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Educazione all’incontro

LINGUISTIC TURN E ICONIC TURN

2.1 Beyond text in legal education

2.1.2 Educazione all’incontro

La seconda fase dell’esperimento si propone di studiare l’atteggiamento e le reazioni delle persone nel momento in cui si rapportano le une con le altre secondo approcci diversi da quelli consueti e familiari. Con specifico riferimento all’ambito giuridico, l’obiettivo di queste attività è quello di porre in discussione l’idea in

337 S. WEIL, Attesa di Dio, tr. it di J.M. Perrin, prefazione di L. Boella, Rusconi, Milano 1999, p. 83 s.

338 T. GRECO, Senza benda né spada. L'immagine weiliana della giustizia, cit., p. 115.

339 Cfr., Z. BANKOWSKI, M. DEL MAR, The Moral Imagination and the Legal Life. Beyond Text in Legal Education, cit., p. 16.

base alla quale il professionista, in quanto possessore di conoscenze giuridiche che altri non hanno, sia in grado di controllare e addirittura manipolare la relazione con i clienti ed i suoi sottoposti341. In pratica, il lavoro è stato impostato in maniera da agevolare comportamenti caratterizzati da eguaglianza e interazione piuttosto che da controllo, autorità e persuasione. Vale la pena di sottolineare, inoltre, che lo scopo avuto di mira non è di offrire dei modelli precisi attraverso cui instaurare relazioni eticamente ideali, bensì quello di fornire ai partecipanti l’opportunità di incontrare l’altro in modi che non sono familiari se calati nel contesto delle professioni legali: proprio la sensazione di smarrimento che ne consegue è il fulcro di questa parte dell’esperimento.

Ecco alcuni esempi di tali attività rivolte ad educare all’incontro342:

341 Il riferimento va all’affermazione di R. Wasserstrom per cui l’ambiente di lavoro del professionista in materie giuridiche, è caratterizzato non solo dalle diverse modalità comportamentali con cui gli operatori del diritto interagiscono tra loro, ma anche dal tipo di interazioni che quotidianamente questi hanno con chi è al di fuori di tale ambito professionale, ad esempio i clienti. L’Autore evidenzia come quest’ultimo tipo di relazione sia molto iniquo, poiché il cliente è in una posizione di dipendenza dal suo avvocato data la specifica conoscenza giuridica del professionista. Ne risulta, paradossalmente, che «l’avvocato pur essendo interessato a risolvere la situazione problematica in cui versa il suo assistito, non è capace di vedere quest’ultimo prima di tutto come una persona che deve essere trattata con il rispetto e la dignità che le spetta di diritto» (R. WASSERSTROM, Lawyers as professionals: some moral issues, in “Human Rights”, vol. 5, n. 1, 1975, p. 16). In sostanza, il rischio è che l’avvocato assimili il suo assistito all’astratta fattispecie processuale da risolvere, perdendo di vista la particolarità e – l’umanità – del singolo caso concreto.

342 Per una descrizione di tutti gli steps che hanno scandito la seconda fase del progetto, cfr., Z. BANKOWSKI, M. DEL MAR, The Moral

Imagination and the Legal Life. Beyond Text in Legal Education, cit., p. 57 s.

• i partecipanti sono stati divisi in coppie, disposti uno accanto all’altro, con un grande foglio di carta bianca di fronte a loro. Un componente della coppia teneva in mano una matita e l’altro guidava la sua mano disegnando sul foglio bianco. Questo tipo di attività, è stata svolta in quanto l’incontro con il corpo di un altro individuo richiede fiducia, eguaglianza, interazione e la volontà di non controllare i risultati; tale considerazione è molto importante perché è precisamente nella mutua vulnerabilità che le persone si avvicinano alla percezione della particolarità di ciascuno;

• attingendo a tre scatole contenenti vari tipi di materiali, è stato chiesto ai presenti, divisi in due gruppi, di creare un’istallazione all’interno di uno spazio ben delimitato senza comunicare reciprocamente in modo verbale. Curiosamente, professionisti che normalmente dominano la conversazione, data la loro capacità di trasformare celermente pensieri in parole, sono rimasti in disparte: il compito affidato loro ha evidenziato le difficoltà insite nel cambiare l’approccio con l’altro;

• da ultimo, ai partecipanti, divisi nuovamente in coppie e posizionati l’uno di forte all’altro, è stato domandato di disegnare il corpo dell’altro in modo simultaneo su un pannello di plexiglas trasparente collocato fra loro. I soggetti hanno notato come non fosse affatto semplice coordinarsi con le azioni del proprio compagno, atteso che, per disegnarsi vicendevolmente, era necessario che si muovessero entrambi. Le linee prodotte dal pennarello risultavano errate, alcune erano discontinue, altri tratti – come il naso, gli occhi o la bocca – erano sovrapposti e tutte le proporzioni distorte. Ad ogni modo, sebbene lo scopo non fosse principalmente quello di porre i partecipanti dinanzi al fallimento tecnico del proprio lavoro, bensì di

consentire il confronto tra le particolarità fisiche di ciascuno, alla fine le difficoltà insite nell’attività di riproduzione del corpo altrui hanno avuto un ruolo chiave poiché hanno permesso di rivelare, per il tramite della creazione artistica, come le forme in cui gli individui percepiscono gli altri siano inevitabilmente e necessariamente limitate.

Alla base della scelta di intitolare questa seconda parte dell’esperimento “educazione all’incontro”, vi è l’intento degli ideatori di far riferimento alla concezione gadameriana dell’incontro, secondo la quale esso crea di per sé un’apertura ontologica: un rapportarsi all’altro in modo dialettico e profondo per cercare di capire pienamente la verità di cui l’altro è portatore343. In tal senso, l’incontro diviene il momento in cui l’individuo sperimenta sia il coinvolgimento con l’altro, sia una parte di ciò che Gadamer chiama tradizione, ossia quell’insieme di oggetti e fatti del passato che hanno contribuito a modellare la personalità e la cultura di ognuno di noi344. L’incontro, dunque, viene ad assumere un ruolo di primario rilievo, in quanto permette di analizzare la tradizione, confrontandola con quella di cui l’altro è portatore, così da scoprire nuovi orizzonti345. L’educazione all’incontro, in conclusione, è funzionale a scardinare le convinzioni e i pregiudizi propri di ogni individuo attraverso il confronto e il dialogo con l’altro346.

343 Cfr., ibidem, p. 68. 344 Ibidem.

345 Cfr. H. G. GADAMER, Truth and method, tr. a cura di J. Weinsheimer e D. G. Marshall, Continuum, London 2004, p. 305.

346 Cfr. Z. BANKOWSKI, M. DEL MAR, The Moral Imagination and the Legal Life. Beyond Text in Legal Education, cit., p. 69.

2.1.3 Vulnerabilità, capacità percettiva e diritto: l’esito