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BUSSY ALLA RICERCA DEL SUO SOGNO

Nel documento La signora di Monsoreau (pagine 67-86)

Frattanto, Bussy era tornato a casa col duca d’Anjou.

Entrambi erano assorti: il duca, temendo i risultati della sua vigorosa protesta, alla quale era stato, in un certo qual modo, spinto da Bussy, e questi perchè era oltremo-do preoccupato per gli avvenimenti della notte antece-dente.

— Alla fin dei conti – si diceva tornando al suo pa-lazzo, dopo di aver fatti molti complimenti al duca per l’energia spiegata in quell’occasione, – c’è almeno una cosa di sicuro, in tutto questo affare: che io sono stato aggredito e ferito, per quanto mi sia battuto con tutte le mie forze. Ora, battendomi, vedevo là la croce des Pe-tits-Champs; vedevo il muro del palazzo des Tournelles, e le merlature della Bastiglita. Sono stato attaccato in piazza della Bastiglia, un po’ più in là del palazzo des Tournelles, fra via Santa Caterina e via San Paolo, poi-chè stavo andando al sobborgo di Sant’Antonio a pren-Poi, chinandosi all’orecchio di Saint-Luc che aveva raccolta fra le braccia sua moglie come per difenderla dalla collera del re, sussurrò rapidamente:

— Se avete un buon cavallo, fatelo scoppiare, ma, prima di domani, dovrete aver già fatto venti leghe!

CAPITOLO V.

BUSSY ALLA RICERCA DEL SUO SOGNO

Frattanto, Bussy era tornato a casa col duca d’Anjou.

Entrambi erano assorti: il duca, temendo i risultati della sua vigorosa protesta, alla quale era stato, in un certo qual modo, spinto da Bussy, e questi perchè era oltremo-do preoccupato per gli avvenimenti della notte antece-dente.

— Alla fin dei conti – si diceva tornando al suo pa-lazzo, dopo di aver fatti molti complimenti al duca per l’energia spiegata in quell’occasione, – c’è almeno una cosa di sicuro, in tutto questo affare: che io sono stato aggredito e ferito, per quanto mi sia battuto con tutte le mie forze. Ora, battendomi, vedevo là la croce des Pe-tits-Champs; vedevo il muro del palazzo des Tournelles, e le merlature della Bastiglita. Sono stato attaccato in piazza della Bastiglia, un po’ più in là del palazzo des Tournelles, fra via Santa Caterina e via San Paolo, poi-chè stavo andando al sobborgo di Sant’Antonio a

pren-dere la lettera della regina di Navarra, e vicino ad una porta con uno spioncino attraverso il quale ho poi potuto scorgere Quélus. Ero in una allea, al capo della quale c’era una scala. Inciampato contro il primo scalino, svenni. Poi il sogno è incominciato.

Si fermò accanto all’uscio del suo palazzo e, appog-giandosi al muro, chiuse gli occhi.

— Per la morte! – esclamò tra sè e sè, seguendo sem-pre il filo dei suoi pensieri. – È impossibile che un so-gno lasci una simile impressione. Mi sembra di vedere ancora quella camera, e la meravigliosa dama bionda. E ricordo perfettamente l’allegro volto del giovane medi-co, condotto presso di me ad occhi bendati. Questi indi-zi dovrebbero essere sufficienti e, a meno d’essere l’ulti-mo dei bruti, riuscirò a ritrovarla. Così, andial’ulti-mo ad in-dossare un abito più adatto ad un notturno vagabondo, e corriamo alla Bastiglia.

Per quanto poco ragionevole potesse sembrare quella risoluzione di tornare, a poche ore di distanza, al luogo dove, per poco, non moriva assassinato, Bussy la mise in opera. Si fece medicare nuovamente la ferita da un medico che teneva sempre al suo palazzo, calzò dei lun-ghi e solidi stivali che gli salivano fino a mezza coscia e, armandosi con una delle sue più solide spade, si av-volse in un mantello.

Erano circa le nove della sera e, suonato il coprifuo-co, Parigi era quasi deserta. Piazza della Bastiglia, gra-zie allo sgelo, era ridotta un enorme pantano.

dere la lettera della regina di Navarra, e vicino ad una porta con uno spioncino attraverso il quale ho poi potuto scorgere Quélus. Ero in una allea, al capo della quale c’era una scala. Inciampato contro il primo scalino, svenni. Poi il sogno è incominciato.

Si fermò accanto all’uscio del suo palazzo e, appog-giandosi al muro, chiuse gli occhi.

— Per la morte! – esclamò tra sè e sè, seguendo sem-pre il filo dei suoi pensieri. – È impossibile che un so-gno lasci una simile impressione. Mi sembra di vedere ancora quella camera, e la meravigliosa dama bionda. E ricordo perfettamente l’allegro volto del giovane medi-co, condotto presso di me ad occhi bendati. Questi indi-zi dovrebbero essere sufficienti e, a meno d’essere l’ulti-mo dei bruti, riuscirò a ritrovarla. Così, andial’ulti-mo ad in-dossare un abito più adatto ad un notturno vagabondo, e corriamo alla Bastiglia.

Per quanto poco ragionevole potesse sembrare quella risoluzione di tornare, a poche ore di distanza, al luogo dove, per poco, non moriva assassinato, Bussy la mise in opera. Si fece medicare nuovamente la ferita da un medico che teneva sempre al suo palazzo, calzò dei lun-ghi e solidi stivali che gli salivano fino a mezza coscia e, armandosi con una delle sue più solide spade, si av-volse in un mantello.

Erano circa le nove della sera e, suonato il coprifuo-co, Parigi era quasi deserta. Piazza della Bastiglia, gra-zie allo sgelo, era ridotta un enorme pantano.

Bussy non mise molto ad orientarsi; trovato il punto in cui il suo cavallo si era abbattuto, cercò di ripetere tutti i passi già fatti duellando e giunto così vicino al muro, esaminò ogni uscio, tentando di riconoscere quel-lo contro il quale si era appoggiato, e dal cui spioncino aveva visto il volto pallido e furente di Quélus. Ma qua-si tutte qua-si rassomigliavano.

— Perdio! – si disse allora indispettito. – Pure, anche quando dovessi bussare a tutti questi usci, e distribuire mille scudi ai domestici e alle vecchie che abitano qui, voglio sapere quello che mi preme.

Terminava appena quel monologo, quando scorse una piccola luce, pallida e tremante, avanzare riflettendosi nelle pozze d’acqua della piazza. Ma questa luce cam-minava irregolarmente, fermandosi di quando in quan-do, e obliquando talora a destra e talora a sinistra. Poi, altre volte, colui che la portava doveva inciampare, poi chè la fiammella si metteva a ballare come un fuoco fa-tuo, per riprendere poi una marcia più calma.

— Davvero che questa piazza della Bastiglia è un po-sto ben originale – pensò Bussy. – Ma non importa:

aspettiamo, e vedremo di che si tratta.

Si avvolse nel mantello, e si nascose all’oscuro.

Intanto la lanterna continuava ad avanzare con le più pazze evoluzioni. Ma Bussy, che non era superstizioso, era certo che quella luce doveva essere portata da una qualche persona, e non si ingannava. Infatti, come la luce non fu più che ad una trentina di passi di distanza, egli scorse una figura, un’ombra nera e allampanata che Bussy non mise molto ad orientarsi; trovato il punto in cui il suo cavallo si era abbattuto, cercò di ripetere tutti i passi già fatti duellando e giunto così vicino al muro, esaminò ogni uscio, tentando di riconoscere quel-lo contro il quale si era appoggiato, e dal cui spioncino aveva visto il volto pallido e furente di Quélus. Ma qua-si tutte qua-si rassomigliavano.

— Perdio! – si disse allora indispettito. – Pure, anche quando dovessi bussare a tutti questi usci, e distribuire mille scudi ai domestici e alle vecchie che abitano qui, voglio sapere quello che mi preme.

Terminava appena quel monologo, quando scorse una piccola luce, pallida e tremante, avanzare riflettendosi nelle pozze d’acqua della piazza. Ma questa luce cam-minava irregolarmente, fermandosi di quando in quan-do, e obliquando talora a destra e talora a sinistra. Poi, altre volte, colui che la portava doveva inciampare, poi chè la fiammella si metteva a ballare come un fuoco fa-tuo, per riprendere poi una marcia più calma.

— Davvero che questa piazza della Bastiglia è un po-sto ben originale – pensò Bussy. – Ma non importa:

aspettiamo, e vedremo di che si tratta.

Si avvolse nel mantello, e si nascose all’oscuro.

Intanto la lanterna continuava ad avanzare con le più pazze evoluzioni. Ma Bussy, che non era superstizioso, era certo che quella luce doveva essere portata da una qualche persona, e non si ingannava. Infatti, come la luce non fu più che ad una trentina di passi di distanza, egli scorse una figura, un’ombra nera e allampanata che

avanzava tenendo la lanterna ora da un lato, ora dall’altro, e ora davanti a sè. Questo essere sembrava ubriaco, al-meno stando al suo modo incerto di camminare, ed alla serena calma con cui ogni tanto metteva il piede in una pozza d’acqua, senza protestare.

Ma come quello strano essere fu più presso a lui, Bussy, con grande meraviglia, riuscì a notare un partico-lare piuttosto curioso: l’uomo dall’andatura così disordi-nata aveva gli occhi bendati!

— Che buffa idea, quella di giuocare così a mosca cie-ca! – si disse. – Che per caso non ricominci a sognare?

Attese ancora qualche secondo, e l’uomo fece ancora cinque o sei passi.

— Che Dio mi perdoni! – continuò allora Bussy. – Ma, se non erro, quell’uomo sta parlando da solo.

— Quattrocento e ottantotto, quattrocento e ottantano-ve, quattrocento novanta, – continuava intanto l’uomo. – Se non sbaglio, non deve essere lontano da qui.

Detto ciò, si tolse la benda e, come si trovava davanti ad una casa, vi avvicinò per osservarne l’uscio.

— No, – disse poi, – non è qui.

Si rimise la benda, e riprese camminare contando an-cora. Al quattrocento e novantanove, si fermò.

— Se davanti a me c’è una porta, – borbottò, – deve proprio essere quella che cerco.

Difatti, era davanti ad una porta, la quale era la stessa nel cui vano Bussy si teneva nascosto. Così avvenne che, quando lo strano individuo tornò a cavarsi la benda, si trovò faccia a faccia con Bussy.

avanzava tenendo la lanterna ora da un lato, ora dall’altro, e ora davanti a sè. Questo essere sembrava ubriaco, al-meno stando al suo modo incerto di camminare, ed alla serena calma con cui ogni tanto metteva il piede in una pozza d’acqua, senza protestare.

Ma come quello strano essere fu più presso a lui, Bussy, con grande meraviglia, riuscì a notare un partico-lare piuttosto curioso: l’uomo dall’andatura così disordi-nata aveva gli occhi bendati!

— Che buffa idea, quella di giuocare così a mosca cie-ca! – si disse. – Che per caso non ricominci a sognare?

Attese ancora qualche secondo, e l’uomo fece ancora cinque o sei passi.

— Che Dio mi perdoni! – continuò allora Bussy. – Ma, se non erro, quell’uomo sta parlando da solo.

— Quattrocento e ottantotto, quattrocento e ottantano-ve, quattrocento novanta, – continuava intanto l’uomo. – Se non sbaglio, non deve essere lontano da qui.

Detto ciò, si tolse la benda e, come si trovava davanti ad una casa, vi avvicinò per osservarne l’uscio.

— No, – disse poi, – non è qui.

Si rimise la benda, e riprese camminare contando an-cora. Al quattrocento e novantanove, si fermò.

— Se davanti a me c’è una porta, – borbottò, – deve proprio essere quella che cerco.

Difatti, era davanti ad una porta, la quale era la stessa nel cui vano Bussy si teneva nascosto. Così avvenne che, quando lo strano individuo tornò a cavarsi la benda, si trovò faccia a faccia con Bussy.

— Toh, — fece Bussy.

— Ma non è possibile! — esclamò lo sconosciuto.

— Sì, che lo è, ma è davvero straordinario! Voi siete il mio medico!

— E voi il gentiluomo ferito che ho curato! Che stra-no caso. Non credevo davvero di ritrovarvi qui!

— E che cosa cercavate? La casa? — chiese Bussy.

— Appunto.

— Dunque non la conoscete! Vi ci hanno forse con-dotto con gli occhi bendati?

— Perfettamente.

— Bene! Allora non è stato un sogno. Volete aiutarmi a chiarire il mistero?

— Ben volontieri, — rispose il medico.

— E va bene! Ora, prima di tutto, volete dirmi come vi chiamate?

— Con tutto il piacere, – rispose il giovane medico: – mi chiamo Rémy le Haudouin.

— Grazie mille, signore. Io sono il conte Luigi di Clermont, signore di Bussy.

— Bussy d’Amboise! Bussy l’eroe! – esclamò il me-dico pieno di gioia. – Che fortuna per me! Volete dun-que interrogarmi, per vedere se ci sarà possibile fare un po’ di luce su questo mistero?

— Proprio. Stavo per chiedervi come avete fatto a ve-nire qui.

— È una cosa molto semplice e molto complicata allo stesso tempo. Ecco il fatto, signor conte. Io abito in via Beautreillis, a cinquecento e due passi di qui. Sono un

— Toh, — fece Bussy.

— Ma non è possibile! — esclamò lo sconosciuto.

— Sì, che lo è, ma è davvero straordinario! Voi siete il mio medico!

— E voi il gentiluomo ferito che ho curato! Che stra-no caso. Non credevo davvero di ritrovarvi qui!

— E che cosa cercavate? La casa? — chiese Bussy.

— Appunto.

— Dunque non la conoscete! Vi ci hanno forse con-dotto con gli occhi bendati?

— Perfettamente.

— Bene! Allora non è stato un sogno. Volete aiutarmi a chiarire il mistero?

— Ben volontieri, — rispose il medico.

— E va bene! Ora, prima di tutto, volete dirmi come vi chiamate?

— Con tutto il piacere, – rispose il giovane medico: – mi chiamo Rémy le Haudouin.

— Grazie mille, signore. Io sono il conte Luigi di Clermont, signore di Bussy.

— Bussy d’Amboise! Bussy l’eroe! – esclamò il me-dico pieno di gioia. – Che fortuna per me! Volete dun-que interrogarmi, per vedere se ci sarà possibile fare un po’ di luce su questo mistero?

— Proprio. Stavo per chiedervi come avete fatto a ve-nire qui.

— È una cosa molto semplice e molto complicata allo stesso tempo. Ecco il fatto, signor conte. Io abito in via Beautreillis, a cinquecento e due passi di qui. Sono un

giovane medico, come sapete, ed essendo riuscito, qual-che giorno fa, a ricucire il ventre di un poveraccio qual-che s’era buscata una coltellata all’Arsenale, mi sono fatto, nel vicinato, una piccola fama, alla quale, probabilmente, devo d’essere stato svegliato, la notte scorsa, da una don-na. Mi sono alzato dal letto ma, appena aperto l’uscio, due piccole mani, non troppo morbide, ma nemmeno troppo dure, mani certamente di cameriera, mi hanno messa una benda sugli occhi, dicendo: «Venite con me, e non cercate di scoprire dove vi condurrò. Siate discre-to, ed ecco la vostra ricompensa». Ciò dicendo mi pose nelle mani una borsa.

— Ah, ah? E che cosa avete risposto?

— Che ero disposto a seguire la mia avvenente inter-locutrice. Non sapevo nulla di lei, ma le dissi quel com-plimento perchè, per certo, non mi avrebbe nociuto La seguii, dunque, come avevo l’onore di dirvi, e sentii di camminare su di un suolo reso duro dal gelo, pur non scordandomi di contare tutti i miei passi, che furono esattamente cinquecentodue.

— Bene, siete stato prudente, – approvò Bussy. – Così, dovreste essere davanti alla porta che cercate.

— O, almeno, non molto distante, poichè ho contato fino a quattrocento novantanove. A meno che l’astuta servetta non mi abbia fatto fare dei giri viziosi. Ad ogni modo, servendomi del tatto, ho potuto sentire che la porta era ornata con dei chiodi, e ho notato che, dietro ad essa, c’era un’allea al termine della quale si trova una scala, a sinistra, di dodici scalini.

giovane medico, come sapete, ed essendo riuscito, qual-che giorno fa, a ricucire il ventre di un poveraccio qual-che s’era buscata una coltellata all’Arsenale, mi sono fatto, nel vicinato, una piccola fama, alla quale, probabilmente, devo d’essere stato svegliato, la notte scorsa, da una don-na. Mi sono alzato dal letto ma, appena aperto l’uscio, due piccole mani, non troppo morbide, ma nemmeno troppo dure, mani certamente di cameriera, mi hanno messa una benda sugli occhi, dicendo: «Venite con me, e non cercate di scoprire dove vi condurrò. Siate discre-to, ed ecco la vostra ricompensa». Ciò dicendo mi pose nelle mani una borsa.

— Ah, ah? E che cosa avete risposto?

— Che ero disposto a seguire la mia avvenente inter-locutrice. Non sapevo nulla di lei, ma le dissi quel com-plimento perchè, per certo, non mi avrebbe nociuto La seguii, dunque, come avevo l’onore di dirvi, e sentii di camminare su di un suolo reso duro dal gelo, pur non scordandomi di contare tutti i miei passi, che furono esattamente cinquecentodue.

— Bene, siete stato prudente, – approvò Bussy. – Così, dovreste essere davanti alla porta che cercate.

— O, almeno, non molto distante, poichè ho contato fino a quattrocento novantanove. A meno che l’astuta servetta non mi abbia fatto fare dei giri viziosi. Ad ogni modo, servendomi del tatto, ho potuto sentire che la porta era ornata con dei chiodi, e ho notato che, dietro ad essa, c’era un’allea al termine della quale si trova una scala, a sinistra, di dodici scalini.

— Dopo di che?

— Credo d’esser passato per un corridoio, perchè son stati aperti tre usci. In seguito, dopo d’aver udita la voce della padrona di casa, dolce e soave, ma dotata di quel timbro caratteristico che denota l’abitudine al comando, sono stato sospinto nella stanza dove voi giacevate, e dove mi è stato detto di togliermi la benda.

— E non avete notato anche un dipinto?

— Sì. Il ritratto di una meravigliosa giovane dai di-ciotto ai vent’anni, appeso nello spazio di parete rimasto libero fra le due finestre della stanza. Poi vi ho rimedia-to come meglio ho sapurimedia-to.

— In un modo ammirevole, caro signore, perchè que-sta mattina la ferita era già quasi chiusa.

— Ciò lo si deve ad un balsamo di mia composizione, e che mi sembra addirittura sovrano.

— Caro signor Remy, – esclamò Bussy. – Voi siete davvero un uomo incantevole. Ma continuate a narrare.

Che accadde, poi?

— Voi tornaste a svenire, e quella voce dolcissima, venendo da una stanza accanto, di modo che io non po-tessi scoprirne la proprietaria, mi chiese vostre notizie, ed io risposi che la ferita non era pericolosa e che, entro le ventiquattro ore sarebbe già rimarginata. Ella escla-mò: «Che fortuna, Dio mio!».

— Ha detto questo? Caro signor Remy, io farò la vo-stra, di fortuna! E poi?

— In ultimo, la voce mi raccomandò di comportarmi da uomo d’onore, e di non compromettere una povera

— Dopo di che?

— Credo d’esser passato per un corridoio, perchè son stati aperti tre usci. In seguito, dopo d’aver udita la voce della padrona di casa, dolce e soave, ma dotata di quel timbro caratteristico che denota l’abitudine al comando, sono stato sospinto nella stanza dove voi giacevate, e dove mi è stato detto di togliermi la benda.

— E non avete notato anche un dipinto?

— Sì. Il ritratto di una meravigliosa giovane dai di-ciotto ai vent’anni, appeso nello spazio di parete rimasto libero fra le due finestre della stanza. Poi vi ho rimedia-to come meglio ho sapurimedia-to.

— In un modo ammirevole, caro signore, perchè que-sta mattina la ferita era già quasi chiusa.

— Ciò lo si deve ad un balsamo di mia composizione, e che mi sembra addirittura sovrano.

— Caro signor Remy, – esclamò Bussy. – Voi siete davvero un uomo incantevole. Ma continuate a narrare.

Che accadde, poi?

— Voi tornaste a svenire, e quella voce dolcissima, venendo da una stanza accanto, di modo che io non po-tessi scoprirne la proprietaria, mi chiese vostre notizie, ed io risposi che la ferita non era pericolosa e che, entro le ventiquattro ore sarebbe già rimarginata. Ella escla-mò: «Che fortuna, Dio mio!».

— Ha detto questo? Caro signor Remy, io farò la vo-stra, di fortuna! E poi?

— Ha detto questo? Caro signor Remy, io farò la vo-stra, di fortuna! E poi?

Nel documento La signora di Monsoreau (pagine 67-86)

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