• Non ci sono risultati.

CARATTERIZZAZIONE DEI CATALIZZATOR

Idrossidi a doppio strato Argille anioniche tipo idrotalcite

B. Catalizzatori a base di Pt Nanoparticellare [11]

4.3 CARATTERIZZAZIONE DEI CATALIZZATOR

La caratterizzazione di un materiale permette di comprendere le sue caratteristiche, da come appare, alla struttura, alla composizione, fino ad alcune proprietà chimiche e fisiche.

Per riuscire ad avere queste informazioni è necessario utilizzare differenti tecniche, che in ogni caso prevedono l’interazione del campione da analizzare con una “sonda” che può essere o una radiazione elettromagnetica o una molecola che porti ad una interazione chimico-fisica differente (N2, H2, CO, O2, NH3, CO2, ecc.).

Generalmente si preferisce utilizzare tecniche che permettano al campione di rimanere inalterato al termine dell’analisi e l’utilizzo delle radiazione elettromagnetiche è una delle tecniche più utilizzate.

Il campo delle radiazioni utilizzabile varia da quelle a bassa energia (elevata lunghezza d’onda) come le micro onde o gli infrarossi, a quelli ad energia maggiore (elevata frequenza), come i raggi gamma o gli elettroni passando dagli ultravioletti ai raggi X.

Una volta che la radiazione raggiunge il campione abbiamo poi differenti risposte a seconda dell’interazione e possiamo avere quindi:

la trasmissione della stessa radiazione, nel caso la radiazione possa attraversare il campione,

la diffrazione e diffusione della radiazione incidente,

l’emissione di radiazioni secondarie dal campione, con differente energia (elettroni, raggi X, ioni, ecc.),

4.3.1 XRD

La diffrazione a raggi X (XRD) è una tecnica che è utilizzata per l’analisi qualitativa e quantitativa dei materiali cristallini, in polvere o allo stato solido. Come sorgente di raggi X si utilizza un sistema composto da un filamento che viene attraversato dalla corrente ed è posizionato di fronte ad una griglia che si trova ad un potenziale maggiore. Il filamento emette elettroni per effetto termoionico, questi vengono accelerati verso l’anodo per la differenza di potenziale e vanno a collidere contro una targhetta di metallo (alluminio, rame, ecc.) posta in prossimità della griglia (l’anodo). Gli elettroni penetrano all'interno della targhetta e perdono energia per vari fenomeni. Tra questi vi è la perdita di energia per interazione degli elettroni con i nuclei atomici che causa emissione di raggi X (ogni particella carica sottoposta ad accelerazione emette radiazione elettromagnetica), e la emissione di raggi X caratteristici.

A seconda della natura del campione sotto esame la diffrazione a raggi X si divide in diffrazione su cristallo singolo (SC-XRD, single crystal X-ray diffraction) e diffrazione di polveri (XRPD, X-ray powder diffraction). La prima tecnica è in grado di dare informazioni tridimensionali sulla densità elettronica costituente il cristallo: tuttavia, la difficoltà di ottenere cristalli singoli e la complessità dell’analisi dei dati la rendono una tecnica non comune. Estremamente più diffusa è invece la diffrazione di raggi X di

polveri, che è molto più veloce ed economica, e permette di quantificare le varie fasi cristalline di un campione solido, e di ricavare anche informazioni sulla struttura cristallina e sulla dimensione dei cristalliti.

Con l’analisi XRD si riesce a determinare le fasi mineralogiche e quindi la composizione completa di numerosi campioni.

Un fascio monocromatico di raggi X che attraversa un minerale è spostato dagli atomi che costituiscono il minerale stesso. Ad uno specifico angolo di incidenza, i raggi X sono in fase e producono un fascio secondario intensificato. Il fascio diffratto si chiama riflessione del primo ordine (Fig. 4.1) e si ha quando la differenza di cammino (AB + BC) tra i fasci di raggi X diffusi dai piani di atomi è uguale a una volta la lunghezza d’onda. Questi fasci sono in fase e si combinano per formare un fascio secondario. Gli altri fasci dispersi, quelli mostrati dalle linee punteggiate,che non sono nelle condizioni predette, sono tagliati via e distrutti.

Fig. 4.1 Riflessione del primo ordine d = BD, = ADB = BDC.

La diffrazione si presenta anche quando la differenza della distanza percorsa dai raggi X diffusi da due strati di atomi adiacenti uguaglia due lunghezze d’onda. Il fascio risultante si chiama riflessione del secondo ordine (Fig. 4.2) e si ha quando la differenza di cammino (EF + EG) è uguale a due volte la lunghezza d’onda. Riflessioni di ordine maggiore si hanno ogni volta che la differenza di percorso è pari ad un numero multiplo intero della lunghezza d’onda.

Fig. 4.2 Riflessione del secondo ordine d = EH, = EHF = FHG.

Per l’identificazione delle fasi viene utilizzata la legge di Bragg: nλ = 2dsenθ

λ = lunghezza d’onda incidente d = spessore dello strato

n = numero intero θ = angolo di riflessione

I difrattogrammi sono stati ottenuti utilizzando un diffrattometro Philips a goniometro verticale PW 1050/81, con catena di conteggio PW1710 (Fig. 4.3). L’analisi è stata effettuata con il metodo delle polveri utilizzando la radiazione Cu Kα, monocromatizzata per mezzo di un filtro di Ni (λ = 0,15418 nm; 40kV, 25mA) ed investigando l’intervallo di 2θ da 4 a 80°. I valori di d ottenuti sono stati confrontati con quelli riportati in letteratura [12].

La direzione del fascio primario di RX rimane costante perché il campione ruota intorno ad un asse normale al fascio primario. I fasci diffratti che arrivano sul detector, solidale con un goniometro, sono riportati come picchi su una carta. Il diffrattometro è disegnato in modo che il braccio del goniometro ed il detector solidale con esso, ruotino il doppio rispetto alla direzione del campione. Così mentre il campione ruota di un angolo θ, il detector ruota di angolo 2θ che risulta così l’angolo letto dal goniometro. La geometria del diffrattometro è tale che soltanto i grani dei minerali i cui piani di reticolo sono paralleli alla superficie del portacampione potranno contribuire al fascio secondario di riflessione che arriverà al detector.

Fig. 4.3 Schema del diffrattometro a polveri. cammino dei raggi X in un

diffrattometro di polveri. Da: X = sorgente lineare, attraverso F = filtro, S = fenditura di Soller, D = fenditura di divergenza, C = campione di polveri, R = fenditura di focalizzazione, S = fenditura di Soller, E = fenditura (che elimina i raggi X diffusi), fino al contatore.

4.3.2 DETERMINAZIONE DELL’AREA SUPERFICIALE

La determinazione dell’area superficiale totale è stata misurata applicando il modello di BET (Brunauer, Emmett e Teller), basato sulla considerazione, che il ricoprimento della superficie da parte di un monostrato di gas può avvenire solo a certi determinati valori di pressione relativa del gas utilizzato [13].

Altri presupposti sono che:

1. la superficie sia omogenea,

2. le molecole adsorbite siano fisse nel sito di adsorbimento, 3. che tra le molecole adsorbite non vi siano interazioni laterali,

Inoltre la teoria BET presuppone che le molecole possano essere adsorbite in strati multimolecolari; che l’energia di adsorbimento del primo strato è costante e che l’energia di adsorbimento degli strati successivi è uguale all’energia di condensazione del vapore.

L’equazione dell’isoterma di adsorbimento delle molecole su una superficie solida può essere semplificata come segue:

V/Vmon = (1 – p/p0) V = volume totale adsorbito,

Vmon = volume di saturazione con un monostrato di molecole, p = pressione del gas adsorbito

p0= pressione di saturazione del gas.

Da tale equazione si può risalire al numero di molecole necessarie al ricoprimento della superficie, per cui nota l’area della sezione della molecola di gas utilizzato, nella fattispecie 0,162 nm2 per l’N

2, per semplice moltiplicazione si può ricavare l’area della superficie del campione.

L’analisi è stata condotta per adsorbimento di N2 a −196°C con un SORPTY 1750 (Carlo Erba), utilizzando il modello BET semplificato con una accuratezza del 10% circa. Il campione è stato precedentemente riscaldato (T = 200°C) sotto vuoto per desorbire le molecole presenti, inviando poi l’N2 sul campione termostatato in azoto liquido. Dalle misura della variazione di pressione, lo strumento risale alla quantità di N2 adsorbito e quindi calcola l’area superficiale.

4.3.3 DETERMINAZIONE DELLA POROSIMETRIA

Una caratteristica importante dei materiali è rappresentata dalla porosità: essa infatti ricopre un ruolo primario nei meccanismi di diffusione dei gas all’interno dei catalizzatori e di conseguenza all’assorbimento e alla riduzione degli NOx.

La determinazione è stata condotta per adsorbimento di N2 a −196°C utilizzando un MICROMERITICS ASAP 2020. Il campione è stato mantenuto a temperatura costante in un bagno di N2 liquido. L’accuratezza dello strumento è del 2-3% con una riproducibilità dell’1-3% in funzione delle caratteristiche del campione. La determinazione del volume e della distribuzione dei pori è stata effettuata utilizzando l’isoterma di desorbimento del campione ed ipotizzando pori di forma cilindrica, con un