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nazisti 39 , non sono sfuggite le analogie tra il fenomeno della tratta delle bianche e la vicenda dei campi di concentramento del Terzo Reich, al punto da sottolineare

87 F Giovannini, cit., pp 5-6.

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f. Il caso Braibanti

Per narrare la vicenda di Aldo Braibanti, intellettuale omosessuale del Pci condannato a nove anni per plagio a causa della sua omosessualità, possiamo ripartire dal binomio comunisti-omosessuali espresso da Malaparte nella Pelle:

Quegli stessi nobili Narcisi [...] si atteggiavano ora ad esteti marxisti; e predicavano il marxismo come fino ad allora avevano predicato il più esaurito narcisismo, prendevano i motivi del loro nuovo estetismo in prestito a Marx, a Lenin, a Stalin, a Sciostakovic, e parlavano con disprezzo del conformismo sessuale borghese come di una deteriore forma di trozkismo. Si illudevano di aver trovato nel comunismo un punto d’incontro con gli efebi proletari, una complicità segreta, un nuovo patto di natura morale e sociale, oltre che sessuale. Da ennemis de la nature, come li chiamava Mathurin Régnier, erano diventati ennemis du capitalisme. Chi avrebbe mai pensato che tra le conseguenze di quella guerra sarebbe stata la pederastia marxista?88

Come è evidente, il pensiero espresso da Malaparte in queste righe è di una complessità che va ben oltre il semplice parallelo tra omosessualità e marxismo. Soffermiamoci su quest’ultimo, e osserviamo un battibecco tra l’autore e uno dei protagonisti, alcune pagine dopo: “I giovani come te credono che diventar pederasti sia un modo d’essere rivoluzionari”; al che questi risponde: “Vogliamo essere uomini liberi. E’ questo che tu chiami esser pederasti?”89.

Il pensiero non può che correre alle proposte di legge presentate a più riprese in Parlamento da Bruno Romano e da altri più di dieci anni dopo.

Tuttavia, non viene detto a chiare lettere che il vero bersaglio delle pro- poste di legge è davvero la concezione marxista della sessualità. Fatto sta co- munque che quest’ultima somiglia parecchio a quelle “adesioni concettuali e fi- losofiche” di cui si parla nel testo di presentazione, e che tanto premeva di com- battere ai deputati che presentano la proposta. Questa linea di pensiero sembrò trovare applicazione nella vicenda di Aldo Braibanti. ne daremo più ampio resoconto nel terzo capitolo, tra i “case studies”.

88 C. Malaparte, La pelle, Milano, Mondadori, 1991 (1978), p. 84. 89 ivi, p. 110.

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g. Il dibattito giuridico

Nella vicenda di Aldo Braibanti il reato di plagio viene usato strumentalmente per perseguire un omosessuale. Considerate le attinenze, perfino nel linguaggio con il progetto di legge più volte citato (che andremo tra breve ad analizzare), e considerata l'asprezza ella penna, sembrerebbe un capolavoro degno di Tartuffe, circoscritto a una congrega di sessuofobi astiosi. Alla luce di alcune dichiarazioni ritrovate in archivio possiamo invece parlare di una vera e propria strategia. Come rilevato anche da Johnson per il caso statunitense, era prassi comune quello che potremmo definire il “metodo Al Capone”: la persecuzione per un reato non dimostrato (o assente) attraverso un altro reato.

Questo pare essere l'assillo dell'autorità giudiziaria e delle forze di polizia attorno agli anni Sessanta. Le riflessioni dei funzionari di Pubblica sicurezza, gli articoli di stampa, ma anche i pensieri dei giuristi non si fanno scrupolo di evidenziare il problema. Si cita, una per tutte, la sintesi del discorso fatto dal Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Napoli in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Giudiziario 1961. L'argomento di cui si dibatte è l'aumento della criminalità legata all'abolizione della Legge Merlin, che aveva eliminato le case chiuse, ma non la prostituzione, che si era riversata per le strade, creando, a detta degli operatori di polizia, grandi problemi per il controllo della morale pubblica:

Porge poi motivo a gravi preoccupazioni il sensibile aumento che si registra nei reati contro la moralità pubblica e il buon costume, i quali da 1632 balzano a 2375, aumento che viene unanimemente collegato agli effetti deleteri che derivano, nel quadro della morale e in quello della sanità pubblica, dall'applicazione della legge 20 febbraio 1958, n. 75. Legge di cui recentemente anche in sede parlamentare è stata invocata una radicale revisione.

Alcune norme della legge stessa hanno dato luogo in sede giudiziaria a non poche difficoltà di interpretazioni.

Così la nozione di “prostituzione” in quanto, mentre è pacifico sia in dottrina che in giurisprudenza che costituisce prostituzione anche quella che si esercita tra persone del

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medesimo sesso, si discute se ad integrare la nozione stessa debba esigersi come elementi essenziale la venalità delle prestazioni sessuali90.

Vale a dire che si riflette sul fatto di considerare una forma di prostituzione il rapporto omosessuale in sé. Un problema che era stato superato, fin dal 1960, dalle circolari operative delle questure, che prescrivevano di comminare gravi sanzioni, come il foglio di via, nei confronti degli omosessuali, anche laddove non fosse individuabile nessun reato in atto91. Il vero problema però, come posto dai giuristi e dalle forze di polizia, era la mancanza di una specifica legge per punire gli omosessuali.

h. L’attività legislativa

Tra il 1960 e il 1963 vengono presentate tre proposte di legge che hanno come obiettivo quello di rendere l’omosessualità un reato. La prima risale al 22 gennaio 1960 e reca un titolo neutrale: Modificazione e integrazione del titolo IX,

capo II, del Codice penale. In realtà il testo della proposta è più chiaro: si tratta

di aggiungere nel Codice penale un articolo, il 527-bis, che punisca esplicitamente l’omosessualità:

Art. 527-bis. (Omosessualità). - Chiunque ha rapporti sessuali con persona dello stesso sesso è punito con la pena della reclusione da sei mesi a due anni e con la mul- ta da lire 10.000 a lire 100.000.

Se dal fatto deriva pubblico scandalo la pena è aumentata.

Se tra persone che hanno rapporti sessuali con persone dello stesso sesso vi siano uno o più minori di anni 18, la pena sarà aumentata nei confronti del maggiorenne e dei maggiorenni.

A dispetto della semplicità dell’articolo di legge, in questa proposta compare tutto quello che poteva servire per lanciare una vera e propria caccia

90 ACS, Ministero dell'Interno, Polizia Amministrativa, busta 233. “Andamento della criminalità durante l'anno 1960 nel distretto della Corte d'Appello di Napoli. (provincie di Napoli – Avellino – Benevento – Campobasso – Caserta e Salerno). Dal discorso del Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Napoli in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 1961. 91 ASNA, Questura, Massime (versamento 1999), busta 34, foglio 52. Sono le disposizioni impartite nel 1960 dal questore Angelo Musco.

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alle streghe. Come emerge dal testo, vengono punite in uguale modo l’omoses- sualità maschile e quella femminile per la semplice accusa di aver compiuto, an- che in privato, atti ai quali venga riconosciuto uno scopo sessuale. Costituiscono aggravanti il pubblico scandalo e la minore età di uno dei partner. Infine, per la denuncia, si procede d’ufficio92.

La PdL 1920/60, appena citata, supera per intransigenza perfino l’articolo di legge inserito nel progetto preliminare del Codice Rocco, nel quale si subordi- nava la pena al fatto che ci fosse pubblico scandalo. Quell’articolo era stato poi eliminato, ma non per questo si era rinunciato alla persecuzione degli omosessua- li, ricorrendo alla pratica del confino.

Nel 1960 si ritentava quindi un passo già compiuto a metà durante il fascismo, ma con un vigore rinnovato dal nuovo clima di epurazione in atto; tuttavia, con quali risultati? Dopo poco più di un anno Bruno Romano, del Psdi, presenterà una proposta di legge, la 2990/61, dal titolo Norme integrative del

Codice penale per la repressione della condotta omosessuale. In una esposizione

più articolata, Romano cita strumentalmente il Rapporto Kinsey per dimostrare “il dilagare di questa grave piaga sociale” e, inasprendo le pene, propone sostanzialmente la stessa legge presentata l’anno prima: 1) la denuncia d’ufficio e la condanna “alla reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 50.000 a lire 500.000”, la metà se minorenne; 2) in caso di rapporto con un minore di diciassette anni la pena va da cinque a dieci anni se l’altro partner è maggiorenne, la metà se minorenne; 3) Le pene sono raddoppiate se l’attore sottopone il soggetto a violenza fisica o lo rende inabile con l’uso di stupefacenti o di alcolici, o, ancora, se l’attore abusa della sua condizione di autorità, ricorre alla corruzione con denaro o dà luogo a pubblico scandalo; 4) viene punito con la reclusione da cinque a dieci anni anche “chiunque a mezzo della stampa, della radio televisione, del teatro, del cinema, di convegni o riunioni dovunque tenuti e di ogni altro sistema di propaganda e di diffusione, si renda promotore, organizzatore od esecutore di azioni e manifestazioni che abbiano come finalità l’apologia della condotta omosessuale”93.

92 Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, disegno di legge n. 1920 (22 gennaio 1960), pp. 1-