• Non ci sono risultati.

Un primo importante aspetto da tenere in considerazione nella valutazione delle proprietà senatorie campane è la distinzione tra possedimenti di senatori campani e possedimenti appartenuti a senatori di origine non locale158. La Campania infatti, oltre ad aver costituito un importante bacino di reclutamento per l’ordo senatorio, ha d’altro canto attirato fin dall’età repubblicana molti senatori non oriundi che nella regione investivano in ville e terreni, per diversi scopi. La relativa vicinanza all’Urbe, rendeva ancora più appetibile il territorio campano159.

Per la tarda repubblica e tutta l’età augustea e giulio-claudia si registra una forte concentrazione di proprietà lungo la costa del Golfo di Napoli e in area flegrea: 1/3 dei possidenti risulta essere di origine locale mentre per i 2/3 si tratta di senatori di origine non locale che sul litorale impiantavano le proprie villae maritimae160. I siti privilegiati continuano ad essere quelli già in voga in epoca repubblicana, ovvero l’area flegrea e vesuviana per la felice posizione geografica e per una continuità di tipo ereditario. Nonostante la vocazione primaria di molte di queste ville maritimae fosse l’otium, tuttavia i senatori non disdegnavano attività lucrative e redditizie rivolgendo i propri interessi verso l’interno della regione o facendo fruttare i propri beni. Già Cicerone161 aveva sottolineato come le entrate derivanti dalla produzione agricola servivano a fronteggiare le spese di mantenimento delle lussuose proprietà costiere162. Non vi è tuttavia solo una relazione tra

fundi nell’ager e ville di piacere ma deve sussistere anche una relazione tra queste ville e i

centri urbani attorno ai quali esse sorgevano e gravitavano, soprattutto da un punto di vista di forze economiche in gioco e prestigio di una famiglia in seno alla comunità cittadina, prestigio che si manifestava e si “auto” alimentava soprattutto attraverso onori pubblici e opere di evergetismo163.

158 G. Camodeca (CAMODECA 2008, p. 356), rivalutando la questione delle proprietà campane, ha ritenuto che il

lavoro svolto nel 1998 da A.M. Andermahr fosse impreciso e incompleto in quanto non distingueva opportunamente queste due categorie di possedimenti senatori.

159 Per l’identificazione dei proprietari di rango senatorio in Campania, l’epigrafia non è la fonte privilegiata.

La letteratura è la fonte d’informazione più importante e in pochissimi casi si ha la fortuna di far combaciare dato archeologico e letterario (su questi aspetti vd. D’ARMS 2003, pp. 331-334).

160 Sulle villae maritimae vd. LAFON 2001. 161 Cic. leg. agr. frg. 2, 78.

162 Cfr. FREDERIKSEN 1959, p. 121.

163 Sulla relazione tra villae maritimae e centri urbani vd. D’ARMS 2003, p. 336-339: “Anche se il proprietario

di una villa lussuosa non avesse sfruttato veramente le possibilità economiche dei vicini centri urbani e non avesse accresciuto la propria ricchezza, in ogni caso avrebbe avuto bisogno delle città e dei centri. […] Anche se le ville costiere erano di per se stesse essenzialmente non produttive, il retroterra della Campania Felix offriva non di meno eccellenti possibilità agricole” (pp. 338-339).

60

In questo periodo tra i senatori campani di cui conosciamo l’iscrizione funeraria che avevano possedimenti nelle proprie città d’origine, si annoverano sicuramente almeno M.

Nonius Balbus a Ercolano e Nuceria, gli Aedii ad Allifae, Calvisius Vero a Capua, Paccius Balbus a Teanum, anche se l’origine di quest’ultimo è discussa164. Queste famiglie non predilessero lo schema abitativo delle villae d’otium bensì residenze tese alla produzione agricola e quindi al profitto, ubicate verso l’entroterra campano165.

A partire dall’età flavia gli equilibri finora protrattisi dalla tarda repubblica si modificarono profondamente: poche sono le famiglie di provenienza aliena che investono in proprietà in area flegrea e più della metà dei senatori per i quali sono attestate proprietà in Campania sono di origine locale. Salonia Matidia, di origini vicentine per linea paterna e nipote di Traiano, costituisce un esempio di senatrice non campana con possedimenti nella regione, precisamente ad Allifae; possedimenti che alla sua morte furono inglobati nelle adiacenti proprietà imperiali. O ancora è il caso di M. Cominius Verecundus, senatore lanuvino sepolto a Napoli dove deteneva alcuni possedimenti. Il cessare del desiderio di costruire villae maritimae nella regione si spiega in parte con la fine dei Campi Flegrei come zona di moda per la villeggiatura: le classi privilegiate cercavano altre zone meno costruite e con potenzialità nuove. Marziale ricorda ville a Baia ma anche proprietà a Formia e ad

Altinum nella Venetia166; T. Caesernius Quinctianus ad esempio, console sotto Antonino, possedeva una villa nel golfo di Napoli ma anche in Istria, non lontano da Aquileia, città di dove era originario167. Le villae maritimae continuavano dunque ad essere costruite, ma i luoghi privilegiati erano cambiati. Un’altra forte battuta d’arresto dovette essere stata costituita dalla distruzione delle città vesuviane con l’eruzione del 79, nonché dal concentrarsi di proprietà nelle mani della casa imperiale che estendeva sempre più i propri possedimenti e la propria influenza e dalla crescente importanza del porto di Ostia a discapito di quello di Puteoli che comunque non perse di rilevanza in modo sostanziale. Inoltre altre regioni (come per esempio la Venetia et Histria) e le province costituivano i nuovi grandi bacini di reclutamento dell’aristocrazia romana e questa nuova élite tendeva a mantenere i legami con la propria patria d’origine. Un’élite così mista dal punto di vista sociale e geografico costituiva un mosaico profondamente mutato rispetto alla tarda

164 Tutti i personaggi discussi nel paragrafo sono i senatori per i quali si conosce la sepoltura e ne è stata

analizzata l’iscrizione nel corso del capitolo. Per gli altri senatori campani con possedimenti nella regione si rimanda a CAMODECA 2008, pp. 355 ss.

165 Sulle Villae d’Otium vd. D’ARMS 2003, pp. 351-383; più in generale sulla definizione e le funzioni delle

villae suburbanae cfr. ADAMS 2006, pp. 9-24.

166 Mart. 10, 30; Mart. 2, 25, 1. Su Marziale e la menzione di proprietari terrieri vd. SIRAGO 1958, p. 54-55. 167 D’ARMS 2003, p. 347.

61

repubblica e all’avvento del principato: per i senatori provinciali, l’investimento obbligatorio di parte del patrimonio su suolo italico comportava certo alcuni possedimenti che difficilmente svolsero il ruolo di residenza principale. Si trattò allora di una peregrinatio senatoriale168 ovvero di una visita occasionale alle proprie ville di campagna, gestite perlopiù da servi e liberti, più che di una scelta della propria dimora169. A ciò si aggiunga un fattore messo in luce da V. A. Sirago, ovvero le gravi perturbazioni che la proprietà privata in Italia subì a causa della presenza dell’imperatore. Sirago sottolinea un comportamento ostile verso i proprietari del centro-sud e al contrario, di favoritismo verso i nuovi proprietari emergenti al centro nord (già con Nerone, il senato di Roma è rappresentato da individui provenienti dalle regioni del nord)170.

Con l’avvento dell’età severiana, la grande stagione delle villae maritimae a Baia e sulla costa napoletana sembra terminata e si accentua la tendenza già rilevata nel II secolo per la quale le proprietà si concentrano principalmente all’interno della regione, e non più solo per i senatori locali che costituiscono comunque la maggioranza dei soggetti attestati per questo periodo nella regione. È il caso della famiglia di L. Pacideius Carpianus con proprietà a Caiatia; del console L. Claudius Pollio Iulius Iulianus Gallicanus a Nola; di

Claudia Fadilla a Allifae; di P. Vittius Honoratus a Suessa e di Lucilia Aprulla e Caia Vettia Grata a Salernum. Appena 1/5 del totale dei senatori attestati per l’età severiana proviene

invece da altre regioni, come nel caso di Appius Claudius Iulianus dedicante dell’iscrizione sepolcrale di Claudia Sabinilla a Puteoli, o dalle province: Domitius Antigonus, dedicante di un’iscrizione sepolcrale al padre, è originario della Macedonia, regione dalla quale già il padre pare si fosse allontanato per svolgere il proprio mestiere di retore in Campania; o ancora l’Efesino P. Flavius Menander Africanus sepolto a Capua dalla madre Gavia

Procula, forse legata ai Gavii di Caiatia. Questi due esempi mostrano come la Campania,

soprattutto lungo la costa, sia rimasta un punto di riferimento per le gentes orientali ma, più in generale, i senatori provinciali, nonostante le disposizioni imperiali di investimento di parte del patrimonio in Italia, non prediligono più la Campania, che perde via via il proprio ruolo nella penisola per poi recuperarlo nel tardo impero quando i membri dell’aristocrazia senatoria non locale tornano a dominare la scena flegrea napoletana.

168 Plin. epist. 6, 19, 4.

169 Per i fattori che spiegano il declino della costruzione delle villae costiere in Campania vd. ancora D’ARMS

2003, p. 348-349.

170 SIRAGO 1958, p. 3. D’altra parte, osserva ancora Sirago, “se parecchi proprietari del Nord-Italia

possedevano appezzamenti qua e là per la penisola, non troviamo il contrario: i pochi nomi di proprietari del Centro e del Sud posseggono i loro terreni, senza essersi mai spinti verso il Nord” (SIRAGO 1958, p. 47).

62

Regio II - Apulia et Calabria

1. Introduzione

Plinio il Vecchio descrive la penisola regione per regione secondo la sistemazione augustea; nel libro III della Naturalis Historia tratteggia la “secunda regio”: ne delinea il profilo geografico, fornisce distanze, nomi di fiumi e golfi, cita alcune città e i suoi abitanti; non accenna tuttavia a pressoché alcun avvenimento storico salvo per un’allusione alla guerra contro i pirati: l’interesse geografico e aneddotico prevale infatti nell’opera di Plinio171.

Dal punto di vista geografico la denominazione Apulia et Calabria non corrisponde all’attuale regione Puglia e Calabria: con regio II si intende un territorio che comprendeva la Puglia e che si estendeva a parte della Basilicata, della Campania e del Molise, escludendo l’attuale Calabria che rientrava invece nella denominazione Lucania et Brutii (regio III)172.

La romanizzazione della regione avvenne per tappe successive: le guerre sannitiche segnarono l’inizio dell’ingerenza romana nel territorio apulo e il moltiplicarsi dell’interventismo di Roma in Italia meridionale, tramite la deduzione di colonie (Lucera fu fondata nel 314 a.C. e Venosa nel 291 a.C.) e la contrazione di foedera e alleanze diplomatiche con le popolazioni indigene.

La guerra contro Pirro fu combattuta per il possesso completo della Puglia ma vide contrapposte le città del nord, alleate dei Romani, e quelle del sud dove la Lega Salentina, di cui Brindisi fu città egemone, rimase relativamente autonoma fino alla fine delle guerre annibaliche quando venne sciolta e duramente punita per slealtà nei confronti di Roma.

Per la riconosciuta importanza politica e soprattutto commerciale di Brindisi, nel 244 a.C. vi fu dedotta una colonia latina e contestualmente fu prolungato il tracciato della Via Appia che garantiva il collegamento con l’altra sponda dell’Adriatico e dunque con l’Oriente.

Qualche decennio prima, più a nord ma per le stesse ragioni, era stata dedotta la colonia latina di Benevento, in una posizione particolarmente favorevole per il controllo del

171 Plin. nat. 3, 16, 99-105. Anche Strabone dedica 11 lunghi paragrafi alla descrizione geografica della regione

(Strab. 6, 3). Sulla creazione della regione da parte di Augusto vd. SIRAGO 1993, pp. 161 ss.

63

territorio e per le vie di comunicazione configurandosi come uno snodo tra versante tirrenico e adriatico: il ruolo nodale di Beneventum si espresse anche nei molti esponenti dell’aristocrazia che la città fornì al senato di Roma173. Il Liber coloniarium fornisce l’elenco, riportato anche da Appiano, delle 18 città più fiorenti d’Italia: Benevento è tra queste.

Con la terza guerra sannitica, la guerra contro Pirro e i primi interventi di Roma sul territorio si conclude una prima fase del processo di romanizzazione della regione che troverà compimento con un nuovo periodo di deduzioni coloniarie nel II secolo a.C. e con la fine della guerra sociale; l’emanazione della Lex Iulia de civitate che garantiva la cittadinanza agli alleati e a tutti coloro che ne avessero fatto richiesta, una volta deposte le armi174.

L’intensa municipalizzazione, urbanizzazione e monumentalizzazione delle città si manifestò in termini di atti evergetici, nuove costruzioni, riassetto urbanistico e viario, investimenti terrieri, floridezza dei commerci e delle attività agricole o manifatturiere e garantì ad alcune città, come appunto Benevento, di godere di stabilità e prosperità fino alla fine del III secolo d.C..

173 Sulla trasformazione di Benevento da centro indigeno a colonia romana, vd. GIAMPOLA 2000, pp. 36-46. 174 Per una storia approfondita della presenza romana nella regio II, vd. SIRAGO 1993; GRELLE SILVESTRINI

2013 per una storia della Puglia dal IV al I secolo a.C. e la recentissima monografia di GRELLE –SILVESTRINI – VOLPE –GOFFREDO 2017 per gli aspetti istituzionali, economici e sociali; un quadro più sintetico si trova in CHELOTTI 2006, pp. 147-175 e SOLETI 2010, pp. 3-15.

64

Documenti correlati