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LA PRIMA NOTTE DI NOZZE DI SAINT-LUC

Nel documento La signora di Monsoreau (pagine 35-47)

Luigi di Clermont, più noto sotto il nome di Bussy d’Amboise, era un magnifico cavaliere ed un perfetto gentiluomo. Brantôme ne parla come di uno dei grandi capitani del XVI secolo. Re e principi ambivano alla sua amicizia, e regine e principesse gli scoccavano i loro più dolci sorrisi. La stessa regina Margherita di Navarra aveva fatto per lui pazzie senza fine.

Ma, pur tra tutti questi successi, Bussy aveva saputo conservare un’anima inaccessibile alle umane debolez-ze. Enrico III gli aveva fatta offrire un’amicizia, che egli aveva respinta, dicendo che gli amici dei re sono i loro

— Altrochè: mi pare d’avere dell’argento vivo nelle gambe!

— Provatevi a fare qualche passo, allora.

Bussy saltò dal letto, e mosse verso il medico.

— Se non monterete a cavallo, e non farete, come al solito, una lunga marcia il primo giorno, guarirete presto.

E, ricordatevi, anche, che non dovete agitarvi troppo.

Bussy promise al medico di fare quanto più gli sareb-be stato possibile per tenersi tranquillo e, fattosi vestire, chiamò la sua carrozza, e si fece trasportare a palazzo Montmorency.

CAPITOLO III.

LA PRIMA NOTTE DI NOZZE DI SAINT-LUC

Luigi di Clermont, più noto sotto il nome di Bussy d’Amboise, era un magnifico cavaliere ed un perfetto gentiluomo. Brantôme ne parla come di uno dei grandi capitani del XVI secolo. Re e principi ambivano alla sua amicizia, e regine e principesse gli scoccavano i loro più dolci sorrisi. La stessa regina Margherita di Navarra aveva fatto per lui pazzie senza fine.

Ma, pur tra tutti questi successi, Bussy aveva saputo conservare un’anima inaccessibile alle umane debolez-ze. Enrico III gli aveva fatta offrire un’amicizia, che egli aveva respinta, dicendo che gli amici dei re sono i loro

servi e talvolta peggio e, mentre Enrico digeriva in si-lenzio quell’affronto, si era avvicinato di più al duca Francesco d’Anjou, il quale, del resto, era divenuto il padrone del gentiluomo come il domatore lo è dei suoi leoni. Come i Rohan dicevano: «Non posso essere re;

principe disdegno d’esserlo, sono un Rohan», egli si era scelto, segretamente, questo motto: «Non posso essere re di Francia, ma il signor duca d’Anjou può e vuole es-serlo, ed io sarò il re del signor duca d’Anjou».

Infatti, lo era.

Quando i servi di Saint-Luc videro entrare in palazzo quel Bussy tanto terribile, corsero a prevenire il signor di Brissac.

— È a casa il signor di Saint-Luc? – chiese Bussy al portiere.

— No, signore. Anzi, siamo tutti molto inquieti per-chè, da ieri, non è ancora tornato, a casa.

— Come mai?

— Mah!

— E la signora, è in casa?

— Sì.

— Avvertitela, allora, che sarei felice di presentarle i miei rispetti.

Bussy salì la scalinata; Giovanna avanzò verso di lui fino al centro della sala d’onore. Era così pallida, ed i suoi occhi erano tanto arrossati per la lunga e dolorosa inson-nia, che Bussy tacque il complimento che stava per fare.

servi e talvolta peggio e, mentre Enrico digeriva in si-lenzio quell’affronto, si era avvicinato di più al duca Francesco d’Anjou, il quale, del resto, era divenuto il padrone del gentiluomo come il domatore lo è dei suoi leoni. Come i Rohan dicevano: «Non posso essere re;

principe disdegno d’esserlo, sono un Rohan», egli si era scelto, segretamente, questo motto: «Non posso essere re di Francia, ma il signor duca d’Anjou può e vuole es-serlo, ed io sarò il re del signor duca d’Anjou».

Infatti, lo era.

Quando i servi di Saint-Luc videro entrare in palazzo quel Bussy tanto terribile, corsero a prevenire il signor di Brissac.

— È a casa il signor di Saint-Luc? – chiese Bussy al portiere.

— No, signore. Anzi, siamo tutti molto inquieti per-chè, da ieri, non è ancora tornato, a casa.

— Come mai?

— Mah!

— E la signora, è in casa?

— Sì.

— Avvertitela, allora, che sarei felice di presentarle i miei rispetti.

Bussy salì la scalinata; Giovanna avanzò verso di lui fino al centro della sala d’onore. Era così pallida, ed i suoi occhi erano tanto arrossati per la lunga e dolorosa inson-nia, che Bussy tacque il complimento che stava per fare.

— Siate il benvenuto, signor di Bussy – disse la gio-vane donna, – per quanto la vostra presenza possa augu-rarmi nulla di buono.

— Che intendete dire, signora?

— Non vi siete forse incontrato col signor di Saint-Luc, la notte scorsa? Non mi nascondete nulla, signor di Bussy. Ve ne supplico! È vero che egli è uscito di casa col re, ma potete esservi incontrati più tardi. Che cosa gli è accaduto?

— Signora – rispose Bussy, – questo è davvero stra-no. Io credevo che voi mi chiedeste notizie della mia fe-rita, e invece...

— Dunque, Saint-Luc si è battuto con voi, se vi ha fe-rito!

— Ma niente affatto, signora! Il caro Saint-Luc non si è battuto con me, e grazie a Dio non è dalla sua mano che ho ricevuto questa ferita. È dunque vero che non è rientrato?

— Purtroppo no.

E Giovanna raccontò come Enrico III avesse ordinato a Saint-Luc di accompagnarlo al Louvre e gli disse, an-che, come pur essendosi presentata lei stessa con suo padre alle porte del palazzo, le guardie avessero loro ri-sposto di non sapere ciò che essi volessero dire e, che Saint-Luc doveva già essere tornato a casa.

— Ora sono perfettamente convinto che il re lo abbia trattenuto laggiù, – disse Bussy, quando ella ebbe termina-to il suo raccontermina-to. – Volete vedere Saint-Luc al Louvre?

— E se non ci fosse?

— Siate il benvenuto, signor di Bussy – disse la gio-vane donna, – per quanto la vostra presenza possa augu-rarmi nulla di buono.

— Che intendete dire, signora?

— Non vi siete forse incontrato col signor di Saint-Luc, la notte scorsa? Non mi nascondete nulla, signor di Bussy. Ve ne supplico! È vero che egli è uscito di casa col re, ma potete esservi incontrati più tardi. Che cosa gli è accaduto?

— Signora – rispose Bussy, – questo è davvero stra-no. Io credevo che voi mi chiedeste notizie della mia fe-rita, e invece...

— Dunque, Saint-Luc si è battuto con voi, se vi ha fe-rito!

— Ma niente affatto, signora! Il caro Saint-Luc non si è battuto con me, e grazie a Dio non è dalla sua mano che ho ricevuto questa ferita. È dunque vero che non è rientrato?

— Purtroppo no.

E Giovanna raccontò come Enrico III avesse ordinato a Saint-Luc di accompagnarlo al Louvre e gli disse, an-che, come pur essendosi presentata lei stessa con suo padre alle porte del palazzo, le guardie avessero loro ri-sposto di non sapere ciò che essi volessero dire e, che Saint-Luc doveva già essere tornato a casa.

— Ora sono perfettamente convinto che il re lo abbia trattenuto laggiù, – disse Bussy, quando ella ebbe termina-to il suo raccontermina-to. – Volete vedere Saint-Luc al Louvre?

— E se non ci fosse?

— Perbacco! Dal momento che vi dico che è là!

— Dunque, voi potete entrare liberamente al Louvre?

— Ma certo! Io non sono la moglie di Saint-Luc. Vo-lete venire con me?

— E come mai? Mi assicurate che la moglie di Saint-Luc non può entrare al Louvre, e mi ci volete condurre voi!

— Sì, perchè non è la signora di Saint-Luc che voglio condurvi. Una donna! Ma andiamo!

— È ben crudele, da parte vostra, prendervi giuoco di me, pur vedendomi tanto addolorata!

— Non mi prendo affatto giuoco di voi, cara signora.

Ascoltatemi: voi, così giovane e snella, rassomigliate mol-to al più giovane dei miei paggi, quello che faceva una tanto splendida figura nel suo costume di stoffa d’oro.

— Sarebbe una follia! — mormorò Giovanna, arros-sendo.

— Pure, non ce’ altro mezzo, se volete davvero vede-re vostro marito.

— Quand’è così, signor di Bussy, farò come volete voi.

— Bene, allora. Ho appunto degli abiti nuovi che avevo fatto fare per i miei paggi, in attesa della prima festa da ballo della regina madre. Sceglierò quello che mi parrà più adatto per voi, e ve lo manderò. Poi, questa sera, vi attenderò in via Saint-Honoré, vicino a via des Prouvaires...

Giovanna si mise a ridere, e tese la mano a Bussy.

— Perdonate i miei sospetti, — disse.

— Perbacco! Dal momento che vi dico che è là!

— Dunque, voi potete entrare liberamente al Louvre?

— Ma certo! Io non sono la moglie di Saint-Luc. Vo-lete venire con me?

— E come mai? Mi assicurate che la moglie di Saint-Luc non può entrare al Louvre, e mi ci volete condurre voi!

— Sì, perchè non è la signora di Saint-Luc che voglio condurvi. Una donna! Ma andiamo!

— È ben crudele, da parte vostra, prendervi giuoco di me, pur vedendomi tanto addolorata!

— Non mi prendo affatto giuoco di voi, cara signora.

Ascoltatemi: voi, così giovane e snella, rassomigliate mol-to al più giovane dei miei paggi, quello che faceva una tanto splendida figura nel suo costume di stoffa d’oro.

— Sarebbe una follia! — mormorò Giovanna, arros-sendo.

— Pure, non ce’ altro mezzo, se volete davvero vede-re vostro marito.

— Quand’è così, signor di Bussy, farò come volete voi.

— Bene, allora. Ho appunto degli abiti nuovi che avevo fatto fare per i miei paggi, in attesa della prima festa da ballo della regina madre. Sceglierò quello che mi parrà più adatto per voi, e ve lo manderò. Poi, questa sera, vi attenderò in via Saint-Honoré, vicino a via des Prouvaires...

Giovanna si mise a ridere, e tese la mano a Bussy.

— Perdonate i miei sospetti, — disse.

— Con tutto il cuore, e tanto più che voi mi offrite il destro di un’avventura che farà ridere tutta l’Europa.

Alla sera, quando si incontrarono nel luogo prestabili-to, se Giovanna non avesse portato il costume del pag-gio, Bussy non l’avrebbe riconosciuta. Scambiarono po-che parole, e si avviarono senz’altro verso il Louvre. Ed ecco che, fatti alcuni passi, incontrarono una numerosa comitiva che teneva tutta la larghezza della strada. Gio-vanna, per timore, arretrò di un passo, ma Bussy rico-nobbe, alla luce delle fiaccole, il duca d’Anjou.

— Ecco, – disse alla moglie di Saint-Luc, – chi vi permetterà di fare una trionfale entrata al Louvre. – Poi, rivolgendosi al duca, attrasse la sua attenzione con una voce di richiamo: – Ehi, monsignore!

Il principe si volse tosto.

— Tu, Bussy? – esclamò lietamente. – Ti credevo fe-rito mortalmente, e venivo a trovarti, a casa tua.

— Invece non sono morto, monsignore, – ribattè Bus-sy. – Davvero, però, che mi costringete a cadere in belle imboscate, e mi abbandonate, poi, in situazioni ben poco divertenti. Per poco, non mi cavavano tutto il san-gue che avevo in corpo.

— Per la morte! Bussy, il tuo sangue sarà pagato a caro prezzo!

— Già, – ribettè Bussy, con la sua abituale franchezza di linguaggio. – Voi dite sempre così, poi, il primo di loro che incontrate, lo salutate con un bel sorriso.

— Con tutto il cuore, e tanto più che voi mi offrite il destro di un’avventura che farà ridere tutta l’Europa.

Alla sera, quando si incontrarono nel luogo prestabili-to, se Giovanna non avesse portato il costume del pag-gio, Bussy non l’avrebbe riconosciuta. Scambiarono po-che parole, e si avviarono senz’altro verso il Louvre. Ed ecco che, fatti alcuni passi, incontrarono una numerosa comitiva che teneva tutta la larghezza della strada. Gio-vanna, per timore, arretrò di un passo, ma Bussy rico-nobbe, alla luce delle fiaccole, il duca d’Anjou.

— Ecco, – disse alla moglie di Saint-Luc, – chi vi permetterà di fare una trionfale entrata al Louvre. – Poi, rivolgendosi al duca, attrasse la sua attenzione con una voce di richiamo: – Ehi, monsignore!

Il principe si volse tosto.

— Tu, Bussy? – esclamò lietamente. – Ti credevo fe-rito mortalmente, e venivo a trovarti, a casa tua.

— Invece non sono morto, monsignore, – ribattè Bus-sy. – Davvero, però, che mi costringete a cadere in belle imboscate, e mi abbandonate, poi, in situazioni ben poco divertenti. Per poco, non mi cavavano tutto il san-gue che avevo in corpo.

— Per la morte! Bussy, il tuo sangue sarà pagato a caro prezzo!

— Già, – ribettè Bussy, con la sua abituale franchezza di linguaggio. – Voi dite sempre così, poi, il primo di loro che incontrate, lo salutate con un bel sorriso.

— Ebbene, se non ci credi – insistette il principe, – accompagnami al Louvre, e sentirai quello che dirò a mio fratello.

— Ecco proprio quello che ci voleva per voi – sussur-rò Bussy all’orecchio della contessa. – Fra i due fratelli scoppierà una lite terribile, e voi, nel frattempo, avrete modo di ritrovare il vostro Saint-Luc.

Detto ciò, andò ad occupare il posto che gli spettava accanto al duca, e continuò il suo cammino con tutta la comitiva, cui s’era aggiunta anche Giovanna di Brissac.

Una volta giunti al Louvre, che Bussy conosceva come casa propria, e nel quale il gruppo al seguito del duca entrò malgrado della consegna di non lasciare più entrar nessuno, – cosa, però, che non poteva applicarsi al fratello del re, che, dopo di questi, era il personaggio più importante della nazione, – Bussy si recò difilato alla sala delle armi, di cui Enrico III aveva fatto un ap-partamento privato, con due letti di velluto e di seta, e arredato con grande licenza e non minore sfarzo.

Ora, Bussy sapeva benissimo che il re non si sarebbe trovato in quelle stanze, poichè suo fratello gli aveva fatto chiedere udienza nella galleria, ma sapeva anche che, attiguo a quelle, c’era il cosidetto appartamento della nutrice di Carlo IX, che Enrico III aveva destinato all’uso del suo favorito di turno, ed era stato occupato quindi, a volta a volta, da Saint-Mégrin, Maugiron, d’O, d’Épernon, Quélus e Schomberg, e che, in quel momento, secondo Bussy, doveva ospitare Saint-Luc, che era stato rapito a sua moglie in un momento di tenerezza reale.

— Ebbene, se non ci credi – insistette il principe, – accompagnami al Louvre, e sentirai quello che dirò a mio fratello.

— Ecco proprio quello che ci voleva per voi – sussur-rò Bussy all’orecchio della contessa. – Fra i due fratelli scoppierà una lite terribile, e voi, nel frattempo, avrete modo di ritrovare il vostro Saint-Luc.

Detto ciò, andò ad occupare il posto che gli spettava accanto al duca, e continuò il suo cammino con tutta la comitiva, cui s’era aggiunta anche Giovanna di Brissac.

Una volta giunti al Louvre, che Bussy conosceva come casa propria, e nel quale il gruppo al seguito del duca entrò malgrado della consegna di non lasciare più entrar nessuno, – cosa, però, che non poteva applicarsi al fratello del re, che, dopo di questi, era il personaggio più importante della nazione, – Bussy si recò difilato alla sala delle armi, di cui Enrico III aveva fatto un ap-partamento privato, con due letti di velluto e di seta, e arredato con grande licenza e non minore sfarzo.

Ora, Bussy sapeva benissimo che il re non si sarebbe trovato in quelle stanze, poichè suo fratello gli aveva fatto chiedere udienza nella galleria, ma sapeva anche che, attiguo a quelle, c’era il cosidetto appartamento della nutrice di Carlo IX, che Enrico III aveva destinato all’uso del suo favorito di turno, ed era stato occupato quindi, a volta a volta, da Saint-Mégrin, Maugiron, d’O, d’Épernon, Quélus e Schomberg, e che, in quel momento, secondo Bussy, doveva ospitare Saint-Luc, che era stato rapito a sua moglie in un momento di tenerezza reale.

Ad Enrico III, essere stranissimo, principe frivolo e principe profondo, principe timido e principe valoroso a volta a volta, ma sempre annoiato, inquieto e sognatore, occorrevano continue distrazioni; di giorno, il rumore, il moto, le buffonate, gli intrighi; di notte, la luce, le chiacchierate, la preghiera o l’orgia, da quell’ermafrodi-ta antico che avrebbe potuto essere, se avesse visquell’ermafrodi-ta la luce in qualche città dell’Oriente favoloso, o a Roma, sotto Nerone o Eliogabalo.

Bussy, dunque, si recò difilato all’appartamento della nutrice, e bussò all’uscio dell’anticamera, comune ai due alloggi. Fu il capitano delle guardie, quello che ven-ne ad aprire.

— Il signor di Bussy! — esclamò meravigliato.

— Io stesso, caro signor di Nancey. Il re vuol vedere il signor di Saint-Luc.

— Benissimo. Lo farò avvertire subito.

Attraverso all’uscio socchiuso, Bussy lanciò un’occhia-ta d’intesa al paggio, poi, volgendosi di nuovo a Nan-cey, gli chiese:

— Che sta dunque facendo, quel povero Saint-Luc?

— Giuoca con Chicot, aspettando il ritorno del re che si è recato ad incontrare il duca d’Aujou.

— Vorreste permettere al mio paggio di attendere qui?

— Con tutto il piacere!

— Entrate, Giovanni — disse Bussy alla moglie di Saint-Luc, indicandole il vano di una finestra nel quale ella corse subito a rifugiarsi.

Ad Enrico III, essere stranissimo, principe frivolo e principe profondo, principe timido e principe valoroso a volta a volta, ma sempre annoiato, inquieto e sognatore, occorrevano continue distrazioni; di giorno, il rumore, il moto, le buffonate, gli intrighi; di notte, la luce, le chiacchierate, la preghiera o l’orgia, da quell’ermafrodi-ta antico che avrebbe potuto essere, se avesse visquell’ermafrodi-ta la luce in qualche città dell’Oriente favoloso, o a Roma, sotto Nerone o Eliogabalo.

Bussy, dunque, si recò difilato all’appartamento della nutrice, e bussò all’uscio dell’anticamera, comune ai due alloggi. Fu il capitano delle guardie, quello che ven-ne ad aprire.

— Il signor di Bussy! — esclamò meravigliato.

— Io stesso, caro signor di Nancey. Il re vuol vedere il signor di Saint-Luc.

— Benissimo. Lo farò avvertire subito.

Attraverso all’uscio socchiuso, Bussy lanciò un’occhia-ta d’intesa al paggio, poi, volgendosi di nuovo a Nan-cey, gli chiese:

— Che sta dunque facendo, quel povero Saint-Luc?

— Giuoca con Chicot, aspettando il ritorno del re che si è recato ad incontrare il duca d’Aujou.

— Vorreste permettere al mio paggio di attendere qui?

— Con tutto il piacere!

— Entrate, Giovanni — disse Bussy alla moglie di Saint-Luc, indicandole il vano di una finestra nel quale ella corse subito a rifugiarsi.

Vi si era appena rannicchiata, che Saint-Luc soprag-giunse, ed il signor di Nancey, per discrezione, si allon-tanò dai due gentiluomini, in modo da non udire ciò che essi avrebbero detto.

— Che cosa vuol dunque ancora il re? – fece Saint-Luc col viso di persona seccata e con voce aspra. – Ah, siete voi, signor di Bussy?

— In carne ed ossa, caro Saint-Luc – rispose il genti-luomo che, abbassando poi il tono della voce, proseguì:

– Prima di tutto, grazie del servigio che mi avete reso.

— Oh, è cosa da nulla! – protestò Saint-Luc. – Mi ri-pugnava di vedere assassinare un valoroso gentiluomo quale voi siete... Vi credevo morto, però.

— Infatti, c’è mancato ben poco.

— Raccontatemi dunque la vostra avventura, ho tanto bisogno di distrarmi! – esclamò Saint-Luc, sbadigliando in modo da slogarsi la mascella.

— Adesso non ne ho il tempo, caro Saint-Luc. Il fatto si è che son venuto per ben altro motivo. A quanto sem-bra, qui vi annoiate.

— Regalmente.

— Ne ero certo. Povero conte, siete dunque prigioniero?

— Quello che c’è di più prigioniero, in verità. Il re sostiene che io solo ho la virtù di distrarlo. Ah, se vole-ste rendermi un favore!

— Vi sono dispostissimo. Di che si tratta?

— Ebbene, andate dal maresciallo di Brissac, e rassi-curate la mia povera mogliettina che deve trovare la mia

— Ebbene, andate dal maresciallo di Brissac, e rassi-curate la mia povera mogliettina che deve trovare la mia

Nel documento La signora di Monsoreau (pagine 35-47)