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PADRE E FIGLIA

Nel documento La signora di Monsoreau (pagine 154-174)

Il mattino del giorno seguente, circa alla stessa ora in cui Gorenflot si risvegliava all’osteria del «Corno I tre fratelli si strinsero la mano e baciarono la loro sorella. Poi, avendo tutti rimesso i loro cappucci, si av-viarono all’uscita, dove li attendeva il frate guardiano.

Questi, chiusi i catenacci alle loro spalle, tornò nella chiesa, dove spense ogni luce e, nel buio della cappella, Chicot sentì di nuovo i capelli drizzarglisi sulla testa.

Ma cinque minuti dopo che il frate se ne fu andato, cambiando nuovamente idea, il Guascone uscì dal con-fessionale. Seguendo con gli occhi gli andirivieni del chierichetto, aveva scorto in un angolo una scala a piuo-li, destinata alla pulizia delle vetrate. A tastoni, si avvi-cinò alla scala, la prese e la portò sotto ad una finestra che, fortunatamente, si apriva sul cimitero del convento, costeggiato dalla via Bordelle. Salì sul davanzale tirò a sè la scala facendola scendere dall’altro lato e si calò sul cimitero di dove il passar nella strada scavalcando il muretto di cinta, non fu che un giuoco per lui.

Una volta fuori corse al «Corno dell’Abbondanza».

Gorenflot era ancora là dove l’aveva lasciato, e conti-nuava a russare.

CAPITOLO VIII.

PADRE E FIGLIA

Il mattino del giorno seguente, circa alla stessa ora in cui Gorenflot si risvegliava all’osteria del «Corno

dell’Abbondanza», due cavalieri percorrevano la strada che conduce da Parigi ad Angers, nel tratto che va da Chartres a Nogent. Erano, almeno all’apparenza, un gentiluomo ed il suo paggio. Erano giunti a Chartres la sera, su due cavalli completamente sfiniti, e ne erano ri-partiti al mattino. Una volta lontani da ogni abitato, il più alto dei due cavalieri, avvicinandosi all’altro, aveva detto, aprendo le braccia:

— Cara la mia mogliettina, adesso puoi abbracciarmi tranquillamente, poichè non abbiamo più nulla da temere!

E allora, la signora di Saint-Luc, poichè si trattava ap-punto dei due giovani sposi, aperto il largo mantello che la copriva, aveva abbracciato il marito dandogli quel lungo e tenero bacio che egli aveva chiesto.

La loro aumentata sicurezza, li aveva convinti, quel giorno, a fare una tappa più lunga del solito: giunti ver-so il mezzogiorno ad un piccolo albergo del villaggio di Courville, distante da Chartres soltanto quattro leghe, e rassicurati dall’isolamento della casa, delle sue doppie porte e da altri vantaggi ancora, i due sposi vi avevano passato il resto della giornata e la notte.

Il mattino di poi si erano rimessi in viaggio, ancora più rassicurati di quanto non lo fossero il giorno antecedente.

— Che bella cosa, la libertà! – esclamò ad un tratto Saint-Luc. – Lo sai che non ne ho mai goduta tanta come in questi ultimi due giorni, Giovanna?

— Non ti fidar troppo – rispose Giovanna con uno sguardo maligno ed un sorriso incantevole, – perchè, dell’Abbondanza», due cavalieri percorrevano la strada che conduce da Parigi ad Angers, nel tratto che va da Chartres a Nogent. Erano, almeno all’apparenza, un gentiluomo ed il suo paggio. Erano giunti a Chartres la sera, su due cavalli completamente sfiniti, e ne erano ri-partiti al mattino. Una volta lontani da ogni abitato, il più alto dei due cavalieri, avvicinandosi all’altro, aveva detto, aprendo le braccia:

— Cara la mia mogliettina, adesso puoi abbracciarmi tranquillamente, poichè non abbiamo più nulla da temere!

E allora, la signora di Saint-Luc, poichè si trattava ap-punto dei due giovani sposi, aperto il largo mantello che la copriva, aveva abbracciato il marito dandogli quel lungo e tenero bacio che egli aveva chiesto.

La loro aumentata sicurezza, li aveva convinti, quel giorno, a fare una tappa più lunga del solito: giunti ver-so il mezzogiorno ad un piccolo albergo del villaggio di Courville, distante da Chartres soltanto quattro leghe, e rassicurati dall’isolamento della casa, delle sue doppie porte e da altri vantaggi ancora, i due sposi vi avevano passato il resto della giornata e la notte.

Il mattino di poi si erano rimessi in viaggio, ancora più rassicurati di quanto non lo fossero il giorno antecedente.

— Che bella cosa, la libertà! – esclamò ad un tratto Saint-Luc. – Lo sai che non ne ho mai goduta tanta come in questi ultimi due giorni, Giovanna?

— Non ti fidar troppo – rispose Giovanna con uno sguardo maligno ed un sorriso incantevole, – perchè,

questa volta, se ci riprendono non ci metteranno davve-ro più assieme.

— Allora, nascondiamoci bene — disse Saint-Luc.

— Oh, sta pur tranquillo che, quando saremo a Méri-dor, nessuno verrà a scovarci fra le sue folte foreste. E poi, vedrai chi è la padrona di tante bellezze, la bella, la buona, l’incomparabile Diana dal cuore di diamante. Tu le vorrai bene, Saint-Luc.

— Gliene voglio già, poichè ella te ne vuole.

— Oh, sì, e me ne vorrà sempre! Ella non cambia fa-cilmente. E vedrai il vecchio barone, un guerriero del tempo di Francesco I ma ora divenuto debole e inoffen-sivo. Per conquistare le sue grazie, non avremo che a parlargli bene del suo re, del re sotto il cui comando ha combattuto tante battaglie.

— Cara Giovanna: vorrei già essere a Méridor. Spro-niamo i cavalli, dunque.

Lanciarono i loro animali ad un buon passo che fece-ro lofece-ro tenere per due o tre leghe, fino a le Mans, dove ormai quasi completamente rassicurati, trascorsero un altro giorno; ripartendone il giorno seguente, ben decisi, questa volta, a giungere a Méridor la sera stessa.

Ma, ad un tratto, Saint-Luc sentì la mano di sua mo-glie appoggiarglisi sul braccio.

— Guarda, Saint-Luc, — gli disse solamente.

Saint-Luc si volse e vide, all’orizzonte, un cavaliere che, facendo la stessa strada, sembrava incitare molto il suo cavallo.

questa volta, se ci riprendono non ci metteranno davve-ro più assieme.

— Allora, nascondiamoci bene — disse Saint-Luc.

— Oh, sta pur tranquillo che, quando saremo a Méri-dor, nessuno verrà a scovarci fra le sue folte foreste. E poi, vedrai chi è la padrona di tante bellezze, la bella, la buona, l’incomparabile Diana dal cuore di diamante. Tu le vorrai bene, Saint-Luc.

— Gliene voglio già, poichè ella te ne vuole.

— Oh, sì, e me ne vorrà sempre! Ella non cambia fa-cilmente. E vedrai il vecchio barone, un guerriero del tempo di Francesco I ma ora divenuto debole e inoffen-sivo. Per conquistare le sue grazie, non avremo che a parlargli bene del suo re, del re sotto il cui comando ha combattuto tante battaglie.

— Cara Giovanna: vorrei già essere a Méridor. Spro-niamo i cavalli, dunque.

Lanciarono i loro animali ad un buon passo che fece-ro lofece-ro tenere per due o tre leghe, fino a le Mans, dove ormai quasi completamente rassicurati, trascorsero un altro giorno; ripartendone il giorno seguente, ben decisi, questa volta, a giungere a Méridor la sera stessa.

Ma, ad un tratto, Saint-Luc sentì la mano di sua mo-glie appoggiarglisi sul braccio.

— Guarda, Saint-Luc, — gli disse solamente.

Saint-Luc si volse e vide, all’orizzonte, un cavaliere che, facendo la stessa strada, sembrava incitare molto il suo cavallo.

— Fuggiamo! — disse Giovanna, spronando la sua cavalcatura.

— No, – rispose Saint-Luc, il quale non perdeva il suo sangue freddo. – Non dobbiamo fuggire davanti ad un uomo che, come lui, mi sembra solo. Permettiamogli di oltrepassarci, e poi continueremo la nostra strada.

— E se si fermasse?

— In tal caso vedremmo con chi abbiamo da fare, e potremmo agire secondo le circostanze.

Mentre essi si scambiavano queste parole, il cavaliere s’avvicinava veloce come il vento, tanto che essi senti-vano già lo scalpitare del suo animale.

Giunto a non grande distanza da loro, mise piede a terra, legando il suo cavallo al tronco di un pino, prese a far loro grandi cenni.

— Mio signore! Mio signore! Ho da consegnarvi qualcosa che avete perso! Siete voi, quello più piccolo...

Avete perso un braccialetto all’osteria di Courville. Che diamine, il ritratto della signora di Cossé non si perde così facilmente! Su, per la vostra cara mamma, non mi fate correre più.

— Ma è Bussy! – esclamò Saint-Luc a quelle parole.

– Lo riconosco dalla voce.

— Il conte di Bussy? Il nostro amico? — chiese Gio-vanna tutta commossa.

— Certamente! — rispose Saint-Luc correndo incon-tro al gentiluomo.

— Saint-Luc! – esclamò questi avvicinandosi ai due sposi. – Buon giorno, signora. Ecco il vostro braccialetto.

— Fuggiamo! — disse Giovanna, spronando la sua cavalcatura.

— No, – rispose Saint-Luc, il quale non perdeva il suo sangue freddo. – Non dobbiamo fuggire davanti ad un uomo che, come lui, mi sembra solo. Permettiamogli di oltrepassarci, e poi continueremo la nostra strada.

— E se si fermasse?

— In tal caso vedremmo con chi abbiamo da fare, e potremmo agire secondo le circostanze.

Mentre essi si scambiavano queste parole, il cavaliere s’avvicinava veloce come il vento, tanto che essi senti-vano già lo scalpitare del suo animale.

Giunto a non grande distanza da loro, mise piede a terra, legando il suo cavallo al tronco di un pino, prese a far loro grandi cenni.

— Mio signore! Mio signore! Ho da consegnarvi qualcosa che avete perso! Siete voi, quello più piccolo...

Avete perso un braccialetto all’osteria di Courville. Che diamine, il ritratto della signora di Cossé non si perde così facilmente! Su, per la vostra cara mamma, non mi fate correre più.

— Ma è Bussy! – esclamò Saint-Luc a quelle parole.

– Lo riconosco dalla voce.

— Il conte di Bussy? Il nostro amico? — chiese Gio-vanna tutta commossa.

— Certamente! — rispose Saint-Luc correndo incon-tro al gentiluomo.

— Saint-Luc! – esclamò questi avvicinandosi ai due sposi. – Buon giorno, signora. Ecco il vostro braccialetto.

E le porse il gioiello ch’ella aveva realmente dimenti-cato all’osteria di Courville.

— Siete stato forse lanciato alle nostre calcagna per arrestarci in nome del re? – chiese Giovanna sorridendo.

— No, signora. Non sono ancora abbastanza amico del re perchè mi affidi certi incarichi. Correvo soltanto per raggiungervi, poichè il braccialetto trovato a Cour-ville mi aveva indicato che percorrevate la stessa via che percorro io.

— Così, viaggiate? — tornò a chiedere Giovanna.

— Appunto. Vado nei dintorni di Angers, – riprese Bussy, risalendo in sella. – E voi?

— Anche noi.

— Capisco: Brissac non è lontano di qui, poichè si trova fra Angers e Saumur, a una dozzina di leghe di di-stanza. Andate a rifugiarvi nel castello di vostro padre, non è vero? Ah, come vi invidierei; se l’invidia non fos-se un difetto così brutto!

— Caro signor di Bussy – riprese la giovane donna, – per non avere da invidiarci, non vi resta che da fare come noi.

— Sì, – sospirò Bussy. – Ma non tutti hanno la fortu-na di amarsi come fate voi!

— Andiamo, dunque! Proprio voi, che tutte le donne vorrebbero amare!

— Quando si è amati così, – tornò a sospirare Bussy, – è segno che non si è amati da nessuna. No, no, questa felicità non è fatta per me.

E le porse il gioiello ch’ella aveva realmente dimenti-cato all’osteria di Courville.

— Siete stato forse lanciato alle nostre calcagna per arrestarci in nome del re? – chiese Giovanna sorridendo.

— No, signora. Non sono ancora abbastanza amico del re perchè mi affidi certi incarichi. Correvo soltanto per raggiungervi, poichè il braccialetto trovato a Cour-ville mi aveva indicato che percorrevate la stessa via che percorro io.

— Così, viaggiate? — tornò a chiedere Giovanna.

— Appunto. Vado nei dintorni di Angers, – riprese Bussy, risalendo in sella. – E voi?

— Anche noi.

— Capisco: Brissac non è lontano di qui, poichè si trova fra Angers e Saumur, a una dozzina di leghe di di-stanza. Andate a rifugiarvi nel castello di vostro padre, non è vero? Ah, come vi invidierei; se l’invidia non fos-se un difetto così brutto!

— Caro signor di Bussy – riprese la giovane donna, – per non avere da invidiarci, non vi resta che da fare come noi.

— Sì, – sospirò Bussy. – Ma non tutti hanno la fortu-na di amarsi come fate voi!

— Andiamo, dunque! Proprio voi, che tutte le donne vorrebbero amare!

— Quando si è amati così, – tornò a sospirare Bussy, – è segno che non si è amati da nessuna. No, no, questa felicità non è fatta per me.

— Volete che mi incarichi io di trovarvi una moglie?

— insinuò Giovanna.

— Se me la cercherete secondo il vostro gusto, no; se secondo il mio, sì.

— Allora dovete confessare che il vostro cuore è già preso, — osservò Saint-Luc.

— E lo confesso.

— Si tratta di un amore, o di un capriccio? — volle sapere Giovanna.

— Di una passione.

— Allora assumo io l’incarico di guarirvene.

— Grazie, signora, ma non vi riuscirete. Orsù, non par-liamone più, e continuiamo il viaggio da buoni amici. Vi accompagnerò fino a che non sarò giunto dove vado.

— No. È meglio che veniate voi dove andiamo noi.

— E dove?

— Al castello di Méridor.

Bussy sentì tutto il sangue affluirgli al viso e poi ri-fluirgli verso il cuore. E si fece così pallido che Giovan-na avrebbe scoperto il suo segreto, se non fosse stata in-tenta soltanto a guardare suo marito.

— A Méridor? – chiese Bussy non appena potè domi-nare al sua emozione. – Che cosa è?

— È il castello di una mia buona amica.

— Si trova là, questa vostra amica?

— Certamente, – rispose Giovanna, che ignorava ciò che era accaduto a Méridor. Ma mi sembra strano che non abbiate mai sentito parlare del barone di Méridor, uno dei più ricchi gentiluomini del Poitou, e di sua figlia

— Volete che mi incarichi io di trovarvi una moglie?

— insinuò Giovanna.

— Se me la cercherete secondo il vostro gusto, no; se secondo il mio, sì.

— Allora dovete confessare che il vostro cuore è già preso, — osservò Saint-Luc.

— E lo confesso.

— Si tratta di un amore, o di un capriccio? — volle sapere Giovanna.

— Di una passione.

— Allora assumo io l’incarico di guarirvene.

— Grazie, signora, ma non vi riuscirete. Orsù, non par-liamone più, e continuiamo il viaggio da buoni amici. Vi accompagnerò fino a che non sarò giunto dove vado.

— No. È meglio che veniate voi dove andiamo noi.

— E dove?

— Al castello di Méridor.

Bussy sentì tutto il sangue affluirgli al viso e poi ri-fluirgli verso il cuore. E si fece così pallido che Giovan-na avrebbe scoperto il suo segreto, se non fosse stata in-tenta soltanto a guardare suo marito.

— A Méridor? – chiese Bussy non appena potè domi-nare al sua emozione. – Che cosa è?

— È il castello di una mia buona amica.

— Si trova là, questa vostra amica?

— Certamente, – rispose Giovanna, che ignorava ciò che era accaduto a Méridor. Ma mi sembra strano che non abbiate mai sentito parlare del barone di Méridor, uno dei più ricchi gentiluomini del Poitou, e di sua figlia

Diana, la più bella gentildonna che io abbia mai cono-sciuta!

— No, signora – rispose Bussy, quasi soffocando per l’emozione. – Non ne ho mai sentito parlare. È ancora molto lontano, questo castello, signora?

— A circa sette leghe di qui credo. Allora, verrete?

— Sì, signora.

— Bene! Questo è già un passo fatto verso la felicità che vi offrivo.

— Ma sua figlia non sarà già sposata?

— È impossibile, – rispose Giovanna. – Se si fosse sposata, io sarei la prima a saperlo.

Un sospiro doloroso uscì a stento dalla gola strozzata di Bussy.

I tre cavalieri tacquero, e proseguirono la loro strada.

Ad un tratto, Giovanna si lasciò sfuggire un’esclamazione:

— Eccolo! Ecco le torri del castello, signor di Bussy, ed eccone, tra il fogliame, il tetto d’ardesia. Siamo or-mai giunti.

Bussy tornò a sospirare. Ma, questa volta, grazie all’entusiasmo di Giovanna, nel suo dolore cominciava a brillare, benchè pallidissima e ancora distante, una luce di speranza.

Ci voleva ancora un’ora buona, prima di giungervi, e Bussy, durante questo tempo, si chiese varie volte se non sarebbe stato bene raccontar tutto a questi suoi buo-ni amici. Ma, una volta messo sulla via della confiden-za, avrebbe dovuto raccontare anche segreti non suoi, e ciò lo trattenne. Inoltre, voleva entrare a Méridor come Diana, la più bella gentildonna che io abbia mai cono-sciuta!

— No, signora – rispose Bussy, quasi soffocando per l’emozione. – Non ne ho mai sentito parlare. È ancora molto lontano, questo castello, signora?

— A circa sette leghe di qui credo. Allora, verrete?

— Sì, signora.

— Bene! Questo è già un passo fatto verso la felicità che vi offrivo.

— Ma sua figlia non sarà già sposata?

— È impossibile, – rispose Giovanna. – Se si fosse sposata, io sarei la prima a saperlo.

Un sospiro doloroso uscì a stento dalla gola strozzata di Bussy.

I tre cavalieri tacquero, e proseguirono la loro strada.

Ad un tratto, Giovanna si lasciò sfuggire un’esclamazione:

— Eccolo! Ecco le torri del castello, signor di Bussy, ed eccone, tra il fogliame, il tetto d’ardesia. Siamo or-mai giunti.

Bussy tornò a sospirare. Ma, questa volta, grazie all’entusiasmo di Giovanna, nel suo dolore cominciava a brillare, benchè pallidissima e ancora distante, una luce di speranza.

Ci voleva ancora un’ora buona, prima di giungervi, e Bussy, durante questo tempo, si chiese varie volte se non sarebbe stato bene raccontar tutto a questi suoi buo-ni amici. Ma, una volta messo sulla via della confiden-za, avrebbe dovuto raccontare anche segreti non suoi, e ciò lo trattenne. Inoltre, voleva entrare a Méridor come

uno sconosciuto, per conoscere il barone e sentire da lui ciò che avrebbe detto del Monsoreau e del duca d’Anjou.

Come si vede, egli sapeva osservare la massima circo-spezione di fronte agli estranei, e rispettare profonda-mente la persona che amava.

Così la signora di Saint-Luc rimase persuasa che quella fosse la prima volta che egli udiva pronunciare quei nomi, e che, forse, si aspettava di trovare a Méridor un qualche provinciale, impacciatissimo alla presenza dei nuovi ospiti appena arrivati da Parigi. Quindi, si pre-parava a godere della sua sorpresa.

Tuttavia, fu ben meravigliata, vedendo che, al suono del corno della guardia a ponte, Diana non accorreva e che, invece di lei, sotto la porta principale del castello, avanzava un vegliardo piegato in due e appoggiato su di un bastone, seguito da due grossi cani.

L’uomo passò il ponte levatoio, e le si fece incontro.

— Chi siete? – chiese con un soffio di voce. – Chi fa l’onore di una visita a questo povero vecchio?

— Sono io, signor Agostino! — esclamò allegramen-te Giovanna, che aveva sempre chiamato il vecchio af-fettuosamente per nome.

Ma il barone, invece di rispondere con una esclama-zione di gioia, levò lentamente il capo, fissando i viag-giatori con uno sguardo vuoto.

— Perdonatemi, – disse. – Non ci vedo quasi più. Ho gli occhi bruciati dalle lacrime. Volete dirmi il vostro nome?

uno sconosciuto, per conoscere il barone e sentire da lui ciò che avrebbe detto del Monsoreau e del duca d’Anjou.

Come si vede, egli sapeva osservare la massima circo-spezione di fronte agli estranei, e rispettare profonda-mente la persona che amava.

Così la signora di Saint-Luc rimase persuasa che quella fosse la prima volta che egli udiva pronunciare quei nomi, e che, forse, si aspettava di trovare a Méridor un qualche provinciale, impacciatissimo alla presenza dei nuovi ospiti appena arrivati da Parigi. Quindi, si pre-parava a godere della sua sorpresa.

Tuttavia, fu ben meravigliata, vedendo che, al suono del corno della guardia a ponte, Diana non accorreva e che, invece di lei, sotto la porta principale del castello, avanzava un vegliardo piegato in due e appoggiato su di un bastone, seguito da due grossi cani.

Tuttavia, fu ben meravigliata, vedendo che, al suono del corno della guardia a ponte, Diana non accorreva e che, invece di lei, sotto la porta principale del castello, avanzava un vegliardo piegato in due e appoggiato su di un bastone, seguito da due grossi cani.

Nel documento La signora di Monsoreau (pagine 154-174)

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