Ecò Plus Diesel Ecò Plus Super
Euro 5 ed Euro 6 (CE 715/2007) imporranno restrizioni ancor più severe dal 2009 e 2014.
2.4.5 VEICOLI ALTERNAT
Tra i veicoli alternativi per eccellenza vanno ricordati quelli elettrici, che per definizione non emettono gas nocivi, anche se la diffusione prevista è ancora molto lenta (10.000 vetture nel 2010 e 100.000 nel 2020). I principali problemi sono legati all’elevato peso delle batterie, alla lentezza con la quale vengono ricaricate le stesse ed al fatto che l’energia necessaria per ricaricarle viene di solito ottenuta dalla combustione di combustibili fossili.
Le auto che possono invece avere un mercato maggiore potrebbero essere quelle a propulsione IBRIDA (motore elettrico accoppiato ad un motore a combustione) che potrebbero raggiungere le 400mila unità nel 2020.
Il propulsore elettrico entra in funzione nelle velocità al di sotto dei 40-50 km/h attingendo da speciali batterie elettriche e senza consumare carburante. Al di sopra di questa velocità entra in funzione il tradizionale motore a combustione. In alcune fasi di guida entrambi i motori lavorano in sinergia per ottimizzare l’efficienza nei consumi mantenendo elevate le prestazioni su strada. Durante le frenate il sistema Hybrid convoglia parte dell’energia per ricaricare le batterie del propulsore elettrico.
Finora le auto ibride hanno privilegiato soprattutto il binomio benzina-elettrico non mancano però progetti a breve termine, portati avanti soprattutto dal gruppo francese PSA, per la commercializzazione di automobili ibride diesel-elettrico.
Una stima prevede che la commercializzazione di 1 milione di automobili ibride permetta un risparmio nelle emissioni di gas serra pari a 3,5 milioni di tonnellate di CO2. Il principale ostacolo alla diffusione di queste automobili è dato dal maggior costo rispetto a un modello normale. Il loro beneficio sociale/ambientale meriterebbe però un incentivo all’acquisto, ma i governi tendono a non erogarlo poiché qualsiasi agevolazione si trasformerebbe in aiuto economico a un produttore straniero. Le case europee e americane non hanno ancora inserito un listino nemmeno un modello ibrido.
Fortunatamente ci sono alcune iniziative che permetteranno di avere un maggior numero di auto ibride a New York è stato annunciato che verrà consentita la sua circolazione dei taxi che utilizzeranno la propulsione ibrida. L’obbligo scatterà in modo perentorio entro l’anno 2012 e prevede la seguente scaletta:
anno numero di taxi ibridi 2008 1000 (8% della flotta)
2009 4000 (30% della flotta)
2010 7000 (53% della flotta)
2011 10000 (76% della flotta)
2012 13000 (100% della flotta)
Anche in questo caso l’utilizzo di questo tipo di automezzi ibridi permetterà di risparmiare di 22 milioni di galloni di benzina ogni anno, con una riduzione dello smog urbano e con l’abbattimento delle emissioni di NOx, CO, HC e ovviamente CO2 prodotte dalla circolazione dei vecchi taxi a benzina.
Ancora da verificare la possibile diffusione delle auto alimentate direttamente con H2 liquido oppure quelle a celle a combustibile.
L’idrogeno però non è una fonte di energia, in quanto non è disponibile in natura. È viceversa un vettore energetico, in quanto è possibile produrlo usando altre fonti di energia, immagazzinando in esso tale energia, che può così essere portata in giro e successivamente recuperata (Fig. 2.26). Questo recupero può avvenire semplicemente bruciando l’idrogeno, nel qual caso l’energia immagazzinata assume la forma di calore, oppure per mezzo delle cosiddette celle a combustibile, le quali convertono tale energia in elettricità. In entrambi i casi si ha un processo “pulito”, nel senso che da un punto di vista chimico l’idrogeno reagisce con l’ossigeno, e il risultato è acqua (eccezion fatta per il motore a combustione dove comunque verrebbero prodotti gli NOx). Niente gas inquinanti, niente polveri, e quindi questo combustibile potrebbe liberare le nostre città dallo smog.
L’idrogeno viene quasi totalmente prodotto attraverso il cosiddetto “reforming” di idrocarburi, cioè attraverso un processo che usa come fonte di energia metano oppure derivati del petrolio. In questo processo si produce, ovviamente, CO2, con conseguente ripercussioni sull’effetto serra. Quindi, se oggi iniziassimo tutti ad usare automobili ad idrogeno, respireremmo aria più pulita, ma non avremmo fatto nulla per risolvere la grande crisi ambientale di inizio millennio, quella del riscaldamento globale. L’unico vantaggio sarebbe quello di avere grandi ed uniche centrali dove si concentra l’inquinamento.
I problemi legati all’utilizzo dell’idrogeno sono infatti moltissimi:
Densità: in condizioni standard (0° C e 1013 mbar di pressione), mentre la benzina ha una densità superiore ai 710 kg/m3, l’idrogeno ottiene un magro 0,0899 kg/m3. Per ulteriore raffronto, il metano, per il quale lo stoccaggio in auto è già relativamente critico, ha una densità di 0,714 kg/m3.
Energia: per unità di massa, ovvero un kg, l’idrogeno sviluppa ben 120 MJ, contro i 43,5 della benzina e i 50 del metano. Questo significa che un Kg di H2 sviluppa tre volte l’energia di un Kg di benzina. Ma a causa della sua densità, a condizioni standard 1 m3 di H
2 si traduce in appena 10,788 MJ (120 MJ/Kg ∗ 0,0899 kg/m3 ∗ 1 m3) dove la benzina ne sviluppa 30885 MJ e il metano 35,7 MJ.
Stoccaggio allo stato gassoso: l’immagazzinamento in forma gassosa, ad alta pressione, necessita di bombole capaci di sopportare pressioni di esercizio nell’ordine dei 700 bar (ca. 10145 psi). Per dare un’idea, gli attuali serbatoi di metano per autotrazione, realizzati in lamiera d’acciaio, hanno pressioni di esercizio pari a 220 bar e, con una capacità di 85 litri - che equivalgono a circa 14-15 kg di metano immagazzinati - pesano quasi 100 Kg.
Stoccaggio allo stato liquido: lo stoccaggio allo stato liquido è quello che promette il miglior rendimento, ma incontra i maggiori ostacoli tecnologici. L’idrogeno, infatti, evapora a -253°C, il che vuol dire che, per mantenerlo allo stato liquido, è necessario stivarlo a temperature inferiori. Una temperatura del genere, è un traguardo non indifferente, visto che è appena 20° C sopra il cosiddetto zero assoluto, il limite minimo di temperatura
raggiungibile in natura, al disotto del quale ogni atomo, in pratica, “congelerebbe”.
Stoccaggio in materiali solidi: Immagazzinare idrogeno in materiali solidi, invece, è il sistema meno sviluppato e meno efficace, da un punto di vista pratico. Tale processo utilizza gli idruri metallici, che sono delle leghe che hanno la capacità di immagazzinare idrogeno e di rilasciarlo, in un secondo momento, a particolari condizioni. Attualmente, la capacità di stoccaggio non supera il 2% del peso del serbatoio stesso e, ai fini della mobilità, si tratta di un risultato irrilevante. Il magnesio è l’unico metallo che promette una capacità di assorbimento maggiore, ma si tratta sempre di livelli prossimi al 7% e a condizione che si mantengano temperature superiori ai 250° C che, in altri termini, vuol dire spreco d’energia.
Diffusività: La diffusività è più grande di 3 volte rispetto al gas naturale, il che implica la necessità di perdite minori dalle tenute. Ma l’idrogeno circola anche lungo una conduttura circa 2,8 volte più velocemente. Una conduttura progettata per il gas naturale trasporterà idrogeno alla stessa pressione, ma trasferendo soltanto l’80% dell'energia.
Distribuzione: la distribuzione dell’idrogeno non è certamente facile se guardiamo un precedente, la metanizzazione, iniziata oltre 50 anni fa e tutt’ora in corso. Lo sguardo dei ricercatori, quindi, è indirizzato sulla produzione in loco, mediante elettrolisi e l’utilizzo di etanolo o metano di derivazione biologica, sistemi in avanzata fase di sviluppo e per i quali ci sono già le prime applicazioni pratiche ma che, comunque, genererebbero durante la scissione delle molecole, ossidi di carbonio. Una volta prodotto, l’idrogeno dovrebbe essere distribuito in apposite stazioni “multifuel”, capaci di erogare più tipologie di carburante nella stessa area. Nel caso di serbatoi ad alta pressione, l’idrogeno sarebbe pompato da un compressore con un processo analogo a quanto si fa col metano, cambierebbero solo le pressioni in gioco. Più complesso il rifornimento di idrogeno a temperatura criogenica. Infatti, in seguito alla produzione, l’idrogeno gassoso deve essere raffreddato per poter essere pompato, allo stesso modo di un rifornimento di benzina, nel serbatoio.
La combustione interna nei motori tradizionali è l’applicazione più semplice e quella più facilmente realizzabile, per l'utilizzo su larga scala dell'idrogeno. Attualmente esistono tutte le tecnologie necessarie per una diffusione capillare delle vetture ad idrogeno di questo tipo. Ci sono tecnologie valide per i serbatoi ad alta pressione e/o criogenici e la conversione all'idrogeno non comporta nessuna variazione sostanziale nel propulsore: è assimilabile ad una trasformazione a gas metano di ultima generazione.
Questa tecnologia è stata sempre trascurata dalla maggior parte dei costruttori e solo la BMW è seriamente impegnata, da oltre 25 anni, nello sviluppo di motori alimentati ad idrogeno. Dopo la prima serie 5 ad idrogeno, risalente al 1978, sono state numerose le berline bavaresi ad emettere acqua allo scarico. La prima flotta, prodotta in condizioni molto simili a quelle della produzione in serie, è stata realizzata nel 2000.
Ad ogni modo, le proposte di modelli ad idrogeno (Fig. 2.27) delle differenti case automobilistiche sono in pratica delle promozioni pubblicitarie legate all’immagine della casa automobilistica piuttosto che reali progetti di produzione. Ad ogni modo questi prototipi permettono di studiare e proporre soluzioni tecniche differenti (visti i numerosi problemi legati all’utilizzo dell’H2), che nel lungo periodo potrebbero avere ricadute anche nella vita quotidiana.
Un’altra applicazione estremamente più funzionale di un motore tradizionale è data dalle Fuel Cell (FC), ovvero generatori elettrochimici in grado di produrre energia elettrica, acqua e calore, in modo continuo e a seguito di reazioni chimiche ottenute mediante un gas riducente ed un ossidante (Fig. 2.28). Le FC sono utilizzate in ambito aerospaziale sin dalla fine degli anni Sessanta e oggi trovano larga applicazione anche in ambito militare: l’acqua bevuta dagli astronauti sullo Shuttle è il prodotto di scarto delle FC, mentre, i sottomarini utilizzano generatori a FC perché contribuiscono a ridurre la visibilità degli stessi ai rilevatori ad infrarossi.
Le applicazioni delle FC si traducono essenzialmente nella sostituzione degli accumulatori, e dei bruciatori per il riscaldamento dell'abitacolo, su vetture a propulsione elettrica. La ricerca delle case automobilistice in ambito fuel cell è certamente quella che vede impegnati il maggior numero di costruttori.
Anodo: H2 + 2OH-⇒ 2H2O + 2e- Catodo: O2 + 2H2O+4e-⇒ 4OH-
I vantaggi offerti dalle FC sono molteplici:
ell’energia (40-60%). I motori a
ni e rumore), Elevati rendimenti di conversione d
combustione interna operano convertendo l’energia termica ricavata da una reazione chimica di combustione in energia meccanica, mentre le celle a combustibile riescono ad ovviare a questo problema trasformando direttamente l’energia chimica del combustibile in energia elettrica ottenendo rendimenti molto maggiori,
Bassissime (o nulle) emissioni inquinanti, gli unici prodotti sono vapore acqueo, calore e solamente tracce degli inquinanti considerati,
Costruzione modulare degli impianti, Funzionamento statico (basse vibrazio