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Di particolare interesse per la ricerca affrontata è stato l’ambito della pubblicità di prodotti alimentari rivolti all’infanzia. Studi recenti hanno rilevato il sussistere di un’influenza tra le rappresentazioni mediali del cibo e le propensioni dei bambini verso particolari alimenti (Livingstone e Helsper, 2004).

In questo caso, una corretta educazione ai media si propone come strada percorribile per fronteggiare con i più piccoli i temi riguardanti gli effetti persuasivi degli spot televisivi che in tv enfatizzano dolci, snack e bibite zuccherate, guardando alla pubblicità non come un genere “pericoloso” da cui allontanarsi, ma come una sorgente di sperimentazioni comunicative, di possibile apprendimento cognitivo e di gusto estetico (Miletto e Bellotti, 2003).

Nel concetto di “diffusione delle innovazioni” elaborato da Everett Rogers (1962), l’adozione delle nuove tecnologie viene definita come un processo articolato in cinque fasi alle quali corrispondono tipologie di consumatori che rivelano atteggiamenti differenti. In una prima fase, il messaggio dell’innovazione coinvolge un target definito di innovatori: consumatori audaci, giovani, istruiti e benestanti, ricettivi nei confronti di ciò che non conoscono. Seguono gli “early adopters” che ricoprono la funzione di leadership all’interno della comunità di appartenenza, disposti ad attuare le nuove idee in tempi stretti. La nuova tecnologia viene poi utilizzata da una prima fascia di maggioranza della popolazione (early majority), costituita da consumatori riflessivi, che, pur non essendo leader di opinione, si dimostrano disponibili all’innovazione prima della media, e in seguito da un’ulteriore maggioranza (late majority) di consumatori cauti, disponibili ad acquistare un nuovo prodotto, solo se già stato sperimentato dalla maggioranza della popolazione. Per ultimo, ci sono i ritardatari (laggards), fedeli alla tradizione e sospettosi nei confronti del cambiamento. Il limite di questa prospettiva è duplice: da una parte, ogni nuova tecnologia viene proposta come un oggetto definito e stabile, isolato dal contesto e non soggetto a mutamenti, dall’altra, il processo di adozione viene interpretato - unidirezionalmente - come progressivo ampliamento del target degli utilizzatori a fasce più ampie della popolazione. Sembra quindi

mancare una chiara consapevolezza delle connessioni tra le trasformazioni tecnologiche e il contesto socio-culturale in cui queste prendono forma e si sviluppano, influendo sui bisogni e sulle aspettative, ma anche sulle regole di comportamento e abitudini già consolidate. In questa prospettiva, la diffusione delle tecnologie viene considerata come una variabile indipendente, capace di svolgere un ruolo determinante nel cambiamento sociale (Qualizza, 2013).

Al riguardo, lo studio dell’interazione uomo-macchina, negli ultimi anni, ha iniziato a porre l’attenzione sulle forme di interazione persuasiva in cui uno dei due agenti coinvolti nel processo (l’artefatto) si pone l’obiettivo di “indirizzare” le azioni dell’utente in una direzione predeterminata. Su questi temi, B.J. Fogg (2002) ha coniato il termine “captology” in quanto acronimo dell’espressione “computers as persuasive technologies”, per definire un ambito di studio che si occupa delle possibilità di persuasione delle tecnologie interattive dal punto di vista della ricerca, dell’analisi e della progettazione. In particolare, Fogg rievoca alcuni fenomeni che possono spingere a modificare atteggiamenti e comportamenti tra cui la “social comparison” grazie alla quale le persone vanno alla ricerca di informazioni sugli altri e, in modo specifico in casi di incertezza, usano ciò che hanno appreso sui comportamenti e sugli atteggiamenti delle altre persone per orientare i propri; la conformity che definisce l’influenza normativa o la spinta verso il conformismo che le persone sperimentano quando si trovano in situazione di gruppo. Un altro punto di contatto è rappresentato dai meccanismi di “credibilità” messi in atto dalle tecnologie persuasive (Fogg et al., 2001) e l’argumentum ad verecundiam (letteralmente “appello ad autorità inappropriata”), che si definisce nel momento in ci si affida acriticamente a un’autorità non competente in materia, ma che tale viene ritenuta in virtù della fama di cui gode in altri campi. Tra i meccanismi più diffusi, un ruolo importante è affidato alle interazioni basate sul così detto “effetto alone”, in base al quale una variazione positiva su un certo aspetto suscita una valutazione positiva più generale.

Nella prospettiva di Fogg, la persuasione riguarda l’attività necessaria a modificare i comportamenti senza ricorrere a trappole o inganni. Ugualmente, definisce come

“persuasive” le tecnologie progettate allo scopo di cambiare gli atteggiamenti o il comportamento di una persona in una direzione prefissata (Fogg et al. 2002). Il modello di Fogg consente di razionalizzare quali sono le caratteristiche di un “oggetto” o dispositivo che spinge verso un particolare comportamento. In tale modello è possibile individuale tre motivatori principali, sei fattori di semplicità e tre tipi di “bottoni” che spingono le persone ad agire in un certo modo, come viene descritto nella tabella:

Motivatori Bottoni Fattori di semplicità

piacere/dolore; motivanti Tempo

speranza/paura; facilitanti Denaro

accettazione/rifiuto. segnalanti sforzo fisico sforzo cerebrale devianza sociale

non-routine

Tabella 2. Motivatori.

Rispetto ai media tradizionali, le nuove tecnologie si basano sul progetto di software interattivi che, oltre a trasmettere un messaggio persuasivo, possono anche tener conto delle azioni dell’utente. Ad esempio, un’applicazione progettata per incoraggiare un certo comportamento può fornire un feedback positivo all’utente se quest’ultimo adotta quel comportamento, negativo in caso contrario. Fogg descrive e studia le tecnologie persuasive come strumenti benefici per gli esseri umani, strumenti che hanno la capacità di aiutare le persone a smettere di fumare o a non guidare da ubriachi.

Il comportamento è tipicamente il risultato di molteplici influenze che molto spesso non rendono facile il cambiamento che rappresenta un processo difficile, piuttosto

complesso e anche lungo. Una strategia per favorire il cambiamento senza agire in modo diretto è quella di utilizzare dei mediatori che possano favorire il processo (Baranowski et al., 1997).

5. Conoscere i dispositivi mediali di Slow Food: