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Come già riportato precedentemente l’ozonosfera è uno strato dell’atmosfera terrestre compreso tra i 20 e i 50 km di quota, caratterizzato da una concentrazione di ozono relativamente alta.

La concentrazione di ozono in stratosfera è il risultato del bilanciamento fra reazioni di formazione e distruzione (Fig. 2.12, [21]). Se non intervengono altri fattori, la quantità di O3 raggiunge quindi un cosiddetto stato stazionario soggetto a normali oscillazioni stagionali poiché regolato dalla quantità di luce e di O2 presente. Per effetto delle correnti stratosferiche l’O3 inoltre viene trasportato dalle regioni tropicali a quelle polari dove è quindi presente in quantità superiore.

Fig. 2.12 Formazione e distruzione di ozono.

La quantità di ozono totale sopra una certa località si misura in Unità di Dobson (DU) che dà l’altezza espressa in millesimi di cm che dovrebbe avere la

colonna cilindrica di base unitaria se contenesse solo ozono alla pressione di 1 atm e 0°C (Es: 1 DU corrisponde ad uno spessore di 0.01 mm).

La quantità di ozono all’equatore si mantiene pressoché costante anche se prossima ai minimi per tutto l’anno (DU = 250) mentre alle alte latitudini l’ozono raggiunge il minimo (DU = 300) all’inizio della stagione fredda e il massimo all’inizio della stagione calda (DU = 400).

L’assorbimento della radiazione ultravioletta nell’ozonosfera produce un’inversione nell’andamento della temperatura in funzione della quota: mentre nella troposfera la temperatura diminuisce al crescere della quota, nell’ambito dell’ozonosfera essa aumenta al crescere della distanza dalla superficie terrestre.

A livello della stratosfera, lo strato di ozono crea una sorta di schermo protettivo che assorbe le dannose radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole, consentendo la vita sulla Terra. Questo tipo di radiazioni, infatti, altamente energetiche e penetranti, possono alterare e danneggiare il DNA degli esseri viventi. Negli anni ‘70 alcuni ricercatori rilevarono che il naturale assottigliamento stagionale dello strato di ozono, che periodicamente si osserva al di sopra del continente antartico nei mesi di settembre e ottobre (la cosiddetta “primavera australe”), stava assumendo dimensioni allarmanti (Fig. 2.13) [22]. Il fenomeno, chiamato deplezione ma comunemente noto come “buco dell’ozono”, avviene naturalmente e ha un’origine ancora non chiara, e può perdurare anche per parecchi mesi; tuttavia, nel 1985, i rilevamenti compiuti dalla stazione scientifica inglese Antarctica Survey evidenziarono una diminuzione del 65% della concentrazione dell’ozono, localizzata per il 95% negli strati atmosferici compresi tra 13 e 22 km di distanza dalla superficie del pianeta.

Fig. 2.13 La diminuzione dell’ozono stratosferico (periodo 1980-1991),

concentrazione di ozono espressa in unità di Dobson (UD).

Cloro Fluoro Carburi (CFC)

La causa della formazione del “buco” dell’O3 è stata individuata nell’immissione in atmosfera di massicce quantità di composti di origine antropogenica, chiamate genericamente ODS (Ozone-Depleting Substances). Tra queste vi sono: i CFC (clorofluorocarburi); i cosiddetti halons (composti estinguenti come il bromoclorodifluorometano, bromotrifluorometano, dibromotetrafluoroetano); il metilbromuro; il tetracloruro di carbonio; il metilcloroformio.

Fig. 2.14 Formula di struttura dei CFC.

I clorofluorocarburi non sono tossici e sono chimicamente inerti e proprio per queste ottime caratteristiche, il loro utilizzo è stato massiccio: sono stati impiegati come liquidi refrigeranti nei frigoriferi e nei condizionatori, come solventi, come

isolanti termici, come propellenti, nella produzione di schiume espanse, negli estintori (Fig. 2.15).

Fig. 2.15 Utilizzi dei CFC negli U.S.A. prima della loro messa al bando.

Queste molecole complesse sono estremamente persistenti ed inerti nei confronti dei normali processi di degradazione che naturalmente provvedono a ripulire l’atmosfera dalla maggior parte degli inquinanti. Sono quindi in grado di raggiungere l’ozonosfera e di decomporre le molecole di O3. Sotto l’azione dei raggi ultravioletti, infatti, le molecole dei CFC si decompongono in atomi di Cl e in altri derivati clorurati, che, a loro volta, reagiscono con l’O3 e lo convertono in O2, liberando ClO che va a degradare altre molecole di O3 (Fig. 2.17) [21].

Fig. 2.16 Reazione tra cloro radicale e ozono.

La necessità di affrontare il fenomeno considerandone tutti gli aspetti e le ripercussioni su scala globale ha spinto i rappresentanti delle comunità scientifica, politica ed economica a confrontarsi in periodici incontri, che hanno l’obiettivo di stabilire strategie comuni di intervento. Il primo incontro riguardante il buco dell’ozono fu la Conferenza di Vienna (1985). Nel 1987 il Protocollo di Montréal segnò la messa al bando dei CFC (la produzione ed il consumo di CFC nell’Unione Europea sono rapidamente diminuiti (Fig. 2.17) [23]); la persistenza di questi composti in atmosfera, d’altra parte, fa sì che eventuali effetti positivi dei provvedimenti in favore dell’atmosfera si manifestino dopo numerosi anni.

Per monitorare costantemente il fenomeno del buco nell’ozono, nel 1991 la NASA lanciò in orbita un satellite artificiale di 7 tonnellate di peso (l’Upper Atmosphere Research Satellite, satellite per la ricerca sull’alta atmosfera).

Da una quota di 600 km, il satellite continua a inviare a terra dati sulle variazioni della concentrazione di O3 ad altitudini differenti, oltre ad altri dati che hanno consentito di tracciare una mappa completa della composizione chimica degli strati più alti dell’atmosfera.

La riduzione dello strato di ozono viene osservata ogni anno nel periodo compreso tra settembre e ottobre. Un preoccupante fenomeno è stato registrato nel settembre 2002: il buco antartico si è suddiviso in due parti, assumendo una forma “a otto”, ciascuna delle quali si è estesa allontanandosi dalla zona occupata originariamente.

Fig. 2.17 Produzione e consumo dei CFC nell’Unione Europea (migliaia di

tonnellate).

L’anomalia è stata osservata per la prima volta da quando è iniziato il monitoraggio della deplezione dell’ozono e sembra causata dalle intense pe

che non contengono clo

rturbazioni dell’atmosfera verificatesi nei mesi precedenti.

I clorofluorocarburi sono stati sostituiti nei loro impieghi con altri composti meno pericolosi per l’O3: i perfluorocarburi PFC, composti

ro e gli idroclorofluorocarburi HCFC, composti che oltre a carbonio, cloro e fluoro contengono anche idrogeno. Gli HCFC sono meno pericolosi per l’O3 stratosferico perché meno persistenti e più degradabili dei primi CFC.

NOx

ltre ai CFC anche gli NOx svolgono un importante ruolo nella distruzione de nella stratosfera infatti entrano a far parte di una catena di reazioni che pro → ClO + O2 ClO + NO → Cl + NO2 NO 1) O ll’O3,

voca la distruzione dell’ozono: Cl• + O3

O3 + NO → 2+O2

L’ozono può essere distrutto dalla seguente reazione con ossigeno atomico:

L’NO2 si comporta diver econd ella quantità di ossigeno

atomico che riesce a incontrare.

della radiazione solare:

L’ossigeno così prodotto è p ono secondo la reazione 2),

distruggendolo.

uente reazione:

O2 + O → NO + O2

In questo ultimo caso l’NO prodotto va ad aggiungersi alla reazione 1) dim nuendo la quantità di O3.

l’ozono fornendo NO:

2 O3 + O → O2 + O2 2) samente con l’O3 a s a d

A quote non elevate, dove la concentrazione di ossigeno atomica è piccola, prevale la dissociazione ad opera

NO2 + hν → NO + O ronto a reagire con l’oz

A quote superiori, dove la concentrazione di ossigeno atomico è più elevata, è prevalente la seg

N

i

L’N2O, relativamente inerte nella troposfera, si diffonde nella stratosfera dove subisce fotolisi o reagisce con

L’N2O, oltre a distruggere d ntità di O3, rappresenta qu