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maggio u.s La prof Vanda BONIZZI, Preside della scuola Media Statale “Alberto Pio” sita in Carpi sulla Piazza S Nicolò, inviava a codesta amministrazione una lettera con cui lamentava che il Vespasiano,

Media per mese all'interno dell'anno

Il 3 maggio u.s La prof Vanda BONIZZI, Preside della scuola Media Statale “Alberto Pio” sita in Carpi sulla Piazza S Nicolò, inviava a codesta amministrazione una lettera con cui lamentava che il Vespasiano,

installato proprio a ridosso dell'ingresso dell'Istituto, era divenuto luogo di convegno abituale di omosessuali che, oltre a recar insulto alla morale con le loro sconcezze, avevano perfino infierito a sassate contro le finestre della scuola,, perché infastiditi dalla luce che i bidelli avevano acceso per le consuete pulizie.

La prof. Bonizzi, rimasta inascoltata da parte di codesto Ufficio, ha rivolto a questo Commissariato le sue rimostranze, e si è potuto constate quanto fossero fondate, perché nel giro di una diecina di giorni ben 14 invertiti sono stati sorpresi nel luogo in questione a compiere atti innominabili, deferiti al Magistrato in stato di arresto e tutti condannati con pene rilevanti.

La cittadinanza ne è stata informata dalla pubblica stampa e non ha mancato di far presente a quest'Ufficio il proprio consenso e il più vivo compiacimento per l'opera moralizzatrice svolta dalla P.S. A tutto favore della città di Carpi, messa purtroppo in così cattiva fama da invertiti delle più lontane provenienze per la notorietà che fra loro aveva raggiunto il famigerato vespasiano eletto a comodo ricettacolo delle loro espansioni.

Siccome, nonostante l'energica azione repressiva svolta dalla Pubblica Sicurezza, non stante la pubblicità data sulal stampa agli arresti e alle condanne di tanti invertiti, già altri sono tornati a frequentare lo stesso locale, a causa della comodità che offre con la sua ubicazione, si rende indispensabile che si provveda al più presto alla sua demolizione. […]54

Tuttavia vi erano non poche persone che, aggirandosi per giardini, cinema e vespasiani, pur non commettendo reati, andavano colpiti per la loro condotta, cioè per il semplice fatto di essere in un luogo malfamato. Per ottemperare a ciò fu introdotta la legge 1423/1956.

b. Quando il fatto non costituisce reato. Uso della 1423/1956

La legge n. 1423 del 27/12/1956 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità) nasce per la gestione di quei comportamenti sociali considerati pericolosi per lo Stato e la società in generale. Per stessa ammissione dei legislatori si pone in continuità con il confino fascista, come previsto dal Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza del 1930, al quale fa riferimento e che integra sulla base delle nuove realtà istituzionali e legislative.

La suddetta legge è ancora in vigore, per quanto modificata in più parti e in più occasioni nel corso degli anni. Tuttavia non ha perso minimamente la sua natura, che è quella

54

ASMO – Prefettura – Gabinetto – Atti Generali 1862-1987 – Atti classificati secondo il titolario del 1963 (1963-1987). Anno 1965, Cat 12B, fasc. 2 “Moralità, buon costume e sicurezza pubblica”, sottofasc 1965/2222 “Carpi. Demolizione vespasiano”.

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di disporre un provvedimento di natura discrezionale da parte del questore, in mancanza di specifici reati che portino a pene di carattere detentivo.

Ma andiamo a vedere cosa dice la legge. Quello che qui offriamo è, per quanto è stato possibile, un recupero del testo originario, emendato delle successive modifiche:

LEGGE n. 1423 del 27/12/1956

Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità. (Gazz. Uff., 31 dicembre, n. 327)

Art. 1

Possono essere diffidati dal questore:

1) gli oziosi e i vagabondi abituali, validi al lavoro;

2) coloro che sono abitualmente o notoriamente dediti a traffici illeciti;

3) coloro che, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con il provento di delitti o con il favoreggiamento o che, per le manifestazioni cui abbiano dato luogo, diano fon- dato motivo di ritenere che siano proclivi a delinquere;

4) coloro che, per il loro comportamento siano ritenuti dediti a favorire o sfruttare la prostituzione o la tratta delle donne o la corruzione dei minori, ad esercitare il contrabbando, ovvero ad esercitare il traffico illeci- to di sostanze tossiche o stupefacenti o ad agevolarne dolosamente l'uso;

5) coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume. Il questore ingiunge alle persone diffidate di cambiare condotta, avvertendole che, in caso contrario, si fa- rà luogo alle misure di prevenzione di cui agli articoli seguenti.

Art. 2

Qualora le persone indicate nell'articolo precedente siano pericolose per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento mo- tivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo da uno a cinque anni, nel Comune dal quale sono allontanate.

Il contravventore è punito con l'arresto da uno a sei mesi.

Nella sentenza di condanna viene disposto che, scontata la pena, il contravventore sia tradotto al luogo del rimpatrio.

Art. 3

Alle persone indicate nell'art. 1 che non abbiano cambiato condotta nonostante la diffida del questore, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità, può essere applicata, nei modi sta- biliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza.

Alla sorveglianza speciale può essere aggiunto, ove le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di sog- giorno in uno o più comuni o in una o più provincie.

Nei casi di particolare pericolosità, può essere imposto l'obbligo del soggiorno in un determinato Comune.

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Il soggiorno obbligatorio è disposto in un comune o frazione di esso con popolazione non superiore ai 5 mi- la abitanti lontano da grandi aree metropolitane, tale da assicurarne un efficace controllo delle persone sottopo- ste alla misura di prevenzione e che sia sede di un ufficio di polizia.

Art. 4

Per l'applicazione dei provvedimenti di cui al precedente articolo, il questore nella cui Provincia la perso- na dimora, dopo che questa sia stata infruttuosamente diffidata, ne fa proposta motivata al presidente del tribu- nale avente sede nel capoluogo di Provincia.

Il tribunale provvede, in camera di consiglio, con decreto motivato, entro trenta giorni dalla proposta, con l'intervento del pubblico ministero e dell'interessato, osservando, in quanto applicabili, le disposizioni degli arti- coli 636 e 637 del Codice di procedura penale.

L'interessato può presentare memorie e farsi assistere da un avvocato o procuratore.

Ove l'interessato non intervenga ed occorra la sua presenza per essere interrogato, il presidente del tribu- nale lo invita a comparire e, se egli non ottempera all'invito, può ordinarne l'accompagnamento a

mezzo della forza pubblica.

Il provvedimento del tribunale stabilisce la durata della misura di prevenzione che non può essere inferio- re ad un anno né superiore a cinque.

Il provvedimento è comunicato al procuratore della Repubblica, al procuratore generale presso la Corte d'appello ed all'interessato, i quali hanno facoltà di proporre ricorso alla Corte d'appello, anche per il merito. [...]

Art. 5

Qualora il tribunale disponga l'applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all'art. 3, nel prov- vedimento sono determinate le prescrizioni che la persona sottoposta a tale misura deve osservare.

A tale scopo, qualora la misura applicata sia quella della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza e si tratti di ozioso, vagabondo o di persona sospetta di vivere con il provento di reati, il tribunale prescrive di darsi, entro un congruo termine, alla ricerca di un lavoro, di fissare la propria dimora, di farla conoscere nel termine stesso all'autorità di pubblica sicurezza e di non allontanarsene senza preventivo avviso all'autorità medesima.

In ogni caso, prescrive di vivere onestamente, di rispettare le leggi, di non dare ragione di sospetti e di non allontanarsi dalla dimora senza preventivo avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza; prescrive, altresì, di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, di non rincasare la sera più tardi e di non uscire la mattina più presto di una data ora e senza com- provata necessità e, comunque, senza averne data tempestiva notizia all'autorità locale di pubblica sicurezza, di non detenere e non portare armi, di non trattenersi abitualmente nelle osterie, bettole, o in case di prostituzione e di non partecipare a pubbliche riunioni.

Inoltre, può imporre tutte quelle prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale; ed, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più Comuni, o in una o più Province.

Qualora sia applicata la misura dell'obbligo di soggiorno in un determinato Comune, o del divieto di sog- giorno, può essere inoltre prescritto:

1) di non andare lontano dall'abitazione scelta senza preventivo avviso all'autorità preposta alla sorve- glianza;

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2) di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni indicati ed a ogni chiamata di essa.

Alle persone di cui al comma precedente è consegnata una carta di permanenza da portare con sé e da esibire ad ogni richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza.

Art. 6

1. Se la proposta riguarda la misura della sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, il presidente del tribunale, con decreto, nella pendenza del procedimento di cui al quinto comma dell'articolo 4, può disporre il temporaneo ritiro del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente.

2. Nel caso in cui sussistano motivi di particolare gravità, può altresì disporre che alla persona denunciata sia imposto, in via provvisoria, l'obbligo o il divieto di soggiorno fino a quando non sia divenuta esecutiva la mi- sura di prevenzione. [...]

Art. 8

I provvedimenti di assegnazione al confino emanati anteriormente all'entrata in vigore della presente leg- ge, sono sottoposti a convalida dell'autorità giudiziaria competente, secondo le norme della legge stessa. [...]

Art. 9

Il contravventore alle prescrizioni del decreto di sorveglianza speciale della pubblica sicurezza è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno. [...]

Art. 12

La persona sottoposta all'obbligo del soggiorno in un determinato Comune che contravviene alle relative prescrizioni è punita con l'arresto da tre mesi ad un anno. [...]

Art. 13

L'applicazione delle misure di prevenzione stabilite dall'art. 3 della presente legge importa gli stessi effetti conseguenziali prodotti dall'ammonizione e dall'assegnazione al confino secondo il precedente ordinamento.

I provvedimenti di carattere giudiziario, rispetto al vecchio confino fascista, erano sostanzialmente gli stessi, giusto aggiunta la possibilità compiere ricorso gerarchico presso il prefetto, ma poi vedremo con quali speranze. Sul piano procedurale invece il cambiamento era sostanziale. I colpiti dal provvedimento del confino non erano più sottoposti al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, come in epoca fascista, dove sedevano, con potere decisionale, figure politiche del tutto aliene agli ambienti giudiziari, come il membro della Milizia Volontaria, che partecipava di diritto alle condanne; ma la richiesta (motivata) di provvedimento era sottoposta dal questore al Tribunale ordinario, che decideva sulla base della reputazione, della condotta, dei precedenti del destinatario del provvedimento.

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Certo non era scontato che le richieste del questore venissero accolte Se noi osserviamo la tabella relativa agli anni 1966 e 1967, riportata nel secondo capitolo, notiamo come in quei due anni, su un totale di 135 proposte di sorveglianza speciale e confino nei confronti di omosessuali, i tribunali ne accolgono solo 102, rigettandone 33; vale a dire che in un caso su cinque la proposta veniva ritenuta priva dei presupposti.

Anche così la posizione assunta dai tribunali era molto severa. Osserviamo, per il caso specifico degli omosessuali, cosa avveniva per la diffida e il foglio di via attraverso il caso di un ricorrente al provvedimento, il cui ricorso fu rigettato. Per quanto riguarda il confino racconteremo due casi noti già dagli anni Settanta attraverso la pubblica opinione; le loro testimonianze offrono uno spaccato della vita di quanti si trovavano a vivere le situazioni più difficili.

Non avendo ritrovato il verbale dell'operazione di fermo, rileviamo quanto avvenuto dal provvedimento di diffida con foglio di via emanato dal Prefetto Rocco il 4 gennaio 1972:

Rilevato dagli atti d'Ufficio che stamane, alle ore 3,40, DI DIO Mariano, di […], nato a Marsala (Trapani) il […] 1950, residente a Molinella (Bologna) Via […], omosessuale, è stato qui accompagnato per accertamenti da Guardie di P.S. della Squadra Mobile in quanto sorpreso in questa Via Berengario, luogo di ritrovo di prostitute e omosessuali, unitamente a PADUAN Marco, di anni 30, residente a Bologna in Via […], omosessuale, entrambi travestiti da donna, in evidente attesa di occasionali clienti. 55

Notare che l'abbigliamento femminile, secondo il Questore, è già di per sé prova del fatto che i due si prostituiscono.

Poiché nel corso dei rispettivi interrogatori il Paduan ha ammesso di esercitare in ore serali l'omosessualità, accompagnandosi con uomini e di essere affetto da tale perversione da oltre due anni, mentre il Di Dio ha negato di esercitare tale attività e di travestirsi da donna solo per hobbj;

visto che, da informazioni assunte, il Di Dio risulta, invece, omosessuale e si sposterebbe da una città all'altra dell'Italia centro settentrionale per esercitare la prostituzione;

atteso che per quanto sopra il Di Dio è da annoverarsi fra coloro i quali svolgono abitualmente attività contraria alla morale e al buon costume (vedi art. 1 n. 5 della legge 27.12.1956 n. 1423), per cui si deve ragionevolmente ritenere che lo stesso i mezzi di sostentamento se li procura in tutto o in parte col ricavato della prostituzione;

55

ASMO – Prefettura – Gabinetto – Atti Generali 1862-1987 – Atti classificati secondo il titolario del 1963 (1963-1987). Anno 1972, Cat 12B, fasc. 7 “Persone socialmente pericolose”, sottofasc 1972/220/867.

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rilevato che il predetto non ha specifico motivo di rimanere a Modena, dove, peraltro, non è domiciliato né svolge alcuna attività lavorativa, per cui l'ulteriore sua permanenza in Modena costituisce in atto un vero e proprio pericolo per la moralità e sicurezza pubblica; letto l'art. 2 della legge 27.12.1956 n. 1423:

ORDINA

il rimpatrio coattivo di DI DIO Mariano a Molinella (Bologna) con diffida dal fare ritorno a Modena, senza la preventiva autorizzazione di questo Ufficio, per anni tre. [...]56

Di Dio presenterà ricorso gerarchico al Prefetto, che però chiede, per esprimersi, il parere allo stesso emanatore del provvedimento, ossia il Questore, che scrive:

Il DI DIO, nel ricorrere contro il provvedimento di cui in oggetto, ha assunto di abitare presso la famiglia della propria sorella e di non aver mai subito condanne penali, di non poter essere considerato ozioso e vagabondo abituale, ed ha precisato di svolgere una regolare attività lavorativa presso […], in Molinella-Via […]. Egli ha soggiunto che occupa il suo tempo anche preparandosi a sostenere gli esami di licenza liceale, ricevendo per tale motivo lezioni […]. A comprova delle sue asserzioni il DI DIO ha prodotto la documentazione allegata al ricorso stesso.

Egli, in sostanza, chiede l'annullamento del provvedimento impugnato, ritenendolo viziato da eccesso di potere perché insufficientemente motivato in ordine al presupposto di cui all'art. 1 della legge 27.12.1956 n. 1423 e perché, a suo dire, egli non ha dato manifestazioni concrete di pericolosità sociale.57

Il Questore, ovviamente, è di parere contrario e motiva la sua contrarietà in linea di diritto:

In contrasto alle argomentazioni addotte dal DI DIO Mariano si osserva che il provvedimento di rimpatrio obbligatorio è subordinato alle seguenti tre condizioni:

– che si tratti di soggetti espressamente indicati dalla legge;

– che essi soggetti siano pericolosi per la sicurezza pubblica e la moralità; – che si trovino fuori della loro residenza.

Ora, che si tratti per il DI DIO Mariano di persona indicata al n. 5 dell'art. 1 della citata legge, il quale tratta di “coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume”, sono i fatti stessi a confermarlo.

Il DI DIO venne sorpreso alle ore 3,40 di notte in questa Via Berengario, notoriamente frequentata da prostitute, invertiti e sfruttatori, mentre, vestito da donna [sottolineato nel testo], si trovava in evidente attesa di clienti su di un'auto, al bordo della quale, oltre al conducente, si trovavano il DI DIO e un certo PADUAN 56 Ibidem 57 Ibidem 161

Marco, di ignoto e di […], nato a VERONA il […] 1952, […], omosessuale, anch'egli vestito da donna, il quale ha ammesso francamente di esercitare in ore serali tale attività, accompagnandosi con uomini, soggiungendo di essere affetto da tale perversione da oltre due anni. Il fatto che il DI DIO abbia negato di essere omosessuale e di esercitare la prostituzione maschile non lo esime da una considerazione in senso contrario, sia perché le circostanze hanno smentito le sue asserzioni, sia perché la Questura di Bologna, telefonicamente richiesta di fornire le informazioni sul conto dei due predetti, ha fatto conoscere che entrambi colà risultano “noti omosessuali”.

Il DI DIO, di conseguenza, è da considerarsi tra le persone indicate al n. 5 dell'art. 1 della citata legge e la sua pericolosità sociale va proprio dedotta dalle concrete manifestazioni che egli ha offerto al momento in cui è stato sorpreso dalle Guardie di P.S. operanti, in relazione proprio al luogo, all'ora e al suo modo di comportarsi, manifestazioni che non possono non contrastare con la sicurezza e la moralità pubblica e dalle quali si desume la sua pericolosità sociale.

L'ultima delle condizioni, richieste dalla legge per l'applicazione del provvedimento con rimpatrio della diffida nei confronti del prevenuto, si rileva anch'essa dai fatti stessi; nessun dubbio invero che egli si trovava fuori dalla propria residenza senza alcun motivo lecito o plausibile.

In base a quanto sopra quest'Ufficio ritiene che nei confronti del ricorrente sussistano tutti i presupposti di legge perché sia mantenuto il vita il provvedimento d rimpatrio coattivo con diffida dal fare ritorno in questo Comune per anni TRE, senza espressa autorizzazione di questo Ufficio.

Si esprime quindi parere contrario all'accoglimento del ricorso ed a titolo di ulteriore conferma delle prove assunte si allegano nr 2 fotografie del prevenuto, vestito da donna (corsivo mio)58

.

Il domicilio coatto, insieme alla sorveglianza speciale, come da articolo 3, veniva comminato solo se la persona socialmente pericolosa continuava nel suo comportamento, magari nel suo comune di residenza, dal quale non poteva essere allontanato.

Dalle cifre riportate nel precedente capitolo non è possibile distinguere quanti, tra gli omosessuali, sorvegliati speciali, siano stati inviati anche al confino; e neanche quali fossero le motivazioni sufficienti per adottare quel provvedimento. Ci sono al momento note solo due testimonianze ufficiali, quelle di due transgender, due “travestiti”, che per loro stessa ammissione avevano esercitato la prostituzione e che per la loro condotta furono inviati al confino. Si tratta di Romina Cecconi, detta la Romanina, e di Antonio Caputo, detta Lola, che nei primi anni Settanta affidarono la loro testimonianza rispettivamente all'editore Vallardi e al settimanale Oggi59. Al tempo, non si era usi a distinguere tra omosessuali, prostituti e transgender, essendo tutti posti sul medesimo piano.

58

Ibidem 59

M. Smargiassi, Ero Romano, diventai Romina e l'Italia mi mandò al confino, in “La Repubblica”, 1° di- cembre 2002.

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Quello che colpisce, delle due vicende raccontate, è il clima di emarginazione sociale che, a loro dire, li ha condannati alla prostituzione, essendo loro impedito, dalla continua attività repressiva delle forze dell'ordine, di avere un lavoro ordinario, che finivano regolarmente col perdere, anche quando riuscivano ad averne uno. È quanto racconta nella sua biografia, rac- colta da Gabriella Romano, anche Lucy, un omosessuale bolognese, più volte vigilato dalla po- lizia fascista, che, negli anni Settanta, decide di cambiare sesso per amore60.

Dei due casi sopra menzionati, quello della Romanina è il più noto, perché divenne, grazie ai Radicali, un soggetto politico. Viene così raccontata sulle pagine di Repubblica nel 2002:

La storia della prima "trans" italiana. Cambiò sesso nel 1962

"Mi mandarono a Volturino di Foggia, ero meglio di Patty Pravo"

"Ero Romano, diventai Romina e l'Italia mi mandò al confino"

Oggi ha 62 anni: "Sono felice, ho fatto la scelta giusta"

BOLOGNA - Quando scese dalla corriera, tra vedove in nero e polli razzolanti, il paese intero trattenne il fiato. "S'aspettavano Romano, arrivai io: Romina". E che Romina: minigonna inguinale, stivali neri sopra il gi- nocchio, occhiale scuro, permanente platiné: "Ero meglio di Patty Pravo".

Lo sbarco di Romina Cecconi a Volturino di Foggia, dove una pudibonda Repubblica Italiana l'aveva spedita al confino al pari d'un mafioso, fu più o meno come l'arrivo di Boccadirosa nel paesino della canzone di