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3. Presenza funeraria senatoria nella regio III

3.2 Grumentum

Riferimento Dedicatario Dedicante Cursus Supporto Ritrovamento Conservazione Datazione

AE 1998, 386 L. Saturius; L. Saturius L. f.; Bruttia P. f. [---] Saturia L. f. B[ruttiana?] Legatus Lastra/blocco in calcare Grumento Nova, in reimpiego come capitello nella chiesa di San Marco Grumento Nova, Museo Archeologico nazionale dell’alta Val d’Agri I d.C.

Un mausoleo familiare a Grumentum

Al territorio di Grumentum è attribuita l’iscrizione sepolcrale dedicata a L. Saturius, alla moglie (Bruttia) e al figlio (L. Saturius), da parte della figlia Saturia B[ruttiana?]266.

Si tratta di una lastra di medie dimensioni, curata dal punto di vista dell’impaginazione e dell’incisione delle lettere, di grandi dimensioni, che doveva appartenere ad un mausoleo collocato probabilmente nelle proprietà familiari.

Il gentilizio Saturius non è frequente a Grumentum e si riscontra maggiormente ad Ascoli Piceno dove sono attestati senatori e cavalieri con questo nomen. Tuttavia, il fatto che la famiglia possedesse un proprio mausoleo a Grumento induce a ritenere che detenesse delle proprietà fondiarie nella zona o che vi intrattenesse interessi economici o legami familiari. Infatti, l’unione matrimoniale di L. Saturius, probabilmente piceno, con una donna appartenente alla famiglia senatoria dei Bruttii di Grumentum, oltre a confermare la frequenza di relazioni intrattenute tra famiglie senatorie a livello interregionale, fa supporre che tale legame con la potente gens avesse agevolato la carriera del senatore, qui ricordato in qualità di legatus, e che la famiglia si fosse stabilita nell’area di Grumentum dove possedeva una villa e proprietà.

265SCHEID 1990, p. 426. E’ infatti Scheid ad ipotizzare, sulla base del riesame dei frammenti degli Atti dei

Fratres Arvales del 186-197 d.C., l’appartenenza del senatore al collegio sacerdotale e la data della sua morte nel 186 d.C. (SCHEID 1981, p. 350-352).

266 AE 1998, 386: [L(ucio) Saturio ---] / [---] / legat[o ---] / Bruttiae P(ubli) f(iliae) [---] / L(ucio) Saturio

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Regio IV – Sabina et Samnium

1. Introduzione

La regio IV, denominata nella suddivisione augustea Sabina et Samnium, comprendeva i territori dell’attuale Molise, delle aree interne dell’Abruzzo, della fascia pedemontana campana e di una parte del territorio del Lazio meridionale: il Sannio in età romana resta tuttavia un’entità geopolitica ancora in via di definizione267, costituita da un mosaico di popolazioni indigene ricordate da Plinio nella descrizione delle regioni dell’Italia augustea268.

I primi contatti tra Roma e i Sanniti si datano assai precocemente, già agli inizi del IV secolo a.C., quando viene concluso dalle parti, nel 354 a.C., un trattato di alleanza in funzione antilatina con la relativa suddivisione delle sfere di influenza. Successivamente tuttavia, le mutate condizioni nell’Italia meridionale indussero i Romani ad aprire le ostilità contro i Sanniti intervenendo a favore di Campani e Sidicini. La rivalità si concretizzò nelle guerre sannitiche: le prime due (343-341 a.C.; 326-304 a.C.), che videro Roma vincitrice, sbarrarono la strada alle ambizioni espansionistiche sannite nel sud della penisola e nel 304 a.C. venne stipulato un trattato di pace. Nel 298 a.C. ripresero le ostilità, con la terza guerra sannitica (298-290 a.C.): i Romani, venuti in appoggio ai Lucani il cui territorio era stato saccheggiato dai Sanniti, riportarono un’ultima vittoria decisiva nel 290 a.C. in una campagna condotta dai consoli Manio Curio Dentato e Publio Cornelio Rufino. Le vittorie riportate, tra cui quella nella battaglia di Sentino del 295 a.C. contro una coalizione di Sanniti, Etruschi e Galli, segnarono la conquista romana di questi territori.

Le ostilità nei confronti di Roma si riaccesero prepotentemente durante la guerra sociale, ultimo atto del processo di integrazione nello Stato romano: la rivolta, scoppiata ad Ascoli, nel Picenum, contrappose i rivoltosi, organizzati nella Lega Italica e stabilitisi prima a Corfinium poi a Isernia, a Roma. Nonostante le vittorie riportate da Gaio Mario e Gneo Pompeo Strabone sulle legioni degli Italici, nel 90 a.C. venne promulgata la Lex Iulia con la quale veniva concessa la cittadinanza romana agli Italici che non si erano ribellati e a coloro

267 Sul dibattito storiografico circa la definizione del Sannio in età romana vd. SOLIN DI DONATO IASIELLO

2007, pp. 7 ss. Per la romanizzazione della Sabina vd. MIGLIARIO 1988, pp. 11-22. Per un quadro della

problematica, in particolare sulla questione dell’area Sabina vd. infra.

268 Plin. nat. 3, 106-109. In generale, per il quadro territoriale, la strutturazione etnica, la cultura dei Sanniti vd.

il volume di TAGLIAMONTE 1996 e AA.VV. 2000. Per un quadro storico-archeologico delle diverse aree del Sannio, vd. anche COARELLI –LA REGINA 1984.

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che avrebbero lasciato le armi. Nell’89, con la Lex Plautia Papiria, veniva concessa la cittadinanza anche a tutti gli Italici a condizione che deponessero le armi entro 60 giorni. Nonostante gli ultimi sussulti di resistenza sannita, lo scopo degli Italici di divenire a pieno titolo cives romani era stato raggiunto. Il territorio venne dunque riorganizzato e i centri elevati a rango di municipia nei quali prese avvio, perlopiù fiaccamente e tardivamente, il processo di urbanizzazione per l’adeguamento delle strutture pubbliche alle nuove esigenze istituzionali e amministrative269. Il testo di Corfinium è in questo senso di fondamentale importanza perché dimostra come, dopo il 49 a.C, Corfinium aveva già un’organizzazione quattuorvirale e aveva già dato luogo agli interventi edilizi necessari per adeguare il centro alle mutate esigenze270.

Se molto si sa sulla natura giuridica e istituzionale della romanizzazione del Sannio, avvenuta in maniera più “traumatica” rispetto ad altri territori, poco è noto degli aspetti socio-economici: la natura dei luoghi, perlopiù aspri e montagnosi dovette necessariamente condizionare la produttività dei suoli cosicché i pochi centri abitati in cui verranno istituiti i municipi si trovavano in ristrette aree coltivabili, tuttavia, ad alta resa. Nell’area la municipalizzazione incontrò diverse difficoltà a causa della differente organizzazione territoriale, razionale da un lato, tradizionale e agropastorale dall’altro. La romanizzazione tuttavia fu operata attraverso due modalità: da un lato i Romani fecero perno sulle aree in cui i presupposti economici per i processi di urbanizzazione e di differenziazione economico- sociale erano già in atto, dall’altro, si installarono laddove prevaleva il modello pagano- vicanico, allo scopo di ristrutturarlo271. Negli anni immediatamente seguenti alla guerra sociale, con la battaglia di Porta Collina dell’82 e il trattamento riservato da Silla ai Sanniti, si assiste infatti a una fase di declino della regione, ricordato anche da Strabone272: i municipi romani sono pochi rispetto all’estensione territoriale, ma qui si concentra l’attività

269 Sulle vicende relative al IV secolo a.C., le guerre sannitiche e la progressiva romanizzazione del territorio

vd. SALMON 1967, pp. 187-339;SORDI 1969; D’AGOSTINO 1984, pp. 11-18; LA REGINA 1984, pp. 19- 37;

AA.VV. 1991. Per una visione d’insieme sulla storia degli studi in merito ai processi di romanizzazione nella

penisola vd. TORELLI 1996, pp. 27-44.

270 Sull’interpretazione di CIL IX, 3173 vd. BUONOCORE 2002, p. 31, nt. 8.

271 Per la morfologia agraria dell’area sannitica vd. CHOUQUER CLAVEL-LEVEQUE -FAVORY VALLAT 1987,

e COMPTANGELO 1991, pp. 139-147.

272 Strab. 5, 4, 11. Nel passo, Strabone ricorda le incursioni Sannite in Lazio e Campania e la definitiva

sconfitta di Porta Collina subita per mano di Silla il quale, constatando che all’indomani della guerra sociale i Sanniti erano i soli a essere ancora uniti in una collettività e che, data anche la loro vicinanza all’Urbe, costituivano una minaccia concreta, riservò loro un trattamento durissimo. 3000/4000 uomini furono costretti a lasciare le armi e, condotti a Roma in Campo Marzio, furono giustiziati tre giorni più tardi; gli altri furono sterminati o cacciati fuori dall’Italia: i centri sanniti si spopolarono retrocedendo al rango di piccoli borghi (Κάι γάρ τοι νυνί κῶμαι γεγόνασιν αἰ πόλεις, ἒνιαι δ'ἐκλελοίπασι τελέως, Βοιανόν, Αἰσερνία, Πάννα, Τελεσία συνεχής Οὐενάφρῳ, καί ἂλλαι τοιαῦται, ὣν οὑδεμίαν ἄξιον ἡγεῖσθαι πόλιν).

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edilizia anche grazie alla munificenza di ricchi cittadini, magistrati della comunità273. Tuttavia, la disomogeneità che caratterizza la regione, dettata non solo da fattori geoambientali ma anche dalle diverse entità sociali preesistenti, non permette di tracciare linee generali comuni a tutta la regione, che dunque ha contribuito, a livello sociale, alla politica romana in maniera difforme e relativamente tardiva.

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