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Breve quadro concettuale sulla disuguaglianza.

Parte IV: Fenomenologia e geopolitica dell’ecovillaggio.

4.6 Breve quadro concettuale sulla disuguaglianza.

«La disuguaglianza sociale è un fenomeno che ha attraversato l’intera storia dell’umanità. La si trova in ogni società, anche se con forme ed intensità diverse»509. Essa «è sempre stata la condizione costante, naturale e sociale dell’uomo. Nessuna età dell’oro, cristiana roussoniana o marxista può farci credere che un tempo sia esistita una società di uomini buoni o un comunismo primitivo. Nonostante questa realtà, gli uomini hanno però sempre teso e non hanno mai rinunciato al perseguimento della condizione di uguaglianza. E nessuna tensione è stata più forte e insopprimibile di una dinamica come questa»510. Nessuna società ha mai accettato la condizione di disuguaglianza come immutabile e conclusiva tanto che la spinta all’abolizione della stessa, può essere considerata uno dei motori principali di mutamento sociale. C’è dunque una spinta che scompagina un equilibrio sociale ritenuto naturale e legittimo e un’altra che ne consolida uno nuovo, stabilendo confini tra chi sta dentro e chi sta fuori, tra ciò che è lecito ed illecito. Una volta consolidato, il nuovo status quo non è più percepito come un artefatto delle usanze e dei costumi del momento, ma come un qualcosa di naturale e legittimo, da accettare e da condividere.

Nel corso della storia, dunque, numerosi movimenti, incarnando le esigenze dei soggetti maggiormente esposti alle disuguaglianze sociali, hanno fatto valere le proprie istanze, affermando la propria soggettività nella società e scompaginando i ruoli ad essi assegnati da un ordine considerato fino a quel momento come naturale.

Il problema della conciliazione dell’individuo con la collettività, non è di facile soluzione. Secondo Nagel infatti, in ciascun individuo è possibile riscontrare la presenza di due punti di vista: quello personale e quello impersonale. «Quest’ultimo rappresenta le pretese della collettività e conferisce loro la forza che hanno agli occhi di ciascun individuo. In assenza di tale punto di vista, non ci sarebbe moralità: ci sarebbe solo lo scontro, il compromesso e l’occasionale convergenza di prospettive individuali. Se ciascuno di noi, grazie alla moralità pubblica e privata, è infatti sensibile alle pretese altrui, è perché un essere umano non ha soltanto il punto di vista personale»511.

Il punto di vista impersonale produce quindi una richiesta molto forte di imparzialità e di uguaglianza universali, mentre il punto di vista personale, genera motivazioni individualistiche e avanza richieste che sono di ostacolo al perseguimento e alla realizzazione di quegli ideali. […] Le istituzioni politiche e le loro giustificazioni

509

Ragone G., Stratificazione e mobilità sociale, in Toscano M. a., Introduzione alla

sociologia, cit., p. 464.

510

Guiducci R., La disuguaglianza fra gli uomini, Rizzoli, Milano, 1977, p. 9. 511

teoriche, non fanno altro che cercare di esteriorizzare le esigenze del punto di vista impersonale. Il problema però di progettare istituzioni capaci di rendere giustizia all’eguale importanza di tutte le persone non è stato risolto»512. «Siamo infatti così abituati a grandi ineguaglianze sociali ed economiche che è facile diventare insensibili nei loro confronti. Ma se è vero che ogni persona conta come tutte le altre, è spaventoso constatare che i più validi sistemi sociali permettano che molti uomini nascano in condizione di deprivazione così grave da compromettere ogni speranza di condurre una vita decente, e ciò mentre molti altri, provvisti fin dalla nascita delle migliori opportunità, finiscono per avere il controllo di mezzi imponenti e per godere di vantaggi che vanno ben aldilà di una condizione di vita decorosa. La percezione reciproca di queste disuguaglianze materiali è un aspetto di una più vasta disuguaglianza di status sociale, nonché di libertà e di dignità personale»513.

Il punto di vista impersonale permette di percepire questo stato di cose e di mettersi nei panni dell’altro (generando un maggiore interesse verso i bisognosi), di perseguire il bene di tutti come obiettivo prioritario e di superare le cause sociali della disuguaglianza, individuate da Nagel nella discriminazione intenzionale (razziale, sessuale, religiosa, etnica) che nega le pari opportunità di accesso alle risorse; nel vantaggio ereditario del possesso di risorse e l’accesso ai mezzi per ottenere qualificazioni in vista di migliori posizioni sociali.

Da ciò è possibile distinguere due particolari tipi di disuguaglianza: una individuale, caratterizzata dalle caratteristiche intrinseche della persona come il carattere fisico, il sesso, il colore della pelle, lo stato di salute, etc., e una disuguaglianza collettiva, che «riguarda intere categorie di persone e che è conseguenza delle stesse forme di organizzazione di una società. […] In entrambi i casi essa si presenta per gli individui come un diverso accesso alle risorse, solitamente raggruppate in tre tipi principali: ricchezza, potere, prestigio (Weber, 1922)»514.

In questi termini, Weber pone dunque l’accento «sugli effetti che l’appartenenza a una determinata classe ha sulle opportunità di vita di una persona, ossia di ottenere ciò che in una determinata società è considerato desiderabile. La concezione di Weber del concetto di classe è multidimensionale, rispetto a quella unidimensionale di Marx (basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione), perché introduce nuovi criteri di valutazione come lo status economico (ricchezza), lo status politico (potere) e lo status sociale (prestigio). Ad esempio, un individuo può essere politicamente molto potente, ma non ricco, oppure essere molto ricco ma non per questo possedere prestigio, o ancora possedere prestigio, ma essere povero»515.

«Le disuguaglianze collettive, interessano dunque ampi gruppi di persone, ossia interi strati sociali. Per questo motivo lo studio 512 Ibidem, p. 13. 513 Ivi, p. 85. 514

Ragone G., op. cit., p. 494 -405. 515

sociologico della disuguaglianza prende il nome di stratificazione

sociale. La stratificazione sociale può quindi essere definita come la

disuguaglianza strutturata di intere categorie di individui, che hanno un accesso differenziato alle ricompense sociali in conseguenza del loro status nella gerarchia sociale»516. Non si tratta quindi delle differenze individuali tra persone, bensì delle differenze tra strati interi di persone, ai quali è riservato un diverso accesso alle risorse. «Il termine Strutturata, sta ad indicare che questo tipo di disuguaglianza è strettamente legato, interconnesso con le strutture della società, il che vuol dire che cambiamenti possibili della stratificazione sono possibili solo nel lungo periodo e spesso in conseguenza a cambiamenti strutturali della società»517.

Nell’analizzare la disuguaglianza, occorre inoltre, secondo Sen, rispondere alla domanda «uguaglianza di che cosa?», derivante dal connubio di due specifici elementi: la sostanziale eterogeneità degli esseri umani e la molteplicità delle variabili attraverso le quali l’uguaglianza può essere valutata518

.

La diversità degli individui può essere osservata nelle

caratteristiche fisiche e personali (età, sesso, predisposizione alle

malattie, abilità mentali e psichiche) e nelle caratteristiche esogene (le eredità ricevute, l’ambiente sociale e naturale in cui viviamo, i fattori epidemiologici che possono influenzare la nostra salute, etc.). «La mancata considerazioni delle diversità personali può generare effetti profondamente antiegualitari»519, tanto che il rispetto della differenza, la non discriminazione della diversità individuale diventa la conditio

sine qua non dell’uguaglianza.

«L’uguaglianza viene dunque valutata attraverso il confronto di certi tratti particolari di una persona (reddito, ricchezza, felicità, libertà, opportunità, diritti, appagamento dei bisogni) con i medesimi tratti di un’altra persona. Il giudizio e la misurazione di una variabile dipende dalla scelta della variabile focale»520 in base alla quale si effettuano i confronti (scelta di uno spazio). «L’uguaglianza in termini di una variabile, può non coincidere con l’uguaglianza sulla scala di un’altra. Ad esempio: uguali opportunità possono condurre a redditi diversi, uguali ricchezze possono coesistere con ricchezze diverse, etc.»521.

I diversi approcci concettuali definiscono l’ambito dell’uguaglianza selezionando e analizzando specifiche variabili focali. La teoria utilitarista, ad esempio, attribuisce valore all’utilità individuale intesa come rappresentazione dello star bene individuale, ricercando la massimizzazione della somma delle utilità delle persone analizzate.

Ralws, filosofo della politica statunitense, ritenuto uno dei

516

Robertson I., Sociologia, Zanichelli, Bologna, 1991, p. 249. 517 Ragone G.,op. cit., pp. 494-495.

518

Sen A., La disuguaglianza, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 15. 519

«Poiché una considerazione uguale per tutti può richiedere un trattamento molto diseguale a favore di coloro i quali si trovano in una posizione di svantaggio». Ibidem.

520 Ivi, p. 16. 521 Ivi, p. 17.

fondatori del neocontrattualismo, concentra invece l’attenzione sul possesso dei beni primari (reddito, ricchezza, opportunità, basi sociali del rispetto di sé) e sulla medesima libertà ed uguaglianza della loro distribuzione. «Tali beni devono essere distribuiti equamente. L’unica redistribuzione non egualitaria riconosciuta è quella che avviene a sfavore dei più vantaggiati. La giustizia come equità di Ralws non significa solo pari opportunità, ma anche pari benefici. Da ciò nasce l’esigenza di fornire due concetti di capitale importanza per la sua teoria: la posizione originaria, il velo di ignoranza. La posizione originaria presuppone che, dovendo definire le regole di un’ipotetica società futura tra gli individui che ne fanno parte, nessuno originariamente conosca la sua posizione nella società, la sua collocazione di classe o di status sociale. La seconda caratteristica, presuppone invece che ogni scelta di giustizia avvenga sotto un velo di ignoranza che non dà a nessuno nessuna garanzia di risultato. In questo senso, ognuno agirà correttamente nella scelta deliberativa dei principi di giustizia (giustizia come equità)»522.

Sen, invece, mette l’accento sul funzionamento, cioè sulla capacità di una persona di libertà di acquisire, piuttosto che di acquisizioni effettive. Ad esempio, «una persona può incontrare delle difficoltà nel convertire i beni primari in effettiva libertà di acquisirli. Una persona meno abile o meno dotata nell’utilizzare i beni primari per garantirsi le libertà (perché disabile mentalmente o fisicamente, perché suscettibile alle malattie, perché vincolata sul piano sociale o biologico dal genere di appartenenza) è in posizione di svantaggio rispetto a un’altra che non soffre di analoghe limitazioni, anche se entrambe posseggono lo stesso paniere di beni»523.

Rispondendo alla domanda proposta da Sen (uguaglianza di che

cosa?) e mettendo in evidenza le varabili focali del reddito, lavoro,

istruzione, libertà, potere, è dunque possibile mettere in luce in che modo gli ecovillaggi in generale, ma in questo caso specifico la comune di Bagnaia in particolare, tentano di perseguire obiettivi di uguaglianza tra i propri membri e di contenere il rischi ambientali, diversificando la propria esperienza dal modello economico e sociale capitalista.

Le interviste effettuate ad alcuni dei suoi membri, descrivono la struttura della comune ed enunciano i suoi principi ispiratori, basati su un’economia condivisa, sulla proprietà collettiva, l’assenza di ruoli fissi e di leader, la rotazione delle varie mansioni lavorative, le decisioni collettive, il rifiuto di ogni forma di autoritarismo, la parità assoluta dei sessi e il superamento della famiglia mononucleare.

522

Sito web Lessico dei diritti a cura di Peacetown

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Parte V: Punto applicativo e analisi di un caso