre- sente accordo oggetto della formazione, organizzate per la formazione e accreditate in conformità al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data

20 marzo 2008 e pubblicata su GURI del 23 gennaio 2009 e in deroga alla esclusione dall’accreditamento prevista dalla medesima intesa, • i soggetti formatori con esperienza documentata, almeno triennale

alla data di entrata in vigore del presente accordo, nella formazione per le specifiche attrezzature oggetto del presente accordo accreditati in conformità al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008 e pubblicata su GURI del 23 gennaio 2009,

• i soggetti formatori, con esperienza documentata di almeno sei anni nella formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, accreditati in conformità al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008 e pubblicata su GURI del 23 gennaio 2009,

• gli enti bilaterali, quali definiti all’articolo 2, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e successive modifiche e integrazioni, e gli organismi paritetici quali definiti all’articolo 2, comma 1, lettera ee), del D.Lgs. n. 81/2008 e per lo svolgimento delle funzioni di cui all’articolo 51 del D.Lgs. n. 81/2008, entrambi istituiti nei settore di impiego delle attrezzature oggetto della formazione,

• le scuole edili costituite nell’ambito degli organismi paritetici di cui alla lettera i).

2. Individuazione e requisiti dei docenti: Le docenze verranno effettuate, con riferimento ai diversi argomenti, da personale con esperienza documenta- ta, almeno triennale, sia nel settore della formazione sia nel settore della prevenzione, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e da personale con espe- rienza professionale pratica, documentata, almeno triennale, nelle tecniche dell’utilizzazione delle attrezzature di che trattasi. Le docenze possono es- sere effettuate anche da personale interno alle aziende utilizzatrici di cui al punto 1.1, lettera f), in possesso dei requisiti sopra richiamati;

3. Indirizzi e requisiti minimi dei corsi; • Organizzazione,

• Articolazione del percorso formativo, • Metodologia didattica.

4. Programma dei corsi; 5. Attestazione;

6. Durata della validità dell’abilitazione ed aggiornamento; 7. Registrazione sul libretto formativo del cittadino;

8. Documentazione;

9. Riconoscimento della formazione pregressa; 10. Buone prassi;

11. Monitoraggio attività formative e aggiornamento dell’accordo;

12. Norma transitoria: I lavoratori che alla data di entrata in vigore del pre- sente accordo sono incaricati dell’uso delle attrezzature di cui al presente accordo, devono effettuare i corsi di che trattasi entro 24 mesi dall’entrata in vigore del presente accordo;

Capitolo 2

Il caso Codyeco.SpA

2.1

Contesto

L’azienda Codyeco.SpA viene fondata nel 1976 a Santa Croce Sull’Arno e si configura come una piccola azienda a conduzione familiare. Il compito principale dell’azienda è la produzione ed il commercio di prodotti chimici per qualsiasi tipo di industria ed attività affini, ad oggi l’azienda si è specializzata nel settore dei coloranti e degli ausiliari per l’industria conciaria. La Codyeco.SpA si estende su tutto il territorio italiano, ha sede centrale in toscana in località Santa Croce Sull’Arno (PI) ed ha due filiali situate nei più importanti poli conciari italiani ovvero in Veneto località Arzignano (VI) ed in campania presso Solofra (AV).

Figura 2.1: Stabilimenti Codyeco.SpA sul territorio italiano

Il recente passato di Codyeco.SpA è particolarmente interessante poiché negli anni 2007-2008 l’azienda è stata caratterizzata da importanti cambiamenti quali: il processo di fusione mediante incorporazione delle aziende Tanextra Italia.Srl sita in località Santa Croce Sull’Arno (PI) e specializzata nella produzione di

prodotti chimici e preparati chimici e Chemit.Srl sita in località Cerbaia, Al- topascio (LU), anch’essa specializzata nella produzione di prodotti chimici per l’industria conciaria.

Il contesto che ne derivava, quindi, era quello tipico della PMI italiana;1 ovvero

un’azienda caratterizzata da strutture organizzative semplici e poco formalizzate in termini di esplicitazione delle funzioni aziendali, dei ruoli e delle responsabi- lità; anche i meccanismi operativi, spesso, erano scarsamente strutturati con conoscenze relative alle routine e alle procedure di azione in gran parte tacite e non codificate.

L’evoluzione repentina che ha subito l’azienda in questi ultimi anni ha por- tato a degli stravolgimenti interni in ogni ambito da quello amministrativo a quello organizzativo, produttivo e della logistica. L’aumento delle dimensioni e l’integrazione delle altre due aziende, ha portato ad una stratificazione della documentazione aziendale e dei processi operativi, che ne hanno complicato, in misura sempre maggiore, la gestione complessiva. Nel 2013, però gli scenari si sono evoluti, con la nomina di amministratore delegato conferita a César W. Knebel, l’azienda ha iniziato una fase di cambiamento, l’ottica è quella del mi- glioramento continuo, una gestione più strutturata in termini di tempi e costi e dell’espansione verso mercati non solo italiani.

«E debbasi considerare come non è cosa più difficile a trattare, né più dubia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi a capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene...»

Niccolò Machiavelli, Il Principe

Sono state molteplici le problematiche derivate. Si è dato il via a quello che in letteratura viene chiamato processo di “Change management” ovvero un approc- cio strutturato al cambiamento negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società che rende possibile (e/o pilota) la transizione da un assetto corrente ad un futuro assetto desiderato. Questo processo coinvolge le strutture organiz- zative e produttive diverse, culture “lavorative” differenti, sistemi informativi e “linguaggi” difformi.

Il processo di Change Management si trova all’incrocio di persone, processi e la cultura di un’organizzazione, spesso costruita su un fondamento di tecnologia. Qualcosa di simile a ciò che è rappresentato in figura 2.2

1Ad oggi l’99,9% delle PMI italiane è a conduzione familiare (SBA 2013) e da un punto di

vista organizzativo, non solo è posseduta da una singola famiglia, ma anche la gestione orga- nizzativa della stessa è demandata a membri della famiglia, relegando al più a ruoli secondari alcuni dirigenti esterni alla famiglia. L’imprenditoria italiana, secondo le statistiche Istat del 2011-2012, risente di un forte calo dei giovani che si avvicinano all’ambito imprenditoriale tra i 25 e i 40 anni. Di contro, invece, si è registrato un consolidamento della classe imprenditoriale italiana over 70.

Figura 2.2: Change Management nell’organizzazione

I principi di fondo su cui si basa il metodo sono i seguenti: • capire dove l’organizzazione è attualmente;

• definire chiaramente gli obiettivi finali di un progetto di change manage- ment;

• individuare le eventuali problematiche, sia interne che esterne, che potreb- bero influenzare il progetto;

• coinvolgere le parti interessate al progetto fin dall’inizio, fare squadra; • definire e raggiungere un accordo sui metodi che saranno utilizzati per

raggiungere gli obiettivi finali;

• creare urgenza che riflette il valore di business e l’importanza del progetto; • rintracciare i parametri di riferimento e misurare i progressi e il successo

finale (o meno) del progetto;

• suddividere il progetto in fasi gestibili e misurabili; • far notare i successi a breve termine e pubblicizzarli;

• coinvolgere gli stakeholder influenti (non solo il management, ma tutto il personale) ed ottenere il loro sostegno;

• incentivare la comunicazione, la trasparenza è fondamentale in questo processo;

• fare si che il cambiamento diventi parte della cultura in corso.

Il processo di cambiamento non viene realizzato in un momento unico, si tratta di un processo continuo e la gestione di tale cambiamento richiede sforzi e investimenti continui. Uno dei modelli più noti per la messa a punto di un programma di Change Management è rappresentato dal modello ADKAR che è stato sviluppato da Prosci2in seguito alla collaborazione di più di 1000 aziende di

59 paesi diversi. Il modello individua i cinque principi fondamentali da utilizzare per la costruzione di un programma di Change Management:

• Awareness [consapevolezza] – spiegare perché è necessario cambiare • Desire [desiderio/determinazione] – attivare l’adesione proattiva delle per-

sone coinvolte

• Knowledge [conoscenza (pratica)]– come attuare il cambiamento • Ability [attitudine] – costruire i nuovi profili e i nuovi comportamenti • Reinforcement [sostegno] – sostenere/consolidare il cambiamento

Tale strumento è utile per verificare la copertura da parte della iniziativa di Change Management di tutti i principi fondamentali del programma.

Codyeco ha quindi compreso a fondo le sue potenzialità ed ha deciso di andare

oltre le problematiche derivanti dall’inerzia che portano il personale a identificar- si con il nome di appartenenza della vecchia azienda piuttosto che considerarsi parte integrante di un unico grande gruppo Codyeco. Lo staff esecutivo ha, per- tanto, deciso di revisionale tutto il sistema gestionale esistente con lo scopo di uniformarsi ad uno standard unico ed internazionale, da qui nasce l’idea di fondo del progetto.