3. Presenza funeraria senatoria nella regio II Apulia et Calabria
3.1 Beneventum
Riferimento Dedicatario Dedicante Cursus Supporto Ritrovamento Conservazione Datazione
CIL IX, 1567 Afinia Calliste
Numerius Afinius Fortunatus
--- ? Benevento ? III d.C.
CIL IX, 1573 ? --- Adlectus inter praetorios a divo Commodo Base parallelepipeda Benevento, ignoratur Benevento, Museo del Sannio, chiostro di S. Sofia, lapidarium 208 d.C. CIL IX, 1574 [---] Classetiu[s] [Hono]ratus --- --- Ara Benevento, in casa De Nicastro in reimpiego Benevento, murata in via De Nicastro 11 180-220 d.C.
CIL IX, 1594 ? --- --- Lastra? Benevento, Vico IIII Bagni, n. 27 ? ? Not. Sc. 1910, p. 283 Claudia Fadilla --- --- Sarcofago Benevento,ci mitero di S. Clemente lungo la via Appia, nel 1910 Benevento, Museo del Sannio 220-250 d.C. AE 2013, 335 Cn. Suellius Classetianus Bassus --- --- Sarcofago Benevento, ignoratur Benevento, Museo del Sannio, sala dei sarcofagi 250-280 d.C.
Considerando che Benevento offre un patrimonio epigrafico considerevole (circa 800 sono le iscrizioni riferibili alla città), non stupisce che tra tutti i centri della regio II sia proprio questo a restituire il maggior numero di iscrizioni funerarie senatorie, che pur rimane esiguo se rapportato ad esempio alla realtà urbana. Su nove iscrizioni funerarie senatorie catalogate per l’Apulia et Calabria, 2/3 provengono proprio dall’importante centro un tempo sannita. D’altra parte sono stati individuati con certezza almeno una ventina di senatori originari della città, appartenenti ad una quindicina di famiglie: si tratta di un numero eccezionalmente alto che trova pochi confronti in Italia.
Quello che invece non trova riscontro diffuso nel resto della penisola, ma è comunque abbastanza in linea con la tendenza regionale, è la distribuzione cronologica della documentazione senatoria: mancano quasi totalmente le attestazioni di senatori beneventani di età augustea e giulio-claudia, periodo nel quale in quasi tutte le altre città d’Italia si registra una particolare concentrazione di famiglie senatorie; a Benevento è documentata invece una forte presenza di senatori in età severiana e lungo tutto il corso del III secolo, com’è confermato anche dalle datazioni delle iscrizioni funerarie raccolte. Se da un lato
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l’estrema esiguità di testimonianze senatorie per la prima metà del I secolo d.C. è imputabile in parte alla casualità dei rinvenimenti, la concentrazione di senatori beneventani fra la seconda metà del II secolo e nel corso del III secolo testimonia l’importanza rivestita dalla città dal punto di vista economico e sociale.
Le iscrizioni funerarie senatorie rinvenute a Benevento sono dunque sei: in almeno tre casi si tratta di individui di origine locale come risulta dal gentilizio; per quanto riguarda gli altri tre dedicatari, si conosce con certezza solo l’origine di Claudia Fadilla, donna di rango senatorio originaria di Allifae, in Campania, che trovò sepoltura a Benevento cui era legata per tramite del marito o del padre adottivo e dove possedeva certamente alcune proprietà.
I supporti delle iscrizioni sono di varia natura ma degno di nota è l’impiego di sarcofagi decorati, in due casi su sei. Tutte le iscrizioni si collocano in un orizzonte cronologico che comprende la fine del II secolo e il III d.C., a conferma di quanto sottolineato in sede introduttiva.
Un sepolcro comune per nonno e nipote a Benevento
A Benevento, murata in via De Nicastro, è stata rinvenuta una porzione della lastra sepolcrale in calcare locale del clarissimus
puer Classetius Honoratus200. L’epitaffio, semplice dal punto di vista contenutistico, si pregia di una particolarità insolita: dopo la consueta menzione della sequenza onomastica del defunto, il testo ricorda la data di nascita e di morte servendosi del sistema di datazione consolare, per poi chiudersi con l’indicazione biometrica. Essendo l’iscrizione frammentaria, la seconda coppia consolare era stata per lungo tempo integrata come [Mod]esto [et Tu]sco cos. e datata dunque al 12 agosto 152 d.C. se non che le coppie consolari di quell’anno sono tutte note dai Fasti Ostienses e non corrispondono ai consoli sopracitati. Se il titolo clarissimus puer e la paleografia permettono di individuare un arco cronologico che va da Adriano all’età severiana, molti sono i consoli suffetti ancora
200 CIL IX, 1574: [---] f(ilius) Classetiu[s] / [Hono?]ratus, c(larissimus) p(uer), / [natus pr(idie) No]nas
Martias / [---a]no / [---]no c̅o̅(n)s̅(ulibus), / [defunctus p]r(idie) / Idus Aug[u]/[sta]s / [---]esto / [---]sco c̅o̅(n)s̅(ulibus); / [vixit mense]s V̅, dies V[I].
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ignoti o datati con approssimazione tra II e III secolo e ancor meno le coppie di suffetti conosciute tanto che un’identificazione all’anno è difficile e arbitraria a questo stadio delle conoscenze201. Quel che tuttavia si può ricavare con certezza, sulla base dell’indicazione biometrica conclusiva e dei giorni di nascita e morte (6 marzo e 12 agosto), è che il puer sarebbe vissuto appena 5 mesi e 6 giorni e sarebbe nato e morto nel corso dello stesso anno.
Dal momento che rare sono le iscrizioni funerarie di senatori indicanti l’età e ancor più inconsuete quelle con l’indicazione della data consolare di nascita o di morte (in prevalenza riferibili al IV-V secolo d.C.), colpisce la somiglianza con un’altra iscrizione funeraria senatoria proveniente anch’essa da Benevento con l’indicazione della data consolare di nascita e di morte del defunto.
Si tratta dell’ara funeraria, anch’essa in calcare locale, di un anonimo senatore beneventano, definito clarissimus vir, della cui carriera è nota solamente l’adlectio inter
praetorios da parte di Commodo menzionata a chiusura del testo epigrafico202. Il corpo centrale dell’iscrizione, incisa con accuratezza, è occupato da 10 linee di testo destinate a menzionare le datazioni consolari e gli imperatori regnanti (il nome di Geta nonostante sia stato eraso in antico a seguito del provvedimento di damnatio memoriae è facilmente integrabile) da cui si deduce che l’anonimo
senatore sarebbe nato il 12 marzo del 147 e morto il 9 aprile del 208 d.C.
La particolarità dell’impiego di una datazione consolare espressa per esteso, il modulo delle lettere e l’accuratezza di incisione e
ordinatio sono elementi comuni a CIL IX, 1574 e
CIL IX, 1573: tali caratteristiche, unitamente al fatto che le due iscrizioni sono state rinvenute nel 1683 dall’erudito Verusio nello stesso luogo, fanno ipotizzare una parentela (l’anonimo senatore di CIL IX, 1573 potrebbe verosimilmente
201 Le ipotesi di integrazione formulate da Bowersock, Alföldy e Eck sono state riportate e discusse da
CAMODECA 1983, pp. 207-211.
202 CIL IX, 1573: --- / [---]ỊNẸ++[-]D̲[---] / c(larissimus) v(ir), natus IIII ìdus M[art(ias)] / Annio Largo
Prastin[a Mes]/sallino co(n)s(ulibus), vita funct[us V] / idus / April(es) Imp(eratore) Antonin[o Aug(usto)] / III
〚ẹṭ G̣ẹṭạ ṇọḅ[i]ḷ[i]ṣṣ(imo) / C̣[aesare] / co(n)s(ulibus), anni(s) ḶXI, die(bu)s XXVIIII ̣̣, / mortuus, vixit ex / mens[e Oct(obre)] / Impp. Septimio Severo [III et] / Antonino co(n)s(ulibus) / annis V, [men]/sibus VI, adlectus in̲[ter] / praetorios a div[o Commodo].
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essere il nonno del clarissimus puer Classetius) nonché la provenienza dei due testi dal medesimo sepulchrum familiare203.
Il sarcofago di Cn. Suellius Classetianus Bassus
All’età di 40 anni e 6 mesi, come si deduce dall’indicazione biometrica espressa nel testo dell’iscrizione, Cn. Suellius Classetianus Bassus, discendente da due famiglie senatorie beneventane come dimostrano i gentilizi Suellius e Classetianus, fu sepolto in un sarcofago riccamente decorato, di produzione locale. L’iscrizione è graffita con scarsa accuratezza su un vexillum impugnato da una Vittoria alata che occupa la porzione destra del supporto204. Il ruolo marginale dell’iscrizione, le cui lettere misurano appena 1 cm, è evidente se si considera il poco spazio riservatole: era sufficiente ricordare il nome del defunto e l’età al momento della morte al fine di lasciare spazio all’elaborato programma figurativo che occupava la fronte del sarcofago.
Nonostante la superficie del rilievo sia danneggiata a causa del riuso della fronte del sarcofago come tombino per il deflusso dell’acqua piovana, si riconosce facilmente una movimentata scena di caccia205. Figure di eroti accompagnati da cani danno la caccia ad un cinghiale intrappolato nella cavità della roccia; motivi vegetali incorniciano la scena a cui assiste una vittoria alata che sostiene il vessillo iscritto206. Il motivo iconografico e la qualità
203
CAMODECA 1983, pp. 210-212 e CAMODECA 2013, pp. 241-244.
204 AE 2013, 335: Cn(aeus) Suẹlliụ[s] / [C]laṣṣẹtianuṣ / Bassus / [v]ix(it) an(nis) XXXX̣, / [m(ensibus)] VI. 205 La maggior parte dei sarcofagi conservati presso il Museo del Sannio sono danneggiati a causa del loro
reimpiego durante il medioevo o l’età moderna (PALMENTIERI 2012, p. 291).
206 ANDREAE 1980, p. 145 descrive la scena di venatio sulla fronte del sarcofago ma non si accorge della
presenza dell’iscrizione incisa sul vexillum.
Figura 16: Sarcofago di Cn. Suellius Classetianus Bassus. Particolare dell’iscrizione incisa sul vessillo sorretto dalla Vittoria (AE 2013, 335).
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della realizzazione, oltreché l’impiego di una pietra campana, sono elementi che fanno propendere per una produzione locale del sarcofago: d’altra parte l’importazione di semilavorati da Roma o dall’Asia minore era scoraggiata dagli alti costi e dalle difficoltà di trasporto. La vasta produzione di sarcofagi nell’area beneventana, solo in apparenza periferica in quanto ben collegata a Roma, alla Campania e al settore meridionale della regione, rende conto dunque della vivace presenza di atelier specializzati operanti a livello locale e rispondenti alle richieste della committenza, anche di alto livello come in questo caso. Gli schemi figurativi sono acquisiti e influenzati da modelli urbani, ostiensi o microasiatici, poi rielaborati localmente e spesso semplificati. L’utilizzo della pietra locale, infine, rispondeva ad un’esigenza di contenimento dei costi e si presentava maggiormente in linea con la tradizione pre-romana, motivo per cui una pietra più dimessa poteva essere scelta rispetto al marmo da parte di esponenti della classe dirigente come nel caso di Cnaeus
Suellius Classetianus Bassus.
La datazione comunemente accettata colloca la morte del senatore tra il 280 e il 290, tuttavia A. Palmentieri sostiene una cronologia leggermente più alta sulla base della tecnica scultorea e del motivo iconografico selezionato207.
Una campana a Beneventum: il sarcofago di Claudia Fadilla
Nel 1910, nel cimitero di San Clemente lungo la via Appia nei pressi di Benevento, è stato rinvenuto un frammento lapideo che doveva appartenere originariamente ad un sarcofago in marmo bianco saccaroide208. Il frammento, che misura poco più di 60 cm x 48 cm, reca sul retro un capitello barocco scolpito tra 1600 e 1700, forse un esercizio di un lapicida locale che poteva aver utilizzato per altri scopi il resto della cassa lapidea, oggi perduta. La fronte è occupata invece
207 Sulla produzione e le caratteristiche dei sarcofagi di epoca imperiale in area beneventana vd.PALMENTIERI
2012, pp. 291-300.
208 Per la topografia dell’area vd. TORELLI 2002, p. 104.
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da un’iscrizione incisa con accuratezza all’interno di un clipeo sorretto da due Vittorie alate209.
L’iscrizione si apre con l’invocazione agli Dei Mani, e ricorda la clarissima femina
Claudia Fadilla alla cui memoria è dedicato l’epitaffio. La donna, originaria di Allifae in
Campania e sacerdotessa delle Divae Augustae210, era figlia di un C. Fadius Auctus, forse liberto, e pertanto non apparteneva per nascita all’ordine senatorio. Il suo ingresso nell’amplissimus ordo si deve invece o al matrimonio con un senatore beneventano o alla sua adozione da parte di un Tiberius. Il fatto che nella sua iscrizione sepolcrale la donna tenga a sottolineare oltre al clarissimato, anche la filiazione derivante dall’adozione indizia la fierezza dell’esibizione dello status acquisito211. Status che è ricordato anche nell’iscrizione che la donna predispone per la morte del padre biologico, ad Allifae212. Interessante è anche notare come la donna si definisca filia di Tiberius ma si rivolga, nell’iscrizione paterna, al proprio padre naturale non come patri bensì con il più generico parenti, a sottolineare forse, ancora una volta, il portato che l’adozione ebbe per la donna. Un’indicazione del rango acquisito è indirettamente intuibile anche dalla scelta del marmo in luogo della pietra locale: il pregio del supporto doveva contribuire a esaltare il rango di recente acquisizione.
Interessante è infine notare come la sepoltura di Fadilla non si trovi nel territorio d’origine come accadeva spesso per coloro che sceglievano di “rimpatriare” post mortem, e nemmeno a Roma dove molti senatori furono sepolti per ovvie ragioni di domicilio, bensì a Benevento, nella città di cui doveva essere originario il padre adottivo o il marito e dove dunque possedeva probabilmente una villa o delle proprietà.
Una donna divenuta clarissima per matrimonio
A Benevento è stata rinvenuta un’altra iscrizione funeraria per una clarissima femina che ha acquisito il proprio status grazie ad un’unione matrimoniale con un senatore, a noi ignoto213. Si tratta di Afinia Calliste, figlia di Numerius / Novius (?) Afinius Fortunatus214.
209 Not. Sc. 1910, p. 283: D(is) M(anibus) / Cl(audiae) Ti(beri) f(ilia) / Fadillae / c(larissimae) m(emoriae)
f(eminae).
210 CIL IX, 2347: [Cl]audi̲a̲e̲ / Ti(beri) f(iliae) / [Fa]d̲i̲l̲l̲a̲e̲, / c̲(larissimae) f̲(eminae), / [sa]cer[doti] d̲i̲/[v]arum
Au̲g̲/[ust]a̲r̲(um), ob amo̲r̲(em) / [e]r̲ga patria̲m̲ / [exi]mium ei̲u̲s̲ / [Au]gust(ales) p̲(ecunia) p̲(ublica).
211 Not. Sc. 1910, p. 283: D(iis) M(anibus). / Cl(audiae) Ti(berii) fil(iae) / Fadillae / c(larissima) m(emoria)
f(eminae). L’iscrizione non è stata inserita nel CIL né in altre banche dati.
212 CIL IX, 2390: C(aio) Fadio Auct[o] / Cl(audia) Ti(beri) f(ilia) Fadilla, / c(larissima) f(emina), p̣arenti. 213 CIL IX, 1567: Afiniae N(umeri) f(iliae) / Calliste c(larissimae) f(eminae) / N(umerius) Afinius For/tunatus
pater. La trascrizione fornita dalla banca dati Manfred Clauss risulta scorretta in quanto lo scioglimento c.f. (clarissima femina) è inteso invece come C(ai) f(ilia), il che non coincide con l’onomastica del padre di Afinia Calliste.
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Gli Afinii beneventani erano di rango decurionale fra la metà del II secolo e la metà del III secolo d.C. e sono testimoniati tra i proprietari fondiari citati nella Tabula dei Ligures
Baebiani. Tuttavia, l’onomastica del padre della donna (in particolare il cognomen Fortunatus) farebbe propendere per un’origine più modesta della famiglia, forse addirittura
libertina215.
CIL IX, 1594: la sepoltura di un altro anonimo senatore beneventano?
Nel contributo di I. Milano e V. Pistarino all’interno del volume miscellaneo “Le Quotidien municipal dans l’Occident romain”, è citata un’iscrizione sepolcrale, molto frammentaria, dedicata ad un senatore cui sarebbe stato concesso il locus sepulturae per decreto decurionale216. L’identità del dedicatario dell’epigrafe è ignota in quanto nessun elemento onomastico si è conservato (e Camodeca non lo include tra i senatori anonimi beneventani)217; il suo rango si dedurrebbe dallo scioglimento delle sigle della prima riga che corrisponderebbero verosimilmente a incarichi ricoperti dal soggetto destinatario del provvedimento decurionale.
Il provvedimento pare sia stato raramente indirizzato alla classe senatoria: solo 3 sono infatti le attestazioni di concessione di un locus sepulturae a senatori per volontà del senato locale della città218. L’assegnazione di una porzione di suolo pubblico per la sepoltura può essere concessa come unico onore, come pare in questo caso, stando al testo epigrafico, o può essere accompagnata da altri omaggi come per esempio il funus publicum, donativi o l’erezione di statue in altri spazi pubblici: raramente tuttavia è dato sapere in quale settore
214 La famiglia sarebbe giunta all’amplissimus ordo nel III secolo proprio grazie al matrimonio di una donna
della famiglia, appunto Afinia Calliste, con un esponente di una famiglia senatoria (VEYNE 1958, p. 208; TORELLI 2002, p. 337). Per Afinia Calliste vd. anche PIR2 A, 310. Sul matrimonio come indice e fattore di
mobilità sociale nei primi due secoli dell’impero vd. RAEPSAET-CHARLIER 2016, pp. 109-129.
215 Sugli Afinii beneventani vd. CAMODECA 2013, p. 259, nt. 91.
216 CIL IX, 1594: --- / ---]o q(uaestor?) tr(ibunus?) p(lebis?) d[---] / [---] sepult[---]/s locus […] / [---]nst [---.
Se V. Pistarino, nella propria tesi di dottorato (PISTARINO 2014), non si esprime circa l’identità del dedicatario dell’iscrizione, nell’articolo apparso nel 2008 viene invece confermato il rango senatorio per il personaggio che resta tuttavia anonimo (MILANO – PISTARINO 2008, pp. 687-713). Lo scioglimento del testo, se corretto,
confermerebbe tale ipotesi. Manca un’edizione del testo e non si possiedono foto dell’iscrizione, pertanto le ipotesi formulate vanno considerate con cautela.
217 CAMODECA 2013, pp. 258-259.
218 Oltre all’iscrizione in oggetto (CIL IX, 1594) sulla quale si esprime qualche perplessità, le altre due
testimonianze note sono pertinenti rispettivamente all’Umbria (CIL XI, 5029) e all’Etruria (CIL XI, 3103). Per una visione d’insieme delle iscrizioni che ricordano la concessione del locus sepulturae da parte dell’ordo decurionum vd. MILANO –PISTARINO 2008, pp. 698-713.
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della città venisse disposto tale spazio mancando troppo spesso i dati archeologici relativi all’effettiva collocazione della sepoltura (sembra tuttavia verosimile pensare che le aree concesse a questo scopo si trovassero nella fascia periurbana o agli incroci degli assi viari per favorirne la massima visibilità). Quanto all’effettiva destinazione funeraria dell’epigrafe in oggetto, bisogna tenere presente la prassi secondo la quale, soprattutto per individui appartenenti allo strato più alto della società, la concessione di spazi pubblici per la costruzione della tomba poteva essere stabilita da più città o in molteplici occasioni, trattandosi appunto di un’onorificenza prima che di una concreta “necessità sepolcrale”. Il defunto poteva infatti essere sepolto in uno di questi luoghi pubblici deputati ad accogliere le sue spoglie per volontà del senato locale o, come perlopiù avveniva, essere interrato nei propri possedimenti fondiari: le altre “tombe” rimaste dunque vuote sul suolo pubblico venivano pertanto ad assumere una valenza prettamente onorifica, costituendosi come una sorta di cenotafi o, più in generale, di luoghi deputati alla memoria219.
Mancando qualsiasi elemento di datazione (non possediamo l’onomastica, né formule particolarmente indicative, né la paleografia), si può solo osservare come generalmente il fenomeno della concessione del locus sepulturae copre un arco cronologico che va dal I secolo a.C. al III-IV secolo d.C., con un picco di testimonianze nel I secolo d.C., e che a Benevento, il maggior numero di attestazioni senatorie si colloca nel III secolo: tale considerazione non è tuttavia sufficiente per poter proporre una datazione più precisa220.
219 Sulla distinzione tra cenotafi “di necessità” e cenotafi “di memoria” vd.RICCI 2006 e MILANO –PISTARINO
2008, pp. 690-692.
220 Sulla formula LDDD si veda ANTICO GALLINA 1997, pp. 205-224 e CAMODECA 2003, pp. 173-186; sulla
concessione del locus sepulturae e del funus publicum vd. anche WESCH-KLEIN 1993 e BLASI 2012,2016. Per le attestazioni epigrafiche della formula d(ecreto) d(ecurionum) nelle città di Apulia et Calabria vd. CHELOTTI
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