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L’anticipazione del dibattito sulle conclusioni del consulente.

CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO E PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO

C) Quello che non può invece mai essere consentito è lo

6. Le modifiche introdotte dalla legge 69/2009 e i loro effetti sull’attuazione del principio del contraddittorio nella consulenza

6.3. L’anticipazione del dibattito sulle conclusioni del consulente.

Analoga tecnica anticipatoria è stata utilizzata dal legislatore del 2009 rispetto al dibattito che le parti hanno la facoltà di promuovere rispetto alle conclusioni raggiunte dal consulente.

Abbiamo già avuto modo di rilevare che, mentre in passato il consulente d’ufficio (pur confrontandosi con i consulenti di parte nel corso di tutte le operazioni peritali) a indagine esaurita procedeva senz’altro al deposito della relazione, sulla quale si instaurava dunque soltanto un dibattito ex post, il nuovo testo dell’art. 195, 3° comma, c.p.c. introduce una sorta di subprocedimento intermedio, attraverso il quale le parti (tramite i propri consulenti) possono far pervenire le proprie osservazioni prima che si proceda alla stesura definitiva della relazione.

La norma nella sua nuova formulazione prevede infatti che “la relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza” resa all’udienza di conferimento dell’incarico. “Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse”.

Dunque esaminando la norma si evince che il giudice è tenuto ad assegnare tre termini:

- il primo al consulente per la trasmissione della relazione alle parti;

- il secondo alle parti per la trasmissione al consulente delle loro osservazioni;

- il terzo, anteriore alla successiva udienza, al consulente per la formulazione delle sue sintetiche valutazioni sulle osservazioni delle parti e il deposito della relazione, delle osservazioni delle parti e delle sue valutazioni in cancelleria.

Il secondo ed il terzo termine saranno ovviamente assai più brevi del primo, avendo avuto modo sia il consulente che i Consulenti tecnici di parte di confrontarsi sui temi controversi già nel corso dell’espletamento delle attività peritali ed essendo già stata redatta la relazione conclusiva. I termini assegnati al consulente sono ordinatori, fermo restando che la proroga del primo – che deve essere disposta dal giudice su istanza del consulente -, non può che determinare la necessità di prorogare a catena gli altri due. L’omesso rispetto dei termini da parte del CTU, come noto, non determina alcuna nullità né decadenza, ma costituisce motivo per addivenire alla sostituzione del CTU e, comunque, nei casi più gravi, illecito disciplinare124. E’ invece da ritenersi che l’omesso rispetto ad opera delle parti del termine intermedio loro assegnato determini decadenza dal diritto di depositare le osservazioni, poiché, mentre lo svolgimento della consulenza,

una volta ammessa e salva revoca, è attività processuale sottratta al principio dispositivo, ad impulso officioso e dunque necessaria, l’interlocuzione delle parti al suo interno soggiace a quel principio e dunque ai connessi limiti normativi. Dovrebbe dunque trovare applicazione, al riguardo, l’istituto della rimessione in termini (art. 184 bis c.p.c.). L’omessa concessione alle parti del termine per il deposito delle loro osservazioni dovrebbe determinare la nullità ed inutilizzabilità della relazione, mentre il deposito delle repliche da parte del consulente tecnico d’ufficio si configura, correlativamente, come un suo preciso obbligo125.

Ritornando ai termini assegnati dal giudice, ed in particolare al primo termine, occorre segnalare che, dal punto di vista terminologico il documento trasmesso alle parti è già una “relazione” a tutti gli effetti; ma è agevole comprendere che si tratta, se non di una “bozza” preliminare, quanto meno di un documento suscettibile di revisioni, proprio in funzione delle osservazioni “intermedie” che le parti sono autorizzate a proporre.

Si tratta di una modifica importante per due diverse ragioni.

In primo luogo, come si è avuto modo di segnalare già in questo capitolo, l’anticipazione del contributo critico delle parti può concretamente produrre effetti molto più incisivi di quanto possa accadere in un dibattito ex post. Anche da un punto di vista puramente psicologico, il consulente d’ufficio si trova ancora in una fase di elaborazione del testo definitivo e

125 MAMBRIANI, Appunti in tema di consulenza tecnica nel processo civile. Il ruolo del

può essere più incline ad accogliere proposte di modifica rispetto a quanto non possa accadere a relazione ormai consolidata.

In secondo luogo, dal fatto che il termine per il deposito della relazione definitiva debba comunque precedere l’udienza successiva discende una potente espansione del diritto di difesa delle parti, perché esse potranno valorizzare davanti al giudice: a) le osservazioni già formulate al consulente rispetto alla relazione provvisoria; b) le ulteriori osservazioni che si rendesse necessario formulare rispetto alla relazione definitiva, soprattutto con riferimento all’attendibilità della “sintetica valutazione” del consulente d’ufficio rispetto alle obiezioni delle parti.

Il dibattito che si svolge all’udienza viene visibilmente arricchito da questa procedura.

Con il vecchio sistema, le parti erano costrette a sottoporre direttamente al giudice le loro prime osservazioni alla relazione e il giudice era chiamato ad esaminarle fuori dal contesto propriamente “tecnico” della consulenza: è facile comprendere che obiezioni specialistiche anche serie, approfondite e ben argomentate non potevano essere esaminate con cognizione di causa dal giudice, il quale, non disponendo delle competenze per valutarle nel merito, si trovava di fronte alla discutibile alternativa di convocare automaticamente il consulente d’ufficio a chiarimenti, ovvero di disattenderle dopo una disamina che sarebbe eufemistico definire superficiale.

Oggi invece il giudice può esaminare anche le risposte del consulente d’ufficio alle osservazioni e le ulteriori critiche che le parti muovono proprio a quelle risposte: ed è facile comprendere che in un contesto del genere il giudice può esercitare appieno il suo ruolo di peritus peritorum, vagliando la tenuta logica delle argomentazioni che il consulente ha utilizzato prima per giungere alle conclusioni e poi per difenderle dalle critiche delle parti.

Ed è chiaro che una replica poco convincente (o addirittura inesistente126) alle osservazioni delle parti di regola indurrà il giudice a disporre ulteriori approfondimenti, proprio per evitare che la sentenza si fondi su conclusioni tecniche priva di adeguato supporto argomentativo.

Vi è anche da dire che prima della riforma si era creata una certa confusione sulla tempistica e sulle modalità con le quali i consulenti di parte potevano introdurre nel processo i loro elaborati e, più in generale, le loro osservazioni critiche. Non erano mancate posizioni contrastanti, alcune delle quali di (forse troppo) ampia apertura, in base a cui era sostanzialmente consentito l’esercizio della facoltà di critica senza limiti di tempo, anche in sede di comparsa conclusionale e perfino da parte del solo difensore, nel caso di assenza di un consulente di parte127.

126 Nonostante la diversità di procedura rispetto al passato, non è infrequente registrare

apodittiche difese d’ufficio della relazione da parte del suo estensore, il quale si limita a “confermare integralmente” quanto già esposto, senza entrare nel merito specifico delle critiche che gli vengono sottoposte.

Queste oscillazioni erano in qualche misura incentivate da una disciplina che era effettivamente carente sul piano dell’attuazione del contraddittorio tecnico, tanto più con riferimento alla fase che precede il deposito della relazione. La nuova disciplina, nell’esaltare il contributo dei consulenti tecnici di parte e nello scandire con precisione il loro ruolo e le loro modalità di partecipazione al dibattito lungo tutto il corso delle operazioni peritali, ha indubbiamente il merito di relegare in secondo piano questo tipo di problematica e di rendere non più necessarie forzature dilatorie per le quali oggi non esiste una concreta ragione di sostegno128.