2.2 La X Biennale d’Arte
4. Philippa Gerry
Philippa Gerry nacque nel il 5 settembre del 1908 negli Stati Uniti, dove morì il 12 maggio del 1982376.
Fu membro dell’American Federation of Art ed editor della sua rivista The American Magazine of Art.
Nel corso della sua carriera come critica d’arte si firmò in diversi modi: Philippa Gerry, Philippa Gerry Whiting, Philippa Whiting e, infine, Philippa Gerry Offner.
Per quanto concerne il suo cognome è plausibile affermare che Gerry fosse il cognome ereditato dal padre. Whiting e Offner probabilmente i nomi dei mariti.
Il cognome Whiting è particolarmente diffuso negli Stati Uniti; non vi sono prove pubbliche che fosse effettivamente sposata con un nome con tale cognome. Nonostante ciò ritengo plausibile affermare che fosse il cognome di un marito considerando l’utilizzo del doppio cognome e che esso non era derivante dalla famiglia. A riguardo la mia ipotesi è che potenzialmente si fosse sposata con Frederic Allen Whiting Jr. La mia conclusione deriva da una ricerca su tutte le persone con cui vi è qualche segno di interazione pubblico, solo due persone rispondono a questo cognome: Frederic Allen Whiting e il figlio. Considerando che il padre era molto più vecchio della Gerry ed è pubblico il suo lungo matrimonio ritengo più plausibile un’unione con il figlio, che appartiene alla stessa generazione della giornalista e che anch’esso lavorava e scrisse per il The American Magazine of Art. Sia padre che figlio lavoravano nel campo dell’arte e della sua critica, infatti è probabile che la Gerry abbia conosciuto il padre nel suo periodo a Cleveland.
Riguardo il secondo marito le informazioni sono certe: Richard Offner era uno storico dell’arte specializzato nell’arte italiana. I due si sposarono dopo che la Gerry divenne assistente di Offner. Il periodo del matrimonio sono i tardi anni Trenta, periodo che coincide con la recensione della Gerry sulla Biennale d’Arte di Venezia che deve aver visto in quanto è testimoniato che i due vivessero in Italia377.
376 <https://www.findagrave.com/memorial/39208652/philippa-offner>, ultimo accesso: 7/10/2019 377 <http://www.treccani.it/enciclopedia/richard-offner/>, ultimo accesso: 7/10/2019
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L’articolo sulla Biennale d’Arte, pubblicato nel 1936 rende chiari molti elementi del lavoro di Philippa Gerry che, per chiarezza, chiameremo sempre con il cognome da nubile.
«Art is a perverse thing, too ungrateful and wilful to deserve the amount of care and attention lavished upon it. It is stubborn and disobedient, and after prolonged training it still refuses to lie down, come when called, or behave in a docile manner. With
countless people feverishly spending their energies to direct it into its proper channel, it is depressing to observe its delinquent elusiveness and whimsicality. Yet it is to the credit of those who write about, argue about, and campaign for art that they never lose hope. They are eternally convinced that can they but make up their own minds, and those of other people, art will respond and flow378.»
La sua concezione dell’arte è molto complessa, come la sua scrittura. L’arte è descritta come qualcosa che non può essere controllata né direzionata da parte di nessuno in quanto non è costituita da un docile carattere. Allo stesso tempo afferma però che l’uomo ha la necessità di osservarla e non può farne a meno.
Questo discorso è inserito in una riflessione più ampia che riguarda le costrizioni della Biennale e della politica italiana. Infatti la Gerard afferma che la politica si basa sul compromesso fra opinioni diverse che vanno integrate al fine di ottenere una situazione di equilibrio.
Nel caso specifico il principio verrebbe imposto anche all’arte nell’esposizione della Biennale d’Arte di Venezia dove però questo equilibrio è difficile da instaurare.
Il discorso è parte di un più ampio articolo che, oltre ad analizzare i padiglioni stranieri, si sofferma fortemente sull’arte italiana. Questo perché l’articolo è pubblicato nel 1936 quando Mussolini ha costruito una forte dittatura al punto da ottenere la chiusura della Biennale d’Arte di Venezia per poterla visitare.
Nel corso di questi anni la politica italiana di estrema destra ha imposto una nuova tendenza di italianità all’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia che come si può notare banalmente dal nome non si è sviluppata con questi intenti. Lo scopo di Mussolini è quello di creare un’arte propagandistica, un’arte di regime tramite l’iscrizione degli artisti ai sindacati e alle
organizzazioni fasciste.
L’impegno della dittatura va oltre, vuole imporre un nuovo stile che deve essere monumentale. Posto che l’idea di un’arte monumentale è tipica delle dittature la volontà è quella di
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riallacciarsi alla tradizione antica di stampo romano.
Di conseguenza lo stile in voga all’epoca non era considerato adatto e vi era l’imposizione agli artisti di seguire una certa direzione.
La Gerry riflette su questa volontà di monumentalità che deve essere integrata con la scelta di temi umili, rurali che rimandino all’Italia. A suo parere l’esito è estremamente negativo. Non solo per le capacità degli artisti nella loro carriera in generale ma anche le singole opere non sono interessanti. Una delle opere italiane più apprezzata dai critici era un dipinto di Carena che viene descritto come un’opera che, per la tecnica, non può essere considerata effettivamente come una delle migliori opere esposte. In realtà ciò nasconde una critica alle scelte espositive della Biennale d’Arte di Venezia in quanto non può essere un quadro mediocre il più
interessante in una tale occasione379.
La critica non è però mossa all’artista, Carena infatti ha esposto diverse volte, con successo, negli Stati Uniti e quella non è considera come un’opera all’altezza delle sue mani.
Questa discussione su Carene funge da incipit ad una sua critica rispetto l’arte italiana
contemporanea di regime: questa volontà monumentalità non è presente nelle opere, anzi questo tentativo non fa che appesantire i soggetti. La stessa scelta di temi umili non fa che rendere ancora più umoristico il risultato380.
«The National Alliance of Art and Industry announces that another gun has been fired in the war against design piracy. A design registration bureau has been established which, pending effective legislation from Washington, will give every available protection to original designs submitted by designers or manufacturers. While the Alliance cannot bring suit against a copyist, it will ask for an explanation from the offender and will act as a material witness should the case come to trial381.»
In questo esempio la Gerry mette in campo il suo interesse, come appartenente all’American Federation of Art di difendere gli artisti e le loro invenzioni. In questo caso è evidente che la sua concezione di arte non si limita all’arte tradizionale ma osserva in senso molto più ampio.
«This is no doubt praiseworthy, an evidence of the Art Institute's desire to be of service to the public. But if service is the primary consideration, rather than hanging up an attendance record, why were the same inducements not in force for the whole of the
379 Ivi 380 Ivi
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exhibition? The ever-increasing tendency on the part of American museums to indulge in a competitive struggle for greater numbers may possibly be a necessary thing. Certainly it is a welcome reversal of the nineteenth-century attitude that the museum was a storehouse to which scholars alone were invited. The present-day museum, which must count on public and private funds for its support, must be able to furnish proof that it is valuable to its community, and this proof is likely to be quantitative, since
qualitative proof is almost impossible to produce. The world of trustees and of city councils is not so easily convinced of the public's appetite for art, and is more inclined to loosen its purse strings if it is confronted by large figures382.»
L’argomento dell’articolo da cui è tratta la citazione riguarda le scelte dei musei. Esse sono chiaramente condizionate dalle possibilità economiche che derivano da investimenti privati e pubblici. La riflessione che viene fatta, come nel caso dell’articolo sulla Biennale d’Arte di Venezia riguarda il rapporto tra quantità e qualità. Il problema principale messo in evidenza risiede nel fatto che la qualità è difficile da provare mentre la quantità è facilmente dimostrabile. A riguardo conclude con una proposizione tagliente sul fatto che le commissioni pubbliche tendano a dare più denaro a chi ha più opere e più grandi.
«Kansas city, whose Nelson Gallery cannot purchase contemporary art until it has been thirty years uncontemporary, is none the less blessed with citizens who can look contemporary problems straight in the face. One of the things that the Kansas City Society of Artists has perceived, hard on the heels of the Carnegie International, is that there are disadvantages in the conventional jury system, and they have offered a highly unconventional variation383.»
Questa parte della sezione sulle novità del mondo dell’arte è interessante perché ci mostra in che situazione si trovavano gli Stati Uniti nel momento di esercizio della Gerry. Nella città del Kansas la galleria della città può acquistare solo opere vecchie di trent’anni. Ciò comporta un’assenza dell’arte contemporanea nella suddetta città. Questo incipit è in linea con lo stile che la critica dimostra in tutti i suoi articoli: al contrario della Gerard non vi è particolare
moderatezza. Il tono sono alti seppur sempre formali ma la Gerry, in ogni sua analisi, scrive con fermezza ciò che non condivide che risulta essere più visibile di quello che invece sostiene. In questo caso, proprio per il suo ruolo militante nell’American Federation of Art è chiaro che un
382 Gerry Whiting, Philippa, Speaking about art, «The American Magazine of Art», 27, 1934, pp.608-615 383 ivi
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caso simile appia come estremamente fuori luogo. Infatti l’intento dell’organizzazione è proprio quello di portare ve questa non ha la possibilità di esprimersi.
Il Carnegie International, è come spesso accade, portato come esempio positivo che riesce a portare l’arte contemporanea davanti a tutti384.
In questo caso ciò che sottolinea come positivo è il nuovo metodo della giuria: non vi sarà più una selezione iniziale ma gli artisti che si presentano, seppur non apprezzati dai giudici potranno esporre e consegnarsi al giudizio dei visitatori385.
Questa è un’innovazione non di secondo piano se consideriamo che non stiamo parlando di un certo d’arte all’avanguardia ma di una zona periferica dove l’arte contemporanea non è la più apprezzata e vista. In questo caso però si dà la possibilità agli artisti di proporsi a tutti
indipendentemente dai giudizi dei critici evitando così personalismi.
In conclusione è evidente la tendenza della Gerry ad occuparsi di arte contemporanea ma soprattutto dei meccanismi che la regolano. Come è evidente la maggior parte degli articoli non riguardano biografie o recensioni di opere ma commenti sulle dinamiche, soprattutto quelle che non funzionano.
Questo è uno dei lati innovativi della sua penna, mette al centro dei meccanismi che prima risultavano nascosti o comunque non erano analizzati capillarmente e in senso critico come lei riesce a fare.
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