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I NQUINANTI P RIMARI DELLA C OMBUSTIONE

INQUINANTI SECONDAR

2.2.2 I NQUINANTI P RIMARI DELLA C OMBUSTIONE

Tra le attività umane più rilevanti nella produzione di inquinanti c’è l’utilizzo di combustibili. Un combustibile di qualsiasi natura (carbone, olio combustibile, gas naturale, legno, ecc.) è costituito principalmente di carbonio e di idrogeno, la cui combustione completa stechiometrica produce principalmente CO2 e H2O secondo la reazione:

CxHy + (x+1/4 y) O2 → xCO2 + ½y H2O Oltre a questi composti se ne producono altri dovuti a:

9 Combustione incompleta (CO, particelle organiche incombuste Cn, particolato)

9 Impurezze o additivi dei combustibili (SO2, SO3, Pb, Benzene, ceneri)

9 Processi di ossidazione dell’azoto atmosferico a ossidi di azoto (NOx) durante le combustioni a temperatura elevata.

Il riscaldamento domestico rappresenta una sorgente importante ed a seconda del combustibile utilizzato possono cambiare le emissioni (dalla combustione del carbone si possono sprigionare oltre 100 prodotti organici) e quindi la loro distribuzione in ambito urbano. Un’altra caratteristica negativa di questa forma di contaminazione è quella di coincidere con la stagione più fredda, quando si hanno più frequentemente situazioni meteorologiche favorevoli all’accumulo di sostanze aero-diffuse (inversione termica, formazione di nebbie).

Oggi, è il traffico veicolare a determinare i più gravi fenomeni di degrado della qualità ambientale non solo limitatamente ai grandi centri urbani, anche se proprio nelle aree metropolitane ha la sua massima incidenza. La rete stradale nazionale si estende per oltre 800mila km e sono quasi 34 milioni le autovetture circolanti, pari a 59 ogni 100 abitanti (erano 14 solo 50 anni fa), con punte di 70 nelle grandi città. In Europa, nel 1970, ogni cittadino percorreva in auto in media 17 km al giorno; attualmente, il dato ammonta a 35. I principali componenti dei gas di scarico che preoccupano sono: CO, NOx, idrocarburi incombusti, composti organici volatili (tra i quali spiccano le aldeidi) ed il particolato. Non si possono, poi, tralasciare altre fonti, come le centrali termoelettriche (che in Italia

garantiscono il 64% della produzione energetica totale e rappresentano importanti sorgenti di SOx) e gli inceneritori di rifiuti solidi urbani, il cui impatto ambientale è quanto mai complesso, in relazione all’elevatissimo numero di composti che possono emettere (oltre 200, soltanto tra quelli organici).

Monossido di Carbonio

Il monossido di carbonio costituisce la più importante emissione di inquinanti atmosferici (dopo la CO2). La fonte principale sono i motori a scoppio, in cui può rappresentare una quantità importante nel gas di scarico. Il livello medio del CO in una atmosfera non inquinata si aggira su 0,1-0,2 ppm. Mentre in una grande città, a livello del suolo si aggira sui 20 ppm e in ora di punta è sui 100 ppm all’aperto e sui 295 ppm in un tunnel [7].

Il CO è particolarmente insidioso perché è privo di odore, colore e sapore e quindi la sua presenza non viene percepita. Inoltre i sintomi precoci dell’intossicazione - mal di testa, nausea e vomito, debolezza - sono molto generici e si possono facilmente confondere con quelli di altre patologie. La tossicità del gas (TWA 50 ppm) è dovuta al suo legame con l’emoglobina che dà luogo alla formazione di carbossiemoglobina (HbCO). L’affinità dell’emoglobina per il CO è circa 240 volte superiore a quella dell’emoglobina per l’ossigeno. Questo legame limita la capacità di trasporto e di rilascio di ossigeno ai tessuti provocando, quando si superano determinati livelli di HbCO, un quadro di ipo/anossia tessutale. A causa della stabilità del legame con l’emoglobina il CO ha dei tempi di eliminazione ematica piuttosto lunghi che variano in funzione della dose, del tempo, delle modalità di esposizione e delle caratteristiche individuali. In ossigeno al 21% (aria atmosferica) la concentrazione di CO si dimezza in 320- 330 minuti, mediante somministrazione di ossigeno al 100% occorrono 40-80 minuti per dimezzarne la concentrazione ematica. L’ossigeno terapia in camera iperbarica (3 atm.) permette di ridurre a metà la quantità di CO nel sangue in un tempo inferiore ai 25 minuti.

Particolato

Il particolato è presente in ambiente incontaminato, seppure in concentrazioni modeste, innocue per gli organismi viventi. Nelle zone urbanizzate invece le concentrazioni aumentano considerevolmente, specie per quanto riguarda il PM10 (particelle microscopiche, il cui diametro è uguale o inferiore a 10 µm); cambia la

“forma” e la composizione delle singole particelle, le quali sono ricche di composti organici carboniosi, residui di combustione altamente tossici e cancerogeni. È un inquinante a grande impatto in quanto va ad influenzare il clima, la vegetazione, ha effetti degradativi su materiali e soprattutto effetti nocivi sulla salute umana. Il particolato agisce sulla biosfera provocando una diminuzione della visibilità atmosferica; allo stesso tempo diminuisce anche la luminosità assorbendo o riflettendo la luce solare. Negli ultimi anni si è notata una diminuzione della visibilità del 50%, ed il fenomeno risulta tanto più evidente quanto più ci si avvicina alle grandi aree abitative ed industriali. I PM10 hanno destato molto interesse da parte delle autorità mediche e scientifiche negli ultimi tempi, infatti l’OMS, sulla base di uno studio condotto nel 2000 in 8 città del mondo, stima che le polveri sottili siano responsabili dello 0,5% dei decessi registrati nell'anno. I valori limite sono definiti in Italia dal decreto-legge nr. 60 del 2 aprile 2002; tale decreto fissa due limiti accettabile di PM10 in atmosfera:

y Il primo è un valore limite di 50 µg/m³ come valore medio misurato nell'arco di 24 ore da non superare più di 35 volte/anno.

y Il secondo come valore limite di 40 µg/m³ come media annuale.

Nel processo della respirazione le particelle maggiori di 15 micron vengono generalmente rimosse già dal naso (Fig 2.8). Il particolato che si deposita nel tratto superiore dell’apparato respiratorio (cavità nasali, faringe e laringe) può generare vari effetti irritativi come l’infiammazione e la secchezza del naso e della gola; tutti questi fenomeni sono molto più gravi se le particelle hanno assorbito sostanze acide (come SOx, NOx, ecc.).

Per la struttura e a causa della loro elevata area superficiale, queste possono adsorbire ed assorbire dall’aria sostanze chimiche (anche cancerogene); trascinandole nei tratti respiratori e prolungandone i tempi di residenza ne accentuano gli effetti.

Si stanno però accumulando prove di un’importanza ancora maggiore della pericolosità delle particelle di diametro inferiore o pari a 2,5 µm (PM 2,5), che essendo più piccole penetrano nel sistema respiratorio a varie profondità e possono trascorrere lunghi periodi di tempo prima che vengano rimosse. Per questo sono le più pericolose, in quanto possono raggiungere gli alveoli e quindi

le interazioni sangue aria. Queste polveri aggravano le malattie respiratorie croniche come l’asma, la bronchite e l’enfisema.

Fig. 2.8 Livelli di deposizione polmonare a seconda del diametro delle

particelle.

Infine i PM2.5 provocano un maggior rischio di essere oggetto di malattie cardio-respiratorie. In particolare è stato messo in evidenza un aumento dell’1,28 per cento del numero di attacchi cardiaci per ogni 10 µg per metro cubo di PM 2,5.

Ossidi di Zolfo

Le emissioni di ossidi di zolfo (principalmente SO2) sono dovute all’uso di combustibili ad alto tenore di zolfo (diesel, olii pesanti) e quindi caratteristici di zone industriali e aree urbane dove l’elevata densità degli insediamenti ne favorisce l’accumulo.

Nella troposfera la concentrazione media di SO2 è di 0,1 ppb [8] mentre in ambito urbano la concentrazione è mediamente 20/40 volte più elevata. Fortunatamente si è assistito a un costante declino dei livelli di SO2 (grazie alla conversione degli impianti di riscaldamento domestico, ormai alimentati quasi esclusivamente a metano). A Londra, la concentrazione media annuale di SO2 è

Il biossido di zolfo è considerato il più pericoloso degli inquinanti atmosferici, a causa dell’ipersensibilità ad esso mostrata da alcune fasce di popolazione, come gli anziani o le persone soggette a malattie croniche dell’apparato respiratorio - cardiovascolare.

L’SO2 già a basse concentrazioni è una sostanza irritante per gli occhi, per la gola e per il tratto superiore delle vie respiratorie; a concentrazioni elevate può dar luogo a irritazioni delle mucose nasali, bronchiti e malattie polmonari; dall’apparato respiratorio entra quindi nel sangue per venire poi eliminato attraverso l’urina. L’esposizione prolungata a concentrazioni di alcuni mg/m3 di SO2 possono comportare incremento di faringiti, irritazione e resistenza al passaggio dell’aria, soprattutto in quelle persone che soffrono di insufficienza respiratoria da asma.

I suoi effetti risultano amplificati in presenza di nebbia, in quanto esso è facilmente solubile nelle piccole gocce d’acqua formando H2SO4. Le gocce più piccole possono arrivare fino in profondità nell’apparato polmonare causando bronco - costrizione, irritazione bronchiale e bronchite acuta.

Ossidi di Azoto

In termini di inquinamento atmosferico gli ossidi di azoto (NOx) che destano maggiore preoccupazione sono il monossido di azoto (NO) e il biossido di azoto (NO2).

Gli ossidi di azoto emessi in atmosfera possono avere origine sia naturale che antropica: i primi derivano dai processi di nitrificazione e denitrificazione, i secondi dalle combustioni.

Elevate emissioni di NOx derivano dalla combustione di combustibili fossili effettuata per produrre energia elettrica e per riscaldare gli ambienti commerciali e domestici. Altre fonti di emissione di NOx risultano essere le attività di raffineria del petrolio, della siderurgia, della produzione del coke, della chimica e petrolchimica e altre industrie coinvolte nei settori meccanico, agroalimentare e tessile. In ambiente urbano la maggior parte delle emissioni di NOx deriva dal traffico autoveicolare.

Gli ossidi di azoto, una volta emessi in atmosfera, hanno un tempo medio di persistenza di circa 4-5 giorni; in aree altamente inquinate essi raggiungono concentrazioni di alcune decine di ppb, anche se si possono rilevare punte

dell’ordine di 1 ppm. Costituendo una fonte primaria per la formazione dello smog fotochimico ed avendo una permanenza così lunga in atmosfera, gli NOx possono venire trasportati lontano dalle fonti di emissione e qui, per effetto della radiazione solare, possono dar luogo alla formazione degli ossidanti fotochimici e quindi produrre forme di inquinamento le cui origini risiedono altrove.