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Tabucchi per noi. Gli studi su Antonio Tabucchi nel nuovo millennio

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN ITALIANISTICA

TESI DI LAUREA

Tabucchi per noi.

Gli studi su Antonio Tabucchi nel nuovo millennio

CANDIDATO

RELATORE

Arianna Proietti

Chiar.mo Prof. Luca Curti

CORRELATORE

Chiar.mo Prof. Stefano Brugnolo

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Indice

Introduzione ... 1

Capitolo I- Antonio Tabucchi ... 6

1.1 Vita e opere ... 6

1.2 Premi e onorificenze... 69

1.3 Tabucchi e l’altrove: l’indissolubile legame con il mondo lusitano ... 71

Capitolo II- Una prima interpretazione dell’opera di Antonio Tabucchi. Varietà tematiche e questioni narratologiche ... 77

2.1 Andrea Bernardelli. “Sostiene Tabucchi” Modalità narrative e costruzione di mondi tra letteratura e cinema ... 79

2.2 Mirella Marotta Peramos, Rapidità e indugio: analisi della struttura temporale di 'Notturno indiano' di Antonio Tabucchi ... 94

2.3 Joann Cannon, "Requiem" and the Poetics of Antonio Tabucchi ... 107

2.4 Bruno Ferraro, Tempi onirici e spazi virtuali in "Sogni di sogni" di Antonio Tabucchi . 113 2.5 Alberto Casadei, 1994: I destini incrociati del romanzo italiano ... 124

2.7 Bruno Ferraro, Il filo dell’orizzonte di Antonio Tabucchi e il giallo dell’ «alterità» ... 137

2.8 Charles Klopp, La violenza collettiva e il senso del male nella narrativa di Antonio Tabucchi... 144

Capitolo III- Interpretare l’opera di Antonio Tabucchi, tra esistenzialismo, arti figurative ed engagement ... 159

3.1 Anna Dolfi, Lo Spleen di Parigi e il senso di colpa... 160

3.2 Raymond Abbrugiati, La musique du malentendu ... 164

3.3 Antonio Prete, I lampi della lontananza. Sui racconti di Tabucchi ... 169

3.4 Claudio Milanesi, Tabucchi, la storia e l’impegno, da Piazza d’Italia a L’oca al passo 173 3.5 Thea Rimini, La cine(biblio)teca di Tabucchi: il montaggio di Piazza d’Italia ... 179

3.6 Carina Boschi. Fruizione tematica e funzioni poetiche del cinema nella narrativa di Antonio Tabucchi... 187

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3.7 Michela Meschini. L’immagine narrata: Antonio Tabucchi e la “tentazione” della pittura

... 192

Capitolo IV- Interpretare l’opera di Antonio Tabucchi . Un viaggio intertestuale tra politica, religiosità e fiction ... 199

4.1 Charles Klopp, Il senso del religioso nella narrativa di Tabucchi, Celati e Bufalino... 200

4.2 Barbara Aiosa-Poirier, «Vivere o ritrarre» di Antonio Tabucchi e i ritratti di Tullio Pericoli: il testo e l’invisibile delle immagini, le immagini e i silenzi del testo ... 206

4.3 Gianmarco Gallotta, L’opera di Tabucchi: l’impegno, i personaggi, il romanzo italiano contemporaneo ... 213

4.4 Antonello Perli, Il viaggio notturno della scrittura. Su Tabucchi 'indiano' ... 219

4.5 Thea Rimini, Dalla costa toscana alle falesie atlantiche e ritorno: "Lettere a Capitano Nemo", il romanzo inedito di Antonio Tabucchi... 223

4.6 Michael Schwarze, Sul rapporto con il potere. Sondaggi di realtà in Tabucchi e Sciascia ... 230

4.7 Gianmarco Gallotta, Il personaggio tabucchiano tra realtà e finzione ... 235

Capitolo V- I pomeriggi del sabato ... 243

5.1 L’assenza come forza motrice del racconto: contributo di Remo Ceserani (1933-2016) e Pia Schwarz Lausten (1966 - ) a I pomeriggi del sabato (1981) ... 243

5.1.1 I pomeriggi del sabato: il ritorno del rimosso, il tema dell’infanzia e la teoria dell’ “astratto- visibile” ... 255

5.2 I pomeriggi del sabato: Il contributo interpretativo di Giovanni Palmieri (1957- ) e le Lettere a Capitano Nemo ... 259

Conclusioni ... 268

Bibliografia ... 277

Appendice I ... 283

Appendice II ... 300

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Introduzione

La vita è un appuntamento, lo so di dire una banalità, Monsieur, solo che noi non sappiamo mai il quando, il chi, il come, il dove….

Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza

Con il presente lavoro si vuole allestire una presentazione completa dell’opera narrativa di Antonio Tabucchi (1943-2012) e della sua attività di scrittore, partendo dall’analisi di ventidue articoli tratti dalle maggiori riviste di letteratura italiana nel mondo (sia italiane che straniere). Il presente studio vorrebbe quindi far luce sui principali filoni d'indagine percorsi dalla critica col proposito di fare il «punto» sull'interesse sorto intorno a Tabucchi nel nuovo millennio. L’obiettivo fondamentale di questa ricerca è stato quello di collezionare e discutere alcuni degli omaggi più significativi tributati allo scrittore dalla critica del nuovo millennio. Di conseguenza, si cercherà di rendere conto anche di studi pubblicati in altre lingue (o che spesso compaiono in riviste provenienti da centri di cultura italiana dislocati all’estero) con l’intento di offrire un panorama più vasto possibile ai fruitori di questo repertorio critico.

Relativamente agli aspetti inerenti la metodologia di ricerca, per questa indagine si è fatto riferimento alla banca dati elettronica «Italinemo» che raccoglie, tramite schedatura ordinata e completa, le differenti riviste di italianistica pubblicate su scala mondiale a partire dal nuovo millennio.

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L’indagine condotta evidenzia che ad essersi occupati dell’opera di Tabucchi sono soprattutto quei ricercatori che hanno trovato impiego fuori dai confini nazionali. Non a caso, molti articoli indicizzati su «Italinemo» compaiono quasi sempre su periodici di italianistica pubblicati all'estero o comunque, facenti capo a Dipartimenti di Italiano sorti all’interno di università straniere: si considerino ad esempio, alcune riviste interpellate per questo lavoro: «Italies» (Centre Aixois d’Études Romanes), «Cahiers d’etudes italiennes» (Ellug Grenoble Alpes), «Cuadernos de filología italiana» (Universidad Complutense de Madrid), «Forum italicum» (Stony Brook University, New York) e «Quaderni di italianistica» (Università di Losanna) e non solo. Questo dato può essere interpretato come un chiaro segnale del successo mondiale delle opere tabucchiane; l’autore toscano è stato infatti particolarmente apprezzato all’estero non a caso, le sue opere sono state tradotte in un numero cospicuo di lingue.

Il presente lavoro è articolato in cinque capitoli: il primo è dedicato alla presentazione dello scrittore quindi, al suo processo di formazione, alla genesi delle sue opere ed al suo viscerale rapporto con il mondo lusitano; il secondo, il terzo e il quarto sono invece dedicati all’approfondimento di ventidue contributi critici in grado di offrire una visione più vasta della sua attività di scrittore. L’ultima parte della tesi è infine dedicata ad una possibile spiegazione del racconto tabucchiano I pomeriggi del sabato (1981), studiatissimo dagli esperti italianisti non solo per il carattere aperto della trama (che potrebbe sembrare all’apparenza priva di un’effettiva conclusione) ma anche perché la stessa «sceneggiatura» alla base del racconto appare volutamente indeterminata ed imprecisa offrendo così diversi spunti di riflessione alla critica testuale.

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Gli articoli critici esaminati affrontano l’opera di Antonio Tabucchi da diverse angolature in grado di offrire nuovi ed interessanti spunti di riflessione sulla narrativa d’autore. Seguendo un ordine cronologico, tali studi monografici sono stati ripartiti secondo tre arcate temporali. Il primo ciclo di articoli infatti, annovera i contributi critici pubblicati dagli anni 2000 agli anni 2006, il secondo invece, include quelli dati alle stampe durante il 2007 (quando la rivista francese Italies decide di dedicare un intero numero a Tabucchi) ed infine la parte conclusiva del lavoro approfondisce gli studi monografici sull’autore divulgati a partire dal 2008 fino ai tempi più recenti. Un dato interessante sul quale questo lavoro vuole riflettere è che le monografie sull’autore toscano si infittiscono significativamente a partire dagli anni 2000. Negli ultimi anni infatti, il numero di studi su Antonio Tabucchi è cresciuto esponenzialmente, sia in Italia, sia soprattutto all'estero, tanto che risulta un'impresa talvolta “ambiziosa” rendere conto di quanto la critica internazionale produce o sta partorendo al riguardo

Tra gli articoli discussi in questa sede vi è, ad esempio, quello di Andrea Bernardelli che, attraverso lo studio di Sostiene Pereira (Tabucchi, 1994), intende analizzare «in che modo differenti modalità della narrazione possano costruire diversi mondi di finzione» soffermandosi pertanto sulle modalità di costruzione narrativa del racconto tabucchiano; quello di Mirella Marotta Peramos, la quale riflette sul ritmo e sulla struttura temporale di Notturno Indiano (Tabucchi, 1984); ma anche quello della studiosa americana Joann Cannon che sofferma la sua attenzione sul romanzo Requiem (Tabucchi, 1991) e su come Fernando Pessoa ne abbia influenzata la composizione, o quello di Bruno Ferraro che rilegge la narrativa tabucchiana alla luce del concetto di ricerca mancata, una ricerca che - piuttosto che portare a una effettiva soluzione - pone sempre nuovi quesiti ontologici e metafisici.

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. Col proposito di spingersi oltre, sono state condotte diverse indagini in loco; è stato visitato il «fondo Tabucchi» - donato per volontà dello stesso alla biblioteca di Vecchiano - insieme alla casa natale dell’autore, confrontandosi, ove necessario, con persone particolarmente vicine all’autore (in special modo, fondamentale per questo lavoro è stata la preziosissima intervista posta in Appendice I rilasciata dal Prof. Riccardo Greco, ex-alunno di Antonio Tabucchi da lui scelto come relatore di tesi). Con l’intenzione di allargare ulteriormente lo spettro di indagine sull’autore, si è cercato altresì di raccogliere documentazione di vario tipo, dalla proiezione del documentario sulla vita dell’autore toscano (intitolato Se di tutto resta un poco. Sulle tracce di Antonio Tabucchi) al recentissimo libro Rua de saudade 22, completo di varie testimonianze sull’autore toscano rilasciate da colleghi universitari e persone a lui vicine, che definiscono più accuratamente anche la sua attività di scrittore «impegnato».

Le motivazioni che hanno spinto la mia attenzione verso questo progetto di ricerca hanno una duplice natura. Da un lato, il proposito che ha animato questo lavoro è stato quello di voler rendere omaggio ad un autore poliedrico tra i più noti all’estero, scrittore e al contempo traduttore, fortemente legato ai temi dell’impegno civile e indiscusso sperimentatore di nuove forme narrative (dai racconti al romanzo, dalle scritture sociali alle lettere). Dall’altro, l’interesse nei suoi confronti nasce dall’amara costatazione che la sua attività di scrittore in Italia avrebbe potuto essere più efficacemente valorizzata. Tabucchi infatti, dichiarò spesso di guardare all’Italia come ad un paese straniero, scegliendo di vivere tra Lisbona e Parigi e sentendosi come condannato ad un perpetuo “ostracismo”. Lo scrittore in Italia ha pagato un caro prezzo, forse perché anche le democrazie hanno praticato e praticano tuttora la censura. Ed è proprio l’altra faccia della censura quella strisciante, invisibile, subdola a fare più paura. Tabucchi è stato per molto

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tempo bersaglio della politica, dei media, dei giornali, un personaggio scomodo, che scelse di utilizzare la forza della penna per comunicare, la sua arma più potente. Sapeva sfruttare in maniera intelligente il suo ruolo, veicolare messaggi senza altezzosità e aveva la capacità di spogliarsi di quelle prudenze che portavano all’omologazione del pensiero, al conformismo, all’ipocrisia. L’autore toscano ha pagato a caro prezzo queste scelte etiche, perché in fondo la schiettezza è cara a tutti, ma non tutti la vogliono in casa loro e perché come dice l’antico proverbio: «Nessuno è profeta in patria». Tabucchi si sentiva un cittadino – parola che amava particolarmente – impegnato a difendere le cose buone del nostro Paese e desiderava avere la libertà di poter dire tutto. Ma forse la vera rivoluzione portata avanti dallo scrittore era ben altra: consapevole che l’unica forma di comunicazione partisse proprio dall’orecchio, Antonio Tabucchi è sempre stato avido ascoltatore di storie altrui, guidato come da una curiosità «onnivora». Si racconta che una volta per arrivare ad una lezione, a Siena, si era fermato per caso nel mezzo di una campagna. Nelle vicinanze aveva scoperto un vecchio ospizio per artisti. E così aveva fantasticato con i suoi colleghi universitari: «Chissà quante storie ci sono in quel luogo»; ecco, lui aveva immaginato questo ospizio di vecchi artisti come un potenziale «contenitore» di storie ed in fondo, chi sa predisporsi all’ascolto, chi è disponibile a prestare il suo orecchio all’altro, allora sa anche mettersi al servizio degli altri e scrivere per loro. Effettivamente, lo scrittore toscano concepiva la scrittura soprattutto come una forma di dovere etico, un modo per dare voce a chi non ne aveva. Forse ci vorrebbero più persone come Tabucchi, persone che hanno la capacità di respirare ed abitare storie altrui, capaci cioè di stare dentro l’umano.

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Capitolo I

Antonio Tabucchi

Ho passato la vita a fare delle ipotesi sul suo conto ed ora sono stanco di farne, ecco cosa volevo dire […] Lei non ha bisogno di me […] non venga a raccontarmi delle storie, c’è il mondo intero che l’ammira.

Antonio Tabucchi, Requiem

1.1 Vita e opere

Antonio Tabucchi nasce a Pisa, il 23 settembre 19431. É stato il maggior conoscitore, critico e traduttore di Fernando Pessoa, oltre che scrittore, accademico e docente di lingua e letteratura portoghese. Ha collaborato, negli anni, con i più importanti quotidiani italiani e stranieri («Corriere della Sera», «la Repubblica», «L'Unità'», «Il manifesto», «Il Fatto Quotidiano», «Le Monde», «El País», «Diário de Notícias», «La Jornada», «Allgemeine Zeitung»), riviste letterarie («La Nouvelle Revue Française», «Lettre Internationale»...) e culturali («MicroMega»). Laureatosi2 in Lettere presso l’Ateneo pisano con una tesi sul

Surrealismo in Portogallo, Antonio Tabucchi matura precocemente un notevole interesse

verso la letteratura portoghese3, facilitato dai numerosi viaggi intrapresi in Europa, sulle tracce degli autori che aveva incontrato nella ricca biblioteca dello zio materno, presso

1 Nasce a Pisa domenica 24 settembre (anche se la sua data di nascita nei documenti ufficiali corrisponde

al giorno 23), durante i primi bombardamenti americani sulla città. Figlio unico di Tina Pardella, che di professione faceva l’ostetrica, e di Adamo Tabucchi, commerciante. Trascorre l'infanzia nella casa dei nonni materni a Vecchiano, un borgo nelle vicinanze della città toscana.

2 Si laurea con Silvio Guarnieri e Luciana Stegagno Picchio; quest’ultima gli trasmetterà la passione verso

il Portogallo.

3 Durante l’università, orienta i suoi studi verso la letteratura portoghese, frequentando assiduamente un

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cui era cresciuto4. Nel corso di uno dei suoi viaggi, infatti, trova, a Parigi, su una bancarella nei pressi della Gare de Lyon, il poema Tabacaria (Tabaccheria) di Fernando Pessoa. Sfogliando le pagine di questo libriccino, comincia a maturare quello che sarà - per più di vent’anni - l’interesse principale della sua vita. Nel 1965, parte per la prima volta per andare in Portogallo con la sua macchina. Attraversa la Costa Azzurra, la Spagna, sosta a Madrid e raggiunge poi Lisbona. Lì conosce Maria José de Lancastre5, che sposerà nel 1970 e con cui avrà due figli: Michele e Teresa. Si laurea dunque nel 1969 in Lettere moderne, con una tesi sul Surrealismo in Portogallo, completando gli studi presso la Scuola Normale Superiore di Pisa negli anni Settanta6 e nel 1973 viene chiamato

ad insegnare lingua e letteratura portoghese all’Università di Bologna. Il contributo di Tabucchi sarà fondamentale per la diffusione in Italia della letteratura portoghese soprattutto per le opere di Fernando Pessoa, dal momento che si occupa delle edizioni italiane assieme alla moglie, anche lei professoressa di lettere a Pisa. Nel 1975 comincia a insegnare Italiano e Latino in una scuola superiore in provincia di Pisa, e nel frattempo pubblica il suo primo romanzo, Piazza d’Italia7, scritto già nel 1973 e definito da lui stesso come «fiaba». Stefano Tani, nel suo studio sui caratteri del romanzo italiano8 degli

4 Sviluppa fin da piccolo la passione per l'arte (in varie interviste ricorderà le gite fatte a Firenze con lo zio

materno che lo portava al museo di S. Marco e a vedere le opere del Rinascimento).

5 A Lisbona, oltre ad incontrare quella che sarà la compagna della sua vita, Maria José de Lancastre - alla

quale si presenterà chiedendo: «Aimez-vous la littérature?» - conoscerà importanti scrittori e intellettuali portoghesi (tra i quali José Cardoso Pires) perseguitati dal regime dittatoriale di Salazar, e stringe rapporti in particolare con i poeti surrealisti, sui quali incentrerà la propria tesi di laurea.

6 Dove studia i poeti barocchi, fra cui Luís de Camões.

7 Leggendo i primi romanzi di Tabucchi si può evincere che Tabucchi è «incerto tra le tentazioni del

Verismo e quelle […] di un romanticismo tutto impregnato di moralismo d’altri tempi» in GIACINTO SPAGNOLETTI, Storia della letteratura italiana del ‘900, Roma, Newton, 1994, p. 53.

8 Per una rassegna puntuale delle varie tendenze della letteratura italiana contemporanea cfr. STEFANO

TANI, Il romanzo del ritorno, Milano, Mursia, 1990; ma anche GIULIANO MANACORDA, Letteratura

italiana d’oggi (1965 – 1985), Roma, Editori Riuniti, 1987; GIUSEPPE AMOROSO , Narrativa italiana 1975 – 1983, Milano, Mursia, 1983;; LINO PERTILE, Appunti sulla narrativa degli ultimi due anni, «Bulletin of the Society for Italian Studies», 21 (1988), pp. 46 – 79.

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anni ’80- ‘909, usa, descrivendo Piazza d’Italia, la definizione di «realismo magico»10,

dal momento che Tabucchi opera una «correzione del vero», destreggiandosi sapientemente in un continuo bilanciamento tra esistente e immaginario. Così, la taumaturgia, la divinazione, il colloquio con i defunti, il mondo onirico e l’astrologia, interferiscono nella narrazione e si fondono con gli elementi veristici, senza mai disturbare la complessiva leggibilità del testo. L’ambiente descritto nel libro riflette peraltro il «male della vita».11 L’opera può essere ragionevolmente ascritta al periodo del postmodernismo italiano12. Attraverso questo testo, Tabucchi racconta l’epopea di tre generazioni di proletari13 - ribelli per temperamento e per tradizione - dai nomi sintomatici

di Garibaldo, Quarto, Volturno, dapprima anarchici poi comunisti, che partono per l’Europa e l’Africa, trovandosi coinvolti nella spedizione dei Mille, nei conflitti coloniali di Etiopia e Libia, nelle due guerre mondiali e quindi nell’avvento del fascismo. Piazza

d’Italia è un romanzo di impronta storica14 che permette all’autore di raccontare il

susseguirsi degli eventi assumendo il punto di vista di chi li ha subiti sulla propria pelle.

9 STEFANO TANI, Il romanzo di ritorno, Milano, Mursia, 1990

10 Tabucchi sfrutta con destrezza questa espressione per inserire nell’ambientazione contadina, descritta

realisticamente, tutti quegli aspetti metafisici che sono fattori di primaria importanza nel comportamento quotidiano. L’abilità scrittoria di Tabucchi riesce a bilanciare i due aspetti del realismo e della magia.

11 ANDREA BORSARI, Conversazione con Antonio Tabucchi, cos’è una vita se non viene raccontata?,

«Italienisch» N. 26 (1991), p. 2.

12 La letteratura che nasce dopo la seconda guerra mondiale viene denominata postmoderna in quanto nasce

come reazione al modernismo. Molti critici indicano Tabucchi come uno dei migliori esempi di postmodernismo italiano; aspetti facilmente riconducibili al postmodernismo, riscontrabili peraltro nella narrativa tabucchiana sono: l’alta frequenza di giochi intertestuali e strategie metanarrative, di figure neobarocche e di enigmi irrisolti.

13 Tabucchi recupera da Pratolini la presenza di un generico popolo «senza però mai la caratteristica del

proletariato come classe, dotata cioè di una limitata coscienza politica e sociale ma […] di una schiettezza di sentimenti che gli permette in genere di intuire per naturale adesione il lato buono della vita» in G. Manacorda, Storia della letteratura italiana contemporanea 1940 – 1996, Ed. Riuniti, 1996, p. 134

14 In merito agli studi condotti sul racconto storico, si veda il saggio di Hayden White Historical text as

Literary Artifact in Aa. Vv., The writing of history, a cura di Robert H. Canary e Henry Kozicki, Madison,

The University of Wisconsin Press, 1978, p. 47. White dimostra che la narrazione storica acquista significato perché ciò che accade è strutturato secondo una trama («plot») che trasforma gli eventi da «frammenti» in «fatti». Gli eventi diventano fatti perché entrano a far parte di una storia, il che implica l’identità fra Storia e Fiction; unica differenza il fatto che nel primo caso gli eventi sono accaduti e nel secondo non lo sono necessariamente.

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E così, lo scrittore si inserisce all’interno di una tradizione di grandi scrittori italiani15 del passato, come Giovanni Verga, Federigo Tozzi, Federico De Roberto, Giuseppe Tomasi Di Lampedusa, Beppe Fenoglio, e contemporanei, come Vincenzo Consolo. La caratterizzazione dei personaggi di Piazza d’Italia risente in maniera netta degli aspetti deteriori della psicologia umana: rabbia, invidia, lussuria, insofferenza, malignità. Tuttavia, i vari personaggi fanno parte di una realtà da non giudicare negativamente, dal momento che possono considerarsi una comunità ancora incontaminata. Infatti, la concezione che Antonio Tabucchi ha nei confronti dei personaggi di Piazza d’Italia è molto simile a quella nutrita da Pier Paolo Pasolini riguardo i suoi ragazzi di vita esposta nella celebre lettera.16

Una caratteristica spiccata di Piazza d’Italia è la sua scansione temporale17 e ciclicità: basti soffermarsi sull’Epilogo posto strategicamente in apertura di libro. In merito a questa scelta, volutamente paradossale, Flavia Brizio – Skov ha dichiarato:

La ciclicità del romanzo è insita anche nella sua organizzazione; si veda l’Epilogo posto in apertura, quasi a sottolineare un perenne movimento rotatorio al quale è impossibile sfuggire; da ciò l’impressione nel lettore di Storia come sinonimo di ineguaglianza e ingiustizia, come ineluttabile ciclo di soprusi.18

15 Soprattutto leggendo i primi romanzi di Tabucchi, si avverte una forte somiglianza con altri scrittori

toscani del XX secolo (Pratesi, Tobino, Tozzi, Pea, Pratolini, Cassola, Bilenchi). Tabucchi stesso ha dichiarato di sentirsi molto vicino ad uno scrittore come Enrico Pea; in comune con lui ha la sua passione verso descrizioni di vita paesana in costante bilico tra superstizione, sesso, liti, misteri, partenze e ritorni, cfr. in merito A. Tabucchi, L’orto di Pea, in "Il Ponte", 34, 7-8, 1978, p. 944

16PIER PAOLO PASOLINI, Lettera aperta a Italo Calvino, quello che rimpiango, «Paese sera», sn,

(1970-). La lettera è datata 8.07.1974.

17 Flavia Brizio- Skov, nel suo studio, dichiara che «Il romanzo è diviso alla maniera cinematografica, in

un primo, secondo e terzo tempo. Ciascun tempo è suddiviso in capitoletti numerati e titolati, che assomigliano molto ai fotogrammi di una sequenza. I capitoletti non rispettano la successione temporale. Il lettore è costretto a tener conto di prolessi e analessi del racconto se vuole seguire il filo della storia. La linearità temporale, del resto, è negata sin dall’inizio del romanzo dalla presenza di un Epilogo che spiazza il lettore e fa assomigliare la narrazione ad un lungo flash-back filmico.» (FLAVIA BRIZIO-SKOV, Antonio

Tabucchi navigazioni in un arcipelago narrativo, Cosenza, L. Pellegrini, 2002, p. 34).

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Innegabili sono i legami di Piazza d’Italia con l’epos classico. Come l’epica classica di cui parla Northrop Frye, anche il romanzo tabucchiano comincia in medias res e l’intera azione inizia e termina nel paese di Borgo, adottando una struttura di circolarità.19 La forma ciclica dell’epopea è confermata dalla vita dei personaggi e dal «ciclo di vita e morte degli anti-eroi visto, attraverso gli anni, in parallelo alla nascita e caduta di granducati, monarchie, dittature».20 L’incipit di Piazza d’Italia, come accade nella tradizione epica classica, ha origine da un momento di crisi, come è la fuga disperata di Plinio inseguito dai gendarmi.21 Flavia Brizio – Skov, in uno dei suoi capitoli più riusciti della sua opera22, ha tentato di dare una definizione di Piazza d’Italia in termini di generi

narrativi, chiedendosi specificamente se il romanzo potesse essere catalogato come epica o piuttosto come tragedia:

Quello che impedisce al lettore di leggere il romanzo come una tragedia è il fatto che, dopo la morte di Plinio, esiste un Garibaldo padre e, alla sua morte, un Garibaldo figlio che portano avanti le azioni eroiche sovversive di chi li ha preceduti.23

Tre anni dopo la pubblicazione di Piazza d’Italia, nel 1978, Antonio Tabucchi pubblica il suo secondo romanzo, Il piccolo naviglio.24All'epoca, aveva appena ottenuto

19 Per una spiegazione accurata dell’epos come genere letterario e delle sue caratteristiche rimando a

NORTHROP FRYE, Anatomy of Criticism. Four Essays, Princeton, Priceton University Press, 1957, pp. 243 e sgg. Ad ogni modo, per quanto riguarda il genere epico e come questo venga rielaborato dalla tradizione greca, non si può ignorare il preziosissimo contributo di Gabriel García Marquez (cfr. GABRIEL GARCIA MARQUEZ, Cent’anni di solitudine, Milano, Feltrinelli, 1972).

20BRIZIO- SKOV, Antonio Tabucchi: navigazioni… p. 54

21FRYE , Anatomy of…p. 430. In tale passaggio Frye sottolinea che l’Iliade comincia in un momento in cui

è la disperazione a regnare nel campo greco, l’Odissea nel momento in cui Ulisse e Penelope sono alle prese con corteggiatori sfacciati, e l’Eneide con il naufragio dell’eroe sulle spiagge di Cartagine.

22 Il capitolo al quale si sta facendo riferimento si intitola “Epica o tragedia?” BRIZIO- SKOV, Antonio

Tabucchi, navigazioni … p. 53.

23 Ivi, p. 55

24 In merito al Piccolo naviglio Tabucchi dichiara che questa opera rappresenta un punto di svolta

importante per una nuova modalità di scrittura, indirizzata verso la riflessione. L’autore è passato dunque dal romanzo al racconto, dalla politica all’esplorazione esistenziale, pur continuando a sviluppare temi importanti come il doppio, la morte, l’ironia.

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la cattedra presso l’Università di Genova ed era uno scrittore ancora acerbo, in cerca della sua identità narrativa, eppure il testo lascia intravedere i germogli della sua prosa, già simile a quella dei grandi autori sudamericani e portoghesi come Garcìa Marquez e l'amato Pessoa, una prosa ricca di relazioni umane fatte di sogni e di tragedia, di solitudine interiore e di struggimento. Il protagonista di Il piccolo naviglio è Capitano Sesto, prototipo di uomo solitario in cerca della propria libertà, le cui vicende individuali si intrecciano con quelle dell’Italia del dopoguerra25. Il testo, ma soprattutto il suo personaggio principale, diviene metafora di un’umanità che sapeva dove voleva andare, eppure, paradossalmente, non conosceva quale direzione prendere e, soprattutto, da dove incominciare.Sesto rappresenta dunque un’intera generazione, quella degli uomini del suo tempo. Con tenacia, parla della propria vicenda e insegue ciecamente quell’idea secondo la quale si esiste proprio perché ci si racconta.Un racconto in cui la Storia, con la “s” maiuscola - quella dei grandi eventi e dei grandi dolori - si intreccia con le vicende quotidiane di un’umanità in bilico tra rassegnazione, determinazione e tenacia.Sesto, che è un poeta, parla attraverso un linguaggio ridondante e metaforico, si serve di tropi e, proprio per questo, viene preso per pazzo26. Al di là della sua innegabile capacità descrittiva, non è il miglior Tabucchi quello che si evince da queste pagine. Stavolta, a

25 Flavia Brizio- Skov sottolinea come: «Con il piccolo naviglio ci troviamo di fronte ad una situazione

diversa e complessa. Colui che raccoglie i reperti e quindi ricostruisce i fatti interpretandoli è Capitano Sesto, ma chi racconta quello che Capitano Sesto scrive è un narratore onnisciente e impersonale che commenta quanto scrive il capitano.» (BRIZIO- SKOV, Antonio Tabucchi Navigazioni …p. 61). Flavia Brizov- Skov opera un interessante paragone tra Il nome della rosa di Umberto Eco e Il piccolo naviglio di Antonio Tabucchi. Mentre Il nome della rosa è narrato - come sostiene Eco- ad un «quarto livello di incassamento, dentro a altre narrazioni: io dico che Vallet diceva che Mabillon ha detto che Adso disse…», in Il piccolo naviglio abbiamo solo due livelli di narrazione e di incassamento: il narratore racconta ciò che Capitan Sesto scrive. Per avere un’idea più chiara del paragone si può confrontare UMBERTO ECO, Postille

a Il nome della rosa in ID., Il nome della rosa, Milano, Bompiani, 1985, p. 513.

26 A tal proposito, Flavia Brizio-Skov, studiando Il piccolo naviglio, conduce un’analisi del linguaggio e

dei registri di cui si serve l’autore e nota un «narratore che usa un registro linguistico che si adatta alle deduzioni di Capitano Sesto, essendo tutto orchestrato su espressioni come «Certo doveva essere…», «Certo era…». Espressioni di carattere ipotetico che, allo stesso tempo, danno alla narrativa un carattere ironico.» (BRIZIO- SKOV, Antonio Tabucchi navigazioni… p. 63)

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differenza di ciò che era accaduto in Piazza d’Italia, gli elementi metaforici sono stridenti e si accompagnano ad alcune ridondanti insistenze che rivelano un bizzarro compiacimento da parte dell’autore. Forse anche per queste motivazioni, il Piccolo

naviglio è considerata dalla critica un’opera di minor valore rispetto ai capolavori

d’esordio dello scrittore, persino lo stesso Tabucchi considera il suo testo un semplice esercizio di scrittura, verosimilmente non adatto alla pubblicazione.27 L’impianto di questo romanzo è particolarmente simile a quello di Piazza d’Italia28. Flavia Brizio-Skov avanza infatti una serie di considerazioni interessanti paragonando Il piccolo naviglio a

Piazza d’Italia, rilevando come Il Piccolo naviglio possa essere considerato parte

integrante di quella categoria di romanzi «che possono passare per testi di storia, con l’eccezione che, nel nostro caso, non ci si limita a fornire un’accurata ricostruzione dei fatti storici, ma ci si propone di risolvere quello che, parafrasando White, chiameremo «l’enigma della Storia»29. Si assiste, anche ne Il piccolo naviglio, allo sviluppo di una

saga familiare, tuttavia, a differenza dell’opera d’esordio tabucchiana, l’elemento magico viene inghiottito da un attento realismo30. L’opera incarna peraltro una modalità di scrittura, tipica degli anni ‘70, che tende a far prevalere la saggistica sulla narrativa.

27 «…non desidero parlarne molto perché non mi piace molto». (TABUCCHI, Equivoci senza importanza,

«Mondoperaio», N. 12 (1985), p. 110).

28 La Storia è l’elemento comune ad entrambe le opere. In merito agli studi sulle narrazioni di taglio storico,

si possono confrontare le riflessioni di Flavia-Brizio-Skov, la quale, afferma «Non ci sono dubbi sul fatto che Piazza d’Italia sia una riflessione sulla storia italiana, un testo di Storia non ufficiale, una storia narrata da un microstorico che ricostruisce la memoria collettiva dei perdenti, degli anti-eroi, degli emarginati perché la Grande Storia è scritta da e per i vincitori» (BRIZIO SKOV, Antonio Tabucchi navigazioni in un

… pp. 53-54).

29 H. White sostiene che i metastorici si occupano di risolvere il «riddle of history» ovvero «l’enigma della

storia» (HAYDEN WHITE, Interpretation in History in Tropics of Discourse, Baltimore, Johns Hopkins University Press, pp. 51-53)

30 Realismo vuol dire specificamente realizzare una rappresentazione a posteriori, con logica lucidità, di ciò

che è successo nel passato e del «perché» si è originato un un determinato evento. Questa riflessione è stata suggerita da Hayden White e dai suoi studi (Ivi, p. 52).

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Dopo il Piccolo naviglio, all’incirca intorno al 1978, è stato realizzato da Tabucchi un romanzo mai pubblicato, che pare però si aggiri come una sorta di fantasma nei racconti dello scrittore regalando atmosfere, situazioni e personaggi alle sue opere successive31.Le vicissitudini di questo romanzo sono raccontate in Storia di una storia

che non c’è, testo contenuto nel libretto I volatili del Beato Angelico(1987). In realtà, esistono anticipazioni di questa opera anche ne Il caffè32 e in Paragone33. Il romanzo ha

avuto una storia editoriale abbastanza travagliata che lo ha portato a rimbalzare da un editore ad un altro.34

Tabucchi ricorda lagenesi del romanzo risalente alla primavera del 1977 e ripercorre il cambio dei titoli(da Lettere a Capitano Nemo a Nessuno dietro la porta) e infine racconta la distruzionedel testo, anche se, come osserva anche Giovanni Palmieri, qualche traccia del romanzo è rimasta35. L’autore si premura persino di precisare che «l’unica cosa che resta di tutto quanto» è una nota conclusiva intitolata Oltre la fine36. Il protagonista dell’opera è Duccio, un ragazzino che - come l’autore - cresce tra Pisa e la Versilia, ha perso il padre, e è stato accudito dalla madre e lo zio. È un giorno di San Silvestro degli

31 Tabucchi ha affermato di aver gettato al vento il suo Lettere a Capitano Nemo: non si hanno prove per

dubitare di questa versione dell’autore, tuttavia, il fatto che questa opera risulti comunicativa e ben riuscita lascia sospettare che l’autore abbia fatto qualche concessione alla fiction, in ogni caso, la critica deve necessariamente tenere conto delle sue dichiarazioni e non sembra opportuno indagare.

32 «Il caffè», n. XXII, s. VIII, n. 2 (1977), pp. 25- 26. 33 «Paragone», n. 342 (1978), pp. 14 – 25.

34 Tabucchi, poco più che trentenne Tabucchi, aveva alle spalle l’esordio del ’75 con Piazza d’Italia,

pubblica due anni dopo sulla rivista Il Caffè il primo capitolo di un romanzo nuovo. Si chiama Lettere a

Capitano Nemo, e intanto è in valutazione da Mondadori e da Einaudi. I primi pareri non sono incoraggianti:

a parte l’eleganza della scrittura, i lettori editoriali non sembrano convinti. Se dal fronte Einaudi si rimprovera la costruzione di «memorie un po’ scucite, di intenzioni un tantino nebulose, di cattiverie accennate, di dolori abortiti», da quello Mondadori che invita lo scrittore a una maggiore leggibilità.

35GIOVANNI PALMIERI, Il romanzo inesistente di Antonio Tabucchi, «Il ponte», 49, 1 (1993), p. 97. 36 Il tentativo più esauriente di dare completezza ai brani del romanzo scomparso si ha con Capodanno,

pubblicato nella raccolta L’angelo nero. Infatti, il racconto Capodanno può essere utile per ricostruire la trama che poteva avere in origine il romanzo. Lettera al capitano Nemo fu infatti scritto nel 1977, ma all'ultimo momento, Tabucchi decise di non pubblicarlo, riducendolo più tardi a un semplice racconto, inserito con il titolo Capodanno nella raccolta L'angelo nero.

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Anni Cinquanta. L’amico immaginario di Duccio è il capitano Nemo di Verne37, con cui

parla spesso e si confessa; gli indirizza anche alcune lettere immaginarie. Nel corso della narrazione, spicca la figura dell’eccentrico zio Forese, che accompagna Duccio al mare e che, un giorno, in abiti femminili erompe in una furibonda scenata di gelosia al nipote. Il quale resta immobile e ammutolito.

Il protagonista è costantemente ossessionato dalla figura del padre fascista di Salò, ucciso dai partigiani durante la guerra.«Duccio è un ragazzo che guarda. Non agisce, bloccato com’è dai traumi subiti, ma guarda» - sottolinea Thea Rimini38 nel suo saggio, e lo

accomuna a quel Bernardo Soares eternamente alla finestra - uno degli eteronimi dell’amato Pessoa, che proprio in quegli anni Tabucchi andava traducendo. Ma la storia editoriale di Lettere al Capitano Nemo si blocca definitivamente, infatti, dopo che il manoscritto ha rimbalzato continuamente da un editore ad un altro, l’autore decide di dedicarsi ad altro e quando finalmente arriva una proposta concreta dal Saggiatore, nel 1984, sarà lui a non firmare. E affida al vento, pagina per pagina, questo romanzo cancellato.

Nel frattempo, lasciato definitivamente da parte il progetto di Lettere a Capitano

Nemo, Tabucchi pubblica nel 1981 il Gioco del rovescio e altri racconti39; il titolo è tratto,

37 Antonio Tabucchi, nella sua raccolta intitolata L’Angelo nero, rilascia la seguente dichiarazione e

presenta dunque il personaggio di Nemo ai suoi lettori: «Appena di un angelo vorrei parlare. É quello che si riverbera nell’ultimo di questi racconti nel quale, in un’immaginaria maremma toscana, rivivono le sembianze del Capitano Nemo di Vernes. Questa storia apparteneva a un romanzo che scrissi molti anni or sono e che poi buttai via. All’improvviso le prime due pagine di quel romanzo sono sbucate in un cassetto, sotto la forma di una rivista che apparteneva alla mia età giovanile e che rimpiango. Quelle pagine hanno agito. E hanno chiesto uno svolgimento della storia non come l’avevo scritta anni fa ma come la penso ora» (A. Tabucchi, L’angelo nero, Milano, Feltrinelli, 1995, pp. 9 – 10).

38La vicenda editoriale di questo libro cancellato è stata ricostruita nel dettaglio da una giovane studiosa,

Thea Rimini (THEA RIMINI, Dalla costa toscana alle falesie atlantiche e ritorno: "Lettere a Capitano

Nemo", il romanzo inedito di Antonio Tabucchi, «Filologia e critica», n.3 (2004), pp. 382-421).

39 Nella prefazione a Il gioco del rovescio (1981) l’autore afferma che il libro è nato dalla scoperta che «una

certa cosa che era così, era invece anche in un altro modo». I protagonisti di tutti i racconti si trovano infatti davanti ad una realtà diversa da quella consueta o prevedibile. Non si sa infatti chi sia veramente Maria do Carmo de Il gioco del rovescio o perché il protagonista di Lettera da Casablanca sia in ospedale e quale siano state le cause del fatto tragico che ha tanto sconvolto la sua infanzia.

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per analogia, dal nome di un gioco infantile40 ma sta a simboleggiare, più profondamente, come dichiara lo stesso autore, il sospetto che esista un'altra faccia della medaglia e che la realtà nasconda un altro lato, forse più vero, che resta spesso in ombra. Il Gioco del

rovescio41 tenta di scandagliare questa zona d'ombra, di guardare al di là di ciò che è

immediatamente visibile. Nulla si può comprendere di questo testo se non si è pronti ad accettare il sottile gioco di rovesciamenti che lo caratterizza. Con questa opera, Antonio Tabucchi capovolge l'ovvio fino a indurre nel lettore un costante senso di vertigine e di incertezza. Non a caso, il racconto Il gioco del Rovescio – che dà il titolo all’intera raccolta – è costruito attorno all’analisi di un quadro di Velasquez (Las Meninas) e, così come il pittore ha fatto con il quadro, lo scrittore moltiplica ed esaspera i punti di vista per sottolineare lo statuto illusorio della realtà esistente e negare la possibilità di una verità univocamente valida per tutti. La raccolta di racconti, infatti, si apre programmaticamente citando il dipinto di Velàzquez, Las Meninas. Tabucchi ricollega questa opera pittorica alla visione della realtà operata dall’artista, che non è mai univoca, ma deve essere sottoposta ad una molteplicità di punti di vista; Michel Foucault nel suo saggio intitolato

Le parole e le cose aveva dato prova di una simile concezione.42 Quindi l’approccio alla realtà- per dirla alla maniera di Tabucchi- è una continua scoperta, nel senso più stretto

40 Tabucchi stesso, in una sua confessione d’autore, ha ammesso che il gioco infantile da cui prende spunto

consiste nel pronunciare le parole all’incontrario, tuttavia, «eleva questo gioco infantile a una sorta di metafora esistenziale». Lo stesso Tabucchi ammette come «questa metafora abbia fatto capitolino anche in altre opere narrative. Più precisamente, si è affacciata in Piccoli equivoci senza importanza, oppure, in un’ottica diversa, come sospetto, nel Filo dell’orizzonte, nel personaggio di colui che, cercando l’identità di un altro, in verità cerca la sua identità. Quindi credo che questa metafora possa ritornare, è certamente un’indole, una maniera di vedere».

41 La seconda edizione de Il gioco del rovescio (TABUCCHI, Il gioco del rovescio, Milano, Il Saggiatore,

1981, p. 5) apparsa nel 1988 presenta tre nuovi racconti: Il gatto dello Cheshire, Vagabondaggio e Una

giornata a Olimpia.

42 Per quanto riguarda Antonio Tabucchi, cfr. le sue dichiarazioni (TABUCCHI, Il gioco del rovescio …p.

5). Il suo pensiero può essere posto a confronto con Michel Foucault (MICCHEL FOUCAULT, Le parole e

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del termine43. Non esistono realtà esclusive ed insindacabili. In altre parole, Tabucchi non vuole dare delle risposte al lettore ma porgli domande e stimolare in lui la nascita di nuove incertezze. Il Gioco del rovescio è in realtà, o più semplicemente, una pratica volta a capovolgere l’immediata esperienza del reale, aprendo la mente ad una pluralità di prospettive44. La protagonista femminile del racconto che dà il titolo alla raccolta, Maria Do Carmo, diventa la figura portante della realtà, colei che può vedere tutto riuscendo a mediare tra il dentro e il fuori; capire il risvolto delle cose, dislocare il proprio sguardo in una posizione differente, accogliere un altro punto di vista, diverso da quello consueto: tutto questo è il gioco del rovescio45. Ogni situazione ha molti lati e angolature differenti.

Invece di trasformare una figura solida, come un dodecaedro, in una figura piana - distendendola su un foglio e rendendola leggibile da un unico punto di vista- Tabucchi preferisce fare il giro del dodecaedro e cambiare punto di vista per guardare tutte le facce di cui esso si compone. Franco Zangrilli tenta di spiegare ai lettori in cosa consisterebbe questo ‘gioco’:

Infatti il gioco del rovescio è il pernio della scrittura di Tabucchi e della letteratura postmoderna in generale. Essenzialmente vuol essere un gioco del guardare, del doppio, dell’opposto, del paradosso; in cui si indugia sulle fisionomie delle cose per illustrarne le assurdità e per coglierne la vera essenza; in cui si anima un processo (melo-)drammatico che scompone e ricompone ogni

43 Secondo Flavia Ravazzoli: «Il gioco del rovescio in Tabucchi […] ha una duplice funzione: quella di

ingrediente tematico letterale del racconto […] e quella di allegoria, figura che ipostatizza la narrazione […] come procedimento euristico» [FLAVIA RAVAZZOLI, Viaggi tangenziali e storie ribattute: l’insonnia

narrativa di Antonio Tabucchi, «Autografo», n. 4 (1985), p. 29].

44 Anna Botta ha rilevato, in occasione di un’intervista, il gioco fra revés (‘rovescio’ nelle lingue ispaniche)

e rȇves (in francese ‘sogni’ che sta ad indicare il legame tra il rovescio e la sfera dell’inconoscibile. (ANNA BOTTA, All’ascolto di ‘rumori di fondo’ fatti scrittura, «L’anello che non tiene. Journal of Modern Italian Literature», 1-2 (1991), pp. 83 – 97.

45 Nel racconto Il gioco del rovescio, a cui si sta facendo riferimento, Tabucchi immagina infatti di trovarsi

al museo del Prado a Madrid, davanti alla tela di Velàzquez, proprio nell’esatto momento in cui a Lisbona stava morendo una sua amica, Maria do Carmo. Proprio lei gli aveva rivelato come il segreto di quel quadro stesse tutto nella figura di fondo: da una porta aperta e piena di luce si intravede un uomo con un enigmatico sorriso. Era questa la chiave del quadro per Maria do Carmo: questa figura – che non è propriamente dentro la rappresentazione, ma sta allontanandosi ed anzi è già fuori – vede quel che nessun altro può vedere, vale a dire vede i Reali, vede il gruppo di persone e anche ciò che il pittore sta dipingendo su quella tela di cui si può intravedere solo il rovescio. (TABUCCHI, Il gioco del rovescio… p. 11.).

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elemento; in cui l’ironia cogitabonda si fa caleidoscopica focalizzando il pianto e il riso, l’essere e l’apparire, il tragico e il comico. Vuole essere il gioco del “cannocchiale rovesciato” alla Pirandello che inquadra le cose inquietamente da parecchie posizioni e località, e perciò la realtà presenta una moltitudine di sfumature, di tinte, di prospettive, una dovizia di percezioni non omogenee, diverse e composite, tese a sottolineare la relatività e la soggettività; che spazia nella rappresentazione del reale e dell’irreale, va avanti e indietro nel cuore delle epoche storiche vicine e lontane, del passato remoto e del futuro onirico, come nell’ignoto della coscienza.46

La politica e la Storia, che in Piazza d’Italia e ne Il piccolo naviglio47 sono in

primo piano, tornano anche in Dolores Ibarrui versa lacrime amare (noto racconto di Il

gioco del rovescio).48 Nel primo caso, la storia e la politica compaiono sotto forma di

antifascismo ed anarchia, nel secondo, la politica compare nel momento in cui si fa riferimento alla saga di approdo di una generazione al terrorismo, tematica che torna nel

Il filo dell’orizzonte, in Piccoli equivoci senza importanza e nell’Angelo nero. Il terrorista,

in queste pagine de Il gioco del rovescio, torna bambino, cresciuto ed educato com’era da un padre mito che aveva combattuto la guerra di Spagna a fianco della Pasionaria.

46 FRANCO ZANGRILLI, Dietro la maschera della scrittura, Firenze, Polistampa, 2015, pp. 133- 134. 47 Il piccolo naviglio fa la cronaca di cinque generazioni di una famiglia di anarchici. L’ultimogenito di

questa famiglia, Capitano Sesto, è nato durante gli anni Quaranta del secolo scorso, orfano di un padre ammazzato dai Nazisti durante la guerra.

48 Charles Klopp analizza il tema del terrorismo nella narrativa tabucchiana e si sofferma in particolar modo

su Dolores Ibarruri versa lacrime amare, scrive così « Dolores Ibárruri versa lacrime amare è ambientato durante gli anni Settanta come sappiamo da un’allusione all’inizio del racconto ad un telegramma ricevuto dall’anziana donna che ne è la narratrice. Il messaggio di auguri nel telegramma proveniva da suo figlio, un uomo cercato dalla polizia per attività terroristiche e che finisce ucciso – “trucidato” dice la madre – dalle forze dell’ordine. Nel racconto, che accade dopo la morte violenta di quest’uomo, il figlio amato è rievocato dalla madre in una descrizione della sua infanzia e giovinezza che lei fornisce ad un giornalista venuto ad intervistarla. Dolores Ibárruri versa lacrime amare fa parte del volume Il gioco del rovescio. Il rovesciamento che il racconto propone riguarda la vera identità del figlio. Per sua madre, l’uomo morto non è un terrorista capace di fare ciò che lei stessa chiama “cose atroci” ma il suo “Piticche” da sempre – il bambino allegro, intelligente, e affettuoso che amava le barzellette –, faceva sempre benissimo a scuola, ed amava tanto la sua famiglia. Il padre di Piticche, morto per un’infezione del sangue anni prima dell’intervista raccontata, aveva combattuto contro Franco in Spagna nelle brigate internazionali, schierandosi lui socialista libertario con i socialisti piuttosto che con i comunisti. Durante il suo soggiorno in Spagna, quest’uomo aveva fatto la conoscenza della famosa militante Dolores Ibárruri o “la Pasionaria”. Le “lacrime amare”, infatti, del titolo del racconto sono quelle che il vecchio partigiano socialista immagina che la Pasionaria, ormai residente a Mosca, abbia versato al momento delle rivelazioni di Kruscev nel 1956 delle “atrocità commesse dai suoi predecessori”» CHARLES KLOPP , Terrorismo e anni di piombo nella

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Due anni dopo Il gioco del rovescio, nel 1983, Antonio Tabucchi pubblica Donna

di Porto Pim49, una raccolta di testi, in forma più o meno definita, che probabilmente non

ha trovato né collocazione né sviluppo altrove. Effettivamente l’opera si compone sia di racconti compiuti e ben articolati, sia di brani abbozzati e provvisori volti a rappresentare qualcosa che poteva essere ma che non è mai stato o che, forse, mai sarà50. La loro incompiutezza, tuttavia, non deve trarre in inganno, né essere di ostacolo alla leggibilità complessiva dell’opera. I testi che compongono la raccolta sono come piccoli pezzi di vetro, legnetti consumati dal mare, conchiglie trasportate sulla battigia. L’autore invita il lettore a concedersi una passeggiata lungo questo bagnasciuga e a raccogliere ciò che più lo attrae, non solo per tenerlo con sé lungo il suo cammino, ma anche per poterlo lasciare andare di nuovo in mare aperto. I racconti di questa raccolta tendono ad imprimere un’istantanea fotografia della realtà visibile, conferendo un tono di spontanea naturalezza al dettato in prosa.

Il 1984 è l’anno di maggior successo per lo scrittore toscano, dal momento che esso sugella l’uscita di uno dei suoi romanzi più conosciuti, Notturno indiano. Protagonista è un uomo che cerca di rintracciare un suo amico, scomparso da tempo in India. Si tratta di un’opera caratterizzata da un andamento pressoché diaristico, in cui

49 Franco Zangrilli, descrivendo Donna di Porto Pim, rileva che l’autore con questa raccolta «presenta per

lo più un viaggio incentrato a documentare gli aspetti naturalistici e le sofferenze umane, a cronisticizzare cose osservate e ascoltate, una realtà che mentre appartiene al mondo mitico-primitivo si fa segnica di quella postmoderna.» Ivi, p. 205

50 Franco Zangrilli tenta di offrire ai lettori una immagine compiuta della raccolta :«Il viaggio

nell’arcipelago delle isole Azzorre profila un mondo di per sé incantevole e meraviglioso, quasi fuori del tempo, tanto che assomiglia a quelli che si possono scovare nei manuali di “geografia fantastica”. E riafferma che la realtà è davvero fantastica e che la curiosità “è sempre un’ottima guida” (TABUCCHI,

Donna di Porto Pim, Palermo, Sellerio, 1989, p. 28). Dalla gente del posto il viaggiatore-turista Tabucchi

raccoglie fatti, confessioni, cognizioni, informazioni di vario genere e cognizioni disparate, un sostanzioso materiale di storie. La stesura di queste storie cronachistiche mostra che il temperamento dell’autore trasforma il reale in iper-reale, rende la realtà più favolosa e più astorica di quella che appare» (ZANGRILLI,

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il protagonista, in realtà, non fa che cercare se stesso e la sua storia51. Egli si imbatte in una pluralità di incontri: a Bombay con la prostituta Vimala Sar, con il medico dell'ospedale e con un devoto giainista in attesa del treno; a Madras con una certa Margareth e con il direttore della Theosophical Society; sulla strada per Mangalore, con un mostruoso Arhant e suo fratello; a Goa, con il fantasma del viceré delle Indie, con Padre Pimentel, con il postino Tommy, con degli impiegati d'albergo ed infine con la fotografa Christine. Dopo aver letto Notturno indiano, la sensazione che resta è quella di aver fluttuato in un’atmosfera onirica e irreale, alla fine del viaggio non rimane che assaporare il ricordo di uno dei paesi più magici ed affascinanti del mondo, l’India52, che

però appare al lettore sfocata e lontana. Il protagonista del romanzo potrebbe essere accostato ad una sorta di investigatore, sprovvisto di bussola e orientamento, la cui determinazione nel ritrovare Xavier non è che un pretesto per poter giustificare il suo moto inquieto e l’ansia di conoscere se stesso.Il romanzo è costruito appositamente per scardinare ogni certezza: il mistero legato alla scomparsa dell’amico Xavier non esiste e non ha ragione di essere, così come non esiste ciò che si crede di poter inseguire nella vita. Infatti, con l’avanzare del racconto, la ricerca sembra perdere progressivamente

51 Franco Zangrilli dichiara che questa ricerca non si conclude infatti con un effettivo ricongiungimento tra

il protagonista e il suo doppio «Ma a differenza del personaggio sdoppiato di tanta letteratura fantastica dell’Ottocento, qui non avviene l’incontro tra il protagonista e il suo doppio. La sua ricerca sembra sottolineare la constatazione umoristica di Pirandello sull’inconciliabile dualismo delle cose.» Franco Zangrilli, Dietro la maschera della scrittura, op. cit., p. 47. Sempre F. Zangrilli, nella stessa opera, rileva che «Tabucchi si mostra uno scrittore postmoderno che si ostina a riscrivere se stesso, a sviluppare il

pastiche della ricerca della propria identità nei suoi testi (ad es. Notturno indiano, Il gioco del rovescio),dell’io in un “altro” sé, tanto da far trasparire l’impronta pirandelliana (ad es. “Risposta”, “Stefano

Giogli uno e due”, “Dialoghi tra il Gran Me e il piccolo me”)». F. Zangrilli, Ivi, p. 64

52 Zangrilli descrive l’India di Notturno indiano «come un universo di misteri, di suoni imprecisabili e

indistinguibili, popolato da individui che pongono quesiti inestricabili, e disquisiscono di argomenti religiosi, filosofici, metafisici». (Ivi, p. 49)

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consistenza e ciò che effettivamente interessa non è sapere dove sia finito Xavier, quanto piuttosto scoprire cosa comporterà il viaggio per il protagonista53.

Nel 1985, un anno dopo l’uscita di Notturno indiano, Antonio Tabucchi pubblica

Piccoli equivoci senza importanza, una raccolta di undici racconti - di cui il primo dà il

titolo all’intera opera - uniti dal tema comune della riflessione sul significato della vita e di come essa sia caratterizzata da eventi casuali o da equivoci inattesi e- solo apparentemente -privi di importanza, perché ognuno di essi lavora nell’ombra e distrugge ogni certezza. E così, l’esistenza può essere paragonata ad un rebus, dove tutto è dominato dalla casualità: unica certezza è proprio il dubbio, quell’inquietudine che porta spesso a domandarsi: «Cosa sarebbe successo se…», l’attraente fascino delle strade mai percorse e delle frasi non dette. Tabucchi stesso dichiara:

La vita è equivoca e surrettizia: la nostra narrazione, per quanto dotata di volontà di completamento, assume la fisionomia dell’oggetto narrato, diventa equivoca e surrettizia…l’unica certezza che ho è la certezza che tutto è relativo, che le cose hanno il loro rovescio.54

Per rappresentare la frammentarietà esistenziale, egli deve necessariamente ricorrere a forme narrative che di essa tengano conto e decide così di utilizzare il racconto breve, anche in considerazione della polifonia dei vari personaggi. Tuttavia, come sottolinea Manuela Bertone, è l’autore che «ristabilisce però, almeno narrativamente e

53 «La letteratura di Pirandello, come quella di Tabucchi, è una letteratura fondata sulla ricerca dell’oltre; è

più o meno un viaggio avventuroso verso insolite esplorazioni, che cerca di individuare l’inconoscibile dentro e fuori la coscienza umana, che mira a trovare la certezza nell’incertezza, la chiarezza nell’oscurità, la logica nell’alogica, di cui è emblematico lo schizzo della “vecchia signora” che in vari aspetti ricorda la “vecchia signora” in “Voci portate da qualcosa, impossibile dire cosa”di Tabucchi.» (ZANGRILLI, Dietro

la maschera della scrittura…p. 124)

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suo malgrado, un senso di unità intorno al personaggio creatore.»55 Tabucchi, in merito alla stesura di Piccoli equivoci senza importanza, ha dichiarato: «Ho appena terminato i

Piccoli equivoci senza importanza che ha avuto la gentilezza di accompagnare questo [Il

gioco del rovescio], ha fatto bene, perché essi si completano a vicenda.».56 Le similitudini

tra le due raccolte sono infatti evidenti: il pirandellismo di Teatro ritorna in Cinema, l’ambientazione ed i personaggi di I pomeriggi del sabato sono gli stessi di Gli incanti. Peraltro, una caratteristica di molti racconti di Il gioco del rovescio, ovvero quella di richiamarsi ad Henry James, è presente anche in Aspettando l’inverno, derivato verosimilmente da The Aspern papers.57 La raccolta di Piccoli equivoci senza importanza

è interamente giocata sull’equivoco, sull’errore o malentendu, a causa di cui i protagonisti pagano un caro prezzo, lo scrittore, in merito, ha dichiarato: «Parlo di equivoci, ma non penso di amarli, sono piuttosto portato a reperirli. Sapere che si tratta di un’attrazione non ricambiata non è esattamente una consolazione».58 Tabucchi stesso ha dichiarato che il poeta umorista ha un’attrazione irresistibile per «le cose fuori luogo», anormali, assurde, chimeriche, fondate sugli equivoci, sulle incertezze, sulle incomprensioni59.

Ciò che è rilevante in questa raccolta, è che Tabucchi si prefigge l’obiettivo di scoprire nuove prospettive, nuove possibilità di segmentazione e sviluppo del reale, tuttavia, stavolta, si tratta di un nuovo “rovescio”, diverso da quello indagato nelle due opere precedenti: mentre ne Il gioco del rovescio, l’autore aveva scoperto, letteralmente parlando, un nuovo, e sorprendente, punto di vista; in Notturno indiano, aveva indagato

55 MANUELA BERTONE, Antonio Tabucchi: il gioco del peritesto, «Gradiva»,IX, 02(1988), p. 39. 56 TABUCCHI, I volatili del Beato Angelico, Palermo, Sellerio, 1991, p. 84

57 JAMES, Il carteggio Aspern, Torino, Einaudi, 1979

58 TABUCCHI, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 1985, p. 7. 59 Ibidem.

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invece l’ambiguità del reale; in Piccoli equivoci senza importanza, il cosiddetto rovescio della realtà è dato dalla scoperta della negatività e dei lati noir che la permeano.

Un anno dopo l’uscita di Piccoli equivoci senza importanza, nel 1986, Tabucchi pubblica Il filo dell’orizzonte, attingendo ad un fatto di cronaca realmente accaduto60.

Luigi Surdich sostiene che Il filo dell’orizzonte deve essere considerato anteriore a

Notturno indiano, nonostante sia stato pubblicato due anni dopo quest’ultimo.61 Surdich sostiene che Tabucchi abbia tratto materia per il suo racconto da un fatto di cronaca accaduto a Genova nel 1980 quando la polizia fece infatti irruzione in una casa di presunti brigantisti e quattro di questi furono uccisi. La stampa locale riportò per molto tempo la notizia che uno di questi non era stato identificato; questa stessa storia venne dapprima intitolata Perdute salme da Antonio Tabucchi ma fu messa da parte in occasione del suo viaggio in India. La storia venne modificata e pubblicata solo in un secondo momento. L’autore preferì eliminare la prima persona singolare ed inserire il personaggio di Spino.

Il filo dell’orizzonte non è semplicemente titolo di un libro, ma anche metafora del suo

modo di narrare e raccontare la vita, sempre sul filo di un limite da varcare, di un confine che segna la distinzione tra un ‘al di qua’ e un ‘al di là’; in questo modo, l’orizzonte si sposta continuamente, rivelando sempre la strada verso nuovo possibilità. Tuttavia, quello descritto da Tabucchi, non è l’orizzonte leopardiano, che profila, oltre la cerchia collinare e i suoi cespugli, un varco verso l’immaginazione e la creazione di nuovi mondi; stavolta fantasia e grazia poetica hanno portato alla rivelazione di un Oltre spesso inquietante e

60 Il filo dell’orizzonte attinge, come riporta Franco Zangrilli «alla realtà dell’Italia degli anni di piombo,

all’evento cronachistico avvenuto a Genova nel marzo del 1980 riguardante quattro presunti terroristi uccisi dalla polizia in uno scontro a fuoco e la condizione di uno dei cadaveri rimasto a lungo privo d’identità» (ZANGRILLI, Dietro la maschera …p. 59).

61 LUIGI SURDICH, The Constant Search For Oneself, Antonio Tabucchi a Collection of Essays,«Spunti

e ricerche», Numero Speciale, Vol. 12 (1966-1967), pp. 158-172. La nota in riferimento a ciò, si trova a pagina 166-67.

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angoscioso. Lo scrittore percepisce che il mondo in cui l’uomo vive ha una logica e una coerenza apparenti e cela segni di disfacimento, piccole smagliature che emergono e si richiudono in loro stesse. Il filo dell’orizzonte si profila apparentemente come un giallo dal momento che sviluppa un mistero da risolvere, obbligando il lettore ad andare verso la sua soluzione. 62 Tuttavia, l’opera è in realtà un libro ricco di risvolti metafisici infatti, nel lettore si insinua gradatamente un elemento inquietante e indefinibile che apre verso riflessioni filosofiche sul senso della vita e della morte. Viene da chiedersi pertanto, che tipo di genere Tabucchi abbia voluto rappresentare tramite il suo libro Il filo

dell’orizzonte. Stefano Tani, in uno scritto apparso sulle pagine di Il Ponte definisce

questo romanzo come un «antipoliziesco», anzi un giallo «aperto», «infinito» e «metafisico».63 Tani spiega che alcuni scrittori della sua epoca hanno violato le regole del giallo – da lui definite «sacre» - e hanno contaminato tale genere e distingue varie tipologie di “infrazioni”: innovazione, sovvertimento e parodia. Appartengono alla prima categoria A ciascuno il suo e Il nome della rosa, alla seconda Todo modo di Sciascia e Il

62 «Ma quest’omicidio è alquanto diverso da quello che figura all’inizio del giallo tradizionale. Non c’è il

detective che subito si reca sul luogo dell’assassinio a raccoglie informazioni ed indizi. C’è un individuo di età avanzata, Spino, che, in un ospedale fatiscente, assiste i cadaveri dell’obitorio. A volte li accoglie in uno stato di dormiveglia e nel risveglio fantastica come sono morti. Il fantastico si intride di ironia semiseria con Spino che cataloga i morti come se fossero oggetti di merce; che affida a quelli ignoti alla realtà sociale i nomi dei divi di vecchi film, cioè di una realtà virtuale; che li considera pupazzi non più utilizzabili, di una vecchia “rappresentazione” ormai terminata, e grazie alla forza dell’analogia, danno l’impressione di essere maschere del teatro assurdo della vita: “fanno pensare a bamboloni, a grandi fantocci di una rappresentazione finita buttati in un deposito di robe vecchie.» (Ivi, p. 161)

63« La prosa dai toni vari, interrogativo, monologico, filosofico, illustra che con questo atteggiamento Spino

si mette alla ricerca non dell’autore del delitto, come fa il detective del giallo tradizionale che implica l’ordine anche perché alla fine il criminale viene individuato e condannato; invece si mette alla ricerca dell’identità della persona assassinata, assumendo una veste singolare di detective che si muove su tracce misteriose, in una selva oscura che non porta a rivedere “le stelle”, ma immette sempre più nei tunnel dell’enigma e del caos. Un’azione che collaborerà a definire sia la confusione, la disintegrazione, e il notturno dell’universo postmoderno, sia Il filo dell’orizzonte come un giallo alla rovescia, che attua la decostruzione e la demolizione dei canoni polizieschi. Allora questa persona misteriosamente annullata non potrebbe essere un paradigma dello sconosciuto che alberga nell’inconscio, nell’antro della coscienza e si cerca di portare alla luce?, o di una voce perturbante soppressa in tempi lontani che a un tratto si risveglia (“Era una voce stridula e maligna, ma a lui estranea, raccolta in un tempo remoto, quando dei ricordi si serba il turbamento ma non l’avvenimento che lo produssero”)? Non potrebbe essere una metafora dello Spino detective alla ricerca fantomatica dell’altro se stesso, del sosia della gioventù?» (Ivi, pp. 162-63)

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filo dell’orizzonte, infine, nella terza categoria rientra l’opera di Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore. Di conseguenza, Il filo dell’orizzonte, a parere di Tani,

contravviene alle regole del «giallo» in quanto: «Il romanzo si interrompe e pianta il lettore, che si era fatto coinvolgere dal meccanismo di indagine senza una effettiva soluzione e, nella fattispecie, a brancolare letteralmente nel buio di un capannone.» 64 Per poter comprendere a fondo il giudizio di Tani, occorre operare quantomeno un accenno agli sviluppi narrativi del romanzo, incentrato sulla vicenda di Spino, medico legale che lavora nell’obitorio di un ospedale. Egli ama definire l’obitorio dove lavora «il

magazzino della vita»; si prende a cuore quei cadaveri e li assiste, li classifica, li numera

in quell’anticamera prima della loro definitiva scomparsa. Spino sa bene che ogni morte è segnata da un destino oscuro e casuale. E quella mattina, un giovane uomo, sui venticinque anni, privo di identità, lo inquieta profondamente tanto da voler a tutti i costi scoprirne di più. Così, pensa ossessivamente a quale sarebbe potuto essere il suo passato, senza sapere esattamente il perché e vuole svelare l’identità di quel corpo sprovvisto di passato e di futuro. Deve assolutamente trovare delle tracce e svelare il destino di quel giovane uomo. Ha così inizio, attraverso un’indagine su una morte, un’inchiesta, confusa e sconclusionata, sulla propria esistenza, un’inchiesta sempre sul filo di un limite, di un orizzonte che si sposta continuamente e che segna la distinzione tra due mondi paralleli. Di fatto si tratta di un giallo senza soluzione. Così, il lettore intuisce sin da subito che, ciò che apparentemente potrebbe sembrare un romanzo poliziesco, è assolutamente atipico e anticonvenzionale. Infatti, grazie ad alcuni piccoli indizi, come questo: «Con la barba e venti anni di meno potresti essere tu»65 si comprende che la ricerca di un’identità che

64STEFANO TANI, Il filo del silenzio, «Il ponte» 6, N. 11-12 (1987), p. 175. 65 TABUCCHI, Il filo dell’orizzonte, Milano, Feltrinelli, 1991, p. 32.

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