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Bilancia, spada e benda: una variazione di significato

ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

2.1 Bilancia, spada e benda: una variazione di significato

È indubbio che il linguaggio simbolico proceda di pari passo con la storia, accompagnandola nei mutamenti sociali e adattandosi ad essi tramite la sua capacità creativa di originare nuovi disegni e significati semiotici esplicativi delle realtà in divenire. Così, la precedente iconografia simbolica della giustizia – la spada della punizione, la bilancia dei meriti e delle colpe e la benda della cecità – ha subito ulteriori cambiamenti: in particolare, tra il Seicento e il Settecento, complice il propagarsi del pensiero illuminista.

Un cambiamento ha come protagonista la spada la quale, nell’esprimere la forza e il potere sanzionatorio della figura femminile, palesa anche una realtà evidente: esso è un odioso strumento di minaccia e oppressione, che colpisce le classi povere tenute ai margini della società. In proposito sono sintomatici i versi della Favola delle api, poemetto satirico di Bernard Mandeville:

«[…] tuttavia si pensava che la spada che essa - la Giustizia - reggeva colpisse solamente i disperati e i poveri

che, pressati dalla dura necessità, venivano appesi all’albero dell’infamia, non per delitti che meritassero quella sorte,

ma per dar sicurezza al ricco e al potente»86.

Un esempio ancor più importante è il lavoro portato a termine da Pietro Verri e Cesare Beccaria nel riformare il sistema dei delitti e delle pene in Italia. Nella lettera che Beccaria scrive a Pietro Verri per accompagnare «le aggiunte e le correzioni» fatte sino a quel momento, egli invita l’amico ad «avvertire Aubert […] che col restante delle correzioni» avrebbe inviato «lo schizzo disegnato per il rame del frontispizio»87. Così, nell’edizione livornese del 1765 del suo celebre saggio Dei delitti e delle pene, troviamo raffigurata nel frontespizio la giustizia seduta in trono (Fig.20) che, senza bilancia e spada, distogliendo lo sguardo, respinge inorridita con le mani le teste mozze di condannati alla pena capitale che il boia le offre, ancora grondanti di sangue, tenendole in alto per sottolineare il valore pubblico della sua azione. Gli occhi della donna si volgono inoltre verso alcune catene rappresentate insieme a strumenti di lavoro – una pala, un maglio e una grande sega – ai suoi piedi «ad indicare un’alternativa concreta al triste rito appena eseguito»88; tanto più che la bilancia è posta accanto a questi ultimi e pendente verso di loro «quasi a dire, appunto, che quelli sono il vero simbolo della giustizia»89. Abbiamo quindi una Iustitia raffigurata senza spada, a segno del suo assoluto rifiuto di una pena basata sulla vendetta e sull’afflizione, poiché questo era stato, fino ad allora, il messaggio veicolato dal simbolo posto nelle

86 B. MANDEVILLE, The fable of the bees: or private vices, public benefits, tr. it. di C. Parlato Valenziano, Boringhieri, Torino 1961, p. 26.

87 La lettera si può leggere in P. VILLARI, Le Opere di Cesare Beccaria, precedute da un discorso sulla vita e le opere dell’autore, Le Monnier, Firenze 1854, p. 551.

88 G. PALUMBO, Le porte della storia. L’età moderna attraverso antiporte e frontespizi figurati, Viella, Roma 2012, p. 384.

sue mani: «era stato coi patiboli e con le teste mozzate che il potere politico aveva garantito l’offerta della sicurezza alla popolazione»90.

Come è noto, l’opera di Beccaria ebbe circolazione e successo ove il dibattito illuminista era più forte e seguito91 per la sua proposta di abolizione non solo della tortura e delle pene crudeli ma della stessa pena di morte; con essa anche l’immagine ivi contenuta della giustizia sprovvista di spada iniziò a diffondersi sempre di più, suscitando anche reazioni avverse, atte a disconoscere il nuovo valore simbolico che la raffigurazione portava in sé. Ne è un esempio l’immagine della giustizia illustrata nel saggio92 di Francescantonio Pescatore (Fig. 21), che torna nuovamente ad essere armata di una spada resa luminosa sia da una piccola lucerna, sia dai raggi del sole che sorge alle spalle del trono su cui siede. Il significato al quale si allude è inciso nella pietra che orna il trono stesso: «Non sine causa gladium portat» - “non senza causa porta la spada”.

Un altro simbolo che ha subito una mutazione è quello della bilancia. Come abbiamo visto, nella sua originaria connotazione essa era ritratta nell’atto di soppesare qualcosa oppure, in palese squilibrio, per esplicitare la dicotomia tra il giusto e il cattivo, il bene e il male. In seguito, invece, i due lances vuoti e perfettamente allineati, vettori dell’equilibrio, furono utilizzati per esprimere l’uguaglianza e, dunque, la necessità che la giustizia, virtù dell’aequitas, fosse amministrata in modo eguale, paritario, senza distinguere ricchi e

90 A. PROSPERI, Giustizia bendata, cit., p. 211.

91 Successo favorito anche dal commento al libro di Beccaria espresso da Voltaire, il più celebre intellettuale illuminista del tempo. In proposito si veda VOLTAIRE, Commentario intorno al libro Dei delitti e delle pene, in Scritti politici, a cura di R. Fubini, Unione Tipografico Editrice Torinese, Torino 1964, p. 607 s.

92 F. PESCATORE, Saggio intorno diverse opinioni di alcuni moderni politici sopra i delitti e le pene, presso Giammichele Briolo, Torino 1780.

potenti da poveri e sconosciuti. Con ciò la bilancia dismette il duplice compito distributivo e retributivo consistente nell’assegnare a ciascuno il suo – come nella giustizia raffaellesca sopra esaminata – sulla base dei meriti e delle colpe del singolo, mentre i suoi diritti e obblighi rimanevano ancorati ad un contesto sociale medievale permeato da differenze fondate e insuperabili. D’ora in poi sarà invece preordinata a garantire «l’imperturbata e serena applicazione di un codice interno a colei che impugnava la bilancia: la Legge»93, conformemente alla nascente concezione illuminista per cui le pene avrebbero dovuto essere uguali per tutti e regolate dal principio impersonale della proporzione tra delitto e sanzione94.

Intanto, nei secoli precedenti anche il simbolo della benda ha avuto un mutamento di significato, passando da negativo a positivo. Così ha fatto l’edizione della Wormser Reformation – la Costituzione penale di Worms – pubblicata da Christian Egenholf a Francoforte nel 1531 95 . In quest’opera, l’incisione riccamente decorata del frontespizio (Fig.22) raffigura l’immagine di una giustizia bendata in posizione dominante, perché in pedi sopra un basamento, al di sotto del quale tre donne con in braccio altrettanti neonati appaiono sorridenti sotto la sua protezione; essa reca anche i simboli della spada e della bilancia, quest’ultima dai piatti in perfetto equilibrio, a simboleggiare la neutralità della sua posizione, indifferente alla ricchezza o alla povertà dei due personaggi posti ai lati,

93 A. PROSPERI, Giustizia bendata, cit., p. 220.

94 L’affermazione più solenne del principio della proporzionalità è fornita dalla Rivoluzione francese, più precisamente nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1793, in cui all’articolo 15 si legge che «la legge deve stabilire soltanto pene strettamente necessarie; le pene debbono essere proporzionali al delitto e utili alla società».

95 Cfr. E. PANOFSKY, Studi di iconologia. I temi umanistici nell’arte del rinascimento, Einaudi, Torino 1975, p. 151.

rispettivamente un sovrano sulla sinistra e un contadino sulla destra. Con ciò la benda è posta a garanzia dell’imparzialità del giudice, affinché ogni individuo sappia che «la nuova Giustizia penale non vi guarda più, non vi riconosce, quindi non saprà chi siete quando verrete in giudizio»96. Tale passaggio da segno di accecamento – ostacolo imposto da altri allo sguardo della giustizia – ad attributo nobilitante – liberamente assunto e orgogliosamente esibito, emblema dell’imparzialità di un potere superiore –, è legato ad un innovativo avvenimento istituzionale dell’epoca: «il rafforzamento dello Stato come organizzazione accentrata del potere politico e giuridico»97.

Si assiste, perciò, all’affermazione del potere di giudicare come prerogativa esclusiva dell’autorità centrale dello Stato e al passaggio dalle consuetudini processuali locali al diritto comune. E ciò fa capo a un preciso momento di svolta nello sviluppo del diritto in Germania, ovvero all’imposizione, grazie anche alla diffusione dell’Umanesimo, di un diritto penale scritto – sul modello della Costituzione Criminale Carolina98 – al posto delle forme tradizionali di giustizia consuetudinaria.

Si diffonde quindi una nuova concezione del diritto, il quale ha ora la capacità di sottrarre «il giudice alla rete delle relazioni sociali dei luoghi e alla corruzione che ne conseguiva»99; ecco che, in un

96 M. SBRICCOLI, La benda della giustizia, cit., p. 195. 97 T. GRECO, Senza benda né spada, cit., p. 112.

98 Promulgata dall’imperatore Carlo V nel 1532 in Germania, questa compilazione di diritto penale aveva lo scopo di uniformare, sulla base del diritto romano e canonico, il diritto penale nell’Impero, anche se venne recepita anche oltre i confini territoriali dello stesso, soprattutto in aree che in passato erano state imperiali. Si veda in proposito M. Sbriccoli, La benda della giustizia, cit., p. 194, n. 109.

siffatto contesto, non vi poteva essere simbolo migliore della benda posata sul volto della giustizia per garantire l’imparzialità del giudice.

2.2 La dimensione satirico-caricaturale dell’iconografia del