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Proprietà collettiva.

Parte V: Punto applicativo e analisi di un caso specifico: la comune di Bagnaia.

5.4 Proprietà collettiva.

La proprietà è collettiva e indivisa.

Dal momento che al livello giuridico lo stato italiano non prevede una forma di proprietà comunitaria, Bagnaia ha deciso di costituire un’associazione ONLUS composta dai propri membri a cui è intestata a fondo perduto tutta la proprietà e di istituire una Cooperativa per gestire legalmente le entrate dell’azienda agricola. La comune ha utili, la cooperativa normalmente chiude in pari. Gli utili ottenuti vengono rinvestiti all’interno della realtà della comune. La comune, dunque, comprende i redditi agricoli e i redditi che vengono dall’esterno.

Nessun individuo, d’altro canto, è proprietario individualmente e tutti i beni sono di proprietà dell’associazione composta in solido da tutti i componenti dell’esperienza. In questo senso Bagnaia regge la propria realtà su principi di solidarietà e di fiducia reciproca, al punto che ciascun membro rinuncia, per la collettività, all’eredità privata da destinare ai propri discendenti:

Alfredo: riguardo alle tasse abbiamo dovuto inventarci due soluzioni legali, proprio perché non c’è una legge che riconosce le comuni e le comunità in quanto tali. Abbiamo dovuto costituire un’associazione no profit di promozione sociale che detiene la proprietà dei beni. Quindi nessuno di noi è proprietario individualmente, ma il proprietario di tutto è l’associazione. Ci sembrava evidente, infatti, che se si realizzava un progetto insieme, non poteva essere di nessuno la proprietà. Abbiamo fondato un’associazione a cui abbiamo passato tutta la proprietà. Da un punto di vista economico, la formazione dell’associazione può sembrare un suicidio, perché di fatto la proprietà non è più nostra… è vero che la proprietà siamo noi, ma per la legge non è più nostra. Finché l’associazione è in vita tutto rimane a noi, il giorno che per qualche ragione essa venisse sciolta, il patrimonio non è più nostro. Abbiamo dovuto costituire una cooperativa agricola per seguire i lavori dell’azienda

e quindi di conseguenza l’associazione che affitta alla cooperativa agricola procura le strutture necessarie per portare avanti l’attività economica. Quindi l’attività economica che si svolge in campagna si svolge secondo le regole delle cooperative. Per quanto riguarda i redditi individuali sono tassati sulla base della legge. Io ad esempio faccio l’insegnante e pago le tasse che sono previste secondo la tipologia di questo lavoro. La nostra cooperativa agricola, inoltre, ha delle porte che si aprono in base alle competenze e al numero delle persone che intendono lavorare dentro la cooperativa agricola. Per esempio, se c’è qualcuno che se ne va e faceva un determinato lavoro – come è accaduto nel passato – avevamo l’allevamento dei conigli e delle pecore, abbiamo dimesso i conigli e dimesso le pecore. Ma se venisse qualcuno che vuole fare il pastore le porte si riaprono per questa persona. Un tempo facevamo le conserve per la vendita. Abbiamo smesso di farle perché la persona che c’era prima non lo fa più, ma se rientrasse qualcuno che lo volesse fare ben venga e via dicendo. La cooperativa ci dà la possibilità di agire sulla base di una situazione di fisarmonica, possiamo restringere come possiamo ampliare. Possiamo permetterci tutto questo, perché c’è anche l’altra economia di quelli che lavorano fuori. Noi rifiutiamo la specializzazione in un determinato settore e per questo motivo si è mantenuta la struttura del podere toscano, dove produciamo praticamente di tutto prevalentemente per l’auto-sussistenza e quindi prevalentemente per raggiungere il principio di una totale auto-sufficienza alimentare ed energetica. Questo è il quadro. Il problema lo abbiamo con chi lavora all’esterno in una società imprenditoriale. Abbiamo due persone nostre che sono membri di un società che fa lastricati di strade a Siena, restauri storici, etc. In quei casi loro danno tutto alla comune, ma non danno quella parte che deve appartenere alla società di cui essi fanno parte. Ma il reddito personale, come per tutti noi, viene versato interamente nella realtà della comune. Noi siamo anche un’azienda agricola, quindi vendiamo anche i nostri prodotti. Anche se l’obiettivo fondamentale è l’autosufficienza, su alcune produzioni principali (vino, miele, olio, legna…) spingiamo per poter riavere un’entrata. Vendiamo tutto in azienda e prevalentemente a persone del posto, chi vuole sentire e comprare i nostri prodotti e viene ad esempio da Bergamo viene da noi a prenderli. Non abbiamo una distribuzione né nei mercati locali, né nei negozi. L’uso del denaro che ne facciamo è questo: lo investiamo costantemente nei progetti della comune. Quello che dentro la comune c’è è la circolazione del denaro. C’è semplicemente una logica di scambio di attività e di prodotti. Poi abbiamo un’economia totalmente condivisa e questo è un altro modo di differenziarsi dal sistema.

La comune ha raggiunto un’autosufficienza alimentare dell’80- 85%, producendo, oltre che i prodotti agricoli e quelli derivanti dall’allevamento, pasta biologica, pane e saponi ecologici. Per sopperire la mancanza di alcuni generi alimentari che l’esperienza non riesce a produrre al proprio interno, Bagnaia tende ad acquistare comunque prodotti biologici. Per quanto riguarda le lavatrici, invece, essa utilizza delle noci di piante saponarie (sapindus indica), di per sé molto efficaci e per niente inquinanti.

La proprietà dell’associazione di Bagnaia, inoltre, è composta da una grossa casa colonica (di circa 450 mq) costituita da varie costruzioni che servono come abitazioni, ma anche come cantina, stalla, pollaio, deposito, officina, falegnameria, mattatoio, laboratorio delle conserve e del formaggio, fienile, ricovero per le attrezzature, stanza del riciclo, lavanderia, laboratorio di scultura e da una grossa palestra in cui è esposta una biblioteca e dove si praticano yoga e danze popolari e un pergolato dove spesso si danza all’aperto.

Della casa colonica le parti abitate sono due: «il Melograno» composto da un grande salone in cui è presente un «soggiorno» con

camino e divani per la conversazione e una tavolata in grado di accogliere numerose persone. Adiacente al salone troviamo una stanza più piccola con ulteriori tavolini e la cucina comune. La parte superiore è destinata alla zona notte. La seconda parte abitata «il Nocciolo» è invece composta da un ingresso, da una piccola saletta con la televisione, una zona «soggiorno» con caminetto e divani, una stanza non molto grande con un tavolino per mangiare e una piccola cucina utilizzata in casi eccezionali. Per usufruire della cucina piccola e cenare nella saletta, solitamente utilizzata per garantire un po’ di privacy alle persone, i membri devono prenotarsi in un apposito calendario. Nella parte superiore sono collocate le camere da letto. Nessun membro ha un bagno personale, ma tutti utilizzano i servizi indistintamente.

Riguardo l’uso delle televisioni, anch’esse comuni, Alfredo racconta gli accordi a cui sono pervenuti i vari membri:

noi abbiamo una televisione dove chi vuole può vedere i programmi normali e un’altra televisione con il videoregistratore. Dopodiché c’è un’altra televisione che è ammessa nella camera di un nostro comunardo che ha alcuni problemi di carattere psicologico e allora per lui abbiamo deciso di lasciargli la sua televisione dove ci guarda le partite di calcio, perché lui è veramente un grande appassionato. Abbiamo quindi trovato un compromesso al minimo.

Una nota particolare della comune è data dal fatto che ogni individuo ha una propria camera, non esiste una camera da letto per la coppia che deve riuscire, nell’ambito collettivo, a ritagliarsi i propri spazi di intimità. In questo senso, per la comune il rispetto per l’individuo e non per la coppia o per la famiglia è posto come obiettivo prioritario.

Linda: ogni individuo ha il suo spazio ed è molto importante. Per esempio, non c’è la camera della coppia, c’è la camera dell’individuo. Quindi io individuo ho la mia camera. Sono sposato o sto con Tizio che ha la sua camera. Poi siamo noi a decidere dove dormire, come fare eccetera….ma siamo in una comune ed è fondamentale questa cosa532.

Amy: punto dolente della comune, in cui la coppia è messa a dura prova. Mancanza di spazi autonomi. Bisogna ricercarsi e trovare il tempo di stare insieme. Ciascuno ha una propria stanza (anche i bambini). Quasi tutti si sono lasciati, o hanno lasciato la comune perché uno dei membri della coppia non aveva piacere di condividere l’esperienza collettiva.

Ciò rappresenta una grande difficoltà per Bagnaia, dal momento che la motivazione principale che ha portato la maggior parte delle persone ad uscire dall’esperienza ha origini sentimentali.

Un’altra regola della comune (in un primo momento maggiormente osservata rispetto ai toni più elastici attuali) è quella di accettare la condivisione dell’educazione dei bambini, al fine di rendere partecipi gli altri membri della responsabilità genitoriale, uscire dai ruoli fissi di padre e madre appartenenti alla famiglia tradizionale e, al contempo,

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per consentire ai figli (soprattutto nel momento delicato dell’adolescenza) di avere più figure di riferimento a cui chiedere sostegno o consiglio.

Checco: poi un’altra cosa è quello di voler partecipare alla crescita e all’educazione dei figli, sempre privilegiando i genitori della famiglia di origine...però anche con il concorso di tutti…

Linda: io sono cresciuta qua dentro e voglio o meglio, spero che mia figlia cresca qua. Poi quando sarà grande farà quello che vuole. Però adesso cresce insieme, non solo a babbo e mamma, ma a tutti gli zii e nonni…chiamati così. Io sono nata qui e come punto di riferimento ci sono i genitori, però ci sono anche gli altri quando non ci sono i genitori; o anche quando ci sono, possono darti una mano, darti un consiglio…c’è poi il periodo adolescenziale, quando i tuoi genitori non li puoi vedere, ci sono tutti gli altri, che non sono i genitori di sangue, e magari ci può essere un rapporto....e non è poco. Così anche i bambini imparano a rapportarsi con persone adulte e non solo con i genitori533.

Amy: da noi i figli sono figli della comune, anche se la famiglia naturale ha diritto all’ultima parola nella scelta che poi faranno, ma vi è l’obbligo di consultarsi costantemente sulle scelte con la comune e avere anche da parte della comune l’input necessario. Ovviamente la comune si fa carico in termini di solidarietà economica di tutto ciò che è necessario. Questo vale per tutto…dalla sanità appunto, all’istruzione…

I figli escono, ma poi ritornano e di solito anche con il compagno, da qui il problema dello spazio. Comunque l’idea nostra è che un figlio cresciuto che ha finito di studiare (perché quando vuole studiare sosteniamo il ragazzo) a quel punto è pronto per decidere se restare o uscire. I ragazzi devono decidere della loro vita. Per il momento stiamo sperimentando la gioia di essere nonni. I nostri figli sono sempre andati alla scuola statale. Alle origini avevamo molti bambini piccoli e li mandavamo tutti insieme alla stessa scuola che tra l’altro era molto vicina alla comune.

L’educazione dei figli e l’istruzione riguarda tutti, quindi chi sa fare qualcosa insegna agli altri a farla. L’educazione dei figli può essere inoltre una fonte di disagio e di conflitto tra i membri. Per questo motivo la comune ritiene opportuno parlare insieme e valutare le varie scelte da adottare (ad esempio, alcuni genitori preferiscono non far guardare la televisione ai propri figli e altri sì).

Dal 1979 all’89-90 a Bagnaia il ruolo dei genitori era completamente annullato e le decisioni venivano prese dall’assemblea. Successe però che i figli cominciarono a ribellarsi non ai propri genitori, ma all’organo dell’assemblea stessa. Per questo motivo la comune ha valutato l’eccessiva intromissione dell’assemblea decidendo di dare l’ultima parola ai genitori.

Amy: per quanto riguarda l’educazione dei figli, i genitori hanno l’ultima parola anche se come ho detto prima la comune aiuta e consiglia. L’educazione dei figli e l’istruzione riguarda tutti, quindi chi sa fare qualcosa insegna agli altri a farla. L’educazione dei figli può essere inoltre una fonte di disagio e di conflitto tra i nostri membri. Non è facile parlare con i genitori che spesso sono troppo permissivi o troppo rigidi. E’ per questo che è opportuno che tutta la comunità parli insieme e valuti le varie scelte da adottare ad ex. Alcuni genitori preferiscono non far guardare

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la televisione ai propri figli e altri sì…Dal 1979 all’89-90 a Bagnaia il ruolo dei genitori era completamente annullato e le decisioni venivano prese dall’assemblea. Successe però che i figli cominciarono a ribellarsi non ai propri genitori, ma all’organo dell’assemblea stessa. Per questo motivo abbiamo valutato l’eccessiva intromissione dell’assemblea e abbiamo deciso di dare l’ultima parola ai genitori. In generale, tanto male i nostri figli da noi non sono stati, perché sono comunque tutti tornati con relativa/o compagna/o. Se un ragazzo vuole partecipare a tutte le nostre attività è incoraggiato a farlo. In generale, tanto male i nostri figli da noi non sono stati, perché sono comunque tutti tornati con relativa/o compagna/o. Se un ragazzo vuole partecipare a tutte le nostre attività è incoraggiato a farlo.

Riguardo infine la possibilità di ospitare persone esterne desiderose di «toccare con mano» come si svolge la vita di tutti i giorni nella comune, Alfredo mette in luce i problemi legati soprattutto alla mancanza di spazio e le modalità di accoglienza adottate da Bagnaia:

Alfredo: purtroppo l’ospitalità dobbiamo limitarla, perché la nostra realtà è piccola e a volte è difficile convincere le persone che non è solo il posto letto che ci manca, ma lo spazio. Vogliamo accogliere il nostro ospite bene e la mancanza di posto potrebbe creare delle sofferenze reciproche. Per i curiosi e quelli che vengono la prima volta noi abbiamo il sistema della giornata aperta dove condividiamo con i nostri ospiti la giornata che dimezziamo in vari intervalli e dove qualcuno di noi si rende disponibile. Se uno improvvisa infatti, può capitare che ognuno di noi è al lavoro e non ha il tempo nemmeno di scambiare una parola. É previsto anche un soggiorno più lungo in cambio di lavoro per i volontari iscritti all’associazione WWOOF, associazione internazionale di volontariato che organizza scambi di soggiorno-lavoro in fattorie biologiche ed ecovillaggi. Non vogliamo scambi di denaro per l’ospitalità. Qualche volta facciamo l’ospitalità per la solidarietà. Per quanto riguarda l’accoglienza di nuovi membri, per il momento non abbiamo il posto, anche se ci stiamo attrezzando, forse il prossimo anno avremo qualcosa da dirvi, ma per il momento la questione non è fattibile. In ultima cosa, se una persona arriva e non rispetta i principi della comune, in genere la persona da sé capisce che non è il caso, spesso non c’è sintonia o ci sono dei problemi che non possiamo aiutare a risolvere in quei pochi casi se la persona non capisce da sé, cerchiamo di parlane e incoraggiamo con qualche aiuto a trovare altre soluzioni ai problemi della persona.