• Non ci sono risultati.

Figura 4.3: Modello di calcolo del limite di peso raccomandato

Per ciascun elemento di rischio fondamentale, sono indicati dei valori quanti- tativi (qualitativi nel caso del giudizio sulla presa) che l’elemento può assumere, ed in corrispondenza viene fornito il relativo fattore demoltiplicativo da utiliz- zare. Il peso limite iniziale (CP), viene moltiplicato successivamente per i vari fattori

e ridotto fino ad ottenere il peso limite raccomandato per quell’azione di solle- vamento.

I carichi limite utilizzati per il calcolo e i fattori di cui si è tenuto conto sono riportati nelle tabelle seguenti:

ETA’ MASCHI FEMMINE

>18 anni 25 15

Tabella 4.3: Costante di peso

ALTEZZA (cm) 0 25 50 75 100 125 150 175

FATTORE 0.78 0.85 0.93 1.00 0.93 0.85 0.78 0.00

Tabella 4.4: (A) - Altezza da terra delle mani all’inizio del sollevamento

DISLOCAZIONE (cm) 25 30 40 50 70 100 170 >170

FATTORE 1.00 0.97 0.93 0.91 0.88 0.87 0.85 0.00

Tabella 4.5: (B) - Dislocazione verticale del peso fra inizio e fine del sollevamento

DISLOCAZIONE (cm) 25 30 40 50 55 60 >63

FATTORE 1.00 0.83 0.63 0.50 0.45 0.42 0.00

Tabella 4.6: (C) - Dislocazione orizzontale tra le mani e il punto di mezzo delle caviglie

DISLOCAZIONE () 0◦ 306090120135>135

FATTORE 1.00 0.90 0.81 0.71 0.62 0.57 0.00

Tabella 4.7: (D) - Angolo di asimmetria del peso (in gradi)

GIUDIZIO BUONO SCARSO

FATTORE 1.00 0.90

Tabella 4.8: (E) - Giudizio sulla presa del carico

Applicando la procedura a tutti gli elementi considerati si può pervenire a determinare il limite di peso raccomandato in ciascun contesto esaminato. Il passo successivo consiste nel calcolare il rapporto tra peso effettivamente sol- levato (numeratore) e peso limite raccomandato (denominatore) per ottenere un

FREQUENZA 0.20 1 4 6 9 12 > 15

CONTINUO (1 ora) 1.00 0.94 0.84 0.75 0.52 0.37 0.00

CONTINUO (1- 2 ore) 0.95 0.88 0.72 0.50 0.30 0.21 0.00

CONTINUO (2- 8 ore) 0.85 0.75 0.45 0.27 0.15 0.00 0.00

Tabella 4.9: (F) - Frequenza dei gesti (n. atti al minuto) in relazione alla durata

indicatore sintetico del rischio.

Lo stesso è minimo per valori tendenzialmente inferiori a 1; è al contrario presen- te per valori tendenzialmente superiori ad 1; tanto più è altro il valore dell’indice, tanto maggiore è il rischio.

Va comunque precisato che la procedura di calcolo del limite di peso racco- mandato è applicabile quando ricorrono le seguenti condizioni:

• sollevamento di carichi svolto in posizione in piedi (non seduta o inginoc- chiata) in spazi non ristetti;

• sollevamento di carichi eseguito con due mani;

• altre attività di movimentazione manuale (trasporto, spingere o tirare) minimali;

• adeguata frizione tra piedi (suola) e pavimento (coeff. di frizione statica > 0,4);

• gesti di sollevamento eseguiti in modo non brusco;

• carico non esattamente freddo, caldo, contaminato o con il contenuto instabile;

• condizioni microclimatiche favorevoli.

Per il calcolo reale, anziché i fattori analizzati, vengono utilizzate le rispettive formule matematiche, in quanto le situazioni reali spesso non coincidono con quelle elencate nelle tabelle. Le relazioni matematiche per il calcolo dei fattori relativi agli schemi precedenti vengono così riassunte:

ETA’ MASCHI FEMMINE

>18 anni 25 15

Fattore altezza (A) = 1 − (0.003 − |V − 75) V = altezza delle mani da terra (cm) Fattore di dislocazio- ne (B) = 0.82 + (4.5/X) X = dislocazione verti- cale (cm) Fattore orizzontale (C) = 25/H H = distanza orizzonta- le tra corpo e centro del carico (cm)

Fattore di asimme-

tria (D) = 1 − (0.0032y)

y = angolo di asimme- tria (gradi)

Fattore presa (E) Qualitativo Buono = 1; Scarso = 0.9

Tabella 4.11: Equazioni adoperate per il calcolo dei fattori

Frequenza Azioni /min ≤8 ore (lun- ga) ≤2 ore (me- dia) ≤1 ora (bre- ve) 0.2 0.85 0.95 1.00 0.5 0.81 0.92 0.97 1 0.75 0.68 0.94 2 0.65 0.34 0.91 3 0.55 0.79 0.88 4 0.45 0.72 0.84 5 0.35 0.60 0.80 6 0.27 0.50 0.75 7 0.22 0.42 0.70 8 0.18 0.35 0.60 9 0.15 0.30 0.52 10 0.13 0.26 0.45 11 0.00 0.23 0.41 12 0.00 0.21 0.37 13 0.00 0.00 0.34 14 0.00 0.00 0.31 15 0.00 0.00 0.28 >15 0.00 0.00 0.00

Tabella 4.12: Fattori adoperati per il calcolo della frequenza dei gesti (F)

La presente modalità di stima del rischio risulta protettiva (partendo da 23 Kg) per il 99% dei maschi adulti sani e per una percentuale variabile tra il 75 e il 90% delle femmine adulte sane.

Casi particolari. Ulteriori fattori demoltiplicativi e limiti devono essere previsti nei seguenti (Tab. 4.13):

Attività Ulteriore fattore di demoltiplicazione

Sollevamento eseguito con un solo

arto 0.60

Sollevamento eseguito da due perso- ne

0.85 (considerando però come peso sollevato il 50% del peso totale)

Sollevamenti eseguiti in posizione

seduta od obbligata il limite è 5 kg ogni 5 minuti

Tabella 4.13: Casi particolari

Individuazione degli indicatori di rischio e delle azioni conseguenti

Quale indicatore sintetico di rischio è stato considerato, tenendo comunque con- to delle diverse azioni di movimentazione, il rapporto tra il peso effettivamente sollevato ed il peso raccomandato.

P eso Ef f ettivamente Sollevato

P eso Raccomandato = Indice Sintetico Di Rischio (4.2)

Sulla base del valore dell’indicatore così ottenuto è possibile individuare i necessari interventi (tabella 4.15).

La suddivisione dei valori degli indici in fasce di valori deve essere intesa come indicazione delle priorità di attuazione degli interventi idonei a riportare indici quanto più possibile al di sotto del valore 1.

Considerando inoltre che l’indice può assumere valori superiore a 1 anche per ca- richi inferiori ai limiti 15 kg e 25 kg, è fondamentale provvedere alla formazione di tutti i lavoratori potenzialmente esposti al rischio derivante dalla movimen- tazione manuale dei carichi prescindendo dallo loro entità.

INDICATORE INTERVENTI

I ≤ 0,75 la situazione è accettabile e non è

richiesto alcuno specifico intervento.

0,75 < I ≤ 1

la situazione si avvicina ai limiti e per- tanto occorrono cautele anche se non è necessario uno specifico intervento. E’ consigliabile adottare interventi struttu- rali ed organizzativi quali la formazione, la sorveglianza sanitaria del personale, la riduzione del peso dei carichi.

1 < I ≤ 3

la situazione può comportare un signi- ficativo rischio per gli operatori. Occor- re programmare gli interventi, attivare la sorveglianza sanitaria e predisporre specifica formazione.

I > 3 la situazione richiede interventi tecnici,

Tabella 4.15: Interventi richiesti in funzione del valore dell’indicatore

Rischio chimico

La valutazione mira all’identificazione della pericolosità di una sostanza, ottenu- ta dal complesso delle informazioni disponibili ed in particolare da quelle inerenti la pericolosità intrinseca della stessa, ovvero la capacità di indurre effetti nocivi. Tali informazioni sono date dalle proprietà pericolose distinte in:

• proprietà di reattività (esplosività, infiammabilità, corrosività..).

Informazioni aggiuntive utili alla previsione delle possibili esposizioni sono le caratteristiche chimico-fisiche quali:

– Punto di ebollizione; – Densità;

– Solubilità;

– Tensione di vapore;

– Coefficienti di ripartizione tra i vari comparti ambientali; – Incompatibilità con altre sostanza chimiche.

La maggioranza di queste informazioni sono ricavate dalle schede di sicu- rezza dei prodotti e, qualora insufficienti ad un inquadramento esaurien- te delle loro caratteristiche di pericolosità e/o tossicità, dalla letteratura chimica (NIOSH-IARC).

• proprietà tossicologiche (tossicità acuta, subcronica o cronica, mutageni- cità, cancerogenità, relazioni dose-risposta, dati epidemiologici) e i Limiti di esposizione professionale, ove presenti.

Le proprietà tossicologiche determinano i rischi per la salute.

Schede di sicurezza ed etichettatura. Al fine di stabile, a livello mondiale, dei criteri unici per la classificazione e la comunicazione del rischio durante il trasporto dei prodotti chimici, che si esprime attraverso l’etichetta e la scheda

di sicurezza, a partire dal 2003 è iniziato l’iter, a livello globale, per la redazione

del GHS, ovvero Globally Harmonized System of Classification and Labelling of Chemicals. A livello mondiale le Autorità competenti di ciascun paese sono libere di applicare i diversi elementi del GHS in base alle specifiche necessità e al tipo di destinatari.

In Europa il sistema GHS è stato adottato attraverso il Regolamento CLP (Clas- sification Labelling and Packaging of chemicals) ed è entrato in vigore il 20 Gen- naio 2009. Tale Regolamento si applica alle sostanze chimiche e le miscele.

Il Regolamento distingue 4 tipologie di pericolo: pericoli fisici, per la salute, per l’ambiente e per lo strato di ozono.

Ogni tipologia prevede la suddivisione in classi (rispettivamente 16 per i pericoli fisici, 10 per quelli per la salute, 1 per l’ambiente e 1 per lo strato di ozono). A sua volta ogni classe si suddivide in categorie (variabili da 1 a 6 per ogni classe).

Ad ogni classe-categoria è associato in maniera univoca: un pittogramma (nove simboli dentro losanga a fondo bianco con bordo rosso), un’avvertenza (Pericolo o Attenzione), una indicazione di pericolo(frasi caratterizzate dalla lettera “H” seguita da 3 cifre) e consigli di prudenza (lettera “P” con 3 cifre) distinti in cifre generali (cifre a partire dal 100), prudenza-prevenzione (cifre a partire dal 200), prudenza-reazione (cifre a partire dal 300), prudenza-conservazione (cifre a partire dal 400) e prudenza-smatimento (a partire dal 500).

Definizione dei criteri procedurali e stima dei rischi. La valutazione del rischio chimico è avvenuta prendendo in considerazione:

• il livello, il tipo e la durata dell’esposizione; • le circostanze in cui viene svolto il lavoro;

• la comparazione con i Valori limite di esposizione professionale o i Valori limite biologici (Allegato XXXVIII e XXXIX del D.Lgs. n.81/08);

• le misure preventive e protettive adottate o da adottare;

• se disponibili le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sani- taria già intraprese.

Nella valutazione si è distinto tra:

• rischi inerenti la salute dovuti alla sola presenza di agenti chimici che, anche se non manipolati, presentano un elevato grado di pericolosità per le loro caratteristiche chimico-fisiche (secondo il Regolamento CLP sono compresi nelle classi relative ai pericoli fisici quali: infiammabili, pirofori- ci, comburenti, corrosivi, etc..). Tali rischi sono stati valutati andando a calcolare probabilità di accadimento e magnitudo del danno; • rischi nei confronti della salute dovuti alla manipolazione o produzione

di agenti chimici pericolosi (secondo il Regolamento CLP quelli compresi nelle classi relative ai pericoli per la salute ovvero i tossici, irritanti , sen- sibilizzanti, etc.. con particolare attenzione all’eventuale presenza di can- cerogeni, mutageni o tossici per il ciclo produttivo) o dovuti all’assenza di dispositivi di protezione collettiva. Tali rischi sono stati stimati ricorrendo all’individuazione di:

– indice di pericolo: scaturito dall’analisi qualitativa delle caratteri-

– indice di tempo: deriva dalla valutazione della durata dell’esposi-

zione e della frequenza di utilizzo;

– indice di esposizione potenziale: derivante dalla combinazione dei

due indici precedenti.

Risk Assessment

L’approccio che è stato adoperato nella valutazione del rischio è di tipo semi- quantitativo ovvero basato su un’analisi quantitativa, in cui il rischio è R=f(P,M) dove P indica la probabilità di accadimento ed M indica la magnitudo del danno. I dati necessari a condurre l’analisi sono quelli rilevati al momento dell’indagine ed i parametri di confronto sono quelli che prescrivono le norme tecniche, dipen- denti sempre dalla probabilità di accadimento e del danno conseguente.

Dall’analisi della documentazione aziendale è emerso che la scala adoperata nella valutazione effettuata in precedenza non è abbastanza sensibile pertanto si è deciso di modificarla.

I valori della Magnitudo del Danno sono modulati mediante una scala di valori da 1 a 4 in funzione della severità delle conseguenze originate dall’evento lesivo.

I valori della Probabilità di Accadimento sono modulati mediante una scala di valori da 1 a 4 in funzione della frequenza potenziale dell’evento lesivo.

Nelle tabelle di seguito è possibile osservare la classificazione adoperata.

Valore Livello di Danno Definizione/Criteri

1 Nullo/Trascurabile Lesioni e/o disturbi rapidamente reversibili

2 Medio Lesioni e/o disturbi guaribili

3 Significativo Lesioni o patologie permanenti

4 Grave Infortuni o patologie con effetti letali

Tabella 4.16: Magnitudo del danno

Valore Livello di Danno Definizione/Criteri

1 Nullo/Trascurabile Episodio di esposizione e/o even- to lesivo non ipotizzabile - neces- saria la concomitanza di più even- ti indipendenti perché il danno si manifesti

2 Improbabile Probabilità che il danno si mani- festi è molto ridotta – noti rari ca- si di danno a seguito delle cause in oggetto

3 Probabile Esiste una buona probabilità che il danno si manifesti – la cor- relazione causa-effetto oggetto di valutazione è evidente

4 Molto probabile Il danno si manifesta sempre con altissima probabilità – correlazio- ne causa-effetto indiscutibile – si- tuazione osservata porterà in bre- ve tempo al manifestarsi del dan- no in oggetto se non si prendono provvedimenti correttivi

Tabella 4.17: Probabilità di accadimento (P)

Il rischio associato ad un evento può essere espresso come:

R = P x M (4.3)

La matrice seguente riporta i valori del Rischio e ne definisce quattro classi in relazione ai valori del Rischio stesso.

Ciascun valore di rischio individuato è stato classificato secondo quanto segue:

• Rischio Nullo/Trascurabile (N/T) : non sussiste alcun rischio asso- ciato al pericolo identificato - ovvero il possibile danno è trascurabile; • Rischio Basso (B): rischio potenziale limitato e cioè tale da non destare

preoccupazioni;

• Rischio Moderato (M): questo rischio desta preoccupazione e deve es- sere eliminato o ridotto al massimo grado; qualora non sia possibile elimi- narlo ma può essere solo ridotto parzialmente, il rischio residuo è tale da poter essere accettato;

• Rischio Elevato (E):tale rischio, se non può essere eliminato o ridotto, non è accettabile e quindi la condizione lavorativa ad esso associata non può sussistere ed deve essere eliminata.

A questo punto sono stati calcolati i valori dei rischi presente in ciascuna fase dei processi e delle procedure oggetto di analisi e si è giunti alla seguente conclusione:

Figura 4.4: Matrice di valutazione dei rischi

• Tutte le attività relative ai processi amministrativi sono caratterizzate da rischio nullo ovvero non sussiste alcun rischio associato al pericolo identificato e il possibile danno è trascurabile;

• Alcune fasi dei processi operativi ovvero quelli svolti prevalentemente nei laboratori (per quel che concerne il prelievo campione e l’analisi dello stes- so) e nei magazzini (carico/scarico merce) sono caratterizzati da rischio basso; si tratta quindi di un rischio potenziale limitato e cioè tale da non destare preoccupazioni;

• Alcune fasi relative ai processi produttivi delle due divisioni quali quelle relative al carico e scarico prodotto dal reattore chimico e alla pulizia del reattore stesso sono caratterizzate da rischio con valore pari a 9 ovvero danno che potrebbe provocare lesioni permanenti e con buona probabilità che si manifesti.

4.3

Risk Treatment

Il processo di trattamento del rischio mira all’analisi di ciascuna opzione di trattamento del rischio stesso (o combinazione di opzioni) al fine di raggiungere un livello tollerabile di rischio residuo. Questo processo consente, inoltre, di selezionare ed implementare delle opzioni per il trattamento del rischio e di misurare l’efficacia di ciascuna opzione selezionata.

Le tecniche di trattamento del rischio non sono mutamente esclusive, e per la gestione di molti rischi è richiesta la combinazione di più tecniche.

Una volta definite le priorità di ciascun rischio bisogna individuare le tecniche da implementare.

Va tenuto presente che i rischi possono modificarsi sulla base di cambiamenti che possono avvenire nell’organizzazione stessa, sulla base di fattori ambientali, condizioni economiche o variazioni legate ad aspetti legali e normativi.

Definizione delle priorità di intervento

In questa prima fase ci si occupa di classificare i rischi in base alla loro priorità. Partendo dalla valutazione numerica del Livello di Rischio “R” (Fig. 4.4) si giunge alla definizione di una scala di priorità da seguire per rintracciare le risposte ai rischi:

Rischio Azione Priorità

R≥ 12 Azioni correttive indilazionabili Priorità 1 8 ≤ R < 12 Azioni correttive necessarie da programmare con

urgenza Priorità 2

4 ≤ R < 8 Azioni correttive e/o migliorative da program-

mare nel breve medio termine Priorità 3

1 ≤ R < 4 Azioni migliorative da programmare non richie-

denti un intervento immediato Priorità 4

Tabella 4.18: Tabella delle priorità

Tutto ciò permette di individuare una corrispondente scala di priorità degli interventi “ Pi ” da attuare o porre in essere al fine di ridurre in modo sensibile il livello di rischio.

P1

Elevatissima Priori- tà (interventi imme- diati)

Non conformità che implica la sussistenza di una condizione di rischio grave ed imminente per i lavoratori. Le non conformità classificate co- me P1 richiedono interventi urgenti poiché oltre a creare i presupposti per l’accadimento di un possibile infortunio prefigurano per il Datore di Lavoro sanzioni penali di carattere detentivo o pecuniario.

P2 Alta Priorità (un mese)

Non conformità che implica la sussistenza di una condizione di rischio grave ma non imminente per i lavoratori, e che potrebbe causare danni con un elevato grado di inabilità o determinare patologie dagli effetti invalidanti permanenti. Le non conformità classificate come P2 richiedono interventi a medio termine poiché configurano condizioni di pericolo e/o violazioni alle norme di sicurezza con conseguente responsabilità del Datore di Lavoro sanzionabili penalmente.

P3 Media Priorità (tre mesi)

Non conformità di carattere tecni- co/documentale derivante dall’aggiornamento e/o dall’evoluzione della normativa tecnica di riferimento e non implicante l’insorgere di particolari condizioni di rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Gli interventi di adeguamento corrispondenti al presente livello di priorità possono essere programmati nel tempo in funzione della fattibilità degli stessi.

P4 Bassa Priorità (sei mesi, un anno)

Il seguente indice di priorità corrisponde più che ad una non conformità specifica ad uno stato di fatto che, pur rispondente alla normativa di igiene e sicurezza, evidenzia la necessità di es- sere migliorato ed ottimizzato. Gli interventi di adeguamento corrispondenti, di tipo organizza- tivo e tecnico, verranno programmati nel tempo con il fine di elevare il livello di prevenzione e ottimizzare lo stato dei luoghi e le procedure di lavoro.

Tabella 4.19: Priorità nella realizzazione degli interventi

Tipologie di risposta al rischio

Le tipologie di risposta al rischio sono 5 (Fig.4.5):

• Accettare il rischio ovvero monitorarlo, senza intraprendere azioni che in- cidano su probabilità/impatto. Se, dopo che i controlli siano stati messi in atto, il rischio residuo è considerato accettabile per l’organizzazione, si può pensare di continuare con azioni di monitoraggio. Tuttavia, do- vrebbero essere messi in atto piani per gestire/finanziare eventuali eventi indesiderati.

• Ridurre probabilità ed impatto del rischio, ovvero attivare azioni e con- trolli che incidano su probabilità/impatto. Le azioni intraprese devono

Figura 4.5: Modalità di risposta al rischio

riguardare: manutenzione preventiva, programmi di audit e compliance, vigilanza, condizioni contrattuali, politiche e procedure, prove, formazione del personale, controlli tecnici, programmi di garanzia della qualità, ecc. • Ridurre le conseguenze del verificarsi del rischio, attraverso la pianifica-

zione di emergenza, miglioramento delle condizioni contrattuali, pubbliche relazioni, procedure di emergenza, formazione del personale, ecc.

• Condividere il rischio con terzi, si tratta della condivisione di una parte del rischio mediante l’uso di contratti, assicurazioni, outsourcing, joint venture o partnership.

• Evitare il rischio ovvero eliminare l’attività che lo determina

Sulla base delle 23 tipologie di rischio rintracciate e nel rispetto a quanto definito dal D.Lgs. 81/08 sono state state definite delle misure di prevenzione e protezione.

RISCHI LEGATI ALL’AMBIENTE DI LAVORO ED ALLE INTER- FERENZE [Titolo II D. Lgs. 81/2008 e art. 26 D. Lgs. 81/2008]

Si forniscono alcuni elementi relativi ai particolari rischi legati ai luoghi di lavoro cui potrebbero essere esposti anche lavoratori operanti nell’area in oggetto.

• Aree di transito (interferenze, traffico veicolare, stato della pavimentazione, buche, possibilità di cadute di livello, urti, ecc.).

• Spazi di lavoro: Caduta, caduta dall’alto, caduta di oggetti. • Manutenzione: Trauma, folgorazione, ustione, patologie varie • Scale: Caduta, trauma.

• Microclima termico: broncopatie, dolori articolari. • Ventilazione: Avvelenamento, nevralgie, allergie.

• Illuminazione artificiale, naturale di emergenza: Cadute, incidenti per in- sufficiente illuminazione, difficoltà di esodo

MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

• Delimitazione delle aree (divieto di accesso alle zone del sito non di compe- tenza), rispetto della cartellonistica per la segnalazione delle aree a rischio, utilizzo di DPI ove previsti per l’accesso alle zone di competenza.

• Coordinamento con imprese esterne per le interferenze lavorative dovu- te all’utilizzo di mezzi di sollevamento o trasporto materiali all’interno dell’area in oggetto.

• Segnalazione degli ostacoli fissi. • Utilizzo indumenti ad alta visibilità.

• Gli autisti dei mezzi sono tenuti a interrompere qualsiasi manovra in caso di vicinanza di persone a piedi.

• Si effettua un periodico trattamento di derattizzazione e lotta antiparas- sitaria.

USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE [Titolo III D. Lgs. 81/2008]

Si forniscono alcuni elementi relativi ai particolari rischi legati all’utilizzo delle attrezzature di lavoro cui potrebbero essere esposti anche lavoratori operanti nell’area in oggetto.

• Macchine: Presa, trascinamento, schiacciamento, taglio. • Attrezzi manuali: Taglio, folgorazione, schiacciamento.

• Impianti, macchine per sollevamento e trasporto: Investimento, cesoiamen- to, caduta di oggetti.

• Impianti a pressione: Scoppio, traumi.

• Attrezzatura per stoccaggio materiali: Caduta di oggetti.

• Impianti e apparecchiature elettriche: Folgorazione, ustione, incendio, dan- ni all’apparato cardiocircolatorio, tetanizzazione.

MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

• Sono adottate Istruzioni operative per gli interventi sugli impianti e mac- chinari.

• Gli impianti elettrici e produttivi sono conformi e vengono verificati perio- dicamente in ottemperanza alla normativa di riferimento.

• Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori sono conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.

• Le attrezzature di lavoro sono assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza.

• Le attrezzature che richiedono per il loro impiego conoscenze o respon- sabilità particolari deve essere riservato ai lavoratori allo scopo incarica- ti che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati.

• In caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori in- teressati devono essere qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.

• Le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di in- stallazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l’installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio al fine di assicurarne l’installazione corretta e il buon funzionamento.

• I risultati dei controlli devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione