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Tabucchi e l’altrove: l’indissolubile legame con il mondo lusitano

Capitolo I- Antonio Tabucchi

1.3 Tabucchi e l’altrove: l’indissolubile legame con il mondo lusitano

La poesia di Pessoa è l’analisi piu complessa, dolente e tragica ma insieme lucida e impietosa dell’uomo del Novecento.

Antonio Tabucchi,

Un baule pieno di gente

Può essere collocato all’inizio degli anni Settanta l’esordio di Antonio Tabucchi come specialista e studioso di lusitanistica. Del resto, egli si laurea nel 1969 con una tesi sul surrealismo portoghese e comincia fin da subito ad apprezzarne gli autori, maturando quasi immediatamente un interesse verso Fernando Pessoa187, che si declinerà per oltre trent’anni. All’interno della prolifica produzione di Antonio Tabucchi, la cosiddetta ‘trilogia portoghese’ degli anni Novanta – rappresentata da Requiem, Sostiene Pereira e

La testa perduta di Damasceno Monteiro - segna un momento di svolta. Sergio Vecchio,

affermato sceneggiatore e amico intimo dell’autore, venne incaricato di occuparsi della traduzione di Requiem.188 Egli, infatti, oltre a conoscere molto bene la lingua portoghese,

era un appassionato lettore dei libri di Tabucchi e poteva quindi considerarsi particolarmente indicato per una simile responsabilità. L’aspetto che occorre maggiormente sottolineare è che Sergio Vecchio, grazie a una conoscenza più «affettiva che funzionale della lingua portoghese»189 ed a un’esperienza «non linguistica, ma

187 «Pessoa è per lui non solo un maestro ma è anche Lisbona, una città che nella realtà dei ricordi assume

valenze simboliche e rievoca personaggi veri e sognati. La lingua portoghese, dunque, è lingua materna di questo mondo interiore, perché lingua dell’affetto su cui è possibile compiere una riflessione liberatoria.» (ALESSANDRA CIOCCARELLI, Il paratesto tabucchiano: viaggio dalla periferia al centro della trilogia

portoghese, «Tabucchi o del Novecento», Vincenzo Russo (a c. di), Milano, Ledizioni, 2013, p. 43).

188 L’opera è stata infatti scritta in lingua portoghese e solo in un secondo momento tradotta in italiano. 189 CIOCCARELLI, Il paratesto tabucchiano: viaggio… p. 43.

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esistenziale e personale sia dell’autore Tabucchi, che del Paese Portogallo»190, riesce a trovare nell’italiano una lingua particolarmente idonea ad eviscerare alcune riflessioni condotte dall’autore nella sua opera. La lingua con cui si decide di costruire il romanzo, in questo caso il portoghese, infatti non è mai «universale e neutra ma è un idioletto»,191

una lingua in grado di dare voce ai propri moti interiori, quell’idioma affettivo che permette di esprimere, nella maniera più efficace, i propri pensieri, capace di toccare le corde più intime dell’animo. Tabucchi rifiuta l’italiano e sceglie di comporre il romanzo direttamente in lingua portoghese, optando così per la lingua originaria attraverso la quale è venuto a conoscenza dei turbamenti e moti esistenziali di Pessoa. La sua, per certi aspetti, può essere considerata un scelta coerente e perfettamente in linea con quanto si apprestava a comporre (niente di meno che un romanzo ambientato nella capitale portoghese). Nella nota introduttiva di Requiem, Tabucchi trasmette il significato del concetto di ‘lingua’ come qualcosa che si abita dall’interno, che rende le persone diverse, non a causa dei confini geografici, ma a causa di ciò che di più intimo rappresenta; la lingua è infatti come una seconda personalità192 e racchiude ricordi scaturiti da sentimenti, odori, sapori, impressioni precisi. Pessoa è per Tabucchi non solo un maestro ma anche Lisbona, città che nella realtà dei ricordi rievoca personaggi veri e sognati, rappresenta il punto cardine nella vita dell’autore. La lingua portoghese193, dunque, è la lingua grazie

190 Ivi, p. 42. 191 Ibidem

192 «Se qualcuno mi chiedesse perché questa storia è stata scritta in portoghese, risponderei che una storia

come questa sarebbe potuta esser stata scritta solo in portoghese, e basta. […] Sia come sia, ho capito che non potevo scrivere un Requiem nella mia lingua, e che avevo bisogno di una lingua differente: una lingua che fosse un luogo di affetto e di riflessione.» (TABUCCHI, Requiem…p. 7)

193 Per Tabucchi l’uso di una lingua piuttosto che un’altra ha un suo significato. Ogni lingua ha una

personalità propria. La scelta di una determinata lingua (in questo caso il portoghese) evoca determinati sentimenti nell’autore. Parlare più lingue significa essere scissi: come se attraverso queste si potesse essere persone diverse.

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alla quale è possibile compiere quella riflessione liberatoria194 che sembra essere lo scopo di molti romanzi tabucchiani. Alessandra Cioccarelli rileva che:

la Nota tabucchiana si chiude con la dichiarazione, tutta giocata sui toni dell’ironia, della

preferenza accordata al portoghese rispetto al latino, lingua “ufficiale” di esecuzione del Requiem e all’armonica e alla musica a buon mercato rispetto alla solennita e pomposita dell’organo, suonato nelle cattedrali.195

Con questa dichiarazione, l’autore è portato ad ironizzare, per questo, si intuisce che le vere ragioni per cui Tabucchi ha deciso di scrivere Requiem in portoghese, sono più profonde di quanto non si possa immaginare. E così, l’autore racconta di una sua permanenza a Parigi, avvenuta nell’inverno del 1991, durante la quale, di notte, gli apparve in sogno suo padre, morto alcuni anni prima per un cancro alla laringe:

Nel sogno, ambientato in un albergo di Lisbona, il padre gli appare giovane e vestito da marinaio e, in portoghese, una lingua mai parlata in vita, lo interroga sulle ragioni della propria morte. Quando la mattina seguente si mette a trascrivere il sogno per non dimenticarlo, la voce paterna torna a risuonare in portoghese, e lui stesso risponde nella medesima lingua. Nel momento in cui Tabucchi decide di tradurre il sogno in italiano sente di commettere un sacrilegio e da qui decide di scrivere Requiem in portoghese. Vero o no che sia, nel racconto che Tabucchi ne restituisce, l’episodio assume una densità di implicazioni straordinaria nell’illuminare le ragioni non solo private ma propriamente letterarie della scelta del portoghese.196

Padre e figlio, peraltro, si raccontava comunicassero in un idioma intimo e strettamente personale; sembra che i due si servissero abitualmente di alcune parole che

194 CIOCCARELLI, Il paratesto tabucchiano…p. 43.

195 Ivi, p. 42. Ancora, Tabucchi scrive «Un omaggio ad un paese che io ho adottato e che mi ha adottato a

sua volta, ad una gente cui sono piaciuto e che, a sua volta, è piaciuta a me» (TABUCCHI, Requiem…pp. 7-8)

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il repertorio della lingua portoghese offriva e sembra che sia stato proprio Tabucchi , per l’occasione, ad insegnare qualche detto tipico lusitano a suo padre.197 L’importanza

affettiva che la lingua portoghese esercita su Tabucchi la si può evincere facilmente anche dai nomi che l’autore utilizza all’interno dei suoi romanzi, è il caso, ad esempio, di

Notturno indiano, esposto in prima persona da un narratore-protagonista: il cui nome

esotico deriva dal vocabolo “rouxinol” che in portoghese significa usignolo: «Pensai a un nome, Roux […]: sono diventato un uccello notturno».198 A testimonianza del crescente

interesse di Tabucchi per la letteratura lusitana si può ricordare che, peraltro, nel suo saggio La parola interrotta, l’autore pisano traduce la poesia Sigamos o cherne del poeta lusitano O’Neill, poesia che lo scrittore ha tradotto con Seguiamo la cernia, della quale sarebbe stato impossibile comporre una traduzione senza aver prima compreso il significato metaforico e astratto; si può dunque sostenere a ragione che una lingua non è mai un semplice repertorio di parole, infatti, quando si traduce si sta trasponendo una intera cultura e i suoi significati e Tabucchi, in qualità di traduttore, lo sapeva molto bene.199 Un concetto lasciatogli in eredità dal mondo portoghese è quello di memoria e di tempo:

In Tabucchi l’insistenza sulla memoria come modalità preferita dell’esperienza non fa parte di un tentativo razionale o logico di capire e descrivere il sé o l’esistenza come un blocco unitario

197 «Tabucchi spiega infatti di aver chiamato per tutta la vita suo padre «pa», come si usa nelle campagne

pisane. Ma quando, studiando portoghese, scopre che la parola «pa» con accento acuto significa ‘ragazzo’, insegna questa parola al padre, che chiama il figlio con quell’unica parola straniera di cui conosce il significato. Cosi padre e figlio, usando apparentemente la stessa parola ma con significati diversi, utilizzano un idioletto segreto e personale.» (Ivi, p. 43).

198 TABUCCHI, Notturno indiano, Palermo, Sellerio Editore, 1986, p. 90.

199 La cernia, secondo O’Neill, è il represso che torna in superficie come fa il pesce dai fondali limacciosi.

Nei suoi versi infatti sovrappone al pesce una interpretazione psicanalitica, alcuni versi recitano: «In ciascuno di noi nuota la cernia, /Quasi sempre mentita e dimenticata/ In acqua silenziosa di passato /Nuota la cernia: tradito/pesce represso […].».

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circoscrivibile. Essa rappresenta invece un’idea soggettiva del tempo ed ella realtà, che raramente corrisponde a quella oggettiva e cronologica. 200

Per Tabucchi, il tempo del presente è tempo dell’assenza in cui i protagonisti rimpiangono quello passato. I portoghesi chiamano questo stato d’animo saudade che può definirsi una «nostalgia affettuosa».201 Ma la saudade non è solo questo, è anche, nei racconti dello scrittore toscano, un modo per rappresentare l’intreccio tra passato e presente, tra ciò che è e ciò che sarebbe potuto essere, in quanto è un concetto che cela una nota creativa nei ricordi del passato. Il termine è originario dal portoghese e semantizza un qualcosa che nella lingua italiana non esiste. Se una lingua non ha una parola per indicare un determinato concetto, vuol dire che esso non è concepibile, in sintesi, non esiste nell’economia di quella cultura perché non se ne sente il bisogno che esista. La saudade è un concetto tipicamente portoghese che Tabucchi apprezza ed esporta in Italia e che risulta connesso all'idea di più facce della stessa realtà, ed ha quindi anche a che fare con l’idea di rovescio: la saudade descrive infatti una memoria che contiene un elemento di rovescio, cioè una memoria che non ricorda solo ciò che è successo, ma anche ciò che sarebbe potuto succedere. I testi di Tabucchi, soprattutto quelli degli anni '80, cercano di dare un’immagine della realtà come il soggetto immagina che sarebbe potuta essere. Il ricordo, dunque, si mescola con l’elemento fantastico, sognante e immaginativo. Nel testo

Esperidi. Sogno in forma di lettera (un racconto appartenente alla raccolta Donna di Porto

Pim) la saudade non viene mai nominata direttamente con il suo nome, tuttavia sembra

creare un’atmosfera particolare e offuscata, confusa e nostalgica, dando il la all’intera narrazione

200 SCHWARZ LAUSTEN, L’uomo inquieto: identità …p. 52.

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la sua deità si estende a una zona dell'animo che ospita il rimorso, la pena per ciò che fu e che non dà più pena ma solo la memoria della pena, e la pena per ciò che non fu e che avrebbe potuto essere, che è la pena più struggente.202

L’opera di Tabucchi può essere definita come «un atlante» che racchiude l’intera «geografia della lingua»;203 innumerevoli, infatti, sono i rimandi alla cultura lusitana, e non si limitano solo ad essa, ma anche alle Azzorre, alle atmosfere afroportoghesi ed al Brasile.204

Antonio Tabucchi era venuto a conoscenza del peso e delle responsabilità che comporta l’adozione di una lingua, anziché di un’altra; decidere di scrivere in portoghese, anziché in italiano, come accade con Requiem, non è per Tabucchi una semplice scelta linguistica, ma per rendere giustizia delle diversità che intercorrono tra lingue anche simili. Essere traduttori è un valore aggiunto a quello di scrittori, che permette di «pesare» al meglio le parole per poter rappresentare al meglio, e senza distorsioni, le differenze fra culture.205

202 TABUCCHI, Donna di Porto… pp. 14-15.

203 ROBERTO VECCHI, Patrimoni della lingua portoghese: Antonio Tabucchi e le traduzioni del Brasile

letterario. Un ricordo, «Tabucchi o del Novecento»…p. 93.

204 «La presentazione alla Storia della letteratura brasiliana di Luciana Stegagno Picchio, tenuta da

Tabucchi all’Ambasciata del Brasile, e significativa del gioco di rimandi non semplice che il rapporto Portogallo - Brasile suppone» Ivi, p. 92.

205 Tradurre, dal latino transducere, significa trasportare qualcosa da una lingua ad un’altra, nel pieno

rispetto della cultura di origine :«Volgere in un’altra lingua, diversa da quella originale, un testo scritto o orale, o anche una parte di esso, una frase o una parola singola» (La presente definizione è tratta dal Dizionario online della Treccani - www.treccani.it).

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