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2.3 5 N EBBIE E P IOGGE A CIDE

2.8 Co nelle pr eq/l) I prese somma delle conc oni equ

2.3.6 E FFETTO S ERRA

L’effetto serra è un fenomeno senza il qu per effetto dell’azione d

ncentrazioni relativamente basse (CO2, vapore acqueo, CH4, ecc.). I gas serra permettono alle radiazioni solari di passare attraverso l’atmosfera mentre ostacolano il passaggio verso lo spazio di parte delle radiazioni infrarosse provenienti dalla superficie terrestre e dalla bassa atmosfera (il calore ri-emesso); in pratica si comportano come i vetri di una serra e favoriscono la regolazione ed il mantenimento della temperatura terrestre ai valori odierni (Fig. 2.19).

Questo processo è sempre avvenuto naturalmente e fa sì che la temperatura della Terra sia circa 33°C più calda di quanto lo sarebbe senza la presenza di qu

ra a partire dall’era industriale (Tab. 2.9), in cui la concentrazione di CO

9]; b [30]; c [26]; d [31]; e [27].

di emissione dei gas serra, vi è la stima di un ulteriore aumento della temperatura terrestre tra 1,4 e 5,8°C nel periodo fra il

esti gas.

Le attività umane hanno e continuano ad alterare la composizione chimica dell’atmosfe

2 era di 280 ppm, mentre oggi, ha raggiunto i 370 ppm e si supererà i 550 ppm entro la fine del secolo. Il Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) ritiene che la temperatura media del pianeta sia aumentata di circa 0,6°C

secolo; a [2 dal 1861.

Tab. 2.9 Concentrazioni dei principali gas serra a partire dalla fine del XIX

Inoltre, sulla base delle tendenze attuali

1990 e il 2100 (Fig. 2.20). Il conseguente cambiamento climatico comporterà delle implicazioni estremamente significative a carico della salute dell’uomo (epidemie in zone mai raggiunte prima) e dell’integrità dell’ambiente. Il clima infatti influenza fortemente l’agricoltura, la disponibilità delle acque, la bio- diversità (crescita imprevedibile di alcune specie di insetti), la richiesta dell’energia (ad esempio per il raffreddamento) e quindi l’economia mondiale.

Fig. 2.20 Analisi dei dati meteorologici della temperatura dell’aria derivato

dalla rete meteorologica delle stazioni negli U.S.A. [25].

Oltre alla CO2 ci sono altri gas in grado di accrescere l’effetto serra:

1. CH4 cresce dello 0,5% all’anno ed è prodotto dall’estrazione, dagli allevamenti di bovini e da decomposizioni organiche,

2. NOx da tutte le attività umane e biologiche,

3. CFC, che sono stati banditi a livello di produzione in alcuni paesi, sono tutt’ora usati come solventi per la pulizia dei microcircuiti.

Questi gas possiedono una capacità differente di contribuire all’effetto serra; questa capacità è misurata con il “Global Warming Potential” (GWP) che misura di quanto un dato gas contribuisce all’effetto serra. Questo indice è stato proposto a partire dal 1990 [26-28] e prevede una scala relativa che confronta il gas considerato con un’uguale massa di CO2, il cui GWP è per definizione pari a 1. Questo valore viene calcolato tramite un rapporto tra il riscaldamento causato da un qualsiasi tipo di gas, in un tempo di riferimento differente, ed il riscaldamento causato nello stesso periodo dalla CO2 nella stessa quantità. In questo modo si misura la pericolosità dei diversi gas serra evidenziando la loro incidenza sull’effetto serra. In tabella 2.10 vengono riportati alcuni esempi, da dove si può facilmente comprendere che una tonnellata di CFC-11 provoca un incremento dell’effetto serra pari a quello prodotto da 5.000 tonnellate di CO2.

Global Warming Potential (tempo di riferimento) Gas Persistenza (anni)

20 anni 100 anni 500 anni

CO2 1 1 1 CH4 12.0 62 23 7 N2O 114 275 296 156 CFC-11 55 4500 3400 1400 CFC-12 116 7100 7100 4100 CFC-13 400 11000 13000 15000

Tab.2.10 Valori di Global Warming Potential per differenti gas.

Per questa ragione l’11 dicembre 1997 più di 160 paesi hanno firmato il “Protocollo di Kyoto” che prevede l’obbligo da parte dei governi dei paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti [CO2, CH4, NOx, idrofluorocarburi (HFC), perfluorocarburi (PFC) e esafluoro di zolfo (SF6)] in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni rispettivamente registrate nel 1990 (considerato come anno base), nel periodo 2008-2012.

Il Protocollo è stato approvato a nome della Comunità Europea con la direttiva 2002/358/CE (con una riduzione per l’UE delle emissioni pari all’8%, mentre per l’Italia l’obbligo di riduzione delle emissioni deve essere pari al 6,5% rispetto ai livelli del 1990).

Con tale decisione la Comunità Europea ha espresso la volontà di adempiere, congiuntamente ai suoi Stati membri, all’impegno internazionale di riduzione delle emissioni assunto con la firma e la ratifica del Protocollo di Kyoto.

Perché l’intero trattato potesse entrare in pieno vigore si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55 nazioni firmatarie e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti; quest’ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione.

Premesso che l’atmosfera contiene 3 milioni di megatonnellate (Mt) di CO2, il protocollo prevede che i Paesi industrializzati riducano del 5% le proprie emissioni di quel gas. Il mondo immette 6.000 Mt di CO2, 3.000 dai Paesi industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo. Per cui con queste restrizioni

l’elevato costo della riduzione è facile capire perché il protocollo non abbia raggiunto grandi adesioni.

Il Protocollo di Kyoto prevede anche lo scambio (acquisto e vendita) di quote di emissione di questi gas. Lo scambio di quote di emissioni di gas denominato Emission Trading System (ETS), ha il fine di ridurre le emissioni di CO2 “secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica”. Tale sistema consente di rispondere agli obblighi di riduzione delle emissioni attraverso l’acquisto dei diritti di emissione.

Il sistema di Emission Trading introdotto anche dalla Direttiva 2002/358/CE è un sistema di tipo “Cap & Trade” che prevede la fissazione di un limite massimo (cap) alle emissioni realizzate dagli impianti industriali che producono gas ad effetto serra; tale limite è fissato attraverso l’allocazione di un determinato numero di quote di emissioni a ciascun impianto.

Le quote (European Unit Allowance - EUA) attribuiscono il diritto ad immettere una tonnellata di CO2 equivalente in atmosfera nel corso dell’anno di riferimento della quota stessa, e vengono assegnate alle aziende grandi emettitrici di CO2 (produttori di energia per combustione e raffinerie, industrie dei metalli ferrosi, cementifici, vetrerie, prodotti ceramici, cartiere e produttori di carta e cartone) per poter continuare ad esercitare la loro attività attraverso i Piani Nazionali di Assegnazione (PNA).

L’eventuale surplus di quote (differenza positiva tra le quote assegnate ad inizio anno e le emissioni effettivamente immesse in atmosfera) potrà essere accantonato o venduto sul mercato.

La tabella 2.11 offre un quadro sintetico della situazione a livello di Paese. È possibile vedere come quasi tutti i Paesi abbiano distribuito quote in misura inferiore alle emissioni previste. Ciò implica, a livello aggregato di Paese e/o di Unione Europea, un eccesso di domanda rispetto all’offerta.