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Joann Cannon, "Requiem" and the Poetics of Antonio Tabucchi

Capitolo II- Una prima interpretazione dell’opera di Antonio Tabucchi Varietà tematiche

2.3 Joann Cannon, "Requiem" and the Poetics of Antonio Tabucchi

«FORUM ITALICUM», N.1 (2001), pp. 100-109

Joann Cannon all’interno del suo articolo “Requiem and the Poetics of Antonio

Tabucchi282 definisce Requiem (1991) un romanzo metanarrativo «par excellence».283

L’opera affronta alcune questioni degne di nota, come, per esempio, il ruolo dell’inconscio nella costruzione della narrazione («the role of the unconscious in the construction of narrative»284) o il ruolo dell’io narrativo come un costrutto di finzione («the recognition of the narrative “I” as a fictional construct»285).

In particolare, Joann Cannon intende rimarcare come il capitolo I inizi con il seguente sintagma: «Quel tizio non arriva più», chiaro riferimento questo, a Fernando Pessoa, poeta scarsamente «conosciuto», forse uno dei meno conosciuti del Modernismo, secondo Joann Cannon («the most unrecognized poet of the Modernist period»286). Nella prima pagina del romanzo, il narratore leggendo l’opera di Fernando Pessoa intitolata Il

libro dell’inquietudine (The book of Disquiet) fissa un appuntamento con l’autore

portoghese («made an appointment with the writer»287): tutto ciò assume una connotazione fortemente metaforica in quanto la ricerca, condotta da parte del narratore nei confronti di Pessoa, può essere vista in parallelo a quella che fa Antonio Tabucchi verso l’opera del grande autore portoghese.

282 JOANN CANNON, Requiem and the poetics of Antonio Tabucchi, «Forum italicum», N. 1 (2001), pp.

100 – 109. 283 Ivi, p. 100. 284 Ibidem. 285 Ibidem. 286 Ibidem. 287 Ibidem.

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Il romanzo Requiem si basa su degli incontri con persone ormai defunte, con cui l’io narrante dialoga animatamente, mangiando insieme a loro, discutendo su ogni tipo di argomento, letterario, filosofico, folcloristico e meditativo. Tuttavia, come rimarca Joann Cannon, l’incontro fondamentale, preparato sin dalle prime pagine del libro, è quello con Fernando Pessoa, che si terrà nell’ultima giornata. Pertanto, per certi versi, il romanzo può essere visto come un commiato di Tabucchi dall’autore che lo ha formato e educato.

Lo scrittore toscano, come rimarca prontamente Joann Cannon, è infatti uno degli studiosi più eminenti di Pessoa, è stato anche suo traduttore dal portoghese all’italiano, oltre che profondo conoscitore della sua opera.

Joann Cannon sottolinea come Pessoa abbia prodotto un corpus poetico consistente, servendosi di una serie di pseudonimi che lui chiama “eteronimi”. Nel libro scritto da Tabucchi, intitolato Un baule pieno di gente, Tabucchi mostra che ognuno degli alter ego di Pessoa ha una propria biografia e specifiche caratteristiche fisiche, ognuno di loro produce opere sotto l’influenza di particolari influenze letterarie («each one produced a distinctive body of poetry under particular literary influences»288). Uno degli eteronimi di Pessoa è Bernardo Soares, suo alter ego, che racconta, all’interno del Libro

dell’inquietudine, l’angoscia permanente della sua coscienza. In questo senso, afferma

Joann Cannon, Tabucchi considera che Pessoa si sia servito della celebre espressione di Rimbaud «Je est un autre» nella costruzione dei suoi eteronimi («Tabucchi borrows Rimbaud’s declaration “Je est un autre” to characterize Pessoa’s use of heteronyms»289).

Joann Cannon intende sottolineare come Tabucchi importi nella sua letteratura il concetto di eteronimia pessoaniano (esemplificato dalla formula rimbaudiana “Je est un autre”), l’allusione più diretta a Pessoa da parte di Tabucchi , si realizza infatti, propria nella Nota

288 Ibidem. 289 Ivi, p. 101.

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che funge da prefazione del romanzo Requiem, in cui lo scrittore toscano confessa che la storia narrata si svolge una domenica di luglio, in una Lisbona deserta e torrida, storia che prende le sembianze di un Requiem narrato in prima persona singolare, da un personaggio che assume tutte le fattezze tipiche di un alter ego dell’autore:

Questa storia […] è il Requiem che il personaggio che chiamo “io” ha dovuto eseguire con questo libro […]. Questo Requiem, oltre che una Sonata, è anche un sogno, nel corso del quale il mio personaggio si trova ad incontrare vivi e morti sullo stesso piano….290 Il narratore di Requiem è un italiano, la cui lunga infatuazione verso il Portogallo, lo ha condotto a Lisbona in numerose occasioni ed ha tutti i tratti tipici riscontrabili nella figura di Antonio Tabucchi.

Nella costruzione romanzesca di Requiem, come rimarca Joann Cannon, si realizza una netta dissociazione dell’io in quanto Tabucchi delega un narratore per raccontare la storia (un suo eteronimo) e tale sdoppiamento, di ascendenza pessoaniana, è riscontrabile sin dalle prime pagine dell’opera, in cui la voce narrante (in realtà, doppio di Tabucchi) sostiene di adocchiare ai suoi piedi la sua ombra che gli parve assurda e incongrua: «E adocchiai ai miei piedi la mia ombra, e anche lei mi parve assurda e incongrua, non aveva senso, era un’ombra corta e appiattita, dal sole di mezzogiorno».291

L’idea dell’ombra può essere interpretata come metafora del proprio doppio e tutto questo riporta alla nota prefatoria del romanzo in cui Tabucchi sostiene di essersi servito di un personaggio («il mio personaggio» per la precisione), suo alter ego. Secondo Joann Cannon, Tabucchi si serve di una proiezione fittizia di sè per raccontare il suo romanzo («The author’s perception of dissociation from his shadow figures the rift between

290 Nota di prefazione dell’autore a Requiem. 291 TABUCCHI, Requiem… p. 13.

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empirical author and fictional projection»292). Di conseguenza, come afferma Joseph francese, «the disarticulation of the self and the theorization of multiple subjectivities are the core of Tabucchi’s inquiry».

Requiem viene descritto come un romanzo che tratta di un’allucinazione. Si tratta,

secondo Joann Cannon, di una caratteristica che Tabucchi riprende dai poeti surrealisti, scrivendo questa opera, l’autore intende rimpiazzare la logica deterministica aristotelica con l’irrazionalità illogica dell’inconscio.

Lo studioso all’interno del suo articolo si sofferma peraltro sulla figura del

Venditore di storie, altro alter ego di Antonio Tabucchi, un suo eteronimo. Il venditore di

storie si offre di raccontare la sua vita al narratore, la sua biografia di lettore mancato e racconta di come scrisse dieci storie differenti (seguendo dieci diversi generi narrativi per ognuna), tuttavia, tutte quante furono rifiutate dagli editori, i quali sembravano trovare sempre qualcosa che non andasse (o la trama troppo lunga o troppo frammentaria). Il venditore di storie, rimarca Joann Cannon, offre ad Antonio Tabucchi una visione completa di come è divenuta la letteratura occidentale («The Seller of Stories, also acts as a metanarrative overview of Western literary history»293). Questo bizzarro personaggio che compare in Requiem intende denunciare i “capricci” delle mode letterarie ed è un alter ego dell’autore in quanto ognuna delle critiche dei diversi editori può in un certo senso applicata in uno o più scritti di Tabucchi.

Nel capitolo finale di Requiem finalmente il narratore incontra Pessoa. A questo punto, come ricalca Joan Cannon, Pessoa pronuncia una frase importantissima ai fini della poetica tabucchiana: «Senta… creda pure che io non sia onesto nel senso che lei dà al termine, le mie emozioni mi vengono solo attraverso la finzione vera, il suo genere di

292 Ibidem.

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onestà la considero come una forma di miseria, la verità suprema è fingere»294. Tale pensiero può essere letto, secondo Joann Cannon, come uno degli statuti più importante su cui si basa il credo tabucchiano («Pessoa’s pronouncement can be read as a statement of Tabucchi’s artistic credo.»295). Alla fine di questo dialogo poi, il narratore esordisce

con queste parole: «mi sento più tranquillo, più leggero»;296 secondo Joann Cannon il narratore vuole in questo modo riconoscere che il poeta è sempre e solo un «fingidor» - per citare le parole di Pessoa - e questo riconoscimento ha un effetto liberatorio su di lui, che sente su di se un peso minore, una rinnovata leggerezza.

Joann Cannon all’interno del suo articolo si sofferma proprio su questa «leggerezza» di cui parla Tabucchi alla fine di Requiem. La studiosa evidenza come questo attributo sia stato lasciato in eredità al nuovo millennio proprio da Italo Calvino. Quest’ultimo infatti, nelle sue Lezioni americane (1988) identifica la «leggerezza» come il primo di sei indispensabili attributi da riferirsi alla letteratura. Calvino segnala alcuni scrittori (come Cavalcanti, Ariosto, Leopardi) il cui modo di narrare è caratterizzato proprio da questa qualità. Calvino nelle sue Lezioni americane equipara la leggerezza alla Luna, dicendo che: «La luna, appena s’affaccia nei versi dei poeti, ha avuto sempre il potere di comunicare quella sensazione di levità, di sospensione, di silenzioso e calmo incantesimo». Secondo Joann Cannon la leggerezza cui fa riferimento Calvino è un elemento centrale della poetica tabucchiana, basti pensare che il Venditore di storie si avvicina al narratore in una notte illuminata dalla luna piena e non appena il narratore si appresta ad ascoltare la vicenda del Venditore di storie, guarda la luna.

294 TABUCCHI, Requiem…p. 124.

295 JOANN CANNON, Requiem and the poetics …p 107. 296 TABUCCHI, Requiem… p. 125.

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Il motivo della luna ritorna nel capitolo finale del romanzo, quando il narratore miracolosamente si ritrova nel punto dal quale la sua allucinazione era incominciata. Sembra quasi che il romanzo Requiem sia stato prodotto sotto l’incantesimo della stessa luna contemplata dal narratore alla fine del romanzo. Infatti l’ultima frase che conclude il romanzo è la seguente: «Reclinai il capo all’indietro e mi misi a guardare la luna». Tabucchi affida a tale espressione conclusiva un potere palliativo, un potere che Tabucchi intende celebrare all’interno della sua opera.

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