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2.2 La X Biennale d’Arte

3. Le Biennali d’Arte degli anni Venti 1 La XII Biennale d’Arte di Venezia

3.4. La XV Biennale d’Arte di Venezia

La XV esposizione di Venezia è una delle prime dalla marcia su Roma dei fascisti. Nel corso di questo anno vengono apportate una serie di cambiamenti all’esposizione.

Helen Gerard riporta tutte le informazioni in un lungo articolo dove un incipit legato, come da tradizione, alla cerimonia d’apertura afferma che questa è una Biennale di passaggio, di cambiamento.

In primo luogo osserva come è stata ridotta fortemente la sezione dedicata agli artisti veneziani. In questo caso la carrellata comincia con un commento ai vari padiglioni: quello olandese è collegato a quello belga. L’esposizione olandese prevede dodici artisti e un’opera di Van Gogh. Il padiglione ungherese propone una varietà di stili e artisti. La Germania propone artisti già ben noti mentre il Regno Unito, come ogni anno presenta il più alto numero di artisti fra i Paesi invitati274. Lo Stato che sembra avere più rilevanza è la Francia, infatti la Gerard afferma che in questa edizione è percepibile un’influenza francese in tutti i padiglioni.

Per quanto riguarda l’Italia la giornalista afferma che nelle opere esposte è percepibile il principio che, secondo lei è instaurato in Italia dalla Grande Guerra, ovvero il “possiamo farlo da soli”. Nonostante ciò l’inviata nota che l’arte italiana si sta imprigionando in uno stile accademico tradizionalista. Questa sua riflessione va oltre le opere esposte nella Biennale d’Arte di Venezia infatti è noto che la Gerard visse in Italia per diversi anni275.

Nonostante questa concezione alla base la critica afferma che è evidente che all’Esposizione

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273A.F.A traveling exhibition, «The American Magazine of Art», 16, 1925, pp.215-216

274 Gerard, Helen, Innovation at Venice: The XVth International Biennial, «The American Magazine of Art», 17, 1926,

pp.515-524

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Internazionale d’Arte di Venezia si siano comunque esposti i più aulici risultati della ricerca artistica contemporanea italiana.

La sua analisi rispetto all’esposizione italiana assume la stessa struttura dell’articolo pubblicato rispetto alla XIV edizione della Biennale d’Arte di Venezia. Ripercorre tutte le sale dando spazio ad un alto numero di artisti italiani fra le sue righe. Il primo di cui scrive è Segantini che alla Biennale espone un alto numero di opere che ripercorrono le sue fasi artistiche; a seguire, parlando del gruppo piemontese definisce la tecnica di Montanari come superba pur nello stile modesto dovuto alla scelta di temi umili. A seguire tratta il gruppo di veneziani e toscani in cui parla soprattutto di Spadini e Soffici276.

Infine scrive su Mancini, uno degli artisti italiani più conosciuti negli Stati Uniti di cui viene scritto molto nella critica americana ogni volta che espone alla Biennale d’Arte di Venezia. Lo definisce come l’artista italiano che più di tutti riesci ad esprimere il sentimento dell’arte contemporanea277. Chiude l’articolo con un riferimento alle stanze dedicate alla scultura dove predomina la figura di Adolfo Wildt che già nella precedente edizione aveva colpito la critica internazionale.

Anche in questo caso, come nei precedenti articoli della Gerard analizzati vi sono quasi esclusivamente commenti positivi o quanto meno neutrali. Lo stile è semplice e diretto, non presenta mai toni aggressivi. È plausibile affermare che probabilmente non scrivesse delle opere che trovava non altezza dell’esposizione, mentre per gli artisti o padiglioni poco interessanti riportava solo il nome e l’opera.

L’anno successivo nella sezione dedicata alla corrispondenza da Londra si parla della Biennale d’Arte di Venezia. In questo caso viene fatto un riferimento, probabilmente, alla XIV edizione dove il giornalista afferma di essere stato impressionato dall’esposizione inglese alla Biennale d’Arte di Venezia. L’articolo si sviluppa sulla tecnica del ritratto, la sua tradizione in Inghilterra e sugli ottimi risultati che ha raggiunto. A riguardo è interessante come viene usata la Biennale d’Arte per sottolineare come sia giunta ad ottimi livelli l’arte del ritratto inglese e su come abbia avuto uno spazio internazionale oltre i propri confini per potersi esprimere e presentarsi al pubblico278. La XV edizione della Biennale d’Arte di Venezia ospita anche un’opera di altissimo valore, un ritrovamento recente ovvero un ritratto famigliare di Degas. Questa informazione viene riportata

276 Ivi 277 Ivi

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dal bollettino dell’istituto d’arte di Chicago, l’informazione di questa esposizione ha raggiunto punti dove prima non otteneva particolare spazio.

Questo articolo ha nell’incipit il dato che la prima esposizione di quest’opera recentemente ritrovata è stata la Biennale di Venezia del 1926. Questo ci aiuta a considerare il ruolo che aveva la Biennale d’Arte all’epoca. È evidente che un ritrovamento del genere fosse qualcosa di spettacolare che prima di essere venduto doveva essere esposto a favore di tutto il mondo. Il posto adatto che fu scelto fu proprio al Biennale di Venezia che evidentemente era considerata come l’istituzione che all’epoca, più delle altre, avrebbe permesso all’opera di essere effettivamente visibile a tutto il mondo279.

Come è evidente durante questo anno il numero di pubblicazioni riguardanti la Biennale d’arte è particolarmente scarno. È da notare che l’articolo della Gerard è da considerare come la somma di informazioni che venivano precedentemente riportate in più articoli.

La differenza più evidente è con l’edizione precedente che invece aveva scatenato grande clamore negli Stati Uniti grazie all’alto numero di opere presentate e al fatto che fosse la prima volta che gli Stati Uniti ottengono una tale posizione nel contesto artistico internazionale. Realtà che viene velocemente ridimensionata nelle edizioni successiva a partire proprio dalla XV in cui, come si può leggere, non vengono fatti riferimenti alle opere statunitensi né tanto meno alle scelte espositive fatte nonostante in questi anni l’America stia ottenendo sempre più spazio e credito presso l’esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. È plausibile pensare che l’entusiasmo registrato entro i confini nazionali non sia stato riportato anche nella critica del Paesi esteri.