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Il Capo dello Stato Italiano precedentemente alla Costituzione Repubblicana

MODELLO ITALIANO

4.1 Il Capo dello Stato Italiano precedentemente alla Costituzione Repubblicana

Il Capo dello Stato al periodo della monarchia in Italia era passato da una figura centrale al unita dell’Italia a un ruolo di secondo grado con l’avvenuta del Fascismo. In base allo Statuto Albertino il potere esecutivo apparteneva al Re art. 5284. Nello Statuto Albertino la figura del Re era figura centrale per tutti i poteri dello Stato. Eccezione faceva la Camera dei Deputati la quale veniva eletta dai collegi elettorali conforme alla

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legge art.39285. In effetti il potere esecutivo era iniziato a condividersi tra il Re e la Camera dei Deputati con l’istituzionalizzazione della fiducia parlamentare.

La fiducia parlamentare era stata costituita in modo consuetudinario senza intervenire nel testo dello statuto. Con la fiducia alla Camera dei Deputati del governo inevitabilmente veniva meno il ruolo del Re nel suo potere esecutivo di cui al sopracitato art.5. Nonostante la legge elettorale inizialmente riconosceva il diritto al voto a meno di due percento della popolazione del regno, lasciava aperta la prospettiva del accrescimento del ruolo della Camera dei Deputati nei confronti dell’esecutivo. In effetti dopo l’uccisione del Re Umberto I nel 1900 non poteva che tradursi come un indebolimento del ruolo del Capo dello Stato e una più forte legittimazione del potere rappresentativo quale la Camera dei Deputati. A questo poi ha fatto da vantaggio l’insediamento del secondo governo Giolitti il quale assunse la presidenza del consiglio dei Ministri nel 1903.

Giolitti riconosciuto già da prima come un liberale ha giocato un ruolo importante per l’estensione del diritto al voto. Il periodo del suo protagonismo politico riconosciuto dagli studiosi come l’Età Giolittiana rappresenta per lo Stato italiano il periodo più stabile politicamente e una grande crescita economica e industriale286 (inevitabile a mio avviso tenere separate la crisi politica da quella economica). Il diritto al voto aveva riconosciuto sempre di più la sua astensione sino a parlare di suffragio universale, ma che in realtà questo avvenne solo al referendum per la forma di Stato e l’elezione dell’assemblea costituente nel 1946287.

L’estensione del diritto al voto degli Italiani durante la storia della monarchia, inevitabilmente cresceva il ruolo della Camera dei Deputati tanto da considerare la monarchia Italiana una monarchia parlamentare. In questo modo con l’accrescimento del potere parlamentare nei confronti del Re per quanto riguarda il potere esecutivo inviava la monarchia Italiane sempre a una più consistente resa dei conti con il Parlamento. Poiché la Camera dei Deputati era l’unica elettiva a differenza del Senato che era di

285Ibidem, art. 39 286

Pardini Giuseppe, Storia dei sistemi politici Europei nel XX secolo, Cedam, 2010, p. 2 ss

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nomina reggia il bicameralismo perfetto previsto dallo Statuto Albertino in realtà non esisteva più.

L’evento della prima guerra mondiale che trovava l’Italia parte della triplice alleanza la quale usci perdente nel conflitto, portava la fine dello Stato liberale che in un certo modo aveva cresciuto la partecipazione delle masse alla vita politica del paese. Nonostante nel era liberalista dello Stato Italiano i partiti politici non si riconoscevano in un identità chiara, questa avevano subito capito l’importanza del coinvolgimento popolare delle masse288. La fine della prima guerra mondiale porta una nuova situazione nella politica Italiana come nel resto dell’Europa apriva un nuovo contesto dell’organizzazione dello Stato.

Cosi, come si e detto in Germania uscente perdente dalla guerra si costituzionalizzava una Repubblica parlamentare, e ciò inevitabilmente avrebbe delle conseguenze anche in Italia per quanto riguarda il potere del Re stabilito dallo Statuto Albertino. Il Capo dello Stato, re, nella monarchia Italiana già dall’unita e fino all’inizio della prima guerra pur senza interventi allo Statuto aveva visto un crescente ruolo del Parlamento questo anche a causa della fiducia parlamentare che il consiglio dei ministri in via consuetudinaria aveva stabilito.

Comunque il Re aveva mantenuto la prerogativa della nomina del consiglio dei ministri e soprattutto della decisione delle alleanze internazionali. In effetti queste prerogativa verranno meglio espressi quando la decisione di entrare in guerra con il governo Salandra, priva di una maggioranza della Camera . La decisione di entrare nella prima guerra mondiale contro la Francia e la Grande Bretagna “Con totale umiliazione anzi con sospensione del parlamento”289, con molte probabilità influirà i suoi rapporti dopo la fine della guerra con la Camera rappresentativa e i partiti politici.

La costrizione da parte del comando militare tedesco nei confronti di Guglielmo II ad abdicare al trono, come conseguenza la sua abdicazione e perciò la riforma costituzionale con l’istituzione della Repubblica. Questi avvenimenti che portarono la

288Ibidem, pp. 110-111 289

Fusaro Carlo, Il Presidente della Repubblica (il tutore di cui non possiamo fare a meno), Il mulino, farsi un idea, Bologna 2003, p. 47

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fine della monarchia in Germania probabilmente influirono la politica futura del monarca Italiano. Quindi il Re che aveva “scavalcato” la Camera rappresentativa del popolo Italiano riguardo alla decisione di entrare in guerra, e probabilmente per confermare le prerogative che lo Statuto li riconosceva con l’esito negativo del conflitto si assumeva la totale responsabilità.

La realtà della prima guerra mondiale risulterà come un boomerang per il Capo dello Stato nelle crisi politiche che susseguirono la fine della guerra, con la piena legittimazione della politica fascista. La crisi politica dopo le elezioni del 1919 svolte in base ad una legge proporzionale che praticamente resero impossibile la formazione di governi stabili sostenuti da maggioranze solidi290. Da qui, pare evidente la crescita del ruolo della Camera rappresentativa nei confronti del Capo dello Stato, ed inoltre l’estremizzazione della lotta politica influita indubbiamente anche dal consolidamento dei partiti.

La fiducia parlamentare nei confronti del governo si rendeva in questo modo indispensabile ancor di più che nello Stato liberale il quale si caratterizzava più che altro da partiti politici non consolidate, tanto da creare delle maggioranze che si basavano più che altro da una politica centrista.

Lo Statuto Albertino che attribuiva al Re dei poteri assoluti nei confronti di tutti i poteri dello Stato, in realtà aveva dimostrato di essere molto “elastica” rendendosi in questo modo “ostaggio” della trasformazione della società Italiana. Quella fiducia parlamentare del governo che era nata dalla controfirma da parte dei ministri degli atti del Re fini per andargli contro. In effetti lo Statuto prevedeva la controfirma ministeriale in modo che fossero questi ad assumere le responsabilità art.67291, questa situazione che inevitabilmente aveva finito per creare un distacco invisibile del Re dal consiglio dei ministri.

Il consiglio dei ministri diventava come un ponte che collegava e separava il Parlamento ma soprattutto la Camera dei Deputati e il re. In questo modo senza che fosse previsto dallo Statuto albertino il consiglio dei ministri era diventato il punto di

290Pardini Giuseppe, op. cit. p. 11

291Statuto Albertino, art. 67. “ I ministri sono responsabili, Le leggi e gli atti del governo non hanno vigore se non

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equilibrio per i poteri dello Stato, con la necessità della fiducia parlamentare e il potere di scioglimento della Camera da parte del Re292. La fine della prima guerra mondiale aveva portato a un nuovo contesto politico con dei partiti che si erano consolidati, da qui la trasformazione dell’equilibro e la crisi del sistema liberale. Inoltre fu la guerra causa delle distruzioni e la gravita della situazione economica che porto inevitabilmente della rinascita di un forte sentimento nazionalistico il quale era sostenuto soprattutto dal Partito fascista.

Il Partito fascista fu indubbiamente quello che seppe conciliare meglio questo sentimento e approfittarne del fatto che si considerava il Partito di masse. In effetti sarà la forza di questo movimento che in realtà porterà cambiamenti anche formalmente allo Statuto Albertino, cosa che nonostante l’indebolimento del potere del Re nessuno era riuscito a farlo prima. Riguardo a questo il Capo dello Stato era riuscito a non cedere a una proposta di Giolitti per quanto concerne la formalizzazione nello Statuto della fiducia parlamentare del consiglio dei ministri per evitare la sua indifferenza verso la Camera rappresentativa all’inizio della prima guerra mondiale293. Lo stesso Giolitti vistole crisi politiche del dopo guerra aveva addirittura proposto anche la costituzionalizzazione del movimento fascista294, ma questo era successo ancora prima, che questo movimento fosse consolidato. L’instabilità politica e sociale della monarchia Italiana del dopo guerra, e l’impossibilità delle forze dell’esercito fedeli al re, di fare fronte a questa situazione finirono con la nomina di Mussolini, Presidente del Consiglio dei ministri. La “resa” da parte del Re a questa situazione, e cioè la costrizione da parte del movimento fascista di nominare come Presidente del consiglio, Mussolini segnava la rinuncia da parte del Re del art. 5 dello Statuto.

Da qui la nascita de facto della diarchia e la condivisione dei poteri tra il Re e il Presidente del consiglio, e l’inizio dello Stato fascista. L’imposizione del Presidente del consiglio nei confronti del Capo dello Stato, sarà cosi forte che per la prima volta si

292Galeotti Serio, Il Presidente della Repubblica garante della costituzione (la concezione garantistica del capo dello

Stato negli scritti dell’autore ad oggi), Giuffrè Editore, Milano, 1992, p. 6 ss

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Fusaro Carlo op. cit. pp. 46-47

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interverrà anche formalmente anche nello Statuto, cosa che nessuno dei predecessori di Mussolini era riuscito a farlo. Nonostante nella sua prima fase che decorre dalla nomina come Presidente del consiglio dei ministri di Mussolini fino al 1925, i cambiamenti non saranno fondamentali, comunque, Mussolini riuscirà a integrare i suoi corpi armati nell’esercito regolare.

La legittimazione dei suoi fedeli armati, e una dimostrazione che lo Stato autoritario aveva iniziato a fondarsi. La vera novità importante che ebbe ripercussione sul assetto costituzionale dello Statuto Albertino fu indubbiamente la l. 24 dicembre, 1925 n. 2263 “ Sulle attribuzioni e prerogative del Capo del governo, primo ministro, segretario di Stato”. Questa legge riconfermò la diarchia tra le due figure dello Stato, in quanto fu abolita la responsabilità del governo nei confronti del parlamento.

Da qui la fine del ruolo del parlamento nella Monarchia Italiana e la trasformazione della forma di governo previsto dallo Statuto. La legge considerava figura principale dell’esecutivo il Capo del governo verso il quale i ministri erano responsabile. La legge stabiliva che il Capo del governo solo era responsabile nei confronti del Capo dello Stato, re, ma questa alza forti dubbi su una vera responsabilità, in quanto tra i due pare fosse creata una situazione di diffidenza reciproca. Inoltre, in base a questa legge il potere della Camera veniva ridimensionata in quanto l’ordine del giorno dei lavori parlamentari fosse stabilito dal Capo del Governo295.

La costituzionalizzazione degli organi fascisti nello Statuto Albertino come il grande consiglio aveva fatto si che questo si rendesse ostaggio alla politica di questo Partito. Il Partito Fascista che peraltro si presentava come una forza politica rivoluzionaria e che negava il pluralismo politico, e quindi l’unita della nazione diveniva obbiettivo di questo Partito. In questo modo l’unita nazionale che doveva essere rappresentato dal Capo dello Stato, si affidava al Partito Fascista e alla sua politica autoritaria.

L’avvento della II Guerra Mondiale da parte della Germania vide coinvolgere completamente anche l’Italia, ma questa volta pareva di più che questa fosse una volontà

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del Capo del governo che del Capo dello Stato. In effetti Vittorio Emanuele III aveva visto che grazie il suo intervento nella prima guerra mondiale i suoi poteri avevano visto un ridimensionamento notevole. Il cosiddetto Ventennio fascista finirebbe con la destituzione da parte del gran consiglio fascista da parte di Mussolini. Il gran consiglio del fascismo che non si riuniva da quasi 4 anni, nell’estate del 1943 quando le forze alleate avevano sbarcato in Sicilia, a maggioranza di due terzi assunse la decisione, in quale si invitava il Capo dello Stato di appropriarsi delle proprie prerogative Statutarie.

Da qui, insieme allo Stato autoritario finiva anche una situazione di lotta al potere che a quanto pare nessuno delle istituzioni importanti sembrasse in grado di sostenere senza retroscene. La guerra sembra anche questa volta come un unita di misura dei poteri dello Stato in un assetto costituzionale che ne subisce più dalle persone che dalle norme in esso contenute. In effetti il Capo dello Stato sembrava fosse cosi tanto intimidito dallo Stato autoritario, costituito dal movimento fascista che per nominare il successore a Mussolini ha aspettato l’autorizzazione dell’ organo da quest’ultimo costituito.

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