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5.3.2) Calcolo del profilo spaziale dell’intensit{ luminosa all’interno di un fotorivelatore a semiconduttore

Dalla relazione [e43] è intuitivo ricavare che la probabilità Ptransiz con cui un fotone incidente, di energia hν, può

stimolare un assorbimento o un’emissione è pari a:

P

transiz

= B

12

[s

-2

]

Fig. 36

Rappresentazione qualitativa dell’attraversamento di un generico dispositivo (fotorivelatore ad esempio) a semiconduttore da parte di una radiazione luminosa policromatica: Iν(x*) è lo spettro dell’intensit{ ottica presso la sezione del dispositivo posizionata alla generica

coordinata x*. dx è l’elemento di lunghezza del dispositivo presso il quale valutiamo l’incremento o il decremento infinitesimo della suddetta intensità luminosa. Partendo dall’analisi di questa situazione è possibile ricavare l’andamento dell’intensit{ ottica Iν(x) che attraversa il

dispositivo.

Consideriamo un fotorivelatore realizzato con il semiconduttore fin qui esaminato e modellizzato mediante il sistema a due livelli di energia E1 ed E2. La luce policromatica, che investe il dispositivo, attraversa il materiale

lungo la sua profondit{. Le interazioni dei fotoni con i portatori di carica sono, prevalentemente, l’assorbimento e l’emissione stimolata, con una netta prevalenza della prima, a causa della relazione esistente fra la popolazione del livello energetico stabile (N1) e quella del livello instabile (N2). Consideriamo la sezione del dispositivo presso

la generica coordinata x* ( x* tale che 0 < x* < L). Presso questa sezione è possibile misurare un’intensit{ ottica Iν(x*), relativa ad una certa frequenza ν, mentre presso la sezione posizionata alla coordinata x* + dx misuriamo

un’intensit{ ottica Iν(x*) + dIν(x*). Il differenziale di Iν(x*) ovviamente è negativo a causa del depauperamento del

flusso fotonico causato dall’assorbimento netto da parte del semiconduttore. Se consideriamo un incremento spaziale elementare dx, di lunghezza infinitesima, è possibile attribuire, sia all’assorbimento che all’emissione stimolata, un contributo elementare, granulare, al flusso fotonico che attraversa il volume che ha come superficie la sezione del dispositivo e come altezza dx. In altre parole sar{ possibile avere, lungo dx, l’assorbimento di, al più, un fotone, e l’emissione stimolata di, al più, un fotone. Scomponiamo quindi dIν(x*) nei suoi due contributi:

dIν(x*)ABS (< 0), che è il differenziale di Iν(x*) dovuto esclusivamente l’assorbimento fotonico, e dIν(x*)EM (> 0),

che è il differenziale di Iν(x*) dovuto esclusivamente all’emissione stimolata. Possiamo scrivere quanto segue:

dI

ν

(x*)

ABS

= − hν

N

1

dx g(ν) [e44]

− hν è il contributo energetico dell’assorbimento nei confronti del flusso fotonico (ribadiamo che la decurtazione energetica hν pari ad un singolo fotone è conseguenza della natura infinitesima di dx). La quantità compresa fra parentesi quadre è la probabilità di transizione (Ptransiz), ossia la probabilit{ che l’assorbimento del fotone si

ottico, ovvero che potrebbero essere promossi in BC. In altre parole è il numero di elettroni per unità di superficie che possono prendere parte all’assorbimento. g(ν) è lo spettro di assorbimento del materiale.

Possiamo altresì scrivere che:

dI

ν

(x*)

EM

= + hν

N

2

dx g(ν) [e45]

+ hν è il contributo energetico dell’emissione stimolata al flusso fotonico. La quantità compresa fra parentesi quadre è la probabilità di transizione (Ptransiz), ossia la probabilit{ che l’emissione stimolata del fotone si verifichi.

N2dx è la concentrazione superficiale degli elettroni che potrebbero essere coinvolti dall’emissione stimolata,

ovvero che potrebbero essere stimolati a decadere in BV. g(ν) è lo spettro di emissione stimolata del materiale. Conseguentemente il differenziale totale dIν(x*) dell’intensit{ luminosa alla frequenza ν, presso la sezione del

dispositivo x* + dx, è dato dalla somma dei differenziali parziali [e44] ed [e45]:

dI

ν

(x*) = dI

ν

(x*)

ABS

+ dI

ν

(x*)

EM

=

(N

2

− N

1

)I

ν

dx [e46]

Il termine tra parentesi graffe è noto come “sezione di cattura” ς(ν) e può essere interpretato, da un punto di vista semiclassico, come la superficie S dentro la quale un fotone deve entrare affinchè un elettrone che si trova energeticamente sul livello E1, e spazialmente al centro di S, possa “saltare” sul livello E2, decurtando il fotone dal

flusso luminoso. Analogamente ς(ν) può essere vista come la superficie S dentro la quale un fotone γ deve entrare affinchè un elettrone che si trova energeticamente sul livello E2, e spazialmente al centro di S, possa

decadere sul livello E1, emettendo un fotone γg gemello di γ. Possiamo quindi evincere dalla [e46] la seguente

equazione differenziale:

= ς(ν) (N

2

− N

1

) I

ν

(x*) [e47]

che può essere presentata anche nel modo seguente:

= ς(ν) (N

2

− N

1

) = −

(ν, x*) [cm

-1

] [e48]

α0(ν, x*), una cui formulazione è già stata proposta nella [e25], è la “perdita ottica specifica”, altrimenti nota

come “coefficiente di assorbimento ottico specifico” (cm-1) del materiale, presso la generica coordinata x*,

relativamente ad un fascio di fotoni monocromatico di frequenza ν, nell’ipotesi di “piccolo segnale”, ovvero di bassa potenza ottica incidente. La soluzione dell’equazione differenziale, a variabili separabili, riportata nella [e47] è la seguente:

I

ν

(x) = I

ν

(0

+

)

x

tale che

0

+

< x < L

Si noti la presenza di Iν(0+) in luogo di Iν(0): le due intensità ottiche sono, infatti, tanto più diverse (Iν(0+) < Iν(0))

quanto maggiore è la discontinuit{ dell’indice di rifrazione all’interfaccia aria/semiconduttore con cui è costruito il dispositivo. Assumendo che α0 dipenda solo da ν e non da x, possiamo concludere che:

I

ν

(x) = I

ν

(0

+

)

[e49]

5.3.3.1) Calcolo dell’espressione generale del coefficiente di assorbimento ottico specifico

α(ν,x) e dell’andamento spaziale dell’intensit{ luminosa I

ν

(x) per alte potenze ottiche incidenti

La [e42] può essere scritta nella forma seguente:

= R

pomp

– ς(ν)[

]

[e50]

dove Rpomp rappresenta il rate (cm-3s-1) di pompaggio termico, cioè il rate di generazione termica di coppie

pertanto si hanno elettroni atomici che superano la barriera di gap unicamente per motivi termici. Supponiamo che il livello energetico E1 coincida con il massimo della BV ed il livello energetico E2 con il minimo della BC. E1 è

un livello instabile, ovvero gli elettroni che vi stazionano tendono a decadere su un livello energetico inferiore, all’interno della BV, molto radidamente; il tempo di vita medio τ1 degli elettroni su E1 è praticamente nullo. E2 è

invece un livello metastabile, ovvero gli elettroni che vi stazionano tendono a decadere sul massimo della BV abbastanza lentamente; il tempo di vita medio τ21 degli elettroni su E2 è abbastanza grande e coincide con il

tempo di vita medio τR radiativo, del quale abbiamo riportato un grafico (in funzione dell’iniezione di coppie di

portatori) in figura 33.

Supponiamo che il fotorivelatore si trovi nella condizione di:

 equilibrio termico: non c’è alcuna corrente di polarizzazione, imposta dall’esterno, che inietta elettroni in BC e lacune in BV, ossia gli elettroni che si trovano in BC sono unicamente quelli termogenerati, intrinseci e/o dovuti al drogaggio, mentre le lacune che si trovano in BV sono unicamente quelle dovute al passaggio degli elettroni suddetti dalla BV alla BC, per motivi termici o di drogaggio

 equilibrio stazionario: le concentrazioni delle popolazioni di portatori, a meno di fluttuazioni granulari stocastiche a media nulla, sono costanti nel tempo

 τNR >> τR: il semiconduttore con cui è costruito il fotorivelatore è a gap diretto

 N1(t) → 0 t: il livello E1 è instabile, quindi, approssimativamente, sempre vuoto (τ1 → 0)

La [e50] diventa:

= R

pomp

– ς(ν)

Se consideriamo il seguente sistema:

dapprima sotto l’ipotesi di Iν → 0, ovvero per basse intensità ottiche incidenti, e successivamente sotto l’ipotesi di

Iν 0, ovvero per qualsiasi valore dell’intensit{ ottica incidente (anche elevato), si ricava un’espressione più

generale del coefficiente di assorbimento ottico specifico α(ν,x), valida sia in regime di piccoli che di grandi segnali.

α(ν, x) =

[e51]

con:

=

rappresenta la Line Shape normalizzata rispetto al proprio valore massimo, il quale si trova in corrispondenza della frequenza di centro banda ν0. IS rappresenta invece la minima intensità ottica di

saturazione, ed è una quantità definita nel modo seguente:

I

S

=

dove τeq costituisce una media dei tempi caratteristici di tutte le transizioni possibili all’interno del complesso

sistema energetico formato dalla BV e dalla BC, ovvero una media dei tempi τm→n, dove Em ed En sono due

generici livelli energetici all’interno del diagramma a bande E – k: possono essere entrambi in BV, entrambi in BC oppure uno in BV e l’altro in BC.

La [e51] mette in evidenza che in regime di piccoli segnali, ovvero per Iν(x) << IS, il coefficiente di assorbimento

ottico specifico α(ν,x) tende ad α0(ν,x), mentre in regime di grandi segnali, ovvero per Iν(x) confrontabile con IS,

α(ν,x) < α0(ν,x). Per avere una conferma, seppur intuitiva, dell’ultima affermazione basti pensare che un flusso

fotonico molto intenso (Iν(x) alto) viene depauperato dal processo di assorbimento, quindi consente ad un

cospicuo numero di elettroni atomici di compiere la transizione BV → BC, ma al tempo stesso presenta buone probabilità di stimolare la transizione contraria BC → BV per una parte degli elettroni suddetti (appena giunti in

BC), dato che i fotoni non assorbiti sono ancora tanti e al tempo stesso gli elettroni promossi in BC sono in numero altrettanto elevato. Quindi ad un buon rate di assorbimento si accompagna un altrettanto elevato rate di emissione stimolata, con conseguente diminuzione dell’assorbimento ottico netto e del coefficiente α(ν,x) rispetto ad α0(ν,x). Tanto più Iν(x) è non trascurabile rispetto a IS, tanto più α(ν,x) < α0(ν,x).

Dalla [e51] e dalla definizione di assorbimento ottico specifico, la cui forma valida per piccoli segnali è riportata nella [e48], ricaviamo l’equazione differenziale completa per l’intensit{ luminosa Iν(x) all’interno di un mezzo

fotoassorbente con il quale è realizzabile un fotorivelatore:

=

[e52]

Nel caso di Iν(x) << IS la soluzione della [e52] è la già calcolata [e49], mentre per Iν(x) confrontabile con IS la

soluzione è la seguente:

I

ν

(x) = I

ν

(0

+

) –

x [e53]

Dunque sotto l’ipotesi di potenza ottica incidente non bassa il profilo spaziale dell’intensit{ luminosa, attraverso il semiconduttore, non assume la forma di un esponenziale decrescente, come avviene invece nel caso di potenza ottica incidente bassa, bensì assume un andamento rettilineo con coefficiente angolare negativo.

Tuttavia in numerose applicazioni il segnale ottico da rivelare è molto debole, ovvero molto poco intenso e di lunghezze d’onda grandi, come ad esempio:

 la trasmissione di segnali ottici in terza finestra (l’unica finestra equalizzabile mediante l’opportuno dimensionamento del raggio del core della fibra stessa) su fibre “di transito”, quindi monomodali, lunghe anche centinaia o migliaia di chilometri, lungo le quali la tratta fra un ripetitore ed il successivo ha una lunghezza media di 80 km (86 km, lungo la linea internazionale FLAG – “Fiber Optical Link Across the Globe”)

 le misure telemetriche, nelle quali un impulso di luce, coerente (se l’apparecchiatura utilizzata per la fotometria implementa il metodo di rivelamento “Pulse Delay” – “ritardo dell’impulso”) o meno (se l’apparecchiatura consiste in un mekometro), deve essere inviato su un obbiettivo catarifrangente lontano anche decine o centinaia di chilometri, il quale riflette la luce verso il dispositivo da cui questa è partita; sull’apparecchiatura è montato, oltre al fotoemettitore, anche un fotorivelatore

 il mapping di tessuti organici in ambito diagnostico PET

 la visione notturna attraverso l’utilizzo di un’apparecchiatura binoculare capace di rivelare ed elaborare il calore emesso dai corpi, sottoforma di luce FIR (“far infra red” – luce del lontano infrarosso), per riprodurre immagini degli stessi

Quindi, da qui in avanti, quando considereremo il coefficiente di assorbimento ottico specifico α(ν) = α(ђω) (spesso espresso anche come α(λ), per ragioni storiche), ci riferiremo sempre a quello valido per piccoli segnali α0(ђω). Il profilo spaziale dell’intensit{ ottica Iν(x) assumerà, ai fini della nostra trattazione, sempre una forma ad

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