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ACS, Ministero dell'Interno, Gabinetto, busta 364 La rivista compare più volte menzionata nei sequestri.

nazisti 39 , non sono sfuggite le analogie tra il fenomeno della tratta delle bianche e la vicenda dei campi di concentramento del Terzo Reich, al punto da sottolineare

63 ACS, Ministero dell'Interno, Gabinetto, busta 364 La rivista compare più volte menzionata nei sequestri.

64 L’articolo è citato da: “Scienza e vita sessuale”: I piselli e la sessualità, in “Scienza e vita sessuale”, 1950 (I), pp. 80-82. Montanelli si era espresso come segue: “Improvvisamente vergognosi di non averlo considerato come tale, gl’Italiani hanno dunque scoperto il problema del sesso e ci si sono buttati dentro a capofitto, come i negri, quando la scoprono, si buttano a capofitto dentro l’acquavite”.

65 Il testo originale, in inglese, proviene della pagina della Humboldt-Universitaet di Berlino: <www2.hu-berlin.de/sexology/GESUND/ARCHIV/COLLGUY1.HTM>; cfr E. J. Haeberle, Human Rights and Sexual Rights: The Legacy of René Guyon in “Medicine and Law”, 1983, pp. 159-172.

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Voi non avete il diritto di sostituire attivo antagonismo ed ostracismo alla neutrali- tà che lo Stato deve a tutte le concezioni filosofiche ed etiche.66

Tali dichiarazioni, che a prima vista potrebbero sembrare una posizione astrattamente intellettuale, alla luce delle scoperte documentarie di questa ricerca prendono il sapore di una denuncia pubblica, accorata e vibrante, nei confronti della Società delle Nazioni, delle Nazioni Unite e della loro politica sulla morale.

La figura di Renè Guyon merita di essere meglio delineata, non fosse altro che per il fatto che il suo pensiero, espresso sul finire degli anni Quaranta, può a tutti gli effetti dirsi antesignano di quello dei movimenti di liberazione sessuale del Sessantotto. Egli è delineato in una breve biografia dallo storico E. J. Haeberle:

René Guyon (1876 -1963), in qualità di giovane avvocato e giudice, fu convocato dal Re- gno del Siam nel 1908 per prestare aiuto nella compilazione dei nuovi codici di legge. Divenne capo della commissione di revisione e, completati i lavori, pubblicò un rapporto dal titolo "The Work of Codification in Siam" (1919). Guyon compì viaggi in Europa e Asia, finché non fu eletto giudice nella suprema Corte di Appello di Bangkok, città dove passò il resto della sua vita. Guyon era persuaso della superiorità della cultura sessuale della Thailandia, rispetto a quella dell’Occi- dente europeo. Ha lasciato sul tema numerosi saggi di etica sessuale, criticando severamente i co- stumi sessuali occidentali. Ha inoltre condannato la Società delle Nazioni, accusandola di puritanesimo, così come ha criticato la Dichiarazione dei diritti umani dell’Onu, per il fatto di non far menzione dei diritti sessuali.

Numerosi sessuologi americani si sono interessati alle crociate morali di Guyon: tra que- sti, R. L. Dickinson, H. Benjamin, e A. Kinsey […].67

Ma per conoscere appieno il pensiero di Guyon, e perché i suoi seguaci in Italia fossero attentamente sorvegliati, vale di andare a leggere quello che è considerato il suo manifesto ideologico, “Human Rights and the Denial of Sexual Freedom” (1951), che può considerarsi una perorazione per le libertà sessuali, che aspira a modificare in tal senso la “Dichiarazione universale dei diritti

66 Dal manifesto per la Libertà Sessuale presentato all’O.N.U. dal prof. René Guyon, in “Sesso e libertà”, 1953, I, p. 21.

67 E. J. Haeberle, Human Rights, cit.

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umani”. Guyon propone di completare l'articolo 18, sulle libertà dell'individuo, come segue:

Everyone has the right to sexual freedom and the free disposal of his or her body to that end; and no person shall be molested, prosecuted, or condemned by the law for having voluntarily engaged in sexual acts or activities of any kind whatever, provided they are devoid of violence, of con- straint, and of fraud68.

Le posizioni di Guyon erano radicali: egli si esprimeva per la sessualità libera e priva di vincoli sociali, come il matrimonio o il celibato, con l'unica esclusione dei casi di stupro, violenza privata o frode, giungendo anche a mettere in discussione la definizione di “età del consenso”, ispirandosi in tale modo all'esperienza maturata nello studio dei costumi sessuali della Thailandia. Le teorie di Kinsey, al confronto, finivano per apparire un modello di moderazione.

Questo, in definitiva, il dibattito internazionale sulla sessualità nei paesi occidentali negli anni Cinquanta, così come ripreso dalla cultura italiana. E se in

Scienza e sessualità, orientata all'eclettismo, compaiono pressoché con-

temporaneamente articoli di Cesare Musatti, Agostino Gemelli e Nicola Pende (questi ultimi due esponenti di un pensiero tradizionale sulla sessualità), in Sesso

e libertà si propongono referendum fra i lettori su temi come "Siete favorevoli al

divorzio?", oppure articoli sulla parità della donna, contro il gallismo degli italiani, a favore degli omosessuali (maschi) e delle lesbiche, nonché inviti ad instaurare rapporti di amicizia tra lettori, su esempio di quanto compiuto all'estero. La rivista, insomma, si presentava come una rassegna di carattere divulgativo sulle questioni sessuali. Negli anni Cinquanta non poteva durare a lungo. E infatti quello stesso anno la rivista chiuse i battenti.

Sesso e libertà, come è facile immaginare, doveva aver suscitato qualche

clamore. Non sarà un caso se, in quegli stessi anni Curzio Malaparte comincia a scrivere Mamma marcia, che, come avevamo anticipato, nella sua seconda parte espone un trattato sull’omosessualità, intitolato, appunto, “Sesso e libertà”. In esso compare, specularmente alla caccia alle streghe in atto negli Stati Uniti, il bi-

68 Renè Guyon, Human Rights and the Denial of Sexual Freedom (1951), consultabile sul sito della Humboldt-Universitaet di Berlino alla pagina:

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nomio pederastia-marxismo, che peraltro era la chiave di lettura di altre opere di

Malaparte, come la commedia Du coté de chez Proust69.

e. Malaparte e l’omosessualità

Il Curzio Malaparte che ci capita solitamente di leggere è un Malaparte, per così dire, civile. Vi è invece un altro Malaparte, meno studiato, che spunta dalle pagine delle sue opere: è il fustigatore dei costumi, l’intransigente censore del comportamento degli omosessuali. Ma Malaparte, nella vita, è stato anche un uomo che faceva del dandismo una componente fondamentale del proprio aspet- to fisico, fino a subire la derisione dei suoi contemporanei, che poco apprezzava- no questa sua trasgressione alla norma.

Un elemento che i biografi gli riconoscono fin dall’età giovanile è il gusto per la provocazione. Il desiderio di provocare è probabilmente alla base degli at- tacchi, a metà degli anni venti, sferrati a personaggi omosessuali o, più semplice- mente, ai finocchi.

All’indomani della caduta del fascismo e dell’arresto, con l’accusa di esse- re stato un collaboratore del fascismo, e dopo aver ricoperto il ruolo di ufficiale di collegamento con gli Alleati a Napoli (esperienza intorno alla quale scriverà La

pelle), il nostro scrittore si trasferirà in Francia, dove cercherà di ripetere il

successo ottenuto in Italia, ma senza riuscirci. E’ di questi anni (del 1948 per la precisione) Du coté de chez Proust, commedia in un atto unico, che gli procurerà l’ostracismo degli ambienti culturali francesi. Episodio non citato a caso, se si tiene conto di quanto scriverà sugli ambienti parigini proprio in Mamma marcia.

A conferma di questa sua attenzione per le sottoculture omosessuali, pri- ma di iniziare Mamma marcia, scritto probabilmente attorno al 1952, Malaparte pubblica La pelle. In una Napoli liberata dagli Alleati, Malaparte incontra tutta una serie di figure che in quei giorni caratterizzavano la città partenopea; tra loro, una compagnia di omosessuali marxisti. Malaparte non si fa scrupolo di de- nigrare i pederasti, come lui si ostina a definirli:

69 L’opera è stata pubblicata in Francia, ma non in Italia. Cfr V. Baroncelli, Biliografia generale delle opere di Malaparte, in G. Grana (coordinazione di), Malaparte scrittore d’Europa. Atti del convegno (Prato 1987) e altri contributi, Marzorati/Comune di Prato, Prato, 1991, p. 286.

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Quegli stessi nobili Narcisi che [...] si erano atteggiati ad esteti decadenti, a ultimi rappresentanti di una civiltà stanca, sazia di piaceri e di sensazioni, ed avevano chiesto ad un Novalis, a un Conte di Lautréamont, a un Oscar Wilde, a Diaghilev, a Rainer Maria Rilke, a D’Annunzio, a Gide, a Cocteau, a Marcel Proust, a Jacques Maritain, a Stawinskij, e perfino a Barrès, i motivi del loro estenuato estetismo “borghese”, si atteggiavano ora ad esteti marxisti; e predicavano il marxismo come fino allora avevano predicato il più esaurito narcisismo [...]70.

Alcune pagine dopo egli continua:

Ne ho conosciuti migliaia come te, dopo l’ultima guerra, che credevano di essere dadaisti o surrealisti, e non erano che puttane. Vedrai, dopo questa guerra, quanti giovani crederanno d’essere comunisti. Quando gli Alleati avranno liberato l’Europa, sai che troveranno? Una massa di giovani delusi, corrotti, disperati, che giocherebbero a fare i pederasti come giocherebbero al tennis71.

Non solo le uniche parti in cui Malaparte nella sua scrittura, si occupa di omosessualità. Giusto per fare un esempio, per il caso che ci interessa, egli è an- che a conoscenza dell'invio del battaglione di omosessuali (“un orda di pederasti giunti a liberare l'Italia”) operato dall'intelligence americana durante il conflitto72.

Il giudizio feroce di Malaparte sui “giocatori di tennis” trova conferma nelle pagine di Mamma marcia. In questo romanzo Malaparte racconta della morte della madre. La “mamma marcia”, l’Europa corrotta del dopoguerra, è ben diversa da come sua madre la ricordava. Annovera, tra le sue nuove corruzioni “le orde” dei pederasti e delle lesbiche di Parigi. Malaparte dedica al tema un capitolo, intitolato proprio come la rivista appena descritta: “Sesso e libertà”.

Bisognerebbe leggerlo, Mamma marcia, per capire cosa veramente è: giun- to a metà, il libro cambia completamente registro, per diventare un saggio dove si dimostra come gli omosessuali, dai greci ad oggi, siano stati la rovina delle società. In questo Malaparte non dice niente di nuovo, finisce giusto per

70 Curzio Malaparte, La pelle, cit., p. 84. 71 Ivi, p. 109.

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riprendere un trito luogo comune pubblicato nei primi anni Quaranta dalla

Difesa della razza, la rivista del razzismo fascista.

Quello che in realtà rende innovativo questo brano è il fatto che, nell’arco di circa 150 pagine, Malaparte elabora e dimostra questa teoria. Dopo aver dimostrato come la pederastia nasca in quanto reazione ai governi tirannici, lo scrittore compie una distinzione tra omosessualità “del corpo” e omosessualità “dello spirito”:

Quel che appunto distingue gli omosessuali per reazione morale, politica, sociale, da quelli che in Francia si chiamano “tapettes” o “tantes”, o “pédé”, da quelli che alla corte dei Valois si chiamavano “mignons” e che il Cellini, nella Firenze del Cinquecento, chiamava arditamente, popolarmente, “sodomitacci”, è la virilità del corpo, dei modi, dell’animo. Sono in generale omaccioni, o giovani atleti; raramente “tapettes”.

Non hanno nulla di quelle degenerazioni fisiche, così visibili nei “tapettes”. Non sono vili, femminei, bianchi e lisci di pelle, non sculettano, non pronunziano l’esse con la lisca, non guardano i bei giovani con occhio languido, non sono gelosi, invidiosi, isterici, alla maniera delle donnette e della “tantes”, ma sono arditi di spirito e di membra, cavalcano fieramente con la mano sull’elsa, armati di stocco, di corazza, di gambiere di acciaio istoriato, portano l’elmo sulla coscia sinistra, e vengono a capo scoperto, i lunghi capelli inanellati, sciolti sulle spalle. Hanno viso fiero, bocche forti e sensuali, naso aquilino, occhi grifagni, la mascella dura, la fronte non troppo alta, testarda, cattiva. E la mano, che è bianca, hanno forte, il braccio muscoloso, la gamba agile, la coscia dura di muscoli. Per un nonnulla si adombrano, mettono mano al pugnale, mutano la sala del consiglio, o del trono, fosse quello di San Pietro, sul quale sedevano allora i più grandi e fieri omosessuali del secolo [...], o l’anticamera del Signore [...]. Al grido di “Accorruomo! Accorruomo!”, o di “Morte! Morte!” correva la città, bande di fieri e gagliardi pederasti accorrevano a piedi o a cavallo sul luogo della scontro, per vendicar la morte del fra- tello, dell’amico, dell’amante [...].

Poiché l’omosessualità era allora una reazione morale alla schiavitù [...]73.

Le istanze cripto-omosessuali di Malaparte si scontrano con la dura realtà: con le circolari del Ministero. L’editore De Carlo, che pubblicava sia romanzi erotici che studi sulla sessualità, era stato costretto a chiudere, sommerso da una valanga di denunce per oscenità, giunte da ognuna delle procure d'Italia; e l’editore della rivista Scienza e sessualità, fin quando anch’egli