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Cammino in gallozoppo come si dice di una gallina che ha perduto una zampa ma saltella qua e là.

5 Sono entrato nel canneto

che è fronteggiato dal mare per lungo tratto

e vi ricerco larve vermi abbozzi di vita 10 tutto ciò che rimase

del crac esistenziale

che in noi continua a sopravvivere a occhi chiusi

perché la natura è avara

15 di occhi a chi più ne abbisogna.

Nel suo Retroscena montaliano di «Altri versi», Rosanna Bettarini si è occupata della ricostruzione del complesso iter compositivo della poesia I

nascondigli II (Altri versi II), della quale il componimento sopra riprodotto

dovrebbe costituire l’ipotesto. Si riporteranno di seguito alcune delle indicazioni offerte dalla studiosa, assieme ad alcune notazioni di ordine cronologico e ad una rapida descrizione del manoscritto che conserva la poesia Cammino in

gallozoppo, per comprendere come i due testi costituiscano, presumibilmente,

l’uno la preparazione dell’altro.

La lirica pubblicata ne La casa di Olgiate, manoscritta in biro nera, è trasmessa dalla pagina [17] del QP. Nella parte superiore della pagina si trova la data «1978» e, poco più in basso, a destra, l’indicazione «Ottobre». Ancora più in basso, al centro e in testa al componimento, si trova il numero «1», probabilmente ad indicare – ipotizza Gianfranca Lavezzi – che la poesia fosse la prima di un gruppetto di versi scritti nell’ottobre dello stesso anno. La pagina [37] del

Quaderno conserva invece una redazione manoscritta, datata «27 XI 78», della

seconda parte de I nascondigli II (Una luna un po’ ingobbita…), rispetto alla quale il manoscritto di Interno/esterno (poi confluita in Altri versi II), conservato in un foglietto della donazione Tiossi, è presumibilmente anteriore, nonostante rechi in calce la data «29 nov. 78».

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Ai fini di una migliore comprensione cominciamo però con il trascrivere il testo completo de I nascondigli II:

I

Il canneto dove andavo a nascondermi

era lambito dal mare quando le onde erano lunghe e solo la spuma entrava a spruzzi e sprazzi

in quella prova di prima e dopo il diluvio. 5 Larve girini insetti scatole scoperchiate

e persino la visita frequente (una stagione intera) di una gallina con una sola zampa.

Le canne inastavano nella stagione giusta i loro rossi pennacchi; oltre il muro dell’orto 10 si udiva qualche volta il canto flautato

del passero solitario come disse il poeta ma era la variante color cenere

di un merlo che non ha mai (così pensavo) il becco giallo ma in compenso esprime 15 un tema che più tardi riascoltai

dalle labbra gentili di una Manon in fuga. Non era il flauto di una gallina zoppa o di un altro uccello ferito da un cacciatore? Neppure allora mi posi la domanda

20 anche se una rastrelliera di casa mia esibiva un fucile così detto a bacchetta, un’arma ormai disusata che apparteneva in altri tempi a uno zio demente.293 Solo la voce di Manon, la voce 25 emergente da un coro di ruffiani,

dopo molti anni poté riportarmi al canneto sul mare, alla gallina zoppa

e mi fece comprendere che il mondo era mutato naturalmente in peggio anche se fosse assurdo 30 rimpiangere o anche solo ricordare

293 Lo «zio demente» del v. 23 deve essere identificato con lo zio Giovanni Giuseppe, un antenato

di Montale, che era presente anche ne La pendola a carillon (Diario del ’72): «il proavo / finito al manicomio e sotterrato / senza rimpianti, necrologi o altre / notizie che turbassero i suoi non nati nepoti» (vv. 8-11). Si tratta di un malato di mente, forse filtrato dalla memoria letteraria di due passi gemelli di Gozzano, Totò Merùmeni («In quel silenzio di chiostro e di caserma / vive Totò Merùmeni con una madre inferma, / una prozia canuta ed uno zio demente», vv. 14-16) e Un’altra

risorta («Vivo in campagna, con una prozia, / la madre inferma ed uno zio demente», vv. 23-24):

si cita da G. GOZZANO, Tutte le poesie. Testo critico e note a cura di A. Rocca. Introduzione di M. Guglielminetti, Milano, Mondadori 1980.

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la zampa che mancava a chi nemmeno se ne accorse e morì nel suo giuncheto mentre il merlo acquaiolo ripeteva quel canto che ora si ascolta forse nelle discoteche. II

Una luna un po’ ingobbita incendia le rocce di Corniglia. Il solito uccellino color lavagna ripete il suo omaggio a Massenet. 5 Sono le otto, non è l’ora

di andare a letto, bambini?

Rosanna Bettarini parla di un componimento bipartito e battuto su due fogli, il secondo dei quali reca, in calce, la data «1978»; esso contiene inoltre la lassa, contrassegnata dal numero «2» e cassata a penna con un tratto obliquo, che cominciava con «Solo la voce di Manon…», da cui deduciamo che negli originari progetti del poeta la seconda parte del testo fosse formata dagli attuali vv. 24-34. Secondo quanto attestato dalla data del timbro postale, il «12.1.79» Montale inviò all’amica filologa i due fogli del testo, numerati «1» e «2»; ma che il poeta intendesse bipartire il componimento, sarebbe dimostrato anche da una seconda stesura della seconda parte, che ci è trasmessa da un altro dattiloscritto, senza data e con la seguente nota: «la poesia col segno II è la seconda parte dell’altra già spedita I Nascondigli», battuta sul foglio che contiene anche Una zuffa di galli

inferociti….294

Provando allora a mettere insieme tutti i dati raccolti, possiamo ipotizzare che sul finire del 1978 Montale avesse terminato di stendere entrambi i componimenti, decidendo però, all’inizio del nuovo anno, di inviare alla fidata amica e filologa solo le due parti de I nascondigli II, e accantonando invece Cammino in

gallozoppo. La dimostrazione della nostra tesi sarebbe confermata dalle numerose

affinità tematiche che sussistono tra le due liriche, che, come vedremo, sono fortissime.

Per prima cosa, le poesie in questione condividono la stessa ambientazione. Lo scenario è senza dubbio quello delle estati dell’adolescenza

294 Per tutte le altre informazioni relative all’iter compositivo de I nascondigli II, si rimanda a R.

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trascorse dal poeta a Monterosso, come confermerebbero molti elementi canonici già presenti nelle liriche degli Ossi: il «mare», l’«orto», la «verzura», il «canneto» dove il poeta-bambino andava a nascondersi. Come luogo topico dell’universo montaliano, rappresentante il cerchio regressivo dell’infanzia e la protezione di una natura intesa come rifugio esistenziale,295 il «canneto» faceva la sua prima apparizione nell’opera montaliana nel 1922, in un osso in cui veniva chiamata direttamente in causa la presenza di un’interlocutrice femminile, Non rifugiarti

nell’ombra…: «È ora di lasciare il canneto / stento che pare s’addorma / e di

guardare le forme / della vita che si sgretola» (vv. 5-8). Lo stesso sfondo ambientale tornava in una poesia probabilmente composta nell’estate del 1924, Il

canneto rispunta i suoi cimelli…, legata alla figura di Annetta e ricca di segnali

topici del mondo montaliano degli esordi, qui però già protesi verso soluzioni successive, segnate dal tema della donna assente e dai suoi indizi più o meno efficaci: un’eredità che entro gli Ossi sarà accolta da altri componimenti arlettiani (quali, per esempio, Delta e Incontro), per poi confluire nel canzoniere d’amore de Le occasioni. Qui il «canneto» mette i suoi bocci inutilmente, e altrettanto inutilmente le piante dell’orto si protendono verso l’umidità vitale: «Il canneto rispunta i suoi cimelli / nella serenità che non si ragna: / l’orto assetato sporge irti ramelli / oltre i chiusi ripari, all’afa stagna» (vv. 1-4); a dominare è il caldo stagnante dell’afa estiva, quella stessa condizione che si trovava nel precedente

osso, in cui l’ora topica era quella del meriggio, con le sue minacce di

accecamento, precarietà e aridità, lì condensate, al v. 14, nella parola «disagio». In una rievocazione nostalgica e affettuosa dei giochi infantili, elencati attraverso una struttura nominale che sorregge i primi tre versi dell’ultima strofe, il «canneto» montaliano vantava la sua ultima occorrenza al v. 100 di un celeberrimo Osso, Fine dell’infanzia, il più lungo della raccolta: «Ah il giuoco dei cannibali nel canneto / i mustacchi di palma, la raccolta / deliziosa dei bossoli sparati!» (vv. 100-102).

Come possiamo facilmente osservare, si tratta esattamente dello stesso contesto descritto nei versi di Cammino in gallozoppo e poi ripreso – se quest’ultimo testo costituisce effettivamente il materiale preparatorio per la poesia di Altri versi – nella prima parte de I nascondigli II, in un vano tentativo di recupero del proprio

295 Basti pensare al «canneto» dove il «bambino» si nasconde «per tirare qualche innocuo ciottolo

a Donna Juanita»; cfr. Donna Juanita (Farfalla di Dinard), in E. MONTALE, Prose e racconti, cit., pp.18-22: 22.

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passato che contraddistingue entrambe le poesie. È lo stesso «canneto» – nel primo caso «fronteggiato», nel secondo «lambito» dal «mare» – dove l’io poetico torna con la memoria, a distanza di anni, richiamato «dalla voce di Manon», e nel quale riceveva, assieme a «Larve girini insetti scatole scoperchiate», la «visita frequente (una stagione intera)» di quella «gallina con una sola zampa» che viene ricordata anche nei primi versi della poesia edita ne La casa di Olgiate, ancora una volta assieme alle «larve» di cui il poeta andava alla ricerca.296

Altri elementi devono però essere presi in considerazione. Nella prima lunghissima strofe de I nascondigli II, in una minuziosa descrizione del «canneto» – peraltro molto degradata rispetto agli Ossi («Larve girini insetti scatole scoperchiate», v. 5) – si intrecciano due motivi fondamentali: quello “prosastico” della «visita frequente (una stagione intera) / di una gallina con una sola zampa» (vv. 6-7); e quello “poetico” del «merlo acquaiolo», che con il suo canto richiama le note della Manon di Massenet.297 Essi, come ha osservato Franco Croce, «si

impennano in un periodo riassuntivo, abilissimo e aggrovigliato»:298 Solo la voce di Manon, la voce

25 emergente da un coro di ruffiani, dopo molti anni poté riportarmi al canneto sul mare, alla gallina zoppa

e mi fece comprendere che il mondo era mutato naturalmente in peggio anche se fosse assurdo 30 rimpiangere o anche solo ricordare

la zampa che mancava a chi nemmeno se ne accorse e morì nel suo giuncheto mentre il merlo acquaiolo ripeteva quel canto che ora si ascolta forse nelle discoteche.

296 Oltre a I nascondigli II, nel corpus poetico montaliano l’immagine della «gallina» presenta una

sola altra occorrenza in una lirica del Quaderno di quattro anni, Dopopioggia, datata, secondo la fotocopia di un dattiloscritto in bellacopia del Quaderno Isella (f. 24r), «12/6/75»: «Sulla rena bagnata appaiono ideogrammi / a zampa di gallina» (vv. 1-2); ad essere «azzoppata» è qui però un’anatra: «Sarà passata un’anatra stanca, forse azzoppata» (v. 4).

297 Per il «merlo acquaiolo» si confronti quanto già affermato a proposito di Da una torre (La

bufera): «Ho visto il merlo acquaiolo / spiccarsi dal parafulmine» (vv. 1-2).

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Terminata la prima parte, inizia la seconda strofe, nella quale Montale torna a ripetere la sua descrizione, questa volta però «in forme più pacate e, nella loro accorata pacatezza, più solenni»:299

II

Una luna un po’ ingobbita incendia le rocce di Corniglia. Il solito uccellino color lavagna ripete il suo omaggio a Massenet. 5 Sono le otto, non è l’ora

di andare a letto, bambini?

Sul paesaggio adesso compare una «luna» non completamente “poetica” («un po’ ingobbita», v. 1), ma comunque capace di incendiare «le rocce di Corniglia» (v. 2); e soprattutto, nella sera che scende a chiudere la giornata infantile – quella stessa sera che forse ormai scende per sempre anche sul poeta – giunge dalla casa un invito al rientro e al sonno, che è certamente quello realistico che attendeva alle otto i bambini nella vita antica di Monterosso, ma che non può non lasciare pensare – specie nella nuova scansione che assumono, dopo la pausa, i versi montaliani – anche al sonno della morte.

A questo punto dell’analisi, l’indicazione che era stata offerta da Rosanna Bettarini può essere confermata: il v. 24 de I nascondigli II segna effettivamente uno stacco tra la prima e la seconda parte della poesia, dove il poeta sviluppa un’amara riflessione su un mondo ormai irrimediabilmente mutato. Al v. 27, il vecchio Montale ricorda il «canneto sul mare» e la «gallina zoppa» che animavano la sua infanzia, ma il mondo in cui adesso il poeta vive è ormai cambiato e «naturalmente in peggio» (v. 29). Inutile a questo punto il rimpianto, come assurdo appare ricordare la zampa che mancava a quella gallina che morì nel suo giuncheto senza nemmeno accorgersene. Il passato non può essere recuperato; impossibile è ricercare «larve / vermi abbozzi di vita / tutto ciò che rimase»300 di quello che in Cammino in gallozoppo il poeta chiama il «crac

299 Ibidem.

300 I vv. 8-9 di Cammino in gallozoppo («Larve / vermi abbozzi di vita»), che ne I nascondigli II

diverranno le «larve girini insetti scatole scoperchiate» del v. 5, trovano un precedente nella «reliquia di vita» del v. 10 di Gloria del disteso mezzogiorno… (Ossi di seppia): si tratta della consueta immagine della vita residuale, marginale, che non merita neppure un nome.

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esistenziale» (v. 11); e anche il «canto flautato / del passero solitario» – in realtà «variante color cenere / di un merlo che non ha mai […] / il becco giallo» (vv. 12- 14) – è forse quello che «ora si ascolta» – nota tristemente il poeta – «nelle discoteche» (v. 34).

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