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Bilancio complessivo delle novità legislative.

CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO E PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO

C) Quello che non può invece mai essere consentito è lo

6. Le modifiche introdotte dalla legge 69/2009 e i loro effetti sull’attuazione del principio del contraddittorio nella consulenza

6.4. Bilancio complessivo delle novità legislative.

A conclusione dell’indagine, si deve prendere atto che nell’introdurre queste novità il legislatore ha colto con lucidità il cuore del problema, ponendosi nella giusta prospettiva di espandere al massimo la tutela del diritto di difesa, attraverso un rafforzamento del contraddittorio.

Certo, alla base della riforma stanno anche ragioni connesse a profili diversi. Per esempio, non vi è dubbio che, attraverso l’introduzione delle anticipazioni e dell’articolato subprocedimento di cui si è detto, si miri anche a un obiettivo di economia processuale: la razionalizzazione della tempistica e la previsione di una dialettica destinata ad attuarsi attraverso

128 In questo senso, v. POTETTI, Novità e vecchie questioni in materia di consulenza

precise scansioni processuali consente senz’altro di coordinare al meglio valutazioni tecniche e giuridiche, di pervenire a decisioni più tempestive e informate e di prevenire inutili complicazioni.

Ma non vi è dubbio che fra i motivi ispiratori primari debba essere annoverata la tutela del principio del contradditorio, percepita come decisiva non soltanto su un piano generale, ma anche con specifico riferimento a questo peculiare mezzo di prova129.

Si può dire che la disciplina processuale consenta oggi alla consulenza tecnica di nascere, svilupparsi e completarsi attraverso un percorso nitido e razionale, nel quale le parti dispongono di ampie facoltà per esplicare il proprio diritto di difesa.

Restano le insuperabili incognite di un mezzo di prova che, per sua natura, costringe a spingersi su un terreno doppiamente valutativo: da un lato si richiedono al giudice delicate scelte sul piano della compatibilità del mezzo istruttorio (sia in generale, sia con riferimento ai quesiti specifici) con i principi del processo dispositivo; dall’altro le conclusioni che potranno trarsi dalla relazione, per quanto ampiamente dibattute, conserveranno un margine di soggettività, inevitabile se si considera che ciò che si chiede al

129 Così RADOS-GIANNINI, La consulenza tecnica nel processo civile, cit., pp. 109-

110. Proprio per questa ragione in dottrina da più parti si erano apprezzati i tentativi di “procedimentalizzazione del contraddittorio tecnico” posti in essere dalla giurisprudenza già prima della riforma: cfr. SCOTTI, Contributo tecnico giuridico nel processo e discorso

fra le due culture, in Dir. Giur. 1995, 1052; ANSANELLI, Problemi di corretta utilizzazione della prova scientifica, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 2002, 1333.

consulente è in definitiva di formulare un’opinione (ancorché qualificata e debitamente argomentata).

Ma tutto ciò ci dice semplicemente che tutti i soggetti coinvolti debbono essere consapevoli che la consulenza tecnica è uno strumento da maneggiare con cura, che non si presta a facili scorciatoie o automatismi: in tanto sarà possibile pervenire a risultati congrui con i principi fondamentali del sistema in quanto giudice, consulente e parti siano in grado di fornire un contributo competente e consapevole, rifuggendo da soluzioni superficiali adottate indiscriminatamente per la generalità dei casi e sforzandosi di calare l’istituto nel concreto contesto degli elementi di fatto e di diritto di quella specifica causa nella quale esso è chiamato ad intervenire.

CONCLUSIONE.

L’articolato percorso che abbiamo seguito ha inevitabilmente individuato alcune zone grigie che possono prestarsi a chiavi di lettura alternative, ma ha comunque consentito di raggiungere una conclusione piuttosto chiara.

Intanto, al di là del formale inquadramento dogmatico della species consulenza tecnica d’ufficio all’interno del genus dei mezzi istruttori, occorre prendere atto che - se sarebbe eccessivo parlare di vera e propria anomalia dell’istituto - legislatore, dottrina e giurisprudenza convergono nel segnalarne quanto meno la peculiarità.

Anche tenendo conto dei diversi approcci possibili, è unanime la riflessione su quello che, semplificando al massimo, può definirsi “il” problema: come conciliare uno strumento istruttorio officioso (e, per di più, particolarmente penetrante) con la tendenza “dispositiva” che ispira il sistema processuale civile?

Si percepisce chiaramente che la riflessione sui limiti di legittimità delle scelte operate dal giudice in materia di consulenza tecnica d’ufficio non è ancorata a un rigido formalismo (come si è visto, soprattutto la giurisprudenza ha adottato un approccio alquanto “elastico” rispetto a possibili limiti temporali e contenutistici di ammissibilità e di utilizzabilità) ma si spinge piuttosto sul versante di quella che, mutuando il termine dal diritto costituzionale, abbiamo chiamato “ragionevolezza”: in tanto può giustificarsi un incisivo intervento del giudice sul terreno probatorio (svincolato da preclusioni e decadenze, sia all’interno del grado che nei giudizi di impugnazione) in quanto lo stesso si riveli compatibile con i delicati equilibri generali del sistema dispositivo, imperniati su regole di allegazione e di iniziativa probatoria che pongono in primo piano l’attività

delle parti.

E lo stesso legislatore, più che porre paletti particolarmente stretti e vincolanti sul piano dei contenuti, sembra essersi preoccupato di ragionare sul percorso attraverso il quale la consulenza vedrà la luce, si svilupperà e giungerà a definizione, in modo da ampliare al massimo le potenzialità di

interazione fra i soggetti coinvolti e di garantire che l’ampiezza quantitativa e qualitativa dei contributi di tutti funga da adeguato contrappeso a possibili distorsioni applicative.

Ecco dunque che, come accade molto spesso nelle riflessioni giuridiche, il problema è destinato a trovare la sua soluzione attraverso un sofferto processo dialettico fra due esigenze contrapposte, entrambe meritevoli di tutela: da un lato preservare il principio dispositivo che caratterizza così marcatamente il disegno del legislatore processuale, dall’altro individuare quelle situazioni che non solo consentono, ma impongono questa particolare integrazione officiosa, non tanto nell’ottica della ricerca della verità quanto con l’obiettivo di arrivare dove le parti – per la natura dei mezzi di prova a loro riservati – non possono arrivare.

E, se si prescinde da enunciazioni talmente generali da risultare ovvie e ben poco utili, è perfino difficile individuare nel panorama giurisprudenziale specifici principi di diritto che possano valere da punto di riferimento per la generalità dei casi: se si parte dal presupposto che i due valori in conflitto sono destinati a convivere e a bilanciarsi a seconda delle situazioni sottostanti, è evidente che il vero terreno sul quale si gioca la legittimità di questa “incursione” officiosa è l’analisi del caso concreto.

Questo è in definitiva l’unico “principio” che può e deve fungere da guida: non esiste una risposta giusta o sbagliata in assoluto, ma una risposta giusta o sbagliata a quello specifico caso sottoposto alla cognizione

del giudice, il quale dovrà operare la sua scelta sulla base di una concreta riflessione ispirata a quell’equilibrio tendenziale di cui si è detto, e non di vincoli formali generali e astratti.

Ecco perché la consulenza tecnica d’ufficio rappresenta un banco di prova particolarmente interessante. Essa incarna in modo esemplare quella che dovrebbe divenire auspicabilmente sempre più la spina dorsale del giusto processo e cioè lo sforzo del giudice di uscire da automatismi formali poco ragionevoli e sostanzialmente ingiusti e aprire lo sguardo a una ragionata visione d’insieme.

È inutile dire che decisioni di questo tipo sono tutt’altro che facili: è certamente molto più comodo disporre di un automatico “test” di carattere formale idoneo a fornire una rapida e univoca soluzione. Ma si tratta di un approccio sicuramente stimolante, in grado di valorizzare al massimo la professionalità del giudice e di produrre risultati davvero appaganti, facendoci apprezzare tutte le potenzialità di questo mezzo istruttorio così singolare, ma anche così insostituibile.

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