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Bruno Ferraro, Il filo dell’orizzonte di Antonio Tabucchi e il giallo dell’ «alterità»

Capitolo II- Una prima interpretazione dell’opera di Antonio Tabucchi Varietà tematiche

2.7 Bruno Ferraro, Il filo dell’orizzonte di Antonio Tabucchi e il giallo dell’ «alterità»

«alterità»

«Esperienze letterarie», n.4 (2004), pp. 97-109

Tabucchi ha spesso dichiarato che i suoi personaggi sono spinti ripetutamente alla ricerca di qualcosa: una ricerca mancata, nel senso che - piuttosto che portare a una soluzione o a dare delle risposte - pone dei quesiti ontologici e metafisici e sottolinea un momento particolare nella vita del personaggio. Lo studio di II filo dell'orizzonte condotto da Bruno Ferraro362, vuole mettere in luce i meccanismi della ricerca del protagonista di

nome Spino che, partendo dal cadavere di uno sconosciuto recapitato all'obitorio dove lavora, intraprende una quest sui generis. La sua diventa una ricerca investigativa che parte dal dato reale per sfociare poi in un'atmosfera inconscia ed irreale, nel corso della quale è costretto a fare i conti con il suo altro da sé. Bruno Ferraro individua nella quȇte il tema centrale del romanzo. Tuttavia, Spino non cerca propriamente una «soluzione» - come avverrebbe per un normale poliziesco- piuttosto l’autore dell’articolo intende mettere in risalto che, i personaggi vanno alla ricerca di un’ «assoluzione»363: infatti,

finiscono col ritrovarsi partecipi di vicende che li spingono a «cercare le risposte» a dei quesiti «a cui non hanno voluto o potuto dare forma o espressione», poiché sono nascosti nell’animo e forieri di un «approdo, oltre la realtà quotidiana, oltre la vita».364 Bruno

Ferraro individua tre romanzi della produzione tabucchiana, che hanno al centro il tema della quȇte: innanzitutto, Il filo dell’orizzonte e Notturno indiano, ai quali è possibile aggiungere Requiem. In quest’ultima opera, infatti, il protagonista passeggia per Lisbona

362 FERRARO, Il filo dell’orizzonte di Antonio Tabucchi e il giallo dell’«alterità , «Esperienze letterarie»,

N.4 (2004), pp. 97-109.

363 Ivi, p. 97. 364 Ibidem.

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e interloquisce con dei personaggi reali, ma anche con altri – Tadeus, Isabel, suo padre – che sono morti già da tempo. In tutti e tre i testi le ricerche vengono condotte in luoghi chiusi «come quello di una stanza».365 Ciò che differenzia Il filo dell’orizzonte dagli altri due romanzi è che in questo caso il protagonista Spino compie una investigazione vera e propria in un luogo ben definito (Genova),366 una tale ambientazione così circoscritta contribuisce a rendere appieno secondo Ferraro «il senso di claustrofobia da lui esperito».367 Il filo dell’orizzonte ha come protagonista un personaggio di nome Spino: che «oltre a ricordarci il filosofo Spinoza»,368 ricorda un personaggio pessoano caro a Tabucchi di nome Bernardo Soares, il quale viene descritto da Tabucchi, in uno dei suoi saggi su Pessoa, come «taciturno e solitario, egli se ne stava seduto ai vetri come il vecchio Flaubert, a spiare la vita.»369 Le imposte della finestra dalla quale Bernardo spiava, si aprivano nei due sensi opposti: da dentro e da fuori. Tabucchi stesso afferma che Il filo dell’orizzonte è un libro debitore di «una città, di un inverno particolarmente freddo e di una finestra».370 Una ulteriore caratteristica che accomuna i tre romanzi citati

in apertura è il senso di morte: in Notturno indiano infatti il protagonista intraprende una discesa agli Inferi e fa visita ad un ospedale i cui pazienti sono come dei «morti vivi»,371

365 MARIA PIA AMMIRATI, Il vizio di scrivere. Letture su De Carlo, Tabucchi, Tondelli, Rubbettino,

Cosenza, 1991, p. 115. In Notturno indiano le ricerche si svolgono in stanze d’albergo e in sale d’aspetto.

366 In Notturno indiano e Requiem i protagonisti compiono le loro ricerche in luoghi che sono al di fuori

delle loro realtà giornaliere.

367 FERRARO, Il filo dell’orizzonte…. Pag. 97. 368 Ivi, p. 99.

369 TABUCCHI, Bernardo Soares, un uomo inquieto e insonne in Un baule pieno di gente, Milano,

Feltrinelli, 1990, p. 67.

370 Le finestre nelle opere di Tabucchi celano un significato molto particolare, basti prendere come esempio

Tristano muore dove si trova la seguente definizione «Finestre, ciò di cui abbiamo bisogno, mi disse una

volta un vecchio saggio […], la vastità del reale è incomprensibile, per capirlo bisogna rinchiuderlo in un rettangolo, la geometria si oppone al caos per questo gli uomini hanno inventato le finestre che sono geometriche e ogni geometria presuppone gli angoli retti. Sarà che la nostra vita è subordinata anch’essa agli angoli retti?» (TABUCCHI, Tristano muore…p. 142).

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in Requiem invece l’io narrante trascorre gran parte del suo tempo all’interno di un cimitero monumentale a dialogare e a cenare con l’amico defunto. Nel Filo dell’orizzonte la tecnica narrativa è quella del giallo, dal momento che Spino segue una serie di indizi che dovrebbero condurlo alla scoperta dell’identità del cadavere. In realtà, la storia reca in sé numerosi riferimenti ontologici e metafisici. Infatti, Remo Cesariani definisce Il filo

dell’orizzonte come: «Un esercizio di ontologia, cioè un romanzo sull’esistenza umana.»

Non a caso, l’opera riguarda problematiche ontologiche, cioè chi siamo, da dove veniamo, dove siamo diretti. Secondo lo studioso, questo, non è un esercizio di epistemologia perché non riguarda una effettiva scoperta o conoscenza di una qualche verità. Si crea un clima di attesa e di suspense che però resta tale fino alla fine del libro. L’autore costruisce la storia senza programmare una concreta acquisizione di significati o di nuovi saperi. Anzi, conclusa la lettura, si avverte un senso di grande sconclusionatezza in quanto si comprende che Spino non cercava quello che tutti i lettori immaginavano. Spino cercava di dare un senso profondo all’esistenza, la sua. Tabucchi, come sottolinea Bruno Ferraro, si trova a paragonare gli autopsiati a dei grossi «fantocci»372, questo paragone li rende molto simili a dei burattini, infatti, tutto il romanzo sembra essere pervaso da un profondo senso di spersonalizzazione. Ad un certo punto, proseguendo con la lettura infatti, Spino, messosi alla ricerca del proprietario della giacca indossata da uno dei cadaveri, a cui dà il nome di Kid, si imbatte in un atelier, presso una bottega di cui è proprietario il Sig. Poerio, in cui figurano dei «manichini» che sembrano essere sistemati senza «nessun criterio». Il senso di spersonalizzazione in questo passaggio della narrazione è massimo: Spino immagina che quei manichini possano essere i clienti del Sig. Poerio, presenze di un tempo passato, divenute manichini di legno «per compiacenza».373 Secondo Ferraro il

372 TABUCCHI, Il filo dell’orizzonte…p. 9. 373 Ivi, p, 61.

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tema dello straniamento si protrae con scadenza «regolare»374 lungo tutto il libro. Tutto il romanzo è giocato su una sorta di enigma, i dilemmi esistenziali sembrano moltiplicarsi ogni giorno di più, il senso di sconclusionatezza è massimo sin dalla scena iniziale del romanzo, in cui Spino si domanda «La distanza dei vivi dai morti è poi tanto grande?» Spino non sa trovare una risposta soddisfacente a questo interrogativo esistenziale, ma alla fine arriva alla conclusione che «La convivenza, diciamo così, aiuta comunque a ridurla».375 Spino, lo si nota già dalle prime pagine del romanzo, aveva già compreso, prima ancora del lettore stesso, che la sua ricerca non giungerà ad un esito effettivo e concreto: non si tratta di giungere a una qualche scoperta conoscitiva, perché tutto è buio e «bisogna andare a tastoni»376. Anzi, proprio nel buio risiede l’esito inatteso di questo viaggio. Ferraro ricorda che, in una delle sue più perspicaci dichiarazioni della sua opera, Tabucchi sottolinei come la ricerca che muove il personaggio di Spino «n’aboutit à personne»377, si tratta dunque di una ricerca mancata. Tuttavia, il personaggio conduce la quest nei riguardi di se stesso. Tabucchi dichiara quindi che «nessuno è proprio il personaggio narrante», ovvero è «colui che fa la ricerca» e che intende indagare il «nessuno che sta dentro di noi»,378 questo nessuno, come dice lo stesso Tabucchi, non è mai veramente nessuno, diventa qualcuno quando «si riesce a trovarlo»379. Ѐ particolarmente utile, a questo punto, pensare ad alcune questioni pirandelliane, che sembrano trovare forma in maniera compiuta nell’opera tabucchiana, come il tema della spersonalizzazione, della perdita di un’identità definita, dello sgretolamento progressivo di ogni certezza. Del resto, Ferraro ricorda che Pirandello non è l’unica fonte sicura a cui

374 FERRARO, Il filo dell’orizzonte .... p. 101. 375 TABUCCHI, Il filo dell’orizzonte… p. 10. 376 Ivi, p. 80.

377 FERRARO, Intervista a Antonio Tabucchi…. p. 7. 378 Ibidem.

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Tabucchi attinge: «i manichini che ricordano il teatro dell’assurdo e quello di oggetti di matrice futurista»380 sono solo alcuni dei numerosi segnali di intertestualità disseminati da A. Tabucchi nel corso della narrazione. Ferraro afferma che Spino sembra vedere segni e tracce dappertutto «anche sui tavolini del caffè dove si ferma con Sara, dopo essere stato al cinema il sabato sera».381 Al tavolino del caffè il protagonista osserva che «i cerchi del vino e del caffé» che il marmo ha raccolto con le sue forme, sembrano quasi disegnare dei «geroglifici» e delle «figurine da interpretare».382 Il romanzo è certamente basato sull’enigma, come dimostra anche questo ultimo esempio, tuttavia, la vera particolarità dell’opera è che l’enigma resta irrisolto, non deve avere soluzione, l’autore intende destabilizzare ogni aspettativa del lettore e induce in lui un senso di spaesamento totale e drammatico. Tutto ciò, secondo Ferraro, è riscontrabile già a partire dalle descrizioni che le altre persone danno della persona di Spino «la vecchia è premurosa e lo chiama signor capitano, è assurdo, lo ha sempre chiamato signor capitano…»383; Ferraro attraverso

questo esempio vuole intendere che le persone che Spino incontra casualmente nel suo cammino contribuiscono a rincarare la dose, ad aumentare inconsapevolmente il livello del suo spaesamento esistenziale, attribuendogli delle identità che non sono effettivamente le sue. Sara stessa aveva colto una sottile somiglianza tra Spino e l’uomo deceduto a cui hanno dato il nome di Kid: «Con la barba e venti anni di meno, potresti essere tu».384

In realtà, è proprio il ricordo di un western a suggerire a Spino il nome di «il Kid» per il cadavere non identificato.385 Il percorso investigativo messo in pratica da Spino,

380 FERRARO, Il filo dell’orizzonte… p. 102. 381 Ibidem.

382 TABUCCHI, Il filo dell’orizzonte… p. 14. 383 Ivi, p. 25.

384 Ivi, p. 32. 385 Ivi, p. 27.

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come sottolinea Ferraro, può essere paragonato a «un gioco dell’oca fatto di caselle vuote»,386 il protagonista spera così che la pallina «cada su un numero che dia significato a tutto».387 Bruno Ferraro cerca di descrivere lo spazio metaforico e mentale, entro cui si muove Spino, servendosi della metafora della «trappola» e del «labirinto», ove il protagonista sembra essere rimasto inavvertitamente incastrato.388 A questo punto - ricorda Bruno Ferraro - «il sogno è un modo per rinascere»,389 per entrare in contatto con il proprio io, per far riemergere tutto ciò che il tempo è riuscito a sotterrare e dimenticare (in questo, Il filo dell’orizzonte è figlio di Notturno indiano; in quest’ultima opera, l’aggettivo «Notturno» delinea i contorni dell’universo onirico entro cui si muove la vicenda).390 Salomon Resnik sostiene che «Il sogno è un modo di vivere, ciò che rimane velato alla coscienza, materia tessuta dall’inconscio».391

Bruno Ferraro, nel suo articolo, intende altresì individuare i nessi tra la ricerca di Spino e l’ambito della fiction (la parola fiction deve essere intesa come sinonimo di ‘recita’ o meglio, un ‘tentativo di immedesimazione nell’altro’). Basti pensare alla citazione tratta dall’Amleto di Shakspeare «Piange? Chi era Ecuba per lui?» (p. 97, II, 2). Amleto, nel suo monologo, sembra sostenere che sia possibile provare dei sentimenti reali per dei personaggi fittizi. Il suo dubbio diventa il dubbio dell’intera platea. Anche Spino cita questi stessi versi per mettere in scena la recita nella recita, cioè il suo sofferto tentativo di immedesimazione in un altro personaggio, di ricercare la propria identità attraverso quella altrui. Marta Niccolai nel suo saggio intitolato E' una menzogna!

386 Ivi, p. 7. 387 Ibidem.

388 FERRARO, Il filo dell’orizzonte… p. 104. 389 Ivi, p. 106.

390 Cfr. in merito VITTORE BRANCA e CARLO OSSOLA, Pensiero visivo, rito, pensiero onirico in I

linguaggi del sogno, Firenze, Sansoni, 1984.

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Esplorando il trattamento della finzione in Notturno indiano e Il filo dell'orizzonte di

Antonio Tabucchi, mette in evidenza l’equivoco, la menzogna che sottostanno alla trama

dei due romanzi Notturno indiano e Il filo dell’orizzonte:

Quello che spesso fa Tabucchi è dimostrare il diritto e il rovescio della trama. Per esempio Spino, che in II filo dell'orizzonte (1991) cerca di scoprire l'identità di un morto, e Roux, che in Notturno

indiano (1995) cerca un amico scomparso di nome Xavier, in realtà cercano se stessi. Il lettore

finisce per seguire due trame e trovarsi immerso nel rapporto tra il soggetto e il suo doppio. La ricerca si sgrana attorno al viaggio—un topos ricorrente nella narrativa tabucchiana—non solo come esperienza di vita ma anche come metafora dell'altrove inteso come l'andare verso l'altro, e, a un livello più profondo, all'interno di sé. 392

In ultima istanza, Notturno indiano e Il filo dell’orizzonte sono due romanzi di Antonio Tabucchi che hanno una forte connessione tematica. Le trame di entrambi i testi sono sviluppate attorno al motivo della ricerca. Le storie dei due protagonisti, Roux e Spino, sono mosse dalla ricerca di due identità che non sono mai chiare. I due sembrano all’inseguimento di due ombre. Roux cerca, compiendo un viaggio in India, Xavier, un amico sparito da circa un anno. Spino invece, che lavora presso un obitorio, è ossessionato dalla ricerca dell’identità di un giovane ragazzo morto, del quale è sconosciuta ogni informazione. Spino avverte sulla sua pelle i segnali di alterità che lo contraddistinguono e va alla ricerca proprio di questi segnali. L’articolo di Ferraro, soffermandosi proprio su questa ricerca paradossale e sul binomio (identità/alterità) che percorre l’intero romanzo, cerca di riflettere su alcune questioni cruciali che questo testo di Tabucchi intende sollevare.

392 MARTA NOCCOLAI, E' una menzogna! Esplorando il trattamento della finzione in Notturno indiano

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